Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Percorre l'evoluzione della donna nel 900 sotto tutti gli aspetti... spaziando da materia a materia in un ordine cronologico (non monotematica)
Materie trattate: storia, italiano, diritto, informatica, economia aziendale, inglese, matematica
Elena Muti, il cui nome richiama allusivamente Elena di Troia, è caratterizzata dal dominio totale
esercitato su di lei dai sensi, dall’eros, non controllato da alcuna istanza razionale.
Avida di piacere, ha come unico fondamento del suo essere morale uno smisurato egoismo che la
rende insensibile e disumana.
Maria Ferres è invece l’immagine sublimata ed eterea della femminilità, che nella mitologia
letteraria ottocentesca è l’antitesi e il complemento della donna fatale.
Andrea Sperelli è diviso tra le due immagini femminili, la perversa Elena e la castissima Maria.
In un primo tempo Andrea s’illude che il legame con Maria possa salvarlo dalla sua profonda
corruzione, ma poi proprio la purezza della donna diviene lo stimolo di voluttuose fantasie erotiche.
Inoltre i bruni capelli di Maria, richiamando l’immagine delle tenebre e ponendosi in simbolica
opposizione al candore della neve, rivelano la presenza della carnalità anche nella donna angelica,
evocando l’idea del peccato in contrapposizione alla sua apparente purezza.
ITALO SVEVO
Una delle caratteristiche principali della figura dell’inetto è l’incapacità di affermarsi verso gli altri
e soprattutto verso le donne.
L’amore di Emilio e Angiolina in “Senilità” è invece un amore trasgressivo, un sinonimo di
gioventù, quindi un tentativo di rimanere giovani. Tuttavia questo amore occasionale procura a
Emilio una grande delusione anche su sé stesso e sulla sua capacità deduttiva, e la sua reazione è
una condizione di senilità, di vecchiaia interiore e di rinuncia all’amore stesso.
quella di ritirarsi in
In “ La coscienza di Zeno” amore significa anche matrimonio.
Infatti, egli riesce a sposarsi, anche se non con la donna che ama. Questa donna è Augusta
donna brutta ma “rassicurante”.
proiezione della madre
Da “Senilità”: Amalia
Amalia ha un’esistenza vuota, che esclude qualsiasi tipo di desiderio, una non-vita che si svolge
entro i confini di uno spazio chiuso, costrittivo, quello del nido familiare di cui è prigioniera.
Amalia evade dalla sua grigia esistenza vagheggiando la vita intensa e splendida delle classi ricche.
La vita di Amalia è una vita di sacrificio, l’unica ragione della sua esistenza è la dedizione al
fratello; è come se vivesse per interposta persona
Da “La coscienza di Zeno”: Augusta 8
Augusta inizialmente viene presentata strabica, un po’ grassa, dai capelli opachi; ma
l’intraprendenza, la solidarietà ilare e affettuosa la rivelano moglie ideale: innamorata, dolce,
allegra, ottima padrona di casa, è la personificazione della salute.
Zeno comprende, attraverso essa, cosa sia la perfetta salute, cioè il segreto dell’attivismo e
dell’equilibrio interiore: la salute è a sua volta una convinzione.
Tuttavia, mentre l’analizza, egli distrugge esplicitamente quella salute che prima sembrava
ammirare e desiderare: rivela l’ingenuità di questa autoconvinzione, basato sull’inesperienza e
sull’inconsapevolezza della vita.
UMBERTO SABA
Saba fu sempre a contatto con figure femminili triestine maliziose, facili, vecchie popolane, ma
colte dall’autore con bonarietà e partecipazione.
Fin dall’infanzia, però ha avuto un brutto impatto con la femminilità. Infatti, non conobbe il padre
perché marinaio ariano, italico, poco responsabile e venne cresciuto ed educato, con l’odio per il
padre e il senso di colpevolezza per essere nato maschio, dalla madre molto severa, ferma ed ebrea.
Inoltre vive, i primi anni della sua vita, affidato ad una tata slovena dolcissima, la Peppa, che
strappato dalla madre naturale all’età di cinque anni
credeva fosse la sua vera madre ed a cui è stato
provocandogli un trauma terribile. Tutto ciò fa sì che Saba diventi, probabilmente, un bisessuale, o
che almeno ebbe avuto esperienze in gioventù, e una persona con problemi psichici e depressivi.
Un’altra figura femminile particolarmente importante è la sua bimba: creatura amabile e leggiadra
che da felicità, la quale riesce ad evocargli un’infanzia felice che non ha mai avuto e alla quale
avrebbe voluto tornare.
Infatti, nelle “Tre poesie alla mia balia” racconta che mentre teneva in braccio la sua bambina gli
ritorna in mente il piccolo Berto tra le braccia della sua balia, definendola “madre di gioia”, e
ricostruisce il doloroso momento della separazione dalla balia e racconta il tentativo di ritrovare
serenità ed equilibrio recandosi a trovarla a casa dopo tanti anni. Infine l’ultima poesia si conclude
con un altro distacco dalla balia, per tornare dalla moglie: ma, questa volta, una nuova
consapevolezza e una più matura capacità di scelta conferiscono alla separazione un significato
assai diverso.
Un’altra donna assai importante per Saba è Lina, sua moglie a cui dedica una poesia “Donna” in cui
si sovrappongono due immagini di donna; una è quella della giovane donna del ricordo, dalla
e aspra “come una mora di macchia”, l’altra è quella della donna del presente,
bellezza fresca 9
ancora ma diversamente bella, nella maturità. Lina, come tutte le donne, mantiene in ogni caso e
sempre un fondo di inafferrabilità.
EUGENIO MONTALE rivolge spesso a un “tu” femminile. Inoltre “Le occasioni” sono state
La poesia di Montale si
definite un canzoniere d’amore. L’amore in Montale assume un carattere totalizzante e impossibile
coincidendo con la tensione del poeta verso un’alternativa radicale all’inferno della storia e alla
“prigione” dell’esistenza quotidiana. Le figure femminili sono presentate come attributi alti e
rarefatti, in quanto sono incarnazioni di un sogno di salvezza. Non si dà la possibilità di un rapporto
reale con la donna; perciò essa non è mai descritta fisicamente, tranne in alcuni particolari
simbolici, lo sguardo, i capelli, il passo. Montale recupera il modello stilnovistico della donna-
angelo, portatrice di salvezza perciò la donna deve rappresentare un’altra dimensione: quella della
morte (Arletta), della religione e della cultura (Clizia), oppure del mondo istintivo e biologico degli
animali (Volpe e Mosca).
Arletta o Annetta (Anna degli Uberti) , donna giovanissima conosciuta dal poeta nei soggiorni a
morta, rappresenta il “varco”, in una zona dove è incerto il
Monterosso, che egli finge precocemente
confine tra i vivi e i morti.
Il tema dell’opposizione della donna all’inferno e ad una storia sempre più degradata si concentra
nel mito di Clizia. Nel 1933 era comparsa nella vita di Montale Irma Brandeis, una giovane studiosa
americana, di famiglia ebrea e dotata di forti sentimenti morali e religiosi. La donna prende il nome
mitologico di Clizia ed è associata al simbolo del girasole.
Clizia ha gli attributi contrastanti del fuoco e del gelo e incarna i valori umanistici della cultura
minacciati dalla barbarie fascista; così diventa la nuova Beatrice assumendo connotati
soprannaturali.
Ma di fronte alla guerra e alle persecuzioni razziali Clizia è costretta a fuggire, e con l’avvento delle
società di massa, Clizia si rivela sempre più inadeguata.
Ora Montale cerca la salvezza non più nei valori alti e nelle ideologie, ma nel “basso”, nella vitalità
degli istinti puramente biologici e sessuali; ed ecco la donna Volpe (la poetessa Maria Luisa
l’antagonista di Clizia, portatrice di un eros concreto.
Spaziani),
Infine Mosca, la moglie morta un anno dopo il matrimonio, è “l’insetto miope”, ma capace di
vedere e di orientarsi istintivamente nell’informe vita quotidiana e nel “trionfo della spazzatura”.In
Satura, opera maggiormente dedicata a Mosca e al suo ricordo, rappresenta il valore della pura
esistenza fisica e materiale. 10
Nel 1919 fu votata la legge Sacchi, che cancellò definitivamente l’autorità maritale e affermò che le
donne potevano esercitare tutte le professioni e coprire buona parte degli incarichi pubblici. Fin
dall’inizio del secolo si era parlato in Parlamento del voto alle donne, ma gli unici favorevoli erano i
socialisti. Più di una volta si era discusso per il suffragio universale femminile, arrivando a
presentare leggi a favore in Parlamento, ma l’approvazione era sempre stata rimandata. Con l’arrivo
del fascismo, si perse ogni speranza quando nel 1925 l’istituzione dei podestà tolse il voto
amministrativo a donne e uomini. Così, fino al 1945, nessuno ebbe più la possibilità di votare. Nel
1927 furono dimezzati gli stipendi e i salari, questo fatto contribuì a far aumentare l’occupazione
delle donne e alla nascita di associazioni a tutela delle lavoratrici.
Le donne italiane furono messe alla prova in un confronto diretto con sollecitazioni nuove sul piano
sociale, culturale e lavorativo; ed è in questo clima denso di tensioni che molte donne giovani e
meno giovani si sentirono incuriosite e stimolate. Si trattò di un processo di massificazione nella
società che andò ormai prendendo piede in un’Italia, che Mussolini e la sua classe dirigente
volevano tenere saldamente ancorato a miti e valori tradizionali.
La donna nuova si trovò nel corso del ventennio al centro di un processo di trasformazione che
investe le strutture sociali, economiche e ideologiche della nazione; la sposa e madre esemplare
assunse volti molteplici finendo con lo sgretolarsi sotto i nostri occhi.
Nonostante ciò, in questi anni appare una femminilità più sicura di sé anche con il costante
aggiornamento sulle novità in fatto di moda, di cosmesi e di costume.
Inizialmente le organizzazioni cattolico-popolari incominciarono ad interessarsi al settore della
buona stampa indirizzata alle donne, con il preciso
intento di ricoprire gli interessi femminili; invece
negli anni venti le donne affluirono negli uffici e
nelle fabbriche, acquisendo maggiore conoscenza
dei propri diritti come soggetti sociali autonomi.
Le donne della piccola e media borghesia e del
proletariato urbano avevano sperimentato nuove
opportunità di socializzazione e di organizzazione
dell’esistenza, acquisendo consapevolezza delle
proprie potenzialità e dei propri diritti come soggetti sociali e produttivi autonomi, mentre nelle
famiglie contadine il lavoro della massaia o moglie del capofamiglia superava in genere quello del
capo famiglia stesso. 11
Il fascismo imponeva una rigida divisione del lavoro: gli uomini si occupavano della produzione e
del sostentamento della famiglia; le donne della riproduzione e del governo della casa.
Tuttavia i dirigenti fascisti riconoscevano che le donne lavoravano e queste rappresentavano il 27%
dell’intera forza lavoro. Oltre al lavoro nei campi e nelle fabbriche le donne dovevano
e trascorrere l’estate nelle
preparare i fanciulli al doposcuola fascista
colonie marine o elioterapiche organizzate dal partito e dai comuni;
in alcuni casi diventavano specialiste all’assistenza per strappare i
sussidi allo Stato.
Donne di ceto sociale elevato giunsero così, a giocare un ruolo
importante nella definizione delle nuove norme di condotta familiare
attraverso corsi per casalinghe, lezioni sull’allevamento dei figli e riunioni informali istituiti per la
realizzazione dei programmi dello Stato fascista.
In seguito, il fascismo prese alcuni provvedimenti legislativi per impedire alle donne di competere
con gli uomini sul mercato del lavoro e per tutelare le madri lavoratrici. Ma, lo scopo era anche un
altro: evitare che le donne considerassero il lavoro retribuito come un trampolino verso
l’emancipazione.
Nel 1938, le lavoratrici avevano obbligatoriamente diritto a un
congedo di maternità della durata di due mesi, coperti da un sussidio
di maternità pari alla paga media percepita nello stesso arco di
tempo, a un congedo non retribuito lungo fino a sette mesi e a due
pause giornaliere per l’allattamento finché il bambino non avesse
compiuto un anno.
La dittatura proibì, come stabilito anche dalla legge n.653/1934, i
lavori notturni, pericolosi, faticosi e insalubri; il trasporto e
sollevamento pesi; limitò la giornata a 11 ore lavorative con riposi
intermedi e sancì provvedimenti a tutela dell’igiene, della sicurezza e
della moralità.