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Sintesi
Introduzione La Crisi della Ragione, tesina


Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento il mondo occidentale si trovava diviso tra movimenti di pensiero contrastanti. Da un lato vi era un crescente fervore motivato dalle innovazioni scientifiche, dall’altro canto proprio la stessa fiducia nella scienza andava via via sgretolandosi.

In questa tesina si analizza la crisi della ragione trattando di argomenti come il Positivismo e il Decadentismo.

Collegamenti

La Crisi della Ragione, tesina


Filosofia - Positivismo, Darwin, Fromm, Freud, Schopenhauer
Storia - Prima guerra mondiale, Fascismo, Mussolini, Hitler
Italiano - Decadentismo, Romanzo Psicologico, Svevo, Pirandello
Letteratura Inglese - Joyce
Scienze - Einstein
Francese - Dadaisme
Estratto del documento

Introduzione

Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento il mondo occidentale si trovava

diviso tra movimenti di pensiero contrastanti. Da un lato vi era un crescente fervore

motivato dalle innovazioni scientifiche, dall’altro canto proprio la stessa fiducia nella

scienza andava via via sgretolandosi.

Già a partire dall’ultimo ventennio dell’Ottocento si cominciava ad avvertire tra gli

intellettuali un senso di smarrimento e di assuefazione che generava l’immagine di

un uomo contemporaneo incapace di forti passioni, annoiato dal

vuoto e dall’inutilità della propria esistenza. Erano gli esordi un

movimento culturale che aveva davanti a se un longevo e

variegato percorso, il Decadentismo.

Di contro a questi pensatori che avvertivano, quasi come una

premonizione, che ben presto l’umanità avrebbe dovuto

affrontare un cataclisma epocale c’era l’altra faccia di questi

primi anni del Novecento ossia la cosiddetta Belle Époque.

L’ottimismo pareva regnare sovrano e la fiducia nella scienza e

nel progresso aveva raggiunto livelli mai visti prima.

S’immaginava un futuro caratterizzato dal benessere e questa

speranza era alimentata da scoperte scientifiche così

importanti da stravolgere la vita quotidiana, rendendola

certamente migliore. Persino le crescenti tensioni internazionali

causate da contrastanti interessi coloniali venivano sottovalutate.

Le invenzioni realizzate in questi anni furono fondamentali per lo

sviluppo dell’umanità, basti pensare al progetto di Wright che

realizzò il primo prototipo di aeroplano o agli studi dei coniugi

Curie riguardo la radioattività ed i raggi X. Appartengono a

questo secolo fondamentali personalità come Albert Einstein

(ideatore della teoria della relatività) e Sigmund Freud (i cui

studi sulla psicoanalisi hanno segnato una fondamentale svolta

per la psicologia moderna).

La diffusione delle ferrovie, l’utilizzo del petrolio in sostituzione

del carbone, il cinema, i servizi igienici, l’acqua corrente e

l’illuminazione delle strade furono le innovazioni che maggiormente

segnarono la vita quotidiana.

Tutte queste innovazioni lasciavano ben sperare in un futuro in cui le malattie

sarebbero state debellate e la serenità tra i popoli potrebbe essere assicurata. Invece,

contrariamente ad ogni aspettativa, proprio quelle invenzioni che dovevano migliorare

la vita delle persone condussero parallelamente allo sviluppo di armi sempre più

potenti e distruttive ed al desiderio d’affermare la supremazia di una nazione sulle

altre.

Le rivalità più o meno latenti in questi anni, venivano ancora coltivate da molti paesi.

Primi tra tutti risaltavano le animosità tra Germania e Francia

risalenti alla guerra Franco-Prussiana tramite la quale i tedeschi

avevano ottenuto l’annessione dell’Alsazia e della Lorena.

Come delle scintille, appena percepibili, i conflitti internazionali

prendevano forma sempre più.

Dalla Belle Époque alla Grande Guerra il passo fu tutto

sommato breve.

Ciò per il quale vorrei posare maggiormente la mia attenzione

sono le motivazioni che scatenarono una guerra così logorante.

Maturando la convinzione che la storia sia attuata dalle persone

comuni e non solo dai grandi nomi che troviamo sui libri, punto

la mia attenzione sulla condizione di tutti coloro che persero

tragicamente la vita in trincea o a quelle famiglie devastate da

un conflitto della quale molto spesso ignoravano persino le

origini.

Sfruttando le tesi dei grandi pensatori del ‘900, letterati e scienziati, ho ricercato le

basi di quella crisi morale e logica che inglobò l’intera società di quegli anni e che vari

studi hanno contribuito a sviluppare. Integrando tra loro i diversi aspetti ho tentato di

ricostruire le basi di questo senso di disorientamento, che Erich Fromm definì

egregiamente nel suo libro “Fuga dalla libertà”.

Origini Storiche della “Crisi della Ragione”

Il senso di disorientamento e terrore che spianò la strada al primo conflitto mondiale

ha delle origini relativamente lontane nel tempo. Le motivazioni di politica

internazionale furono certamente determinanti e ciò è innegabile, ma la crisi nella

quale era immersa l’umanità non può essere ignorata dato che rappresenta il quadro

di riferimento dell’intero periodo e da essa derivano gran parte dei successivi

avvenimenti.

Gli anni a cavallo tra ‘800 e ‘900 furono un momento storico difficilissimo. I valori

sulla quale si era soliti fare affidamento erano stati abbattuti, uno alla volta,

inesorabilmente.

Basti pensare alla religione che venne messa in discussione dapprima da scissioni

interne e poi dal positivismo (che faceva della scienza l’unica verità certa perché

empiricamente dimostrabile), oppure alla teoria copernicana (che

privava l’uomo del suo privilegiato “posto al centro

dell’universo”).

Svilita la sua spiritualità e colpito nel proprio ego, l’uomo si

affidò istintivamente alla scienza che doveva potergli garantire

le certezze del quale necessitava.

Ma la scienza, invece di rappresentare un rifugio, è stata

rivelatrice di amare verità. Darwin con i propri studi

sull’evoluzione ha reso nota all’uomo la propria natura. La

scoperta “scandalosa” definiva gli antenati comuni tra uomo e

primati. Per la prima volta nella storia l’uomo, tradizionalmente

esaltato per la propria ragione, viene invece paragonato a

qualsiasi altro animale.

Il colpo peggiore inferto all’uomo fu però dato dagli studi di uno psicologo, Sigmund

Freud.

I suoi studi misero in evidenza la presenza interna all’individuo di Es, Io e Superio. L’Es

è costituito dagli istinti naturali, mentre il superio dalle regole imposte dalla società.

Ciò che maggiormente desta preoccupazione è l’Io che rappresenta quella parte

dell’animo umano nella quale vengono relegati i ricordi delle esperienze passate. Del

tutto inaspettatamente, l’Io può manifestarsi in comportamenti istintivi che

l’individuo non può né prevedere né controllare.

Da ciò si desume l’immagine di un individuo frazionato al

proprio interno ed in balia dei propri impulsi (anche di natura

sessuale), le cui azioni talvolta sono manifestazione di

emozioni latenti della quale può persino non avere

consapevolezza. Proprio tale concezione freudiana è stata

ampiamente ripresa nella cultura novecentesca. La ritroviamo

infatti in Italo Svevo (nella Coscienza di Zeno ad esempio),

nelle tesi ideate da Fromm, persino implicitamente condivise

da Proust (con le memorie involontarie) ed infine a

fondamento del movimento Surrealista.

Il novecento, così come fu il secolo dell’esaltazione della

scienza, è anche il secolo in cui la fiducia in essa decade. I

letterati decadenti mettono infatti in rilievo la necessità di verità

superiori, di risposte al quale la scienza non riesce a sopravvenire.

Alla luce di queste teorie l’uomo si riscopre solo, perso e disperato, senza alcuna

certezza oggettivamente valida. In balia di se stesso e del mondo, ogni individuo non

sa più come risolvere i propri problemi, si trova investito di una libertà apparente che

non sa gestire e di cui ha paura.

La Grande Guerra

L’attentato di Sarajevo del 28 giugno

1914 ad opera di uno studente serbo,

costato la vita all’arciduca ed

erede al trono asburgico,

Francesco Ferdinando e a sua

moglie Sofia, fu la miccia che fece

esplodere la Prima Guerra

Mondiale. L’Austria, dopo essersi

assicurata l’appoggio dell’impero

tedesco, il 28 luglio 1914, dichiarò

guerra alla Serbia, scatenando

l’inferno in Europa. La Francia, a

sua volta, dichiarò guerra

all'Austria e alla Germania, e fu presto appoggiata dalla

Russia e dall'Inghilterra, in seguito all'occupazione tedesca

del Belgio. L'Italia mantenne per circa un anno un

atteggiamento di neutralità, schierandosi nell'aprile del

1915 (Patto di Londra) al fianco delle forze dell'Intesa, in

cambio del riconoscimento dei diritti su Trentino, Alto

Adige, Trieste, Istria e Dalmazia. Il conflitto assunse carattere mondiale con l'entrata in

guerra del Giappone, al fianco di Austria e Germania, e degli Usa, al fianco dell'Intesa.

Nei primi anni la guerra vide in forte difficoltà le forze dell'Intesa, con i tedeschi che

arrivarono alle porte di Parigi. Ma tra il 1917 e il 1918 gli inglesi, i francesi, gli italiani,

gli statunitensi e i loro alleati sbaragliarono la resistenza di austriaci e tedeschi,

constringendoli alla capitolazione. Nella Prima Guerra Mondiale persero la vita oltre 37

milioni di persone. Il soldato al fronte

In tutte le nazioni la propaganda di guerra e innumerevoli scritti successivi alla fine del

conflitto mondiale hanno presentato il soldato eroico, paziente, convinto della grande

missione della propria patria. La realtà - come va apparendo da numerose

testimonianze e da studi recenti e approfonditi – è in parte diversa. Il combattente è

stato sì a volte capace di atti di valore e di abnegazione, è stato certo il protagonista

delta guerra, ma è stato anche disperato, pieno di angoscia, desideroso di pace, mor-

tificato nella sua personalità, sottoposto a una tensione indicibile.

Un primo segno della psicologia del soldato è dato da un ritorno alla superstizione; egli

crede in apparizioni miracolose, tiene su di sé amuleti e portafortuna, crede, dì vedere

sovente segni del Cielo che annunziano pace e serenità.

In secondo luogo è da considerare il comportamento del

combattente durante le azioni di guerra: il soldato

compie atti eroici non già per motivi ideali, ma per motivi

comuni, per un interesse immediato; quasi sempre

uccide per non essere ucciso; durante i bombarda-

menti in trincea nei soldati si arresta addirittura il

pensiero; essi stanno fermi, sentono il sibilo e lo schianto

dei proiettili, ma il cervello è fermo. In terzo luogo è da

considerare il grado di informazione e di cultura del

soldato: quando si parla di civiltà e dì popoli da salvare dalle barbarie essi non

capiscono e si dimostrano totalmente estranei: essi subiscono e accettano la guerra

come un agricoltore subisce e accetta la tempesta e là siccità; il soldato pensa a sé, alla

sua famiglia, alla sua casa; le grandi parole come patria, giustizia, progresso, non

risvegliano in lui nessun sentimento. Inoltre è da considerare il grado di partecipazione

alla vita che sta conducendo: il soldato cessa di essere se stesso; la sua vera natura è

un'altra; la vita che conduce al fronte è una parentesi, una interruzione della sua vera

esistenza; in trincea il soldato non vive la sua vita, e quindi sembra estraneo a se

stesso.

Vi è ancora da ricordare un fenomeno rilevante: il combattente, per essere ricoverato

nelle retrovie e per lasciare la linea del fuoco si procura una infermità; elenchiamo i

casi più frequenti: iniezioni di petrolio, di benzina, di olio di vaselina per procurarsi

febbri o stati di intossicazione; bruciature sul corpo causate da acqua bollente o soda

caustica; parziale blocco della circolazione sanguigna prodotta da lacci, cordini,

fazzoletti stretti attorno a caviglie o polsi; otiti provocate immettendo sostanze

corrosive nell'orecchio; disturbi alla vista provocati immettendo tabacco o grani di

sabbia nell'occhio,; mutilazioni o ferite provocate sparandosi un colpo di fucile o di

rivoltella in una mano o in un piede; esposizione volontaria, in trincea, di una mano, in

modo da essere colpito da un avversario.

Vi è infine da considerare il fenomeno della decimazione: nel corso della guerra alcuni

reparti furono accusati di scarsa combattività, di scarso entusiasmo dimostrato nel

corso dell'attacco alle postazioni nemiche. di rifiuto di obbedire agli ordini; per questo le

autorità militari procedettero a punizioni orrende: alcuni soldati, scelti a caso, furono

fucilati da un plotone d'esecuzione composto da soldati degli stessi reparti dei

condannati.

Dopo guerra in Italia ed Ascesa del Fascismo

Nell' immediato primo dopoguerra, la situazione italiana era molto difficile, infatti

nonostante la vittoria le condizioni sociali e politiche del nostro Paese erano tutt'altro

che rosee. Si parlò di “Vittoria Mutilata” in quanto gli accordi internazionali presi dalle

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