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Sintesi

L'argomento si inscrive nel periodo di crisi delle certezze del 900:il male insito nella dimensione umana proietta un "cono d'ombra" abissale sul Divino, la cui visione, un tempo certa, viene irrimediabilmente offuscata.

Materie trattate: Letteratura Italiana

Estratto del documento

Ad esempio: supponiamo che un treno corra con velocità

costante v lungo un binario rettilineo, e che la coda del treno,

passi in t = 0 davanti all’origine fissata (0,0).

0

Dopo t secondi la coda si troverà alla distanza x=vt dall’origine.

Un punto del treno che disti x dalla coda avrà in quel momento

1

+ vt dall’origine.

la distanza x=x 1 X=x + vt

1 1

costituisce una trasformazione di Galileo: essa permette di riferire

, t ) un punto di coordinata x nell’istante t

al sistema treno (x 1 1

rispetto al sistema binario.

Nello stabilire le formule di trasformazione si è introdotta

inconsapevolmente una ipotesi insidiosa, che riguarda la misura

del tempo, definita ipotesi del tempo assoluto.

Proprio con Einstein si abbandona questa ipotesi, poiché non

verificata; l’orologio che misurava sul treno il tempo t e quello

1

fisso sulla linea, che misurava un tempo t , non vanno

0

esattamente d’accordo, mentre questo accordo fu tacitamente

presupposto nello scrivere le trasformazioni di Galileo.

Supponiamo, infatti, di avere due viaggiatori A e B, situati agli

e B fissi sul

estremi del nostro treno in corsa, e due cantonieri A 1 1

binario.

I viaggiatori A e B lanciano due segnali luminosi quando i propri

orologi segnano 0. i segnali sono percepiti insieme da un

viaggiatore C situato nel punto medio del treno, o, più

esattamente, nella posizione che occupa quel punto medio

quando esso è raggiunto dalla luce proveniente da A e B.

7

Se il treno fosse fermo, questa posizione coinciderebbe col punto

medio C di A B : ma poiché il treno si è mosso durante la

1 1

propagazione luminosa, il punto di incontro sarà C , più vicino a

2

B che ad A .

1 1

D’altra parte, visto che la luce si propaga colla stessa velocità

rispetto al treno e rispetto al binario, il fenomeno si svolge come

se i due segnali fossero partiti da A e B . I due cantonieri

1 1

s’accorgono che i due segnali si incontrano nel suddetto punto

C : concludono, allora, che essi non sono partiti

2

contemporaneamente da A e B , altrimenti l’incontro sarebbe

1 1

avvenuto in C, punto medio.

Il cantoniere B afferma che il proprio segnale luminoso sia partito

1

più tardi, ad un tempo t > 0: eppure entrambi gli orologi A e B sul

treno segnavano 0.

Si deve concludere, quindi, che gli orologi dei cantonieri,

accordati lungo la linea, danno indicazioni diverse da quelle

degli orologi dei viaggiatori, accordati sul treno. In breve: eventi

contemporanei per i viaggiatori non sono più tali per le persone

situate lungo la linea, e viceversa.

Inoltre: i viaggiatori e i cantonieri vogliono misurare la lunghezza

del treno. I primi, trasportando un metro lungo il metro, trovano un

B . Ma i cantonieri non

numero che misura il segmento AB = A 1 1

posso assumere A B come lunghezza del treno, giacchè A è la

1 1 1

posizione della coda quando l’orologio del primo cantoniere

segnava o, mentre B è la posizione della macchina quando

1

l’orologio del secondo cantoniere segnava t > 0.

È allora A B la lunghezza del treno per i cantonieri e risulta più

1 2

corta di A B = AB.

1 1

La lunghezza di un treno in moto appare più corta ai cantonieri, i

quali la valutano stando sul binario, che ai viaggiatori, i quali

eseguono la misura stando sul treno.

8

Gli oggetti in moto subiscono rispetto ad un osservatore fisso una

contrazione, detta lorentziana, tanto più sensibile quanto

maggiore è la loro velocità.

Dei due fatti messi in luce in questo paragrafo appare forse più

singolare il primo, che sovverte il concetto assoluto di

simultaneità: dopo Einstein non si può più parlare di un orologio

unico che batte il tempo all’universo.

Le trasformazioni di Lorentz rappresentano la relazione che lega

spazi e tempi di due sistemi di riferimento, in moto relativo fra loro.

Esse sono alla base della formulazione matematica della teoria

della relatività ristretta (o speciale) di Einstein. In relatività, queste

trasformazioni discendono dal postulato di invarianza della

velocità della luce.

è chiamato fattore di Lorentz e c è la velocità della luce nel

vuoto.

Per velocità molto piccole rispetto a quella della luce, le

trasformazioni di Lorentz si riconducono a quelle di Galileo:

le quali si ricavano facendo il limite delle trasformazioni di Lorentz

per v/c che tende a 0. 9

Il fondamento della Matematica: Kurt Gödel

teoremi di incompletezza

In logica matematica, i sono due famosi

teoremi dimostrati da Kurt Gödel nel 1931. Essi fanno parte della

categoria dei “teoremi limitativi”, che precisano, cioè, le

proprietà che i sistemi formali non possono avere.

Con qualche semplificazione, il primo teorema afferma che:

In ogni formalizzazione coerente della matematica che sia

sufficientemente potente da poter assiomatizzare la teoria

elementare dei numeri naturali è possibile costruire una

proposizione sintatticamente corretta che non può essere né

dimostrata né confutata all'interno dello stesso sistema.

Una costruzione assiomatica non può soddisfare

contemporaneamente le proprietà di coerenza e completezza.

Se dagli assiomi di partenza viene dedotta l'intera aritmetica, essi

portano ad una contraddizione; se i teoremi derivati non sono

contraddittori, esiste almeno un teorema non dimostrabile a

partire da quei soli assiomi, un caso indecidibile del quale non si

può dire se sia vero oppure falso.

Insistendo a postulare con un nuovo assioma la verità di un

teorema non verificabile, il problema viene semplicemente

spostato e la costruzione ripropone un secondo caso di

indedicibilità.

Il primo teorema di incompletezza di Gödel dimostra che qualsiasi

sistema che permette di definire i numeri naturali è

necessariamente incompleto: esso contiene affermazioni di cui

non si può dimostrare né la verità né la falsità.

Ciò che Gödel ha mostrato è che, in molti casi importanti, come

nella teoria dei numeri, nella teoria degli insiemi o nell'analisi

matematica, non è mai possibile giungere a definire la lista

completa degli assiomi che permetta di dimostrare tutte le verità.

Ogni volta che si aggiunge un enunciato all'insieme degli assiomi,

ci sarà sempre un altro enunciato non incluso.

10

Il secondo teorema di incompletezza di Gödel, che si dimostra

formalizzando una parte della dimostrazione del primo teorema

all'interno del sistema stesso, afferma che:

Sia T una teoria matematica sufficientemente espressiva da

contenere l'aritmetica: se T è coerente, non è possibile provare la

coerenza di T all'interno di T .

Nessun sistema coerente può essere utilizzato per dimostrare la

sua stessa coerenza.

Questo risultato ebbe effetti devastanti sull’approccio filosofico

programma di Hilbert:

alla matematica noto come David Hilbert

infatti, riteneva che la coerenza di sistemi formali complessi, come

ad esempio quello dell'analisi matematica sul campo dei reali,

poteva essere dimostrata scomponendo il sistema in sistemi più

semplici.

In questo modo, il problema della coerenza di tutta la

matematica sarebbe stato ricondotto al problema della

coerenza dell'aritmetica elementare.

Il secondo teorema di incompletezza di Gödel mostra che, dato

che nemmeno un sistema particolarmente semplice come quello

dell'aritmetica elementare può essere utilizzato per provare la

propria stessa coerenza, così, a maggior ragione, esso non può

essere utilizzato per dimostrare la coerenza di sistemi più potenti.

Grazie ai teoremi di Gödel, la matematica ci appare oggi un

territorio non precisamente circoscrivibile, e soprattutto

incompleto; i confini (simili ai limiti kantiani) di questo campo del

sapere non sono tracciabili con certezza, né si può arrivare ad

afferrare il nucleo fondante di esso, la verità logica ultima da cui

si sviluppa l’intero sistema. 11

P II

ARTE

L’eclissi del Divino

“Anch’io ho due occhi, e vedo ciò che si fa qui.

Dov’è la misericordia divina? Dov’è Dio?

Come posso credere, come si può credere a questo

Dio di misericordia?”

Elie Wiesel

12

La dottrina dell’inesprimibile: Ludwig Wittgenstein

La filosofia, per Wittgenstein, “deve chiarire e delimitare

nettamente i pensieri che altrimenti sarebbero torbidi e indistinti”:

essa dunque si configura come attività logica, chiarificatrice del

linguaggio.

Tutte le tesi del “Tractatus logico-philosophicus”, la sua opera

maggiore, si fondano sul principio che costituisce l’impegno

ontologico fondamentale dell’autore: il mondo è costituito da

fatti, ed essi accadono o, nella terminologia wittgensteiniana, si

manifestano mediante proposizioni significanti.

In altre parole, un evento accade se di esso si può parlare

logicamente.

I limiti del mio linguaggio, dunque, coincidono con i limiti del mio

mondo e dei fenomeni che posso pensare, capire ed esprimere:

se la capacità linguistica umana non arriva a comprendere in sé

un certo ente, esso non accade nel mondo, su di esso non fa

presa il mio intelletto.

Per questo motivo si innalza il “muro dell’inesprimibile”: aldilà di

questa barriera logica risiede Dio, la morte, che non è mai fatto

accaduto (“la morte non è un evento della vita. La morte non si

vive”) e tutti i problemi etici; le domande relative a questo

insieme di enti non logicamente esprimibili, “indicibili”, non sono

da porre né comunque potrebbero trovare risposta sensata.

Se il Divino è, dunque, collocato in una dimensione separata,

irraggiungibile con le nostre facoltà intellettive, si potrebbe

supporre che esso nemmeno esista?

Su questo Wittgenstein specifica: “v’è davvero dell’ineffabile. esso

mostra sé, è il mistico”, ovvero il Divino appartiene all’insieme di

componenti vitali che non possono essere raffigurate mediante il

linguaggio, ma che sono istintivamente cercate dall’uomo.

13

“Noi sentiamo che, anche una volta che tutte le possibili

domande scientifiche hanno avuto risposta, i nostri problemi vitali

non sono ancora neppure toccati. Certo allora non resta più

domanda alcuna; e appunto questa la risposta.” (6.52)

Il divino, assieme alle questioni esistenziali dell’uomo (“non come il

mondo è, è il mistico, ma che esso è”), è inesprimibile, è silenzio

assoluto per le umane facoltà logiche e linguistiche.

In altre parole:

“Su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere” (7)

Ma ciò non toglie che le risposte “lasciate in bianco” sul divino e

le questioni etico-metafisiche siano di importanza maggiore

rispetto a ciò di cui si può parlare: nella prefazione al Tractatus,

Wittgenstein precisa che la parte decisiva della sua opera, il

culmine del suo pensiero, è proprio quella che segue l'ultima

proposizione (7), cioè la parte non scritta, che non c'è, le pagine

ideali dopo il retro dell'opera.

Le pagine inesprimibili, poiché metafisiche.

14

Impotenza: Giovanni Pascoli

L'anello

Nella mano sua benedicente

l'anello brillava lontano.

Egli alzò quella mano, morente:

di caldo s'empì quella mano..

O mio padre, di sangue! L'anello

lo tenne sul cuore mia madre...

O mia madre! Poi l'ebbe il fratello

mio grande... o mio piccolo padre!

Nel suo gracile dito il tesoro

raggiò di benedizïone.

Una macchia avea preso quell'oro,

di ruggine, presso il castone...

O mio padre, di sangue! Una sera,

la macchia volevi lavare,

o fratello? che pianto fu ! t'era

caduto l'anello nel mare.

E nel mare è rimasto; nel fondo

del mare che grave sospira;

una stella dal cielo profondo

nel mare profondo lo mira.

Quella macchia !

S'adopra a lavarla

il mare infinito; ma in vano.

E la stella che vede, ne parla

al cielo infinito; ah! in vano.

15

X agosto

San Lorenzo, io lo so perché tanto

di stelle per l'aria tranquilla

arde e cade, perché sì gran pianto

nel concavo cielo sfavilla.

Ritornava una rondine al tetto:

l'uccisero: cadde tra spini:

ella aveva nel becco un insetto:

la cena de' suoi rondinini.

Ora è là come in croce, che tende

quel verme a quel cielo lontano;

e il suo nido è nell'ombra, che attende,

che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:

l'uccisero: disse: Perdono;

e restò negli aperti occhi un grido

portava due bambole in dono...

Ora là, nella casa romita,

lo aspettano, aspettano in vano:

egli immobile, attonito, addita

le bambole al cielo lontano

E tu, Cielo, dall'alto dei mondi

sereni, infinito, immortale,

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