Anteprima
Vedrai una selezione di 1 pagina su 4
Spesso il male di vivere ho incontrato tesina Pag. 1
1 su 4
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Sintesi

Sintesi Spesso il male di vivere ho incontrato tesina



Le ragioni che mi hanno indotta alla scelta dell’argomento “disagio esistenziale “ per la mia tesina di maturità sono essenzialmente due: da un lato la volontà di approfondire quei fili conduttori che ho incontrato nelle varie discipline nel corso di quest’ultimo anno scolastico che mi hanno appassionata ; dall’altro il fatto che sento questo argomento vicino, in quanto ritengo che la riflessione sull’essere e sull’esistere, pur essendo distante dalla realtà quotidiana del singolo, lo riguardi nella sua interiorità. E proprio le domande sul senso della vita sono quello che assilla e tormenta i pensatori esistenzialisti. L’esistenzialismo è un clima culturale che ha caratterizzato il periodo compreso fra i due conflitti mondiali e che ha trovato maggiore espressione nel periodo bellico e postbellico. Esso risulta definito da un’accentuata sensibilità nei confronti della finitudine umana e dei dati che la caratterizzano , ossia da quegli aspetti che il filosofo Jaspers chiama “ situazioni limite “: la nascita, la morte, la sofferenza, il passare del tempo, la lotta. Nella tesina ho effettuato dei collegamenti con le seguenti materie: Italiano : la negatività degli “Ossi di seppia” di Montale, con particolare riferimento a “Spesso il male di vivere ho incontrato” , “Meriggiare pallido e assorto” e “Non chiederci la parola”, in Filosofia l’esistenzialismo e “La nausea” di Jean-Paul Sartre e in Storia dell'arte "L’urlo" di Edward Munch.

Collegamenti


Spesso il male di vivere ho incontrato tesina


Italiano: Ossi di seppia, Spesso il male di vivere ho incontrato, Meriggiare pallido e assorto, Non chiederci la parola, Montale.
Filosofia: L'esistenzialismo e "La Nausea" di Jean-Paul Sartre.
Storia dell'arte: Amore e Psiche.
Estratto del documento

“Spesso il male di vivere ho

incontrato… “.

Il disagio esistenziale, il pessimismo radicato e il dolore del

Novecento.

Le ragioni che mi hanno indotta alla scelta dell’argomento “disagio esistenziale “ sono

essenzialmente due: da un lato la volontà di approfondire quei fili conduttori che ho

incontrato nelle varie discipline nel corso di quest’ultimo anno scolastico che mi hanno

appassionata ; Dall’altro il fatto che sento questo argomento vicino, in quanto ritengo

che la riflessione sull’essere e sull’esistere , pur essendo distante dalla realtà

quotidiana del singolo, lo riguardi nella sua interiorità. E proprio le domande sul senso

della vita sono quello che assilla e tormenta i pensatori esistenzialisti.

L’esistenzialismo è un clima culturale che ha caratterizzato il periodo compreso fra i

due conflitti mondiali e che ha trovato maggiore espressione nel periodo bellico e

postbellico. Esso risulta definito da un’accentuata sensibilità nei confronti della

finitudine umana e dei dati che la caratterizzano , ossia da quegli aspetti che il filosofo

Jaspers chiama “ situazioni limite “: la nascita, la morte, la sofferenza, il passare del

tempo, la lotta ecc..

Più in particolare il termine esistenzialismo e l’aggettivo esistenzialista figurano in tutti

quei contesti di discorso nei quali si vuole porre l’attenzione sugli aspetti limitanti e

tendenzialmente negativi della condizione umana. Aspetti che l’esperienza della

guerra , con tutto il suo lascito di orrori e distruzioni , ha contribuito a rendere ancora

più evidenti.

Inteso in senso stretto l’esistenzialismo è un insieme di filosofie che, al di là delle loro

differenze, risultano oggettivamente caratterizzate da taluni tratti comuni che

denunciano l’appartenenza a un medesimo clima speculativo.

Nelle filosofie cosiddette esistenzialistiche assume un rilievo tematico centrale la

riflessione circa l’esistenza che viene percepita come modo d’essere proprio

dell’uomo .Quest’ultima viene descritta , innanzitutto, come un rapporto problematico

con l’essere e il binomio esistenza-essere rappresenta il tema centrale e decisivo

dell’esistenzialismo. Dagli esistenzialisti il rapporto esistenziale con l’essere viene

interpretato come qualcosa in cui “ne va” dell’uomo e che richiede da lui una qualche

scelta.

L’uomo dunque è un ente che si trova di fronte a determinate possibilità di

realizzazione che impegnano la sua libertà .

L’appello alla scelta implica che l’uomo , per gli esistenzialisti, viva come singolo ,

ossia come un ente individuato e irripetibile che ha una sua personale prospettiva

sull’essere e che risulta direttamente chiamato in causa come tale. L’esistenza ,come

rapporto individuato e concreto con l’essere, si trova sempre in una situazione

altrettanto individuata e concreta , racchiusa dalla nascita alla morte. In quanto

struttura relazionale caratterizzata dalla singolarità , dal possibile, dalla scelta,

l’esistenza risulta costitutivamente segnata dalla finitudine e dal limite.

Tra i filosofi più importanti dell’esistenzialismo vi sono figure come Martin Heidegger,

Karl Jaspers , Kierkegaard, Schopenhauer, Blaise Pascal, Sartre.

In particolare quest’ultimo ha dato un importante contributo attraverso la sua filosofia

che rappresenta la manifestazione più rilevante dell’esistenzialismo postbellico .

Sartre ritiene che nella condizione umana vi sia qualcosa di paradossale. Infatti , pur

essendo libero di fronte al mondo, l’individuo non è libero di essere libero . In altre

parole , pur scegliendo il senso del suo essere, l’individuo non sceglie di essere

collocato nel mondo e di esistere. Ma il fatto di essere al mondo per l’uomo come per

tutti gli altri enti è qualcosa di assurdo , ossia che non ha spiegazioni al di là del fatto

medesimo di esistere. Gli scopi o i fini nascono con l’uomo , che dà un senso a ciò che

in sé senso non ha. L’ esperienza emotiva di tale assurdità di fondo dell’esistenza è la

nausea che Sartre ritiene essere una dimensione metafisica ed un atteggiamento

psicologico nei confronti dell'esistenza, che ci pervade completamente, al punto che le

cose( l'in-sé) hanno un'incidenza enorme sulla coscienza (il per-sé). Le sensazioni

suscitate dalle cose sono anzitutto ribrezzo e disgusto, giustificati dal fatto che ciò che

ci circonda ci tocca, nostro malgrado, e ci opprime. La Nausea viene descritta nel noto

romanzo dal titolo omonimo del 1938.

Quest’ultimo non è un romanzo nel senso proprio del termine bensì un diario filosofico

del protagonista , Antoine Roquentin, nel quale vengono raccontate le sue vicende.

Egli dopo aver viaggiato a lungo si stabilisce a Bouville (cittadina vezzosa e

immaginaria della Francia), abita vicino alla stazione , in un albergo per commessi

viaggiatori, e scrive una tesi di storia su un avventuriero del XVIII secolo , il signore de

Rollebon. È proprio nella città francese che Roquentin sperimenta per la prima volta la

nausea , descrivendo l’esperienza in questo modo : «(...) La Nausea m'ha colto, mi son

lasciato cadere sulla panca, non sapevo nemmeno più dove stavo; vedevo girare lentamente i

colori attorno a me, avevo voglia di vomitare. (...) Da quel momento la Nausea non m'ha più :

La nausea in un’altra pagina del romanzo viene descritta così

lasciato, mi possiede» .

<<Tutto è gratuito, questo giardino, questa città, io stesso. E quando vi capita di rendervene

. Da queste

conto, vi si rivolta lo stomaco e tutto si mette a fluttuare... ecco la Nausea>>

poche righe si può notare molto chiaramente come questo tipo di sentire coinvolga sia

la parte sensibile (i sensi) sia la parte razionale della coscienza dell'individuo (la

consapevolezza). La condizione umana viene , quindi, a configurarsi come un solitario

cose

ed angoscioso sperimentare le che sono intorno a noi, giungendo sino a provare

ciò che l'autore chiama "orrore di esistere" . A questo punto la Nausea non si configura

più come uno stato doloroso transeunte, ma come scrive Sartre è lo stesso Antonio

Roquentin ad essere la Nausea ( «non è più una malattia né un accesso passeggero: sono io

). In un ‘altra scena del romanzo che si svolge nel giardino pubblico, Roquentin

stesso»

osserva la radice di un castagno e solo in quell'istante si rende conto di aver compreso

la vera natura delle cose, vale a dire la loro insensatezza e la sensazione di soffocante

ingombro che esse suscitano. Soltanto la solitudine in cui è immerso il protagonista

inautenticità

consente a quest'ultimo di prendere le distanze dall' del mondo altrui e

divertissement.

dal comune Non tutti gli individui però accettano la consapevolezza

della gratuità e della mancanza di senso dell’esistenza anzi molti cercano di

sormontarla con le metafisiche e le religioni ,ma essa rimane al fondo di ogni uomo

come inespressa ma inequivocabile intuizione e verità. Questi uomini vengono

chiamati da Sartre Porcaccioni ed anche essi essendo completamente gratuiti , come

tutti gli altri uomini ,non arrivano a non sentirsi di troppo . E nel loro intimo,

segretamente , sono di troppo, cioè amorfi e vacui; tristi. La Nausea è più di una sterile

narrazione dei fatti. E’, infatti, una confessione vera e propria, un appello accorato e

sincero a chi legge le sue memorie. Viviamo senza esistere. Affrontiamo ogni giorno

con eguale animo, ci affidiamo alla routine degli eventi senza fermarci.

L’esistenzialismo trova una corrispondenza anche nella letteratura italiana. Infatti lo

studioso del decadentismo Elio Gioanola ha visto nell’esistenzialismo la più tipica

forma filosofica del decadentismo , sottolineando in particolare il comune tema della

morte . Significativo è il caso dell’ermetismo italiano che , parallelamente alla nascita

e all’affermarsi delle filosofie esistenzialistiche , insiste , per suo conto , su temi come

la solitudine , l’illusione del vivere, la morte, il mistero, l’oblio ecc.…

Tipico è anche il caso di Montale , che nelle sue opere manifesta una forte sensibilità

nei confronti della sofferenza che tormenta le creature e dei limiti invalicabili

dell’esistenza . Egli tra le sue varie raccolte poetiche ne annovera una che intitola “

Ossi di seppia” . Questa opera prende il nome dai residui calcarei di quei molluschi che

il mare deposita sulla riva e che alludono a una condizione vitale impoverita ,

prosciugata, ridotta all’aridità minerale o quasi all’inconsistenza. Difatti il tema

centrale che percorre il libro è quello dell‘arsura , dell’aridità che si manifesta anche

nel paesaggio ligure che fa da sfondo e che è disseccato da un sole implacabile ( che

non è il simbolo di pienezza vitale panica come nella poesia dannunziana) che

rappresenta una forza quasi crudele che prosciuga e inaridisce ogni forma di vita ,

riducendola ad una misera ed insignificante reliquia. Questa condizione esistenziale

inaridita e impoverita , che imprigiona le creature umane senza possibilità di scampo,

si proietta in un altro oggetto carico di significato , ricorrente negli Ossi: il muro.

Quest’ultimo è un allegoria ed essendo invalicabile non permette all’uomo di passare

al di là per attingere a una pienezza vitale , a una verità ultima e certa, a un rapporto

organico con il tutto che dia significato all’esistenza.

La crisi esistenziale dell’uomo moderno è analizzata da Montale con fulminante

sinteticità , individuandone le componenti essenziali nelle celebri liriche “spesso il

male di vivere ho incontrato”, “meriggiare pallido e assorto” e “ non chiederci la

parola”. La prima è il perfetto esempio del correlativo oggettivo montaliano , ossia del

rapporto che la parola stabilisce con gli oggetti da essa nominati. Infatti nel primo

verso il poeta interviene in prima persona esprimendo il motivo di una tipica

condizione esistenziale , il male di vivere identificandolo direttamente con gli oggetti

che lo rappresentano , emblemi nei quali si incarnano e si rivelano dolore e

sofferenza : il rivo strozzato che gorgoglia, l’incartocciarsi della foglia riarsa e il cavallo

stramazzato. La seconda ha il valore emblematico di introdurre il tema-chiave

dell’estate infiammata che rende tutto arido e secco. Il meriggio di una calda e

assolata giornata estiva è un momento di immobilità e sospensione: per effetto della

calura e della luce accecante, la vita è quasi ferma, tutto si muove molto lentamente e

a fatica. L’aridità della natura è l’emblema di una condizione esistenziale di prigionia,

solitudine e abbandono, di assenza di ogni slancio vitale. Il poeta si vede costretto ad

accettare la triste e limitata condizione umana: l’uomo è simile alle formiche rosse che

si muovono incessantemente senza meta. Il paesaggio è chiuso, non comunica con

l’uomo e non è fatto per lui, è solo un tramite verso qualcosa di indefinito, che

dovrebbe essere in grado di rompere la monotonia della vita quotidiana; Tuttavia

rimane sempre misterioso e insondabile, incapace di offrire risposte soddisfacenti .

Nella terza , infine , Montale afferma che la poesia non è in grado di portare ordine nel

caos interiore dell’uomo .Dunque La parola poetica non è più, come ritenevano i

simbolisti e Ungaretti, la formula magica ultima e segreta della realtà che ci fa

attingere all’assoluto. L’intero componimento esprime con estrema lucidità la

condizione di un’esistenza priva di certezze conoscitive e di valori alternativi; La

poesia può solo definire lucidamente questa condizione in negativo. Il male di vivere

trattato da Montale era stato già affrontato in precedenza da Leopardi che definiva

questa condizione esistenziale con il termine “tedio”. Per esempio nel “Canto notturno

di una pastore errante dell’Asia “ il poeta recanatese scrive : “ a me la vita è male”. La

noia e l’amarezza appaiono a Leopardi l’unico contrassegno della condizione umana ,

poiché i nobili pensieri e i sinceri sentimenti con cui si cerca di dare senso all’esistenza

Dettagli
Publisher
4 pagine
3 download