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Sintesi

Capitolo 1

Prima di Keplero
1.1 Difesa di un filosofo

L'uomo moderno ha sempre ritenuto l'opera di Claudio Tolomeo uno dei più imponenti freni che siano mai stati posti allo sviluppo della conoscenza umana del mondo e dell'Universo. Ciò avviene anche con una certa dose di ipocrisia da parte di un Occidente che sull'onda di una tradizione di pensiero che va dalla rivoluzione scientifica ai nostri giorni, si atteggia a garante di quell'approccio filosofico storicamente definito scientifico.

In realtà  sarebbe opportuno perlomeno inquadrare l'opera dell'astronomo di Alessandria nell'ambito della sua attività  di matematico "puro", e in tal senso l'Almagesto rappresenta un autentico atto di onestà  intellettuale, uno dei più esemplari che la storia ci abbia offerto.

Tolomeo è un attento osservatore dei cieli di Alessandria e da essi attinge una gran mole di dati con l'unico proposito di elaborare un impianto teorico che, per quanto complesso, possa descrivere in maniera coerente i meccanismi celesti; tale sistema rimane valido a lungo e per 1500 anni rappresenta il punto di riferimento indiscusso del mondo filosofico e scientifico.

Nel Seicento la nascita del sistema eliocentrico mette in crisi la visione tolemaica dell'universo e Tolomeo entra nella schiera di quanti, come Aristotele, sono accusati di aver ostacolate le tappe dello sviluppo scientifico.

In realtà  tale opinione, diffusa ancor oggi anche nei salotti "buoni", nasce da un'errata interpretazione, troppo letterale forse, del pensiero del filosofo: Tolomeo è prima di tutto un matematico e quando parla dell'Universo nel suo Almagesto non intende dire che esso è proprio così ma che, dando per validi taluni dati empirici, si ottiene un modello matematico che descrive con buona approssimazione il mondo fisico.

Si tratta di uno dei primi esempi di teoria fisico-matematica nel senso moderno del termine, e di questo dobbiamo certamente prenderne atto.

Estratto del documento

4

1.3…a Keplero

Le idee di Copernico iniziarono a circolare come pure ipotesi matematiche senza grosse difficoltà

finché Giordano Bruno prima e Galileo Galilei dopo, sebbene in modalità del tutto differenti, ne

diedero un’interpretazione fisica. Da allora qualunque testo si ispirasse alla teoria copernicana fu

messo al bando subendo la censura dell’autorità ecclesiastica.

E’ in questo clima di repressione culturale che si colloca l’opera dell’astronomo danese Tycho

Brahe che raccoglie una mole sterminata di dati relativi al moto e alla posizione dei pianeti durante

l’anno.

Se Brahe rimane palesemente perplesso di fronte ai dati, incapace di cogliere relazioni matematiche

in una pletora di numeri e appunti, meglio riesce a fare il suo allievo, il giovane matematico

Johannes Kepler che alla morte del maestro diviene astronomo di corte.

Keplero esegue un lavoro di analisi e revisione dei dati raccolti da Brahe che durò ben ventitrè anni,

al termine dei quali enunciò nella sua opera principale “Harmonices mundi” le tre leggi che

regolano il moto dei pianeti.

Si trattava al momento di legge empiriche, suggerite dall’esperienza, prive di una qualsiasi

giustificazione di tipo matematico, ma ciò fu sufficiente perché mettessero in moto il genio creativo

di una delle più grandi menti matematiche della storia, quello di Sir. Isaac Newton.

Le tre leggi, così come le aveva enunciate Keplero, possono essere sintetizzate in questa forma:

- “i pianeti girano intorno al Sole descrivendo orbite ellittiche di cui il Sole

occupa uno dei fuochi”

-“il raggio vettore che congiunge il Sole con il pianeta spazza aree uguali in tempi uguali”

-“il quadrato del periodo di rivoluzione è direttamente proporzionale al cubo dell’asse maggiore

dell’orbita”.

5

Capitolo 2

Interpretazione matematica

2.1 Il genio di Newton

Intorno al 1666 Newton aveva intuito che tutti i corpi dell’Universo si attraggono tra di loro con una

forza direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e all’inverso del quadrato della

1

distanza . Dopo una pausa durata dieci anni nel corso della quale Newton si dedicò allo studio

dell’ottica, nel 1679 ritornò ad occuparsi del problema del moto dei pianeti forte dell’ausilio di quel

2

potente strumento matematico che è il calcolo differenziale che lui stesso aveva elaborato .

Il matematico espose i suoi risultati nella sua opera principale “Philosophiae Naturalis Principia

Matematica” che pubblicò nel 1687.

Nell’opera Newton formula tra l’altro i principi della meccanica classica ed è grazie ad essi che

riesce ad elaborare una giustificazione matematica delle tre leggi che Keplero aveva enunciato anni

addietro.

2.2 Alcune considerazioni

Quella che riporteremo qui di seguito non è la dimostrazione di Newton.

E’ vero che il matematico inglese si servì del calcolo differenziale per dimostrare le leggi di

Keplero ma lo fece servendosi di un apparato teorico ancora rudimentale, per certi versi

caratterizzato ancora dall’opera di matematici come Isaac Barrow, Cartesio, Pierre de Fermat,

Christiaan Huygens e John Wallis che prima di lui si erano già mossi in tal senso.

Il calcolo di cui si servì Newton è ancora molto lontano dalla veste formale con cui lo conosciamo

noi oggi e presenta molte difficoltà legate a quell’insieme di assiomi e definizioni che costituiscono

3

le fondamenta di ogni teoria matematica .

In breve: Newton dovette fare i conti con difficoltà matematiche notevoli, per niente paragonabili a

quelle che incontreremo noi tra poco.

2.3 Le leggi di Keplero

A causa della consistenza della dimostrazione relativa alla prima legge di Keplero, notevolmente

più complessa delle altre due, affronteremo dapprima la dimostrazione della seconda e della terza

legge per poi passare alla prima.

a

N.B. In questo lavoro indicherà il vettore a. Si prenderanno in considerazione un corpo di massa M e uno di massa m;

si trascurerà ogni effetto dovuto all’attrazione gravitazionale di altri corpi esterni in modo tale che il sistema possa

considerarsi chiuso e isolato. m m

= 1 2

1 F G i F i F

In termini matematici si ha che: essendo la forza e il versore direzionale orientato come .

2

r

2 Newton e Leibniz elaborarono nello stesso periodo e in modo del tutto autonomo il calcolo infinitesimale.

3 Un esempio che può essere riportato a tal proposito è il seguente: Newton sviluppava in serie senza sapere cosa fosse

una serie.

6

Seconda legge di Keplero:

“il raggio vettore che congiunge il Sole con il pianeta spazza aree uguali in tempi uguali”.

Qualitativamente significa che la velocità del pianeta è maggiore quando è più vicino al sole e

minore quando è più lontano.

Tale legge è perfettamente equivalente al principio di conservazione del momento angolare.

Si consideri la seguente figura: 1 θ

∆ = ∆

2

L’area del triangolo che si vede in figura è data da ; la rapidità istantanea con la quale

A r

2

tale superficie viene spazzata dal pianeta si ottiene derivando rispetto al tempo:

θ

1 1

dA d ω

= =

2 2 (2.1)

r r

dt 2 dt 2

Il momento angolare del pianeta rispetto al sole è dato da

ω ω

= = = 2 (2.2)

L rmv rmr mr

⊥ ω

2

r

essendo v la componente del vettore velocità perpendicolare a r. Eliminando tra la (2.1) e la

(2.2) si ottiene:

dA L

= (2.3)

2

dt m

dA è costante come afferma la seconda legge di Keplero, allora anche L è costante; e ciò è

Se dt

corretto se si parte dall’ipotesi, come abbiamo fatto noi, che il sistema è chiuso e isolato.

La seconda legge di Keplero è dunque equivalente al principio di conservazione del momento

angolare che può essere dedotto facilmente dalle leggi della dinamica newtoniana.

Osservazione: l’accelerazione cui è sottoposta una cometa quando passa nelle vicinanze del sole è

un effetto di questo fenomeno e una diretta conseguenza del principio di conservazione del

momento angolare.

7

Terza legge di Keplero:

“il quadrato del periodo di rivoluzione è direttamente proporzionale al cubo dell’asse maggiore

dell’orbita”.

Qualitativamente significa che i pianeti maggiormente lontani dal sole impiegheranno un tempo

maggiore per percorrere l’orbita rispetto a quelli più vicini.

Anche questa è una diretta conseguenza delle leggi della dinamica classica.

Dimostriamo questa legge per un’orbita circolare; per la II legge della dinamica si ha che:

∑ = (2.4)

F m a r

r

Essendo r l’asse radiale diretto come la congiungente il pianeta con il sole. Passando in forma

4

scalare e ricordando che la forza centripeta è in questo caso formalmente eguale a quella

gravitazionale si ha che:

Mm ω

= 2 (2.5)

G m r

2

r π

2

ω =

semplificando la (2.5) e ricordando che otteniamo

T

π

 

2

4

=

2 3 (2.6)

 

T r

 

GM

che è proprio la terza legge di Keplero.

Osservazioni: si dimostra che l’equazione (2.6) è valida anche per orbite ellittiche purché si

r a T a

sostituisca a il valore del semiasse maggiore . Notiamo anche che conoscendo i valori di e di

M

è possibile risalire alla massa del corpo centrale.

4 Dalla dinamica rotazionale ricordiamo che per un corpo in moto lungo una circonferenza di raggio r e velocità v si ha

2

mv ω

= 2

F m r

=

r

8

Prima legge di Keplero:

“i pianeti girano intorno al Sole descrivendo orbite ellittiche di cui il Sole occupa uno dei fuochi”

Si consideri la legge di gravitazione universale:

m m

= 1 2

F G i (2.7)

2

r il versore direzionale.

essendo i

A tale forza è associato un campo gravitazionale radiale dato da:

M

= (2.8)

G i

2

r

Si dimostra facilmente che tale campo è conservativo, vale a dire che può essere espresso come

V(r)

gradiente di una certa funzione detta potenziale gravitazionale; in termini matematici si

dimostra nella fattispecie che

∂ ∂ ∂

 

V V V

= Φ Φ Φ = −∇ = (2.9)

V

( , , ) , ,

 

∂ ∂ ∂

x y z  

x y z

Partendo dall’ipotesi che il campo gravitazionale possa essere espresso come gradiente della

funzione potenziale è possibile dimostrare che esso è un campo conservativo; si ha che

= −∇ (2.10)

V

moltiplicando scalarmente ambo i membri per il vettore spostamento infinitesimo si ottiene

⋅ = −∇ ⋅ (2.11)

d s V d s

Dette A e B le posizioni iniziali e finali dello spostamento, integrando primo e secondo membro si

ottiene

B [ ]

∫ ⋅ = − − = − (2.12)

d

s V B V A V A V B

( ) ( ) ( ) ( )

A

L’integrale che si trova a primo membro è il lavoro svolto dal campo gravitazionale e poiché esso è

funzione solo delle posizioni iniziali e finali come si può constatare guardando il secondo membro

5

della (2.12), possiamo concludere che il campo gravitazionale è conservativo.

Poiché il campo gravitazionale è conservativo può essere definita, a meno di una costante, una

6

U(r)

funzione detta energia potenziale gravitazionale tale che

Mm

= − + (2.13)

( )

U r G c

r

5 Un campo di dice conservativo quando il lavoro svolto lungo un certo percorso dipende solo dalle posizioni iniziali e

finali.

6 Non dimostreremo come si ricava l’espressione di U(r) ricordando tuttavia al lettore che può essere dimostrata a

= −∆

L U

partire dalla relazione valida per i campi conservativi.

9 c

dove è una costante che si pone generalmente uguale a zero in modo che l’energia potenziale

gravitazionale sia nulla all’infinito dove quindi assume il valore massimo.

E’ noto dalla dinamica newtoniana che per i campi conservativi, nell’ambito di sistemi chiusi e

E;

isolati vige il principio di conservazione dell’energia meccanica ciò significa che la somma delle

due quantità

1 Mm

− = 7

2 (2.14)

mv G E

2 r

è costante.

Si consideri la situazione schematizzata in figura dove consideriamo un sistema di riferimento

M.

polare con l’origine in cui è posta la massa fissa

In virtù delle condizioni inizialmente ipotizzate è lecito dire che la risultante dei momenti torcenti

agenti sul sistema dei due corpi è nulla, quindi

dL

∑ = = (2.15)

0

ext dt L,

da cui si deduce facilmente che il momento angolare del sistema, è costante.

dr

α

= =

La velocità ha due componenti, una radiale e una trasversale

cos

v v

r dt

ϕ

d

α ω

= = = = +

2 2 2

tali che .

sin

v v r r v v v

ϕ ϕ

r

dt

Tenendo conto di tali relazioni la (2.14) diventa

 

ϕ

2 2

   

1 dr d Mm

+ = +

 

m r E G (2.16)

   

   

 

2 dt dt r

 

Il modulo del momento angolare, costante nel tempo, è dato da

ϕ

 

d

α

= =

L mrv sin mr r (2.17)

 

 

dt

dE =

7 0

E’ lo stesso che scrivere dt

10

da cui otteniamo che

ϕ

d L

= (2.18)

2

dt mr

Combinando la (2.16) con la (2.18) si giunge a

 

2

  2

1 dr L Mm

+ = +

 

m E G (2.19)

  2 2

 

 

2 dt m r r

 

da cui 2

dr 2 E 2

GM L

=± + − (2.20)

2 2

dt m r mr ϕ ( )

r , l’equazione polare della

Dividendo ora membro a membro la (2.18) con la (2.20) si ottiene

traiettoria.

ϕ ±

1

d L

= (2.21)

2

dr mr 2

2 2

E GM L

+ − 2 2

m r mr

e cioè ±

1

dr

ϕ =

d (2.22)

2

r 2

2 2 1

Em GMm

+ −

2 2 2

L rL r

Per ottenere un’equazione in forma chiusa della (2.22) è necessario integrare ambo i membri. A tal

proposito operiamo le seguenti sostituzioni

=

GMm k

 2 Em

 = a

 2

L

 2

2

GMm 2 km

= = b

 2 2

L L

 1 = u

 r

La funzione, scegliendone una qualsiasi tra quella con il meno e quella con il più, si riduce a

du

ϕ

∫ ∫

= (2.23)

d + − 2

a bu u

11

il secondo è un integrale notevole e risulta

 

u b

2

ϕ −

+ = 1   (2.24)

c cos +

2

 

b 4 a

dove la costante dipende dal valore iniziale dell’anomalia.

c

Risostituendo i valori e sistemando opportunamente otteniamo:

 

2

1 mk 2EL ϕ

 

= 1 + 1 + cos( + c)

2 2

 

r L mk

  2

2 EL

= +

8 1

che rappresenta l’equazione polare di una conica avente eccentricità e 2

mk

ϕ

=

Ricavata l’equazione polare ( ) possiamo passare alla sua analisi.

r f

=

: (circonferenza)

Caso 1 e 0

2

2 EL

+ =

1 0

2

mk 2

mk

=−

E 2

2 L

L’energia meccanica deve essere negativa e cioè

1 Mm 2

GM

− < <

2

mv G 0; v

2 r r

La velocità trovata è detta velocità di fuga e rappresenta il valore della velocità di un corpo oltre il

quale esso fugge dal campo gravitazionale di un pianeta di massa M. Condizione necessaria ma non

sufficiente affinché l’orbita sia circolare è che la velocità sia minore di quella di fuga. La Terra si

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