vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Tesina multidisciplinare di matematica, filosofia e fisica, per l'esame di maturità scientifica. Ho scelto questo tema prendendo spunto da una curiosità personale: la matematica è una scoperta o un'invenzione? Attraverso la stesura di questa tesina mi sono fatta un'idea più chiara, anche se non credo di essere arrivata ad una certezza, visto che illustri matematici di tutto il mondo ancora ne discutono.
Sommario:
1. Premessa
2. La svolta del XIX secolo
2.1 Il realismo delle idee
2.2 Le geometrie non euclidee
2.3 Il riduzionismo: esigenza di rigore
3. La crisi dei fondamenti
3.1 L'antinomia di Russell
3.2 La soluzione logicista
3.3 La nuova matematica intuizionista
3.4 Il formalismo hilbertiano
3.5 Il teorema di Gödel
4. Matematica e Fisica moderna
4.1 I modelli geometrici
4.2 Simmetria delle formule: le equazioni di Maxwell
5. Conclusioni
1. Premessa
Ho scelto questo tema prendendo spunto da una curiosità personale. Infatti, iniziando il mio percorso di ricerca e analisi, non avevo ancora una risposta alla domanda: la matematica è una scoperta o un'invenzione? Attraverso la stesura di questa tesina mi sono fatta un'idea più chiara sulla natura della matematica, anche se non credo di essere arrivata ad una verità assoluta, ad una certezza, visto che illustri matematici di tutto il mondo ancora ne discutono. Ritengo tuttavia che, qualunque sia la risposta, il valore epistemologico della domanda non possa venire sminuito.
Infatti, la matematica è un potente strumento utilizzato, in varia misura, da tutte le altre scienze. Anche oggi che il pensiero matematico ha raggiunto un grado di iperastrazione così elevato, la matematica continua a essere il linguaggio della scienza, così come lo è stato nell'antichità. Quindi il fondamento della matematica costituisce la base del ragionamento scientifico in generale, e incoerenze nei fondamenti della matematica potrebbero determinare la non-funzionalità di certi modelli scientifici o addirittura falsificare alcune teorie scientifiche. Non è solo la scienza a beneficiare della matematica. Pensiamo a tutte le applicazioni pratiche della matematica nella vita quotidiana: il sistema di compravendita, ad esempio, è basato interamente su enti e relazioni matematiche; il computer funziona interamente grazie alla matematica e sa trattare solo con oggetti matematici.
E' evidente che determinare la natura dei fondamenti della matematica serve a costituire una base solida per moltissime delle nostre speculazioni, teorie, ragionamenti e anche per la nostra visione del mondo.
La mia analisi segue prima di tutto un percorso storico, in verità partendo da un'epoca piuttosto recente, il XIX secolo, quando si sviluppano le geometrie non euclidee e, attraverso questa nuova visione della geometria, si fa strada l'idea che la matematica sia pura invenzione della mente umana.
La parte centrale è dedicata ampiamente alla crisi dei fondamenti, il dibattito filosofico ed epistemologico più vivace nella storia della matematica. Infine l'ultima parte prima delle conclusioni riguarda il rapporto tra la matematica e la fisica, soprattutto fisica moderna, che può essere tradotto nelle relazioni che intercorrono tra l'astrazione della matematica e i fenomeni del mondo reale.
Liceo Scientifico Statale "Galileo Galilei", Verona
Esame di Stato A.S. 2004/2005, classe 5ª sez. C
LA MATEMATICA E' UNA
SCOPERTA O
UN'INVENZIONE?
Michela Mazzoli
Materie coinvolte: Matematica, Filosofia, Fisica
Sommario:
1. Premessa
2. La svolta del XIX secolo
2.1 Il realismo delle idee
2.2 Le geometrie non euclidee
2.3 Il riduzionismo: esigenza di rigore
3. La crisi dei fondamenti
3.1 L’antinomia di Russell
3.2 La soluzione logicista
3.3 La nuova matematica intuizionista
3.4 Il formalismo hilbertiano
3.5 Il teorema di Gödel
4. Matematica e Fisica moderna
4.1 I modelli geometrici
4.2 Simmetria delle formule: le equazioni di Maxwell
5. Conclusioni
Premessa
1.
Ho scelto questo tema prendendo spunto da una curiosità personale. Infatti, iniziando il mio
percorso di ricerca e analisi, non avevo ancora una risposta alla domanda: la matematica è una
scoperta o un’invenzione? Attraverso la stesura di questa tesina mi sono fatta un’idea più
chiara sulla natura della matematica, anche se non credo di essere arrivata ad una verità
assoluta, ad una certezza, visto che illustri matematici di tutto il mondo ancora ne discutono.
Ritengo tuttavia che, qualunque sia la risposta, il valore epistemologico della domanda non
possa venire sminuito.
Infatti, la matematica è un potente strumento utilizzato, in varia misura, da tutte le altre
scienze. Anche oggi che il pensiero matematico ha raggiunto un grado di iperastrazione così
elevato, la matematica continua a essere il linguaggio della scienza, così come lo è stato
nell’antichità. Quindi il fondamento della matematica costituisce la base del ragionamento
scientifico in generale, e incoerenze nei fondamenti della matematica potrebbero determinare
la non-funzionalità di certi modelli scientifici o addirittura falsificare alcune teorie scientifiche.
Non è solo la scienza a beneficiare della matematica. Pensiamo a tutte le applicazioni pratiche
della matematica nella vita quotidiana: il sistema di compravendita, ad esempio, è basato
interamente su enti e relazioni matematiche; il computer funziona interamente grazie alla
matematica e sa trattare solo con oggetti matematici.
E' evidente che determinare la natura dei fondamenti della matematica serve a
costituire una base solida per moltissime delle nostre speculazioni, teorie,
ragionamenti e anche per la nostra visione del mondo.
La mia analisi segue prima di tutto un percorso storico, in verità partendo da un’epoca
piuttosto recente, il XIX secolo, quando si sviluppano le geometrie non euclidee e, attraverso
questa nuova visione della geometria, si fa strada l’idea che la matematica sia pura invenzione
della mente umana. La parte centrale è dedicata ampiamente alla crisi dei fondamenti, il
dibattito filosofico ed epistemologico più vivace nella storia della matematica. Infine l’ultima
parte prima delle conclusioni riguarda il rapporto tra la matematica e la fisica, soprattutto fisica
moderna, che può essere tradotto nelle relazioni che intercorrono tra l’astrazione della
matematica e i fenomeni del mondo reale.
2. La svolta del XIX secolo
2.1
Il realismo delle idee.
La matematica nasce prima di tutto come studio di oggetti reali e per tradurre esigenze
strettamente pratiche: l’aritmetica per contare, la geometria e la trigonometria per misurare e
descrivere lo spazio fisico, successivamente compaiono il calcolo delle probabilità, il calcolo
vettoriale, ecc.
L’enumerazione può sembrare un procedimento ovvio, tuttavia il suo significato non è affatto
banale: dal quantificare in maniera esatta un gruppo di oggetti in un caso particolare si può
passare ad una quantificazione generale e astratta di un qualsiasi altro gruppo di oggetti.
Ovvero, una volta stabilito – arbitrariamente - un sistema generale di enumerazione (come i
numeri naturali: 1, 2, 3… lo 0 arriverà più tardi) e le operazioni in esso (cioè delle sequenze
operative che ci permettono di agire sui numeri) siamo in grado di prevedere il comportamento
delle quantità di oggetti quando andiamo a modificarle con le operazioni conosciute.
A questo punto è evidente che la natura degli oggetti che si vanno a contare non ha più
importanza, poiché cosa essi siano non ha alcuna influenza sull’enumerazione (non ha
importanza se stiamo contando 3 mele, 3 gatti o 3 sassi; il numero 3 gode sempre delle stesse
proprietà e 3 + 2 farà sempre 5, sia con le mele, che con i gatti o i sassi). Sono più importanti
(e interessanti) le interrelazioni tra i numeri, più che i numeri stessi.
Inoltre la matematica possiede una base obiettiva, parzialmente indipendente dalla mente
umana. Ne è prova il caso non troppo raro di matematici che, vissuti in epoche diverse e/o in
contesti diversi, sono pervenuti agli stessi risultati.
Ogni speculazione matematica necessita però di un linguaggio universale e ben determinato;
l'uso approssimativo del linguaggio matematico non è consentito: se si infrange anche una sola
regola, tutto o quasi tutto perde significato.
Nella prefazione della sua opera “Principi della matematica”, il matematico inglese Bertrand
Russell (di cui torneremo a parlare nella sezione 3) esemplificherà molto chiaramente l’idea
riassunta nello schema qui sopra, affermando che:
«Se il ragionamento matematico viene applicato a quanto esiste, esso assume una forma che
non è determinata dagli oggetti ai quali è applicato così come si presentano nella realtà, ma
solo dalla caratteristica di questi di avere delle proprietà generali. Nella matematica pura, gli
oggetti reali propri del mondo dell’esistenza non vengono mai presi in considerazione, mentre
si danno in sede di ipotesi degli oggetti che possiedono delle proprietà generali, dalle quali
viene a dipendere qualsiasi deduzione che si possa mettere in atto; tali proprietà di carattere
generale saranno sempre esprimibili nei termini di concetti fondamentali, che io ho chiamato
costanti logiche.»
L’astrazione sembra proprio essere il fine ultimo a cui tende la matematica. Si tratta però,
almeno fino al XIX secolo, di un’operazione di generalizzazione che trascende la realtà
empirica, ma che non dimentica la sua origine intuitiva (e quindi le sue applicazioni pratiche e
particolari).
Infatti, la filosofia della matematica fino all'Ottocento era orientata verso il realismo delle idee
di Platone: secondo il filosofo greco, le “idee” sono le verità fondamentali e assolute, le quali si
trovano in una dimensione oltre il mondo fenomenico (nell'iperuranio); tutti gli enti matematici
non sono empirici, bensì provengono da questo mondo di verità innate, perciò i teoremi sono
scoperti e non inventati. In quest’ottica la matematica assume una connotazione quasi mistica,
nel senso che permette all’uomo di cogliere frammenti di una realtà trascendente e altrimenti
inconoscibile.
2.2
Le geometrie non euclidee.
Nel XIX secolo prende piede l'idea che la matematica non sia una scienza naturale, bensì una
mera creazione dell'intelletto umano. Punto cruciale nell’evoluzione della filosofia della
matematica è stata la definizione di geometrie non euclidee, in cui cambia la natura del piano
e con essa cambiano gli assiomi e le definizioni degli enti geometrici.
Un primo esempio di geometria non euclidea è quella iperbolica,
ideata da Nicolaj Ivanovič Lobacevskij nel 1829 e da János
Bólyai nel 1832, indipendentemente l’uno dall’altro, ma già
teorizzata da Karl Friedrich Gauss nei primi anni del secolo.
Un secondo esempio, ancora più astratto e rigoroso, è la
geometria ellittica di Bernhard Riemann (1854). Riemann
sostiene una visione globale della geometria come studio di
qualsiasi genere di spazio, con qualsiasi numero di dimensioni.
Anzi, secondo la concezione di Riemann, la geometria non
riguarda necessariamente punti, rette o spazio nel senso
ordinario, ma insiemi di ennuple ordinate che vengono
raggruppate secondo certe regole.
Un esempio di “piano” ellittico può essere la superficie sferica della figura [1], mentre un
“piano” iperbolico può essere una superficie come quella della figura [2]. Nel primo caso una
retta è definita come ogni circonferenza massima, nel secondo caso come la linea di lunghezza
minore che unisce due punti. Due delle principali differenze tra la geometria euclidea e quelle
non euclidee sono il fatto che nelle seconde non è più rispettato il quinto postulato di Euclide
(“per un punto esterno ad una retta si può condurre una e una sola retta parallela alla prima
retta” – in realtà questi
due nuovi modelli di
geometria sono stati
pensati di proposito in
contraddizione con il
quinto postulato di
Euclide) e che la somma
delle ampiezze degli
angoli interni di un
triangolo non è più 180°,
bensì è minore nella
geometria iperbolica,
maggiore in quella
ellittica.
Le geometrie non euclidee non rispecchiano le caratteristiche dello spazio fisico, come invece fa
in linea astratta e ideale la geometria euclidea, la quale basa le sue regole su una percezione
intuitiva; tuttavia esse sono coerenti in se stesse tanto quanto la geometria euclidea.
Come ha detto Herbert Meschkowsky in “Mutamenti nel pensiero matematico”:
«L’esistenza della geometria non euclidea rende impossibile all’uomo moderno di restare fermo
alla concezione spaziale di Platone e Kant.»
Ricordiamo che per Kant spazio e tempo sono “forme a priori”, concetti universali e necessari,
innati nella mente umana, attraverso i quali noi vediamo il mondo; perciò non ci è possibile
una visione della realtà che prescinda dalle forme a priori, essendo queste ultime incluse nella
natura umana. E’ da notare, tuttavia, che l’apriorità kantiana è universale e necessaria solo per
quanto riguarda il mondo dell’esperienza sensibile, e non ha dunque valore logico e assoluto in
senso astratto. Quindi non è vero che l’esistenza delle geometrie non euclidee abbia inferto un
colpo mortale alla filosofia kantiana: nella pratica nessuno oserebbe mai pensare alla distanza
tra Milano e Roma, immaginando di trovarsi in uno spazio iperbolico o ellittico.
In ambito matematico però queste nuove teorie hanno una valore ben più rivoluzionario. La
geometria non euclidea, infatti, apre la strada all’idea che la matematica sia una pura
creazione dell’intelletto umano, un’invenzione del pensiero, totalmente svincolata dal mondo
reale. A questo punto i matematici si dividono in due correnti di pensiero: i “conservatori”
difendono l’inattaccabilità del modello euclideo come unica intuizione pura della mente, vera
rappresentazione del mondo reale, pur riconoscendo che le geometrie non euclidee possano
essere un ottimo strumento; i “progressisti” accolgono la scoperta delle geometrie non euclidee
come una sorta di liberazione dalle antiche concezioni dogmatiche, cioè come una sorta di
“affrancamento” della matematica dalla metafisica. Per questi ultimi la matematica pura non
deve stabilire se gli assiomi di Euclide valgano o meno nello spazio reale; essa afferma
semplicemente che le implicazioni della geometria classica sono dedotte dagli assiomi di
Euclide e sono valide entro quegli assiomi.
2.3
Il riduzionismo: esigenza di rigore.
Sul finire del XVIII secolo, dopo le geniali intuizioni di Newton e Leibniz, padri fondatori del
calcolo infinitesimale e dell’analisi, si avvertiva l’esigenza di definire con più rigore gli
strumenti di questo nuovo ramo della matematica; non a caso quel periodo viene definito “età
del rigore”. Grazie all’operato di matematici come Cantor, Dedekind, Weiestrass, ecc. si
definiscono precisamente le nozioni di “limite”, “derivata”, “integrale”, potendo così indagare
con rigore e sicurezza concetti arditi come l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo, che
in passato avevano causato non pochi problemi alle speculazioni matematiche (si pensi al
paradosso di Zenone).
Il metodo assiomatico, che ha avuto origine dall’ordinamento della geometria proposta da
Euclide negli “Elementi” e che successivamente ha trovato applicazione in tutti i campi della