Anteprima
Vedrai una selezione di 5 pagine su 19
L'uomo alla scoperta dell'universo Pag. 1 L'uomo alla scoperta dell'universo Pag. 2
Anteprima di 5 pagg. su 19.
Scarica il documento per vederlo tutto.
L'uomo alla scoperta dell'universo Pag. 6
Anteprima di 5 pagg. su 19.
Scarica il documento per vederlo tutto.
L'uomo alla scoperta dell'universo Pag. 11
Anteprima di 5 pagg. su 19.
Scarica il documento per vederlo tutto.
L'uomo alla scoperta dell'universo Pag. 16
1 su 19
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Sintesi

Tesina - Premio maturità  2008

Titolo: L'uomo alla scoperta dell'universo

Autore: Matteo Taglioli

Descrizione: la finalità  del mio lavoro è quello di analizzare la tendenza all'unificazione delle teorie nella scienza moderna ripercorrendo le tappe più importanti

Materie trattate: filosofia, fisica, scienze

Area: scientifica

Sommario: INTRODUZIONE Studiosi di tutto il mondo stanno dedicando uno sforzo ingentissimo al raggiungimento di quello che è il fine ultimo della fisica: unire in una sola concezione l'insieme di tutte le forze fondamentali che si manifestano nella natura, da quelle responsabili al moto dei pianeti a quelle che determinano i fenomeni elettromagnetici, fino alla radioattività  e all'energia racchiusa nei nuclei atomici. La realizzazione di questo obiettivo rappresenterebbe il culmine di una delle grandi avventure del pensiero dell'uomo e l'inizio di una nuova era della conoscenza: essere capaci di fornire una spiegazione unificata di tutte le leggi della natura significa, infatti, avvicinarsi all'essenza stessa dell'universo. Lo scopo di questo percorso multidisciplinare è quello di indagare la nascita di questa tendenza all'unificazione, di come abbia influenzato lo sviluppo della fisica moderna e come questa abbia alimentato la nascita di nuove teorie cosmologiche.

Estratto del documento

CAPITOLO 1

Il positivismo di John Stuart Mill: il principio di uniformità della natura

Le teorie del filosofo positivista inglese John Stuart Mill (1806 - 1873) riguardo al metodo scientifico

rappresentano il fondamento teorico per la nascita della scienza moderna.

Mill sostiene che tutta la conoscenza possibile rientri nei limiti dell’esperienza e che tutte le verità

devono avere un’origine empirica: quelle che oltrepassano l’esperienza vanno rifiutate perché fanno uso di

speculazioni metafisiche. Inoltre, secondo il filosofo, ogni proposizione è una generalizzazione di casi

osservati: infatti, la conoscenza scientifica, sulla base dell’osservazione dei singoli casi, inferisce le

caratteristiche universali dei fenomeni.

Egli afferma che la scienza procede attraverso il metodo dell’induzione, il quale si fonda

sull’analogia tra fenomeni appartenenti alla medesima classe. Infatti, secondo Mill, è legittimo

generalizzare le caratteristiche di un numero limitato di fenomeni osservati in quanto la natura presenta

delle uniformità. Essa è governata da leggi in base alle quali la scienza può prevedere i fenomeni del futuro

sulla base di quelli osservati nel passato, ossia la scienza può formulare leggi generali della natura.

Il principio di uniformità della natura non è giustificato a priori, ma è basato su precedenti

generalizzazioni, ossia è anch’esso un’induzione in quanto tale principio scaturisce dall’osservazione delle

somiglianze tra i fenomeni naturali.

Tale principio ha influenzato sia il mondo scientifico contemporaneo sia quello successivo al filosofo

inglese gettando le basi per la nascita della scienza moderna il cui obbiettivo primario è proprio quello di

trovare leggi universali della natura che siano in grado di descrivere l’essenza dell’universo e dei suoi

fenomeni. 4

CAPITOLO 2

La prima grande unificazione: la comune essenza dei fenomeni elettrici, magnetici e ottici

La prima tappa fondamentale del percorso fu l’unificazione di elettricità e magnetismo compiuta da

James Clerck Maxwell (1831-1879), che racchiuse nella sintesi di poche equazioni tutte le conoscenze sui

fenomeni generati da cariche, correnti elettriche e magneti. Gli effetti e le proprietà note del campo

elettrico e di quello magnetico avevano già trovato la forma di leggi espresse matematicamente,

principalmente per opera di Charles-Augustin de Coulomb (1736-1806), Andrè-Marie Ampère (1775-1836)

e Michael Faraday (1791-1867). Ma nella nuova teoria di Maxwell campo elettrico e campo magnetico

risultavano legati in una stretta connessione che non era ravvisabile nelle singole leggi. Anche in questo

caso, la sintesi comportava un progresso di conoscenza.

Nella forma unificata data da Maxwell alla spiegazione dei fenomeni elettromagnetici era

immediato riconoscere un’analogia con le tipiche equazioni con cui già da tempo veniva descritta la

propagazione delle onde (onde meccaniche, sonore, la luce): il campo elettromagnetico era, in realtà,

costituito da onde. La velocità di propagazione di tali onde risultava inoltre essere esattamente uguale alla

velocità della luce: si scopriva che la luce non era nient’altro che una particolare onda elettromagnetica. Le

equazioni di Maxwell fornivano quindi una descrizione unificata non solo di elettricità e magnetismo, ma

anche dei fenomeni ottici. Grafico della propagazione del campo elettromagnetico 5

CAPITOLO 3

La rivoluzione di Einstein: la sintesi di spazio e tempo, massa ed energia

La stessa opera di Maxwell poneva già le premesse di un’ulteriore rivoluzione concettuale, quella

con cui Albert Einstein avrebbe ridefinito i concetti di spazio e tempo. La natura ondulatoria del campo

elettromagnetico sembrava presupporre l’esistenza di un proprio mezzo di propagazione, in analogia con le

altre forme conosciute di onda: il suono si propaga attraverso l’aria, l’acqua stessa è il mezzo che,

fluttuando, propaga le onde del mare. Tuttavia nessun esperimento fu mai in grado di dimostrare

l’esistenza del presunto invisibile mezzo di propagazione delle onde elettromagnetiche, il cosiddetto etere

luminifero. Albert Einstein

Esisteva poi un grande problema concettuale. Era noto sin dai tempi di Galileo che le leggi che

descrivono il moto dei corpi sono indipendenti dal sistema di riferimento, a patto di utilizzare semplici

equazioni di trasformazione delle coordinate, le cosiddette trasformazioni di Galileo, quando ci si sposta da

un sistema di riferimento ad un altro in moto rispetto al primo. Le leggi dell’elettromagnetismo, invece,

sembravano non godere della stessa proprietà: cambiando sistema di riferimento e applicando le

trasformazioni di Galileo, le equazioni di Maxwell cambiavano completamente forma, implicando che

esperimenti compiuti su cariche elettriche o magneti posti in luoghi diversi della superficie terrestre

avrebbero dovuto dare risultati diversi.

Il mondo scientifico dovette confrontarsi con una situazione paradossale: da un lato la teoria

dell’elettromagnetismo, che stava ottenendo spettacolari successi, sembrava essere valida così com’era

stata formulata da Maxwell solo in un particolare sistema di riferimento – era naturale pensare che tale

sistema di riferimento privilegiato fosse proprio l’etere -, d’altra parte gli esperimenti mostravano che, al

contrario, i fenomeni elettromagnetici erano identici in qualunque laboratorio fossero studiati. Difficile da

accettare era la stessa apparente diversità di comportamento di elettromagnetismo e meccanica dei corpi

agli occhi di uno spettatore che cambiasse la propria prospettiva di osservazione: com’era possibile che

coesistessero geometrie spaziali di natura diversa a seconda del tipo di fenomeno osservato? 6

Fu proprio l’idea che l’indipendenza delle leggi fisiche dal punto di vista dell’osservatore dovesse

valere per tutti i fenomeni lo stimolo da cui partì Einstein (1879-1955) per formulare nel 1905 la teoria della

relatività ristretta. La teoria risolveva ogni apparente contraddizione concettuale abbandonando

definitivamente il concetto di etere e sostituendolo con un postulato di notevole audacia intellettuale, oggi

diventato uno dei fondamentali della scienza: contrariamente alla velocità di un oggetto ordinario, che può

apparire minore o maggiore per un osservatore che si muova rispetto a esso, la velocità della luce nel vuoto

ha la particolarità di essere costante e uguale per qualsiasi osservatore. Da questa ipotesi derivavano nuove

equazioni di trasformazione delle coordinate, le trasformazioni di Lorentz, che, sostituendo quelle di

Galileo, rendevano le leggi dell’elettromagnetismo, al pari di quelle della meccanica dei corpi, indipendenti

dal sistema di riferimento.

La teoria di Einstein operava allo stesso tempo tre grandi unificazioni di preesistenti concetti fisici.

Da un lato, essa riconciliava tra di loro due mondi fino allora distinti, la meccanica e l’elettromagnetismo,

dimostrando che entrambi potevano essere descritti nell’ambito di una comune geometria e prospettiva

dello spazio. Allo stesso tempo, il nuovo concetto di spazio risultava indissolubilmente legato a quello di

tempo: ad essi si sostituiva la nozione unica di spazio-tempo quadridimensionale, che diventava la sede

naturale di osservazione e descrizione dei fenomeni fisici. Infine, il concetto di massa di un corpo veniva

reinterpretato come una delle possibili manifestazioni dell’energia. L’equivalenza di massa ed energia –

sintetizzata dall’equazione E= mc – implicava inoltre che il principio di conservazione della massa era da

2

considerarsi non più come una legge rigorosa della natura, ma come un’approssimazione valida in specifici

ambiti di utilizzo: essendo possibili trasformazioni di massa in energia e viceversa, diventavano ammissibili i

fenomeni di creazione e distruzione di quantità di materia.

Non tutte le conseguenze di questa rivoluzione concettuale riguardano fenomeni che fanno parte

direttamente della realtà di tutti i giorni. Alcune delle peculiarità della nuova concezione dello spazio-

tempo potrebbero rivelarsi in modo evidente solo se ci muovessimo a velocità prossima o uguale a quella

della luce, limite invalicabile per qualsiasi fenomeno fisico. Qualora diventasse per noi possibile raggiungere

simili velocità, assisteremo ad avvenimenti che sfuggono alla capacità di raffigurazione della mente umana:

vedremmo contrarsi rispetto a noi gli oggetti che rimangono fermi a terra; e all’interno del nostro mezzo di

trasporto il tempo scorrerebbe più lentamente che a terra.

Il progresso apportato dalla nuova visione del mondo si è anche poi riversato sulle tecnologie. La

già citata equazione di equivalenza tra massa ed energia stabilisce che una piccola porzione di materia può

essere convertita in un’immensa quantità di energia. Tale teoria ha fatto compiere un salto evolutivo alle

tecniche di produzione energetica (reattori nucleari) e arrivando a dare all’uomo il potere di cambiare

drammaticamente il corso della storia: le esplosioni atomiche su Hiroshima e Nagasaki costituiscono la più

sconvolgente manifestazione delle potenzialità della nuova fisica. 7

CAPITOLO 4

L’identità di materia e luce: la meccanica quantistica

Negli stessi anni in cui la teoria della relatività e le prime idee della struttura atomica prendevano

forma, le menti di alcuni dei più abili scienziati, tra i quali lo stesso Einstein, stavano concorrendo alla

graduale costruzione di uno dei più raffinati edifici intellettuali della storia del pensiero: la meccanica

quantistica. Essa descrive e spiega la struttura e le proprietà della materia e della luce su scala atomica e

subatomica. I suoi protagonisti sono le molecole, gli atomi, i loro costituenti (elettroni, protoni, neutroni) e,

in generale, tutte le particelle elementari, siano esse prodotte da decadimenti nucleari, provenienti dal

cosmo, create in laboratorio o ancora da scoprire. Persino la più tipica delle radiazioni, quella luminosa,

oltre ad essere costituita da onde, ha a sua volta caratteristiche proprie delle particelle.

L’energia posseduta da un raggio di luce di una certa frequenza può assumere, infatti, solo valori

multipli interi di una quantità ben definita, detta quanto: ciò significa che la luce è costituita da tanti

corpuscoli uguali, ciascuno dei quali avente esattamente un quanto di energia. L’idea della quantizzazione

dell’energia di radiazione emerse nell’anno 1900 dagli studi del fisico tedesco Max Planck (1858 - 1947), che

fu insignito del premio Nobel nel 1918 ed è considerato il padre della meccanica quantistica. Lo stesso

Einstein ricevette il Nobel, nel 1921, non per la sua formulazione della teoria della relatività, ma per essere

riuscito a spiegare in termini di quantizzazione della radiazione l’effetto fotoelettrico, che consiste

nell’emissione di elettroni da parte di un metallo colpito da raggi luminosi. I corpuscoli della luce s’indicano

con il nome di fotoni e sono a tutti gli effetti particelle elementari, seppure con una particolarità: hanno

massa e carica entrambe nulle. Più in generale, le onde elettromagnetiche, di cui la luce rappresenta una

possibile manifestazione, sono fatte di fotoni.

Curva di emissione del corpo nero 8

Le particelle elementari hanno dunque una duplice natura. Da un lato, esse possiedono un certo

numero di proprietà ben definite: non solo la massa e la carica elettrica, ma anche qualità più sfuggenti. Ad

esempio alcune particelle sono dotate di spin, proprietà assimilabile a un moto spontaneo di rotazione

attorno al proprio asse, simile a quello di una trottola. D’altra parte, le particelle sono intrinsecamente delle

onde e, come tali, sfuggono alla raffigurazione spaziale che siamo soliti attribuire agli oggetti macroscopici

della nostra realtà quotidiana.

L’ipotesi del dualismo particella-onda fu avanzata dal fisico francese Louis de Broglie (1892 - 1987)

nel 1924. Due anni più tardi l’austriaco Erwin Schrödinger (1887 - 1961) tradusse questa idea in una

Dettagli
Publisher
19 pagine