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Tesina - Premio maturità 2008
Titolo: L'uomo: tra crisi e valorizzazione
Autore: Raffaele Marino
Descrizione: La situazione dell'uomo in bilico tra "crisi e valorizzazione". Sperare in un minimo d'ordine, di equilibrio e di armonia in mezzo al cambiamento
Materie trattate: letteratura italiana, letteratura latina, filosofia, inglese, storia, diritto, fisica, ecologia, mic
Area: scientifica
Sommario: Dalla cultura della crisi ai miti, I limiti e la grandezza dell'uomo, Dal nichilismo al superuomo, Arte - l'unico dato significativo di una vita altrimenti vuota ed inutile, Lo sterminio della guerra per "il bene dell'uomo", Conseguenze dell'attività umana sull'ambiente - Tutela dell'aria, Analisi fisica delle onde elettromagnetiche connesse all'uso dei radar, L'uomo: entità fragile e aggressiva nei confronti dell'ambiente, I microrganismi che popolano l'atmosfera, Studio dei batteri azotofissatori, Dai campi elettrici delle onde all'elettrochimica - La Pila, Altra grande innovazione inglese: i Database, Basi delle teorie di Maxwell con l'analisi matematica
I principi dell'estetismo capovolgono il significato di queste due correnti, affermando che
l'arte deve ispirare la vita, perché tutta la cattiva arte trae origine dal ritorno alla vita e
alla natura.
Viene spesso considerata la più frivola delle correnti affini al decadentismo, in quanto il
solo scopo è quello di esaltare il gusto del bello e dell'arte, tanto da mettere i valori sociali
e familiari in secondo piano. Tra gli esponenti di questa corrente ricordiamo Joris Karl
Huysmans, con "À rebours" (Controcorrente), Oscar Wilde con "Il ritratto di Dorian
Gray" e Gabriele D'Annunzio con "Il piacere".
Per la complessità del movimento, i temi della poesia decadente sono assai vari. Il tema di
fondo è l’angoscia esistenziale. Fra gli altri temi più comuni ricordiamo il senso del
mistero e la noia.
In Italia, il Decadentismo non assunse il carattere radicale e dirompente che ebbe nella
vicina Francia, dove la trasformazione economica in senso capitalistico avvenne in ritardo
e in modo repentino: i primi accenni di Decadentismo in Italia cominciano a scorgersi solo
sul finire dell'Ottocento, con Fogazzaro. Più decisa e consapevole l'adesione alle nuove
idee e forme letterarie europee in autori come Pascoli, per la poesia basata sui miti
dell'infanzia e dell'ignoto, e D'Annunzio, per il superomismo, l'estetismo e bellicismo
nazionalistico.
Inoltre si possono definire decadenti i crepuscolari, per la poesia fatta di malinconica ironia
per le piccole cose, e i futuristi, per il loro vitalismo e gusto provocatorio. Anche la
narrativa di Pirandello e Svevo si può' ricondurre al gusto decadente, anche se mutano
temi e forme.
E’ stato il critico marxista Carlo Salinari ad individuare per primo i rapporti tra Testo e
Contesto di questo periodo in Italia. Il risultato è stato un saggio innovativo, subito
divenuto famosissimo: Miti e Coscienza del Decadentismo Italiano. Nei decenni
“miti
decadenti italiani (1880/1910), Salinari individua tre fondamentali” : il Santo di
Fogazzaro, il fanciullino di Pascoli ed il mito per eccellenza:
“il superuomo di Gabriele D’Annunzio”. 11 | P a g i n a
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1 8 6 3 - 1 9 3 8 )
Gabriele D'Annunzio nasce a Pescara il 12 marzo 1863 da
famiglia borghese. Compie gli studi liceali nel collegio
Cicognini di Prato, distinguendosi sia per la sua condotta
indisciplinata che per il suo accanimento nello studio unito ad
una forte smania di primeggiare.
L’esordio letterario dannunziano avviene sotto il segno dei due
scrittori che in Italia, negli anni Ottanta, suscitano maggior
eco, Carducci e Verga. Già negli anni di collegio, con la sua
prima raccolta poetica Primo vere, pubblicata a spese del
padre, ottiene un precoce successo, in seguito al quale inizia a collaborare ai giornali
letterari dell'epoca. Nel 1881, iscrittosi alla facoltà di Lettere, si trasferisce a Roma, dove,
senza portare a termine gli studi universitari, conduce una vita sontuosa, ricca di amori e
avventure. In breve tempo, collaborando a diversi periodici, sfruttando il mercato librario e
giornalistico e orchestrando intorno alle sue opere spettacolari iniziative pubblicitarie, il
giovane D'Annunzio diviene figura di primo piano della vita culturale e mondana romana.
Dopo il successo di Canto novo e di Terra vergine (1882), nel 1883 hanno grande
risonanza la fuga e il matrimonio con la duchessina Maria Hardouin, unione da cui
nasceranno tre figli, ma che, a causa dei suoi continui tradimenti, durerà solo fino al 1890.
successive del secondo periodo sono caratterizzate dall’influenza dei poeti
Le opere
parnassiani e decadenti europei. Compone i versi l'Intermezzo di rime ('83), la cui
«spudoratezza» scatena un'accesa polemica; mentre nel 1886 esce la raccolta Isaotta
Guttadàuro ed altre poesie, poi divisa in due parti L'Isottèo e La Chimera (1890).
L’autore della “rosa” –
disegna cicli di romanzi: fiore della passione invincibile, del
“giglio” – del “melograno” –
fiore simbolo della passione che si purifica, con allusione ai
frutti che possono derivare dal dominio delle passioni. Ricco di risvolti autobiografici è il
suo primo romanzo Il piacere (1889), che si colloca al vertice di questa mondana ed
estetizzante giovinezza romana. Nel 1891 assediato dai creditori si allontana da Roma e si
trasferisce insieme all'amico pittore Francesco Paolo Michetti a Napoli, dove, collaborando
ai giornali locali trascorre due anni di «splendida miseria». La principessa Maria Gravina
abbandona il marito e va a vivere con il poeta, dal quale ha una figlia. Alla fine del 1893
D'Annunzio è costretto a lasciare, a causa delle difficoltà economiche, anche Napoli.
12 | P a g i n a
Ritorna, con la Gravina e la figlioletta, in Abruzzo, ospite ancora del Michetti. Nel 1894
pubblica i restanti romanzi della rosa: L'innocente ('92 ) e Il trionfo della morte.
–
Nel 1895 esce La vergine delle rocce (1896 Romanzi del giglio), il romanzo in cui si
affaccia la teoria del superuomo e che dominerà tutta la sua produzione successiva. Inizia
una relazione con l'attrice Eleonora Duse, descritta successivamente nel romanzo
–
«veneziano» Il Fuoco (1900 Romanzi del melograno); e avvia una fitta produzione
teatrale: Sogno d'un mattino di primavera ('97), Sogno d'un tramonto d'autunno, La città
morta ('98), La Gioconda ('99), Francesca da Rimini (1901), La figlia di Jorio (1903).
Nel '97 viene eletto deputato, ma nel 1900, opponendosi al ministero Pelloux, abbandona
la destra e si unisce all'estrema sinistra (in seguito non verrà più rieletto). Nel '98 mette fine
al suo legame con la Gravina, da cui ha avuto un altro figlio. Si stabilisce a Settignano, nei
pressi di Firenze, nella villa detta La Capponcina, dove vive lussuosamente prima assieme
alla Duse, poi con il suo nuovo amore Alessandra di Rudinì. Intanto escono Le novelle
della Pescara (1902) e i primi tre libri delle Laudi: Maia, Elettra, Alcyone (1903).
Il 1906 è l'anno dell'amore per la contessa Giuseppina Mancini. Nel 1910 pubblica il
romanzo Forse che sì, forse che no, e per sfuggire ai creditori, convinto dalla nuova
amante Nathalie de Goloubeff, si rifugia in Francia.
Vive allora tra Parigi e una villa nelle Lande, ad Arcachon, partecipando alla vita mondana
della belle époque internazionale.
Nel 1915, nell'imminenza dello scoppio della prima guerra mondiale, torna in Italia.
Riacquista un ruolo di primo piano, tenendo accesi discorsi interventistici e, traducendo
nella realtà il mito letterario di una vita inimitabile, partecipa a varie e ardite imprese
belliche, ampiamente autocelebrate. Durante un incidente aereo viene ferito ad un occhio.
A Venezia, costretto a una lunga convalescenza, scrive il Notturno, edito nel 1921.
Nonostante la perdita dell'occhio destro, diviene eroe nazionale partecipando a celebri
imprese, quali la beffa di Buccari e il volo nel cielo di Vienna. Alla fine della guerra,
conducendo una violenta battaglia per l'annessione all'Italia dell'Istria e della Dalmazia,
alla testa di un gruppo di legionari nel 1919 marcia su Fiume e occupa la città,
instaurandovi una singolare repubblica, la Reggenza italiana del Carnaro, che il governo
Giolitti farà cadere nel 1920. Negli anni dell'avvento del Fascismo, nutrendo una certa
diffidenza verso Mussolini e il suo partito, si ritira, celebrato come eroe nazionale, presso
Gardone, sul lago di Garda, nella villa di Cargnacco, trasformato poi nel museo-mausoleo
del Vittoriale degli Italiani. 13 | P a g i n a
Qui, pressoché in solitudine, nonostante gli onori tributatigli dal regime, raccogliendo le
reliquie della sua gloriosa vita, il vecchio esteta trascorre una malinconica vecchiaia sino
alla morte avvenuta il primo marzo 1938.
La poetica e la poesia del D'Annunzio sono l'espressione più appariscente del
Decadentismo italiano. Dei poeti decadenti europei egli accoglie modi e forme, senza però
approfondirne l'intima problematica, ma usandoli come elementi decorativi della sua arte
fastosa e composita. Aderisce soprattutto alla tendenza irrazionalistica e al misticismo
estetico del Decadentismo, collegandoli alla propria ispirazione narrativa, naturalistica e
sensuale.
Egli rigetta la ragione come strumento di conoscenza per abbandonarsi alle suggestioni del
senso e dell'istinto; spesso vede nell'erotismo e nella sensualità il mezzo per attingere la
vita profonda e segreta dell'io. Egli cerca una fusione dei sensi e dell'animo con le forze
della vita, accogliendo in sé e rivivendo l'esistenza molteplice della natura, con piena
adesione fisica, prima ancora che spirituale. E' questo il "panismo dannunziano", quel
sentimento di unione con il tutto, che ritroviamo in tutte le poesie più belle di D'Annunzio,
in cui riesce ad aderire con tutti i sensi e con tutta la sua vitalità alla natura, s'immerge in
essa e si confonde con questa stessa. La poesia diviene quindi scoperta intuitiva; la parola
del poeta, modulata in un verso privo di ogni significato logico, ridotta a pura musica
evocativa, coglie quest'armonia e la esprime continuando e completando l'opera della
natura. La sua vocazione poetica si muta poi in esibizionismo e la poesia vuol diventare
atto vitale supremo, una sorta di moralità alla rovescia, estremamente individualistica e
irrazionale. Abbiamo allora l'esaltazione del falso primitivo, dell'erotismo o quella sfrenata
del proprio io, indicata nei due aspetti dell'estetismo e del superomismo. L'estetismo è in
definitiva il culto del bello, in pratica vivere la propria vita come se fosse un'opera d'arte, o
al contrario vivere l'arte come fosse vita. Quest'atteggiamento, preso dal Decadentismo
francese, è molto consono, corrispondente cioè alla personalità del poeta. Quindi l'esteta si
limita a realizzare l'arte, ricercando sempre la bellezza; ogni suo gesto deve distinguersi
dalla normalità, dalle masse. Di conseguenza vengono meno i principi sociali e morali che
legano al contrario gli altri uomini. A differenza di questo, il superuomo assomiglia
all'esteta, ma si distingue per il suo desiderio di agire: il superuomo considera che la civiltà
sia un dono dei pochi ai tanti e per questo motivo si vuole elevare al di sopra della massa; è
l'esteta attivo, che cerca di realizzare la sua superiorità a danno delle persone comuni.
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Da un punto di vista critico-letterario la posizione di D'Annunzio è stata oggetto di
numerose prese di posizione: Benedetto Croce, come al solito diffidente verso il
decadentismo, definì il D'Annunzio "un dilettante di sensazioni", volendo indicare con tale
definizione una certa superficialità del poeta abruzzese, attentissimo al valore plastico della
parola e della forma, ma privo di un autentico mondo interiore di valori morali ed ideali.
L'Esteta, il Bello, il Vate. Tanti sono i soprannomi che Gabriele D'Annunzio si è
accattivato durante la sua vita fatta di trasgressioni, di esibizionismi, e di grandi
capolavori della letteratura.
“Il Piacere si colloca in quest'ultimo filone”.
I l P i
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1 8 8 8 )
Composto nel 1889, Il Piacere è il primo dei romanzi dannunziani, e certamente il più
noto. Esso tende ad essere soprattutto un romanzo psicologico, nel senso che indaga i
complessi e morbosi stati d’animo del protagonista, ben al di là del lineare svolgimento
è l’arte, che è un programma estetico ed un modello di vita,
delle vicende. Valore assoluto
a cui Andrea Sperelli subordina tutto il resto, giungendo alla corruzione fisica e morale. È,
insomma, la realizzazione di un’elevazione sociale e di quel processo psicologico che
affina i sensi e le sensazioni:
“bisogna fare la propria vita come si fa un’opera d’arte […].
La superiorità vera è tutta qui. […].
La volontà aveva ceduto la scettro agli istinti; il senso estetico
estetico […] gli
aveva sostituito il senso morale. Codesto senso
manteneva nello spirito un certo equilibrio.
[…] Gli uomini che vivono nella Bellezza, […] che conservano
sempre, anche nelle peggiori depravazioni, una specie di ordine.
della Bellezza è l’asse del loro essere interiore,
La concezione