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Tesina - Premio maturità 2009
Titolo: Le migrazioni per la civiltà
Autore: Giampà Veronica
Descrizione: " E così comincia per me una nuova vita a testa in giù, con stagioni in cui il Natale faceva fiorire il giardino e la Pasqua odorava di castagne, il nord diventava sud ed il meridione il settentrione" E' la testimonianza che la mia famiglia, come tante altre in Italia, ha dovuto emigrare per poter sopravvivere. Leggendo le numerose lettere lasciatemi dai miei parenti, mi è sorta la curiosità di voler approfondire e capire che cos'è l'emigrazione. Volendo dar sfogo alla mia curiosità , ho aperto il libro di storia e mi sono trovata a leggere che l'uomo prima di essere come io mi vedevo era passato attraverso tante trasformazioni,dall'Africa era emigrato in Oriente e Occidente, aveva affrontato climi rigidissimi, si era coperto di pelle d'animale ed aveva vissuto in caverne, poi in capanni, aveva fondato dei villaggi e delle città . Aveva iniziato ciò che poi noi chiamiamo il lento ma sicuro passaggio dalla preistoria alla Storia, arricchendosi di conoscenze che trasmetteva prima oralmente e poi con la scrittura, insomma aveva trasformato l'ambiente a se.
Area: umanistica
Materie trattate: Storia,migrazioni europee Italiano,giovanni pascoli, Italy e La proletaria si è mossa, la poesia sociale tratta dell'immigrazione Geografia, New york, itinerario turistico della new york cosmopolita, città meta dell'emigrazione italiana Francese,histoire de l'immigracion en france, francia come terra di immigrazione e problematica italiana Inglese, immigration a better life?,storia dell'immigrazione in gran Bretagna Spagnolo, Juan Ramon Jimenez, l'emigrazione dei poeti durante la guerra civile spagnola Economia Aziendale, Globalizzazione dei Mercati, come portatrice di poverta e vista come causa in molti paesi dell'emigrazione.
Bibliografia: Paolo Sorcinelli, Daniela Calanca, Doriano Pela (1978), Storie , Milano,Mondadori editore. Giorgio Barberi Squarotti, Giordano Genchini, Annalisa Pardini (2005), Invito alla letteratura, Bergamo, Atlas editore. N.Agusani, S. Mattarelli (2003),Diritto ed economia per l'azienda, Milano, Mondadori editore. Sarah Jonhstone e Tom Masters (2006), New York, Torino, Lonely Planet, EDT.
Il declino dei contadini
Agli inizi del Novecento la penetrazione del capitalismo nelle campagne, conseguente alla
diffusione della “rivoluzione agraria”, aveva determinato la sostituzione della forza lavoro
colonica con i braccianti, cioè con lavoratori salariati, che non avevano nessun rapporto con i
poderi e con le aziende.
Questo processo era diretta conseguenza dell’aumento della produttività agricola, dovuta sia
alle innovazioni tecniche sia agli investimenti di capitali. L’agricoltura era così in grado di
produrre molto di più con un impiego di manodopera stabile molto ridotto. Questo fenomeno
rese possibile lo spostamento della popolazione dalle campagne alle città, assottigliando
sempre di più il
numero di abitanti dediti all’attività agricola.
La conseguenza fu che in Europa agli inizi del Novecento i contadini non rappresentavano più
la maggioranza della popolazione. L’area mediterranea, più arretrata dal punto di vista
industriale, era il luogo dove lo spopolamento delle campagne aveva preso le mosse,
soprattutto attraverso l’emigrazione.
Il fattore di disgregazione dell’universo contadino fu
infatti l’emigrazione, tra il 1850 e il 1920
emigrarono fuori dal continente quasi cinquanta
milioni di persone, prevalentemente nelle Americhe;
si trattava di contadini espulsi dalle campagne, che
non avevano trovato occupazione stabile nelle città
e nelle attività manifatturiere del proprio paese e
che al di là dell’oceano andavano alla ricerca di terra
e di lavoro.
Cominciarono i contadini irlandesi e di seguito
continuarono tedeschi, inglesi, spagnoli, ed infine gli
Italiani, che si diressero ovunque nelle due
Americhe.
Il problema italiano
Dai primi anni dell’unificazione nazionale le migrazioni verso l’estero rappresentano, per un
lungo periodo, un fenomeno caratteristico dell’evoluzione demografica, economica e sociale
del regno, volto alla sopravvivenza stessa degli individui e delle famiglie, resa problematica
dalla drastica riduzione delle opportunità occupazionali venutasi a creare in seguito allo
sviluppo economico.
La trasformazione delle strutture produttive e in particolar modo i mutamenti delle
tecnologie nel settore agricolo e in quello industriale crearono profondi squilibri fra i settori
produttivi, fra le classi sociali, fra le aree territoriali, provocando la scomparsa di vecchie
professioni e un’ eccedenza di manodopera. 4
L’Italia infatti continuava a essere per certi aspetti un Paese estremamente arretrato, dove
ancora dilagava l‘analfabetismo, dove la tubercolosi continuava a mietere vittime, dove la
disoccupazione e la povertà erano presenti quasi ovunque, soprattutto nel Sud: uno Stato,
insomma, per molti aspetti sottosviluppato e classificato tra i più arretrati d’Europa, in cui i
cittadini vedevano ancora come unica soluzione alla miseria
l’emigrazione in massa verso altri paesi europei ed extraeuropei.
Il più grande esodo partì dalla zona del Mezzogiorno verso le
Americhe.
Gli italiani , negli Stati Uniti si concentravano nelle grandi città
del Nord, privilegiando i lavori salariati, anche in vista del rientro
in Italia, furono impiegati nelle fabbriche, nelle costruzioni di
strade, ferrovie e nelle miniere.
All’interno del paese nacque un nuovo fenomeno: la scomparsa
dei mariti; aumento delle separazioni coniugali; aumento
dell’infedeltà coniugale delle “vedove bianche” (le mogli rimaste
a casa).
Gli stessi cicli della vita familiare subiscono un sensibile
sconvolgimento , prima emigra il padre, poi il figlio. Mentre tutto
ruota attorno all’azienda agricola di base.
Il distacco
Uno dei momenti più drammatici, dunque, è proprio quello del distacco a cui si associano, per
chi parte, l’incertezza e la difficoltà del viaggio. Contrariamente alle promesse degli agenti di
emigrazione e dagli opuscoli pubblicati dalle campagne di navigazione (che sfoggiavano la
qualità dei loro piroscafi, la gentilezza del personale di bordo e la comodità ), il viaggio è
lungo, pieno di disagi e rischi
Ecco qui di seguito riportata una lettera che brevemente racconta l’ odissea del viaggio.
ci trattavano peggio dei maiali, per mangiare e per dormire al tavolaccio, peggio reclusi in mezzo a un
“ puzzo che la gente credeva di morire. Durante il viaggio siamo stati come le sardelle e cinque o sei li
abbiamo lasciati per mare. Hanno caricato 1400 persone in un bastimento di 70 al massimo 700. L’acqua
imbevibile era conservata in un cassone di piombo, stomachevole, sicchè puzzava di quel metallo; non si
beveva a bicchieri, la maggior parte per non succhiare sporcizie sistemate nel cassone, ci mettevano il
fazzoletto che serviva per pulirsi il naso. Appena partiti iniziava il mal di mare, il cibo era quasi nullo.
Non c’è confort da nessuno; anzi i marinai invece di sentir compassione ridevano da smascellarsi e sì che
qui i passeggeri pagavano per il loro trasporto: erano europei come noi. ”
Il fenomeno emigratorio italiano diminuì durante la Prima Guerra Mondiale.
Negli anni seguenti il conflitto l’emigrazione riprese intensamente, con livelli ancora
sensibilmente elevati, ma si trattò di un fenomeno di breve durata. Dalla seconda metà degli
anni venti gli espatri diminuirono progressivamente a seguito delle restrizioni
all’immigrazione poste dagli Stati Uniti e dalla politica antiemigratoria del governo fascista.
5
La migrazione nel secondo dopoguerra
Il flusso migratorio riprese nuovamente vigore dopo la seconda guerra mondiale, con una
intensità che si mantenne costante fino alla metà degli anni sessanta. In quest’ultima fase il
fenomeno, pur non raggiungendo i livelli dell’inizio del secolo, ebbe comunque una
consistenza ancora relativamente forte. L’emigrazione non riguardò contemporaneamente e
in ugual modo tutti i territori dello stato italiano, ma il fenomeno nacque principalmente dal
centro e dalla zona del Mezzogiorno.
Il flusso migratorio non era più verso le Americhe, ma verso il nord del continente.
Il problema del mezzogiorno
La diffusione del benessere, almeno fino agli anni sessanta, venne ostacolata dai bassi salari su
cui poggiava l’imponente crescita del sistema industriale.
La creazione della cassa del mezzogiorno stimolò la promozione dell’industria, ed aveva lo
scopo di finanziare non solo grandi opere infrastrutturali, ma soprattutto gli interventi
industriali nel sud, dove vennero istituite grandi imprese petrolchimiche e siderurgiche.
Queste imprese dovevano rilanciare l’economia meridionale e garantire occupazione alla
massa di lavoratori agricoli sottoccupati. In realtà questi obiettivi non vennero realizzati
perché le grandi imprese di base non furono in grado di assorbire molta manodopera e di
stimolare la crescita di un tessuto di medie imprese.
La massa di lavoratori disponibili a essere impiegati con salari bassissimi si rivolse al sistema
delle imprese in espansione, stimolando un’ ondata migratoria dal sud senza precedenti nella
storia italiana: il nord assorbi milioni di immigrati dal sud in cerca di lavoro. L’abbandono
delle campagne da parte di milioni di lavoratori agricoli ebbe l’effetto di fare sparire figure
sociali che avevano costituito per secoli l’ossatura della società rurale: i contadini.
L’Italia non era più in grado di garantire un’ economia agricola a livello nazionale, accentuò
così i suoi caratteri di paese dipendente dall’estero
per i principali beni alimentari, e l’esodo rurale
rimase l’unica speranza per milioni di famiglie
contadine impoverite.
L’emigrazione di molti lavoratori meridionali, come
di molti contadini dell’Italia centro-settentrionale
verso le città industriali, spopolando molte zone
rurali sopratutto nel sud, privò le campagne delle
energie necessarie per un rinnovamento
produttivo; si creò così un circolo vizioso che
accentuò il degrado dell’agricoltura e trasformò le
campagne in una gigantesca sacca di arretratezza.
La crisi dell’agricoltura ebbe l’effetto di aggravare
la questione meridionale, tanto che alla fine degli
anni cinquanta si può dire che ci fossero due Italie:
quella del nord, industriale, e quella del sud legata
a forme economiche agricole senza avvenire, con
numerose persone analfabete e con condizioni di
vita che fino agli anni sessanta rimasero ai limiti
della sussistenza. 6
Lettera di un genitore alla figlia emigrata
Curinga 26-6-1965
“Carissimi figli Antonio e Maria rispondo con pochi
giorni di ritardo alla vostra amata e da noi tanta
desiderata lettera, nel quale siamo contenti nel sentire
che state bene tutti in famiglia, e come lo stesso vi
possiamo assicurare dei vostri cari genitori.
Dunque carissimi figli Antonio e Maria la domanda
per la pensione ci è venuta respinta quasi dopo 9 mesi
da Roma adesso ha fatto nuova domanda ancora per
malatia che è due mesi che l’ ha fatta , vediamo
quando la chiamano se potrà essere riconosciuta.
Di me ti faccio sapere che ho passato la seconda visita
del ricorso che ho fatto lo passato giorno 18marzo,
stiamo lottando per avere le pensioni che quando saremo pensionati tutti e due,
veniamo parecchi volti a farvi visita a voi cari figli assieme coi nostri cari nipotini
a passare qualche giorno felice con voi.
E’ più di un anno che non ci vediamo Franco a quest’ora è un giovinotto, Battista
pure e anche Maria Grazia comincia a chiamare mamma e papà, deve essere
grande e bellina, speriamo che questo esito di pensione andrà bene così questo
maggio verrò a salutarvi. Su questo riguardo basta.
Dunque carissimo Antonio e Maria vi faccio assapere che vostro zio Pietro è
partito in Canada dove il figlio 31 marzo ha imbarcato da Napoli, ma non per
turismo, ma per migranti di lavoro.
Basta io non mi prolungo vengo ai
distinti saluti di tutti amici e parenti, e in
ultimo riceveti i più affettuosi saluti per
tutti, per te Maria, Franco e Battista e
bacioni a Maria Grazia.
E siamo per sempre vostri
affezionatissimi genitori Madre Ioele
Felicia e Padre Persano Giovanni
Battista . pronta risposta e buone
notizie.” 7
Italy
Italy, il più lungo dei Primi poemetti, è un componimento rappresentativo dell’ultima
produzione pasco liana, di cui accoglie e sintetizza i principali tratti tematici e ideologici,
linguistici e tecnici. Il poemetto prende spunto da una vicenda reale: il ritorno dall’America di
alcuni emigranti per un breve soggiorno nel paese natale. Si tratta dei fratelli Ghita e Beppe e
della loro nipotina Molly: tornano da Cincinnati (Ohio, Stati Uniti) alla natia Caprona, dove
ancora vive la nonna di Molly.
La trama del poemetto ruota principalmente intorno al rapporto fra la piccola Molly e
l’anziana donna, ossia all’incontro, talora conflittuale, fra i due mondi, vicini e insieme lontani,
che esse rispettivamente rappresentano.
Molly ha otto anni ed è malata(gli zii l’hanno portata in Italia pensando che il cambiamento
d’aria possa giovare alla sua salute); è nata in America, parla soltanto inglese, non gradisce il
paese, la casa, le condizioni di vita, così diverse da quelle alle quali è abituata. La nonna è
duramente provata da una vita di lavoro e dalla tristezza per la lontananza dei suoi figli.
Inizialmente, nonna e nipote comunicano con difficoltà, non solo per ragioni di lingua, ma per
la differenza culturale che le divide. Molly, in particolare, è affascinata dal vecchio telaio della
nonna: la segue e la aiuta spesso sul suo lavoro.
A primavera, quando Molly è finalmente guarita e ambientata nel “nido” della patria dei
genitori, la nonna si ammala gravemente, ormai prossima alla morte, essa rivive, in una sorta
di visione, il dramma dei suoi figli costretti ad emigrare. Molly regala la sua bambola alla
nonna morente e , quando arriva il momento di partire, promette che ritornerà, pronunciando
una parola in italiano.
Il tema centrale del poemetto è quello dell’emigrazione, dell’Italia raminga, della sofferenza di
chi parte e di chi resta, di chi torna e lascia altri in America, perché c’è sofferenza nella
separazione di nuclei famigliari, nell’abbandono delle radici.