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L'importanza del nome proprio Ernesto e la relativa importanza conferitagli da chi ha lo ha portato.
Materie trattate: latino,italiano,inglese,scienze della terra,fisica,storia,filosofia,arte
a r t i n a i e v a
m d l
Istituto superiore(liceo scientifico)
E.Majorana
Classe V-G
A.S. 2006-2007
L'importanza di chiamarsi Ernesto
Il nome di un uomo non è come un mantello che gli sta penzolante e che gli si può
<<
strappare o cacciare di dosso,ma una veste perfettamente adatta,o come la pelle
concresciutagli che non si può graffiare senza far male anche a lui>>. Goethe
Dunque il nome proprio non è una cosa poi così relativa,o almeno così sostiene Goethe. Sembra
assurdo ciò che dice,dato che il nostro nome in realtà non è che sia proprio nostro,sì perché non
siamo noi a darcelo:ci viene affidato da qualcun'altro,che decide per noi,chi e come saremo.
Decidono di identificarci così,e lo decidono o per caso,per piacere o per così dire “successione
dinastica”. A volte ci danno più nomi,a volte nomi composti,altre volte nomi bizzarri e stravaganti.
Nomi che non accettiamo,con i quali non ci identifichiamo subito,spesso perché non
orecchiabili,difficili da pronunciare,facili allo scherno.
Quando invece cresciamo maturiamo,soprattutto accettandoci:certo ci sarà sempre una parte del
nostro corpo alla quale non ci adattiamo(il naso,le gambe,le mani)ma è raro che questo sia il nome.
Sì perché,col tempo,il nostro nome si intesse sulla nostra pelle,diventiamo ciò che indica,leoni se
significa coraggio,pecore se indica codardia.
La storia ci ha insegnato che non sempre è così:Adolf significa <<nobile lupo>> e Benito
<<benedetto>>. Ma fortunatamente abbiamo casi che danno credito alla tesi contraria come
Alessandro Magno,<<colui che difende>>,Riccardo cuor di leone,<<audace>>,Ernesto Che
Guevara,<<valoroso,combattente come l'aquila>>.
Valoroso dunque,questo significa il nome Ernesto che,nella storia così come alle origini,tanto nella
letteratura quanto nelle scienze,rispecchia il suo significato. E' dunque un nome importante e
relativa importanza gli hanno conferito coloro che l'hanno portato.
Non è un caso che Saba abbia deciso di dare al protagonista dell'opera che ha ritenuto il suo “parto”
il nome Ernesto,e nemmeno che in inglese il nome Ernest si legga ugualmente all'aggettivo
earnest,”onesto”,onesto come l'autobiografia di Saba,come gli ideali di Guevara,onesto come non
era l'aristocrazia vittoriana e come gli interessi di Wilde nel volerla rappresentare.
E come lo si prova a strappar via,si fa del male a chi lo indossa,lo si lascia incompiuto,lo si uccide.
Ernesto però,il nome Ernesto,ancora rimbomba nelle pagine di un libro,tra le voci dei giovani e le
scene di un teatro,e da tutto ciò è data “l'importanza di chiamarsi Ernesto”.
Le origini dall'onomastica latina agli influssi germanici
Ma come è arrivato a noi il nome Ernesto? Il sistema onomastico italiano attuale deriva
dall'elaborazione medievale di fattori culturali e linguistici connessi col declino della civiltà
romana, la diffusione del cristianesimo e le invasioni di genti germaniche .
L'insorgenza dell'onomastica personale italiana può essere riferita cronologicamente all'arco di
tempo compreso tra l'inizio del IV e V sec., a quella fase della tarda e ultima età imperiale che
coincide con l'affermazione del cristianesimo in Italia e in gran parte del mondo romano. La
tradizionale formula onomastica romana a tre elementi (trinomia), costituita dal praenomen, nomen
e cognomen, si avvia a una crisi irreversibile e alla definitiva scomparsa.
La forma trinomia si era affermata in Roma alla fine del VII sec. a.C., recepita dai Romani dal
presistema modello onomastico sabino. Essa però cominciò ad essere sostituita, già a partire dal III
sec.,da formule a due elementi,nelle quali scompare il praenomen, e infine del nomen unicum che
costituisce, nella transizione dal sistema latino a quella italiano, la zona di saldatura tra l'ultimo
sistema onomastico latino e il nuovo sistema italiano del nome individuale. Le cause che
determinarono nel mondo romano la crisi del sistema onomastico a formula trinomia prima e poi
binomia, e la conseguente generalizzazione del nomen unicum, sono di vario ordine, e tre sono le
principali:
la causa fondamentale è di ordine religioso: la diffusione del cristianesimo,con la sua nuova
− ideologia equalitaria e il nuovo spirito di umiltà,che comportano la rinuncia del cristiano a ogni
distinzione che non sia quella individuale all'interno della propria comunità cristiana;
la seconda causa è di ordine sociale: l'estensione del diritto di cittadinanza romana a tutti i liberi
− dell'impero;
la terza causa è di ordine onomastico e insieme funzionale: con l'estensione a tutti i liberi della
− cittadinanza romana e con la sua ulteriore concessione a schiavi affrancati e immigrati stranieri,
i nomina assunti da una nuova massa di cittadini riprendendoli dal vecchio fondo preesistente, si
erano banalizzati per l'altissima concentrazione e frequenza, e avevano perso la loro capacità e
funzione identificativa e distintiva.
Tra il IV e il V sec. dunque si va progressivamente generalizzando l'uso del nomen unicum, mentre
la formula trinomia si restringe sempre più fino a esaurirsi nel primo alto Medioevo. Il nome unico,
in questa ultima latinità, può essere costituito da elementi nominali diversi: da un cognomen
oppure per ex-schiavi, il gentilizio del padrone o imperatore che li ha affrancati.
Ma più spesso, il nome unico poteva essere costituito da un soprannome o ulteriori
determinativo; infine, per i convertiti al cristianesimo, il nuovo nome cristiano conosciuto al
momento del battesimo.
I nuovi nomi cristiani sono più frequentemente assunti da donne che non da uomini, fenomeno non
del tutto indipendente dal fatto che nella società romana, fin dall'età monarchica, la donna era
sempre stata esclusa dalla formula trinomia: il praenomen è riservato, normale è il solo nomen.
Ora, poiché la causa primaria di questa nuova situazione onomastica latina è la diffusione del
cristianesimo, e poiché la nuova situazione del”nome unico” è caratterizzata soprattutto
dall'onomastica della comunità cristiana è opportuno delineare un quadro pur schematico
dell'onomastica personale cristiana tra il III e V sec..
La contestazione fondamentale è che l'onomastica dei cristiani è sostanzialmente precristiana: la
norma è costituita dai nomi tradizionali romani e latini, o dai molti nomi greci insieme a vari altri
nomi esotici di schiavi e liberti, stanziati o immigrati in Italia e nell'Impero.
I nomi più frequenti negli ambienti cristiani sono i più tradizionali nomina o cognomina o
supernomina “pagani, come Aurelius, Flavius, Iulius e quelli di origine greca Alexius, Cypranus.
Tutti restano vitali anche nell'onomastica non cristiana. E, caso limite, anche i nomi formati o
derivati dalle divinità pagane sono molto frequenti anche nei membri delle comunità cristiane:
Apollus, Mars, Hermes, Venerius.
Nella più antica onomastica dei cristiani hanno particolare rilevanza quantitativa due tipi di nomi,
quelli augurali e/o gratulatori, che esprimono ossia un augurio per il denominato o il ringraziamento
a Dio per il figlio che ha concesso, e quelli dedicatori, che dedicano, affidano e raccomandano, il
figlio a Dio. Ora, sarebbe giustificato che questi tipi di nomi fossero di stampa prettamente
cristiano, e invece anche questi, per la quasi totalità, sono di lunga tradizione già precristiana. Certo
questi nomi sono nuovi come semantica linguistica, in questi i cristiani infatti vedono nella divinità
il Dio cristiano, interpretando la pace (Irene), la felicità (Felix), la vittoria (Victor), in riferimento
alla salvezza dell'anima e alla vita eterna.
I nomi esclusivamente cristiani, formatisi solo all'interno della nuova comunità cristiana, sono
decisamente in netta minoranza. Sono alcuni nomi augurali o/e gratulatori e dedicatori, quasi tutti
teofori (Adeodato), sono pochi nomi ripresi dal Nuovo Testamento, come Anna e Maria, e poi di
apostoli; i nomi di martiri; nomi di umiltà e mortificazione cristiana.
L'onomastica dei cristiani, anche se spesso nuova e originale nell'ideologia sottesa alla scelta di un
nome per la sua semantica linguistica è tuttavia tradizionale. In questo periodo, in questa situazione
dell'onomastica personale latina del tardo e ultimo Impero, si forma e si sviluppa l'embrione del
sistema onomastico del nome individuale unico che si affermerà in Italia all'inizio dell'alto
Medioevo. Il fatto fondamentale che determina ora la crisi dell'onomastica tradizionale latina e la
prima rilevante differenziazione e caratterizzazione rispetto a questa della insorgente onomastica
personale italiana è costituito dalla sempre più imponente penetrazione e affermazione dei nomi
individuali germanici, conseguente allo stazionamento e al predominio in Italia di popolazioni
germaniche.
Non furono però i Visigoti di Alarico né la breve occupazione di Odoacre a lasciare tracce
rilevabili, bensì la popolazione degli Ostrogoti, che nel loro breve periodo di denominazione
impressero alle popolazioni ex romane soggette un primo quantitativo di nomi, assumendo così una
prima impronta germanica.
Dopo un breve periodo di denominazione bizantina e alemanna, si determina in Italia la seconda e
più rilevante presenza germanica: i Longobardi.
La terza presenza germanica in Italia è quella franca. La profonda impronta germanica impressa
nell'onomastica italiana da quest'ultimi però, è dovuta non tanto alla consistenza dell'elemento
etnico e franco neppure al ruolo di egemonia politica e economica dei Franchi, quanto al prestigio e
all'influsso culturale da essi esercitato.
La quarta e ultima impronta germanica si articola negli influssi onomastici esercitati tra il X e il
XIII sec. dagli imperatori o dai re di origine germanica che hanno detenuto il potere nell'Italia di
questo periodo.
La penetrazione e l'affermazione nel tradizionale repertorio onomastico latino di nuovi nomi
individuali germanici è così imponente da determinare una crisi e una mutazione profonda: in Italia,
nell'alto Medioevo i nomi di origine germanica prevalgono numericamente su quelli di tradizione
latina. I nomi che hanno quest'origine a loro volta si possono distinguere in diretti e indiretti mediati
cioè da un'altra tradizione onomastica.
Quelli che possiamo elencare sono davvero tanti, che non basterebbe una semplice tesina ed è per
questo che ne ricordiamo uno solo, semplice, di origine diretta, ma che nasconde una lunga storia, il
nome di Ernesto. Ernesto
è...
...un
romanzo
<<una poesia è un'erezione,un romanzo è un parto>> Saba
Ernesto
(Riassunto dell'opera)
Nella Trieste di fine Ottocento, Ernesto è un giovane tra i dodici e i diciassette anni, unico figlio di
una donna intristita che da tempo è stata abbandonata dal marito. Pur essendo soprattutto amante
del violino e delle letture, oltre che candidamente anarchico nel comportamento, Ernesto è
impiegato nella ditta commerciale del signor Wilder, un ungherese collerico e a volte ridicolo.
Durante una pausa del lavoro, all'inizio del romanzo, Ernesto conosce «l'uomo», un bracciante
ventottenne con il quale intreccia, per impulsiva curiosità e incertezza di desiderio, una relazione
segreta. L'uomo, mai altrimenti nominato, concepisce presto un vero e proprio amore per il ragazzo,
il quale invece ricambia con una tenerezza sempre più distratta, mista di crescente distacco
intellettuale e di turbamento. Ma il loro rapporto è anche franco e ignaro delle differenze sociali,
come quando, nel «Secondo episodio», in un dialetto triestino addolcito e agile Ernesto racconta al
compagno le beffe da lui organizzate ai danni del signor Wilder.
Tuttavia alla "vergognosa" relazione stringono la figura materna debolmente austera e gli zii, che
incutono un certo timore al ragazzo. Ernesto è quindi in un cerchio da cui sente il bisogno di
liberarsi.
L'episodio del barbiere Bernardo, che senza immaginarne le conseguenze emotive rade la prima
peluria al ragazzo, fa scattare l'impulso a una nuova maturazione. Ernesto conoscerà così Tanda,
una prostituta che lo accoglierà con stupita benevolenza e lo inizierà all'amore eterosessuale.