Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
La tesina tende a dimostrare attraverso la disamina di alcune opere letterarie, artistiche e filosofiche, dagli antichi greci fino alla contemporaneità , l'importanza non marginale della seduzione nelle espressioni alte della cultura..
Materie trattate: Greco, Latino, Filosofia, Italiano, Arte
LISISTRATA
La Lisistrata è l'unica delle commedie di Aristofane a recare nel titolo
il nome del protagonista umano, il quale costituisce inoltre un nome
parlante: Lisistrata, infatti, significa colei che scioglie gli eserciti. La
vicenda narra di Lisistrata, donna ateniese che, per mettere fine alla
lunga guerra del Peloponneso, convince tutte le donne elleniche a uno
sciopero del sesso, di carattere ricattatorio, e fa occupare dalle
concittadine l'Acropoli, ove era conservato il tesoro della lega di Delo,
necessario per continuare la guerra. Gli uomini non possono che
Lisistrata, illustrazione
di Aubrey Beardsley cedere di fronte a un ricatto connesso a un bisogno primario, infatti,
gli Spartani verranno a offrire quella pace che nel 411 a.C. - anno nel quale venne
rappresentata la commedia - sarebbe stata provvidenziale. La vicenda termina con una
celebrazione festiva, nella quale, però, manca l'apoteosi della protagonista, a differenza di
“
quanto avviene in altre commedie utopiche”
come gli Acarnesi, la Pace e gli Uccelli.
Per poter risolvere la situazione rovinosa della guerra, Lisistrata, che in quanto donna è
esclusa dalla partecipazione politica, ricorre ad uno stratagemma surreale: usare le funzioni
che la gerarchia stabilita le attribuisce come strumento di ricatto in una trattativa politica,
basandosi su uno dei saperi femminili per eccellenza che è la forza della seduzione. Questo
potere, proprio di chi non ha autorità o forza fisica, costituisce un sapere molto antico, fatto di
persuasione e assoggettamento senza violenza, ma con la forza dell'attrazione di ciò che è
bello, raro, prezioso (profumi, vesti, gioielli), coadiuvata dalla parola,
strumento immateriale di persuasione, talvolta ancora più convincente
de
g
l
i
e
l
e
me
nt
i
vi
s
i
bi
l
i
,
i
n
c
ui
s
i
può
r
a
v
vi
s
a
r
e
l
’
i
nf
l
ue
nz
a
de
l
l
a
s
of
i
s
t
i
c
a
.
Lisistrata, infatti, mette in gioco il potere seduttivo delle donne
abbigliate in corte tuniche e sandali ammalianti, da cui si può dedurre
che si riteneva che il rapporto sessuale fosse fondato sulla presenza
attiva delle donne, al punto che un cedimento senza partecipazione non Cinesia sollecita
avrebbe compromesso il ricatto (vv. 162-166). La principale Mirrina, illustrazione di
protagonista di questa seduzione, che aumenta a dismisura il desiderio Aubrey Beardsley
è Mi
r
r
i
na c
he
,
pr
opr
i
o pe
r
que
s
t
o,
s
e
ppur
a
l
l
’
i
ni
z
i
o di
f
f
i
c
i
l
e da c
onvi
nc
e
r
e
,
maschile,
affronterà in prima persona la battaglia più dura, dal momento che dovrà sedurre senza
c
onc
e
de
r
s
i
;
a
l
l
’
a
r
r
i
vo
d “
el marito Cinesia, folle per il desiderio, Lisistrata dice a Mirrina sta a
te cuocerlo a dovere, raggirarlo, ingannarlo; digli di si e di no e concedigli tutto, tranne quello
-5-
che abbiamo giurato sulla coppa.”
(vv. 839-841). Mentre Lisistrata va a cercare Mirrina per
volere di Cinesia, egli afferma che, senza la moglie in casa, non ha più gioie nella vita. Alla
vista di Mirrina, Cinesia la prega di scendere, facendola addirittura chiamare dal loro figlio e
la donna non può far altro che scendere ai richiami del bambino. Ella, tuttavia, non cede alle
continue preghiere del marito di fare ritorno, adducendo vari motivi dai lavori domestici fino
“
alla festa di Afrodite”
. Inizia quindi il gioco condotto da Mirrina per infiammare il marito,
continuando a concedersi ma ritraendosi subito dopo per andare a prendere qualcosa di
f
onda
me
nt
a
l
e
ma
ma
nc
a
nt
e
pe
r
l
’
a
mpl
e
s
s
o.
I
nf
i
ne
Mi
r
r
i
na
e
s
c
e
l
a
s
c
i
a
ndo
Ci
ne
s
i
a
i
n
dol
or
os
a
attesa ma comunque innamorato, tanto che egli si ostina a difenderla davanti agli insulti che le
r
i
vol
g
e
i
l
c
or
o
di
ve
c
c
hi
.
Al
l
’
i
ni
z
i
o
della scena, alla richiesta del marito di giacere con lui,
“
Mirrina aveva rifiutato ma aveva aggiunto: Eppure è vero che ti voglio bene”(v. 905),
dimostrando come le donne, pur ardenti dello stesso desiderio maschile, lo mettano da parte in
nome di un sistema di valori e della pace. Molte donne, tuttavia, vinte dal desiderio, tentano di
disertare per andare dai propri mariti, ma proprio Lisistrata, dimostrando prima della scena di
“
Mirrina la sostanziale uguaglianza del pothos (desiderio) maschile e femminile, dice avete
desiderio dei vostri uomini; ma pensate che loro non ne abbiamo? Sono sicura che le loro
notti sono angosciose”
(vv. 763-765).
Lisistrata è, inoltre, una abile oratrice. Nel suo primo discorso, ella
mostra i motivi per cui bisogna impegnarsi a far terminare la guerra e
quanto le donne sarebbero più adatte a governare Atene, dal momento
che il governo maschile ha condotto tutta la popolazione solamente ad
una guerra sterile che viene portata avanti per abitudine, senza che le
donne possano partecipare alla sua deliberazione perché, pur
svolgendo un ruolo vitale, sono costrette a tacere; esse, inoltre,
amministrando le risorse domestiche sarebbero assolutamente capaci
Lisistrata arringa le di
oc
c
upa
r
s
i
de
l
l
’
e
r
a
r
i
o
pubbl
i
c
o.
I
l
c
ol
po
di
f
or
z
a
,
i
n
que
s
t
a
s
i
t
ua
z
i
o
ne
,
donne, illustrazione
di Aubrey Beardsley è l'unico modo per farsi ascoltare e salvare la città della rovina.
Quando, infine, ella parla ad Ateniesi e Spartani riuniti, si mostra come il corpo femminile, da
s
ol
o,
ba
s
t
i
a
d
i
nf
i
a
mma
r
e
g
l
i
uomi
ni
c
he
,
i
nve
c
e
di
a
s
c
ol
t
a
r
e
l
’
or
a
t
r
i
c
e
,
f
a
nno
c
omme
nt
i
sul
suo corpo; Lisistrata, quindi, ha vinto soltanto de facto, perché il suo ricatto ha avuto successo
s
ol
o
a
c
a
us
a
de
l
l
’
i
nc
ont
e
ni
bi
l
e
de
s
i
de
r
i
o
ma
s
c
hi
l
e
:
s
i
g
ni
f
i
c
a
t
i
va
me
nt
e
e
l
l
a
vi
e
ne
f
a
t
t
a
s
pa
r
i
r
e
dalla celebrazione con cui, come è costume di Aristofane, si conclude la commedia. Lisistrata,
nel rovesciare il mondo, è stata costretta a confermarlo: l'area di visibilità delle donne,
comunque esse si comportino, è e rimane esclusivamente il sesso.
-6-
SIRENE
L’
e
s
s
e
r
e s
e
dut
t
or
e pe
r
a
nt
onoma
s
i
a è r
a
ppr
e
s
e
nt
a
t
o,
f
in dai primordi della letteratura
occidentale, dalla Sirena.
L’
or
i
g
i
ne
di
que
s
t
e
c
r
e
a
t
ur
e
mos
t
r
uos
e
è
a
t
t
r
i
bui
t
a
a
vi
c
e
nde
di
ve
r
s
e
e
,
a
ddi
r
i
t
t
ur
a
,
l
a
l
or
o
fisionomia e il loro carattere muta nel tempo. In tutte le tradizioni i loro nomi richiamano il
canto e la seduzione e, in generale, il loro nome deriverebbe da una radice sanscrita
“ “
(svar=cielo) legata al significato di splendore”
(e quindi attrazione”
) oppure, secondo altri
“
etimologi dalla base semitica sjr”
, che vuol dire cantare.
r
e
ne
ne
l
l
’
e
pi
s
odi
o
de
l
l
i
br
o
XI
I
,
165
-200,
a
nt
i
c
i
pa
t
o
da
l
l
’
a
vve
r
t
i
me
nt
o
Omero descrive le Si a
i
s
uoi
uomi
ni
,
una
vol
t
a
g
i
unt
i
pr
e
s
s
o
l
’
i
s
ol
a
che Circe dà ad Odisseo: il Laerziade ordina
delle Sirene, di tapparsi le orecchie con la cera e di legarlo a un albero della nave, cosicché
possa ascoltare il loro dolce canto, vietando di slegarlo, qualunque supplica avesse loro
rivolto. Le Sirene sono descritte come creature marine che, sedute su un prato, ammaliano e
stregano i marinai con il loro canto e la loro bellezza affinché naufraghino.
Anche Giasone, nelle Argonautiche di Apollonio Rodio, sei secoli dopo Odisseo, deve
affrontare le insidiose creature: gli Argonauti passarono vicino alla loro isola, Antemoessa, e
stavano per fermarsi ad ascoltare il melodioso canto dei mostri appostati su una rupe ma
“
Orfeo cantò tanto melodiosamente, che i marinai della nave Argo”non ebbero voglia di
ascoltarle. Solo Bute si lanciò in mare, ma fu salvato da Afrodite. Apollonio Rodio, a
differenza di Omero, nel quarto libro del suo poema, ai versi 889-921, descrive le Sirene
come mostri simili nel corpo in parte ad uccelli e in parte a fanciulle che con il loro soave
canto facevano struggere i marinai che non sarebbero più tornati alle loro case. Mentre Omero
informa
z
i
oni
s
ul
l
’
or
i
g
i
ne
di
que
s
t
e
c
r
e
a
t
ur
e
,
i
l
poe
t
a
e
l
l
e
ni
s
t
i
c
o,
c
he
pr
a
t
i
c
a
l
’
a
r
t
e
non fornisce
a
l
l
us
i
va
e
pone
l
’
a
t
t
e
nz
i
one
a
t
ut
t
i
i
de
t
t
a
g
l
i
de
l
l
a
s
ua
na
r
r
a
z
i
one
,
r
a
c
c
ont
a
c
he
que
s
t
i
mo
s
t
r
i
na
c
que
r
o
da
l
l
a
mus
a
Te
r
s
i
c
or
o
e
da
l
l
’
Ac
he
l
oo
e
c
he
e
r
a
no
s
t
a
t
e
pr
e
c
e
de
nt
e
me
nt
e ancelle della
potente figlia di Deò, glossa per Demetra.
La tradizione delle Sirene passò anche nella letteratura latina, ne descrive le possibili origini
Ovidio nelle Metamorfosi, con una connotazione ancora malvagia mentre, dal Medioevo in
“
poi (descrizione nel Liber monstrum”
) esse acquistano le sembianze di affascinanti creature
a metà tra una fanciulla e un pesce e diventano buone, dolci e leggiadre. Questa ambigua
figura, tuttavia, sarà ripresa in tutta la tradizione successiva sia nei suoi aspetti benigni (la
“ “
favola di Andersen La sirenetta”
), sia in quelli maligni (il Fregio di Beethoven”
di Klimt).
-7-
DE RERUM NATURA
Il De rerum natura fu composto dal poeta latino
Lucrezio prima del 54 a.C., sulla base di quanto
ò,
t
r
a l
’
a
l
t
r
o,
afferma Cicerone, (il quale ne cur
l
’
e
di
z
i
one
)
,
i
n
una
l
e
t
t
e
r
a
a
l
f
r
a
t
e
l
l
o
Qui
nt
o,
c
on
i
l
quale proprio di questa opera discute. Il poema fu
scritto per far assorbire, come afferma lo stesso
poeta, una medicina amara da un bicchiere col bordo
cosparso di miele (I, vv: 936-950): la filosofia
epicurea rigorosa. Il poeta, infatti, si prefigge
l
’
obi
e
t
t
i
vo
di
s
pi
e
g
a
r
e
i
l
s
i
s
t
e
ma
f
i
l
os
of
i
c
o
e
pi
c
ur
e
o
in modo completo, rigoroso e coerente, portando
esempi vicini alla vita quotidiana che aiutino il
l
e
t
t
or
e
ne
l
l
a
c
ompr
e
ns
i
one
e
ne
l
l
’
a
ssimilazione, pur
mantenendo sempre uno stile alto, finemente
elaborato e con molti neologismi tesi a tradurre in
latino i termini filosofici greci.
Il primo episodio, che si potrebbe definire collegato al tema della seduzione, si trova nel
proemio del primo libro, ai versi 31-40:
«nam tu sola potes tranquilla pace iuvare Tu sola infatti puoi con tranquilla pace
mortalis, quoniam belli fera moenera Mavors giovare || ai mortali, poiché sui fieri travagli
armipotens regit, in gremium qui saepe tuum della guerra ha dominio || Marte possente in
[se] armi, che spesso sul tuo grembo ||
reiicit aeterno devictus vulnere amoris, s'abbandona vinto da eterna ferita d'amore;
atque ita suspiciens tereti cervice reposta || e così, levando lo sguardo, col ben tornito
pascit amore avidos inhians in te, dea, visus collo arrovesciato, || pasce d'amore gli avidi
eque tuo pendet resupini spiritus ore. occhi anelando a te, o dea, || e, mentre sta
hunc tu, diva, tuo recubantem corpore sancto supino, il suo respiro pende dalle tue labbra.
circum fusa super, suavis ex ore loquellas || Quando egli sta adagiato sul tuo corpo
funde petens placidam Romanis, incluta, santo, tu, o dea, || avvolgendolo dall'alto,
[pacem;] » effondi dalla bocca soavi parole: || chiedi, o
gloriosa, pei Romani placida pace.
-8-
Lucrezio, infatti, affida Roma alla grande bellezza della dea Venere, portatrice della voluptas
su cui si basa il poema, e alle sue arti seduttive per ottenere la pace, dopo molti anni di guerra
civile; il breve brano è un pezzo di bravura del poeta che sembra descrivere con raffinata
precisione una levigata statua greca, pervasa da un delicato, seppur intenso, erotismo.
I
l
qua
r
t
o
l
i
b
r
o,
pe
r
ò,
i
n
pa
r
t
i
c
ol
a
r
e
,
s
i
oc
c
upa
de
l
l
’
a
mor
e
e
di
t
ut
t
i
i
f
e
nome
ni
a
d
e
s
s
o
c
ol
l
e
g
a
t
i
:
in esso, infatti, si affronta il problema della conoscenza partendo dallo studio dei sensi e, a
que
s
t
o
pr
opos
i
t
o,
s
i
t
r
a
t
t
a
no
a
nc
he
g
l
i
s
t
i
mol
i
pr
i
ma
r
i
de
l
l
’
uomo,
c
on
pa
r
t
i
c
ol
a
r
e
a
t
t
e
nz
i
one
a
l
l
’
i
s
t
i
nt
o
s
e
s
s
ua
l
e
,
l
’
i
mpul
s
o
vi
t
a
l
e
a
l
l
a
r
i
pr
oduz
i
one
pr
opr
i
o
di
t
ut
t
i
g
l
i
e
s
s
e
r
i
animati. Tale
i
s
t
i
nt
o,
c
he
c
ome
una
s
e
me
nt
e
s
i
a
g
i
t
a
i
n
og
ni
i
ndi
vi
duo,
f
a
na
s
c
e
r
e
ne
l
l
’
uomo
i
l
de
s
i
de
r
i
o
d’
a
mor
e
c
ome
r
e
a
l
i
z
z
a
z
i
one
de
l
bi
s
og
no di
pos
s
e
de
r
e
l
a
pe
r
s
ona
ogge
t
t
o de
l
de
s
i
de
r
i
o.
L’
a
mor
e
ha
,
dunque
,
or
i
gi
ne
ne
l
l
a
na
t
u
r
a
e
r
i
s
ponde
a
l
bi
s
og
no
di un rapporto di relazione con
un altro essere.
Il poeta, infatti, afferma che il desiderio e il seme umano scaturiscono proprio dalla attrattiva
di un altro essere umano, vv. 1039-1040:
«namque alias aliud res commovet atque Giacché diverse cause eccitano e
lacessit; provocano diversi oggetti:
ex homine humanum semen ciet una dall'uomo, solo l'attrattiva dell'uomo fa
hominis vis. » scaturire il seme umano.
e
,
da
c
i
ò,
t
ut
t
o
i
l
c
or
po
è
i
nf
i
a
mma
t
o
a
c
a
us
a
da
l
l
a
f
e
r
i
t
a
d’
a
mor
e
c
he
,
i
n
r
e
a
l
t
à
,
ha
c
ol
pi
t
o
la
me
nt
e
.
La
ma
gg
i
or
pa
r
t
e
de
g
l
i
uomi
ni
è
,
dunque
,
ma
l
a
t
a
d’
a
mor
e
e
non
può
g
ode
r
e
di
un
pur
o
pi
a
c
e
r
e ne
l
l
a s
oddi
s
f
a
z
i
one de
l
de
s
i
de
r
i
o,
ma c
ompi
e a
t
t
i
vi
ol
e
nt
i
dur
a
nt
e l
’
a
mpl
e
s
s
o
pr
ovoc
a
ndo
dol
or
e
a
s
é
e
d
a
l
l
a
pe
r
s
ona
a
ma
t
a
.
L’
a
mor
e
,
i
nol
t
r
e
,
“
è
l
’
uni
c
a
c
osa nella quale
pi
ù
g
r
a
nde
è
i
l
pos
s
e
s
s
o,
|
|
pi
ù
i
l
c
uor
e
a
r
de
d’
un
de
s
i
de
r
i
o
f
e
r
oc
e
.
”
(vv. 1089-1090: « unaque
res haec est, cuius quam plurima habemus, || tam magis ardescit dira cuppedine pectus.») e