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Tesina - Premio maturità 2008
Titolo: Meccanica quantistica
Autore: Giovanni Cerretani
Descrizione: si tenta a ricostruire le origini della meccanica quantistica e successivamente si discute il suo significato epistemologico.
Materie trattate: astronomia,fisica,filosofia
Area: scientifica
Sommario: Se si vuole approfondire la meccanica quantistica, non si può non considerare come molti fisici si siano applicati nella ricerca e nella stesura di originali paradossi che evidenziassero alcune delle stranezze e delle presunte incompletezze della teoria. Perché, come vedremo, la meccanica quantistica è una teoria molto, molto strana. Tra i più famosi vi è senza dubbio quello noto come il "paradosso del gatto di Schrödinger" pubblicato per la prima volta nella sua opera "La situazione attuale della meccanica quantistica" del 1935: Si rinchiuda un gatto in una scatola d'acciaio insieme con la seguente macchina infernale (che occorre proteggere dalla possibilità d'essere afferrata direttamente dal gatto): in un contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel corso di un'ora forse uno dei suoi atomi si disintegra, ma anche in modo parimenti verosimile nessuno; se ciò succede, allora il contatore lo segnala e aziona un relais di un martelletto che rompe una fiala con del cianuro. Dopo avere lasciato indisturbato questo intero sistema per un'ora, si direbbe che il gatto è ancora vivo se nel frattempo nessun atomo si fosse disintegrato. La prima disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato. La funzione d'onda Ψ dell'intero sistema porta ad affermare che in essa il gatto vivo e il gatto morto non sono stati puri, ma miscelati con uguale peso. Fino a quando non decidiamo di aprire la scatola il gatto che vi è dentro dal punto di vista fisico è "potenzialmente" sia vivo che morto, ma "attualmente" né vivo né morto, secondo il principio di sovrapposizione degli stati. Per capire come sia concepibile una tale situazione paradossale è necessario ripercorrere il cammino che ha portato alla formulazione della teoria quantistica e analizzarne le principali caratteristiche.
Meccanica quantistica | Tesina d'esame di Giovanni Cerretani
1. Il paradosso del gatto di Schrödinger
Se si vuole approfondire la meccanica quantistica, non si può non considerare come molti fisici si
siano applicati nella ricerca e nella stesura di originali paradossi che evidenziassero alcune delle
stranezze e delle presunte incompletezze della teoria. Perché, come vedremo, la meccanica
quantistica è una teoria molto, molto strana.
Tra i più famosi vi è senza dubbio quello noto come il “paradosso del gatto di Schrödinger”
pubblicato per la prima volta nella sua opera “La situazione attuale della meccanica quantistica”
del 1935:
Si rinchiuda un gatto in una scatola d’acciaio insieme con la seguente macchina infernale
(che occorre proteggere dalla possibilità d’essere afferrata direttamente dal gatto): in un
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contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel
corso di un’ora forse uno dei suoi atomi si disintegra, ma anche in modo parimenti
verosimile nessuno; se ciò succede, allora il contatore lo segnala e aziona un relais di un
martelletto che rompe una fiala con del cianuro. Dopo avere lasciato indisturbato questo
intero sistema per un’ora, si direbbe che il gatto è ancora vivo se nel frattempo nessun
atomo si fosse disintegrato. La prima disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato. La
funzione d'onda Ψ dell’intero sistema porta ad affermare che in essa il gatto vivo e il gatto
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morto non sono stati puri, ma miscelati con uguale peso .
Fino a quando non decidiamo di aprire la scatola il gatto che vi è dentro dal punto di vista fisico è
“potenzialmente” sia vivo che morto, ma “attualmente” né vivo né morto, secondo il principio di
sovrapposizione degli stati.
Per capire come sia concepibile una tale situazione paradossale è necessario ripercorrere il cammino
che ha portato alla formulazione della teoria quantistica e analizzarne le principali caratteristiche.
2. Dal meccanicismo all'indeterminazione heisenberghiana
A partire dalla seconda metà del XIX secolo la fisica classica newtoniana fondata sul
meccanicismo, che da oltre due secoli dominava il campo scientifico e che sembrava ormai
saldamente radicata nella società, venne investita da questioni del tutto nuove che misero in crisi gli
stessi presupposti sulla quale era basata.
Il matematico fisico francese Pierre-Simon Laplace nel suo Essai philosophique sur les probabilités
del 1814 enunciava così il nucleo centrale del meccanicismo:
Noi dobbiamo considerare lo stato presente dell’universo come l’effetto di un dato stato
anteriore e come le causa di ciò che sarà in avvenire. Una intelligenza che, in un dato
istante, conoscesse tutte le forze che animano la natura e la rispettiva posizione degli esseri
che la costituiscono, e che fosse abbastanza vasta per sottoporre tutti i dati alla sua analisi,
abbraccerebbe in un’unica formula i movimenti dei più grandi corpi dell’universo come
1 Il contatore Geiger, inventato nel 1913 in Inghilterra da Hans Wilhelm Geiger, è uno strumento utile per misurare radiazioni di tipo
ionizzante. In particolare può essere usato per misurare le radiazioni provenienti da decadimenti di tipo Alfa, Beta e Gamma.
(Wikipedia).
2 Erwin Schrödinger, Die gegenwärtige Situation in der Quantenmechanik; Die Naturwissenschaften 23 (1935) p. 812
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quello dell’atomo più sottile; per una tale intelligenza tutto sarebbe chiaro e certo e così
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l’avvenire come il passato le sarebbero presenti .
Appare dunque evidente che questa teoria fosse fondata su un deciso determinismo, basato su pochi
e fondamentali principi, primo fra tutti quello della causalità. Infatti, tutte le leggi della fisica
classica forniscono una descrizione causale dei fenomeni sotto studio: ciò significa che conoscendo
lo stato di un sistema in un dato istante è possibile prevedere il comportamento di quel sistema in
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qualsiasi istante del futuro, sulla base di tutte queste leggi classiche .
Le nuove questioni che misero in crisi questa concezione vanno ricercate in alcune scoperte
scientifiche che non furono facilmente integrate nella concezione fisica newtoniana; si assistette alla
nascita di nuovi rami della fisica che affiancarono la meccanica: negli anni Venti dell'Ottocento
nacque la termodinamica a partire dall'opera di Joseph Fourier, e quaranta anni dopo nacque
l'elettromagnetismo. Le ricerche del fisico James Clerk Maxwell sull'esistenza dei campi
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elettromagnetici, presentate nel 1864 alla Royal Society , furono tra le prime che misero alla prova
il meccanicismo in quanto, sfuggendo dalla pratica quotidiana, risultarono apparentemente
paradossali e illogiche. Tali sviluppi resero sempre più problematica la collocazione di fenomeni di
nuova scoperta nel modello meccanicista e condussero gli scienziati a realizzare vari
accomodamenti che avrebbero permesso di non abbandonare gli elementi essenziali del
meccanicismo, come nel caso della corrente di spostamento introdotta da Maxwell per ovviare
all'incompletezza della legge di Ampere sulla circuitazione del campo magnetico. Maxwell infatti
era, a suo modo, un meccanicista, e riteneva che la miglior spiegazione possibile di qualunque
fenomeno fosse quella della meccanica. E tento così di fornire una modellizzazione di questo tipo
anche in campo elettromagnetico, ma il modo in cui egli condusse questo tentativo lo allontanò
decisamente dal meccanicismo. Maxwell riteneva che il modello meccanico non dovesse avere
alcuna funzione unificante o significato ontologico: esso serviva solo come ausilio per la ricerca
teorica, suggerendo utili analogie e aiutando l'immaginazione scientifica. L'importanza del modello
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meccanicista veniva dunque fortemente ridimensionato .
Il meccanicismo fu messo definitivamente in crisi solo all'inizio del Novecento, quando le teorie di
Einstein sulla relatività di spazio e tempo, quelle di Planck sulla quantizzazione dell'energia, e
sopratutto quelle di Heisenberg sull'indeterminazione dimostrarono l'impossibilità di indagare la
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realtà basandosi esclusivamente sulle leggi della meccanica .
2.1. Teoria dei quanti di Planck
In particolare Max Planck ideò la teoria dei quanti, resa nota come ipotesi nel 1889, secondo cui gli
scambi di energia nei fenomeni di emissione e di assorbimento delle radiazioni elettromagnetiche
avvengono non in forma continua, come si credeva, ma in forma discontinua (proporzionale alla
loro frequenza di oscillazione e a una costante universale). Nel 1901 Planck, partendo dall'ipotesi,
formulò la teoria quantistica, secondo la quale gli atomi assorbono ed emettono radiazioni in modo
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discontinuo, per quanti di energia , cioè quantità di energia finita e discreta .
3 Pierre-Simone Laplace, Essai philosophique sur les probabilités; (1814)
4 Davide Fiscaletti, I gatti di Schrödinger – Meccanica quantistica e visione del mondo; Franco Muzio Editore (2007) p. 11
5 Wikipedia, James Clerk Maxwell (Licenza GNU Free Documentation License)
6 Fabio Cioffi, I libri di diàlogos, vol. E; edizioni scolastiche Bruno Mondadori (2001) p. 132
7 Wikipedia, Meccanicismo (Licenza GNU Free Documentation License)
8 Si potrebbe dire che emettono energia “a pacchetti”.
9 Wikipedia, Max Planck (Licenza GNU Free Documentation License) 2 Meccanica quantistica | Tesina d'esame di Giovanni Cerretani
2.2. Applicazioni in astronomia
La teoria di Planck portò fin da subito delle importanti novità nel campo scientifico, in particolar
modo in astronomia. Infatti, grazie al modello atomico di Bohr del 1913 fondato proprio sulla teoria
dei quanti, si è cominciato a studiare gli spettri di corpi celesti per misurarne temperatura e
composizione superficiali. Secondo il modello atomico di Bohr un atomo può assorbire o emettere
una radiazione elettromagnetica che è diversa per ogni elemento o ione. In pratica, quando un
elettrone viene colpito da un fotone, viene eccitato passa a un orbitale con una maggiore energia
potenziale. Quando esso ritorna all'orbitale originale, il fotone che aveva assorbito viene rilasciato
con un'energia pari alla differenza tra quelle potenziali dei due orbitali, quindi secondo una
frequenza definita dalla formula: E
f = h
dove f indica la frequenza, E l'energia e h la costante di Planck.
Uno spettro, in pratica, consiste in una striscia formata da bande con tutti i colori dell'iride (dal
rosso al violetto) le cui posizioni e il cui numero dipendono dalla natura chimica della sorgente
luminosa. Non vi sono spettri comuni a due elementi e neppure singole righe. Questo è dovuto alle
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differenze energetiche tra gli orbitali dei vari atomi .
Esse sono dunque un valido strumento di indagine, poiché lo spettro è determinato dalla
temperatura superficiale e dalla composizione chimica del corpo che sto studiando. Questo ha
permesso di classificare le stelle in classi spettrali che vanno dalla classe O, di colore bianco-
azzurro e con la temperatura più alta (oltre i 30.000 K) fino alla classe M nella quale sono inserite le
stelle più fredde, di colore rosso, con temperature fino a 3.500 K. Il nostro Sole appartiene alla
classe G, quella delle stelle con una temperatura tra 5.000 e 6.000 K. Analisi spettrali effettuate su
migliaia di stelle hanno inoltre rivelato che la maggior parte di esse hanno la propria atmosfera
composta al 99% idrogeno e di elio, mentre il restante 1% comprende elementi chimici più
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pesanti .
Un altro fenomeno che è possibile studiare attraverso gli spettri riguarda l'individuazione di
nebulose. Infatti, quando un fotone emesso da una stella attraversa i gas di una nebulosa posta tra la
sorgente e la terra, può scontrarsi con un atomo e esserne alterato. Noi sappiamo che ogni atomo,
così come può emettere solo un certo tipo di radiazioni, può assorbirne solo alcune. Si parla in
questo caso di spettro di assorbimento. Sebbene questo fenomeno possa alterare le onde emesse da
una stella, impedendoci di determinarne alcune proprietà, esso ha reso possibile l'individuazione e
lo studio delle caratteristiche di molte nebulose, che spesso hanno una luminosità troppo debole per
essere individuate senza alcun riferimento: potendo ipotizzarne la presenza in una certa area
possiamo effettuare ricerche con strumenti più appropriati e pellicole più sensibili.
Sebbene già dal XVII secolo si studiassero gli spettri stellari, la teoria dei quanti andò a
perfezionare l'uso che ne veniva fatto. Oggi infatti sappiamo con certezza quale siano gli spettri di
emissione e di assorbimento di tutti gli elementi e risulta facile capire da cosa sia composta
l'atmosfera di una stella.
10 Wikipedia, Spettro (astronomia) (Licenza GNU Free Documentation License)
11 Evidio Lupia Palmieri e Maurizio Parotto, La Terra nello spazio e nel tempo; Zanichelli (2002)
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3. Interpretazione ortodossa della meccanica quantistica
Come si accennava sopra, tra le novità introdotte nella fisica agli inizi del XX secolo compare la
meccanica quantistica di Heisenberg e Bohr: essa riunisce svariate teorie fisiche formulate a partire
dagli anni Venti che descrivono il comportamento della materia a livello microscopico, a scale di
lunghezza inferiori o dell'ordine di quelle dell'atomo o ad energie nella scala delle interazioni
interatomiche. Essa permette di interpretare e quantificare fenomeni che non possono essere
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giustificati dalla meccanica classica .
Riprendendo le intuizioni di inizio secolo di Planck e Einstein, i quali introdussero rispettivamente
l'idea che l'energia fosse quantizzata e l'esistenza dei fotoni, Bohr e Heisenberg nel 1927 riuscirono
finalmente a dare una spiegazione convincente a queste nuove teorie formulando due principi che
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sono alla base dell'interpretazione di Copenaghen, o “ortodossa” , della meccanica quantistica: il
principio di indeterminazione e il principio di complementarità. Entrambi si fondano su una stessa