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Sintesi
Tesina sull'intelligenza artificiale con analisi e descrizione del concetto generale. Argomenti trattati:
- Che cosa sono i “processi mentali”;
- Che cosa è la memoria;
- Vi è identità tra mente e cervello, anima e corpo;
- Cosa e l’intelligenza;
- E’corretto associare l’ambiente biologico mente-cervello ad un ambiente sintetico come ad esempio hardware e software.
Estratto del documento

Che cosa sono i “processi mentali”? Che cosa è la memoria? Vi è identità tra mente e cervello,

anima e corpo? Cosa e l’intelligenza? E’ riconducibile a tutti i fenomeni dell’universo? E’ corretto

associare l’ambiente biologico mente-cervello ad un ambiente sintetico come ad esempio hardware

e software?

Nel corso della storia dell’uomo una moltitudine di pensatori e scienziati ha tentato di rispondere a

questi quesiti ed ancora oggi si percorrono itinerari molto diversi per tentare di dare una spiegazione

a tali temi. In relazione agli eventi naturali, nell’animismo dell’antichità si tendeva ad associare ad

ogni ente o persona un “conduttore spirituale”: “Quando avremo veduto che nulla si può creare dal

nulla […] penetreremo più sicuramente ciò che cerchiamo, e donde si possa creare ogni cosa e in

qual modo tutte le cose avvengano senza interventi di dei” (Lucrezio, De rerum natura, I)

Tradizionalmente l'intelligenza è stata considerata una prerogativa dell'anima umana, sicché né

animali né macchine, in quanto privi di anima, avrebbero potuto esserne dotati. Anche nei secoli

passati, tuttavia, si sono avute tesi divergenti rispetto a questa credenza generalizzata, tesi alla luce

delle quali l'intelligenza artificiale si sarebbe potuta considerare possibile. Cruciale, a questo

riguardo, è la questione del rapporto tra anima e corpo: data la loro radicale eterogeneità

(spirituale l'una, materiale l'altro), si tratta di spiegare come l'anima possa agire sul corpo (ad

esempio facendolo muovere in un modo piuttosto che in un altro) e il corpo sull'anima (ad esempio

producendo in essa sensazioni). Già Lucrezio, nel I secolo a.C, si occupò del problema dell’anima e

della sua natura nel "De rerum natura", un poema epico didascalico in esametri suddiviso in sei

libri. Lucrezio trattò dell'anima e della sua natura mortale: scopo del poeta era liberare gli uomini

dalla paura della morte. Lucrezio dimostrò con 29 prove condotte con rigore scientifico, la natura

materiale e mortale sia dell'anima (principio vitale diffuso in tutto il corpo) sia dell'animus (la

mente, sede delle facoltà razionali): essi sono composti, come tutta la realtà, di atomi, destinati a

disperdersi, come quelli che compongono il corpo, al momento della morte. Nel momento in cui

l'organismo umano si dissolve, cessa ogni forma di coscienza e sensibilità e non ci può più essere

per l'individuo sofferenza alcuna.

«Primum animum dico, mentem quem saepe vocamus,

in quo consilium vitae regimenque locatum est,

esse hominis partem nilo minus ac manus, et pes,

atque oculi partes animantis totius extant. »

“Lo spirito, spesso chiamato pensiero,

nel quale risiede il consiglio e il governo del vivere,

affermo in principio ch’è parte dell’uomo non meno che

la mano, il piede e l’occhio son parti di un tutto animato.”

(Lucrezio, “De rerum natura”, III, vv. 94-97)

Già dai secoli passati si sono quindi delineate due strategie: o postulare una connessione garantita

dall'esterno (ad esempio per opera divina), oppure attenuare o eliminare la radicale eterogeneità di

anima e corpo.

Ecco l'importanza per la discussione sull'intelligenza artificiale del tradizionale problema filosofico

dei rapporti tra anima e corpo, o come oggi più comunemente si dice, tra mente e corpo o tra mente

e cervello ( il termine mente, infatti, è meno carico di presupposizioni teologiche e metafisiche e

non implica di per sé l'idea di una sostanza separata).

Occorre quindi definire cosa sia la mente: esistono molteplici approcci a tale problema.

Il cervello è l’oggetto si studio forse più complesso che esista nell’intero universo: il nucleo della

problematica mente/cervello è costituito dalla differenza tra la natura fisico-chimica delle strutture e

dei processi cerebrali e la natura, più ineffabile, dei processi mentali. Quando un uomo prende la

decisione di compiere un’azione, a chi va attribuita l’iniziativa? Alla sua mente, all’io della sua

mente, oppure alle cellule della sua corteccia cerebrale? E’ intorno a queste domande che si è

sviluppata la riflessione scientifica e filosofica.

L’indagine sulla natura della mente, sulla sua struttura e le sue funzioni, costituisce oggi l’oggetto

specifico di una tendenza filosofica, diffusa soprattutto nel mondo anglosassone, che ha preso il

nome di “Philosophy of Mind”. Queste stesse indagini vengono svolte in modo particolare da una

delle scuole psicologiche oggi più influenti, il cognitivismo, il cui obiettivo è quello di costruire con

l’uso dell’informatica una teoria scientifica della mente. Le neuroscienze si occupano invece di

indagare il rapporto tra la mente ed il suo sostrato materiale, ossia il sistema nervoso centrale. Un

ruolo a parte è svolto dagli studi sull’intelligenza artificiale. Sono studi che si collocano al confine

tra l’informatica, la matematica e la filosofia, il cui scopo è quello di perfezionare la conoscenza

della mente attraverso la costruzione di programmi informatici capaci di simulare al computer gli

aspetti cognitivi dell’attività mentale.

Il cognitivismo, affermatosi negli anni ’60 del novecento, ha riportato in auge l’interesse scientifico

per i processi mentali.

L’espressione "scienza cognitiva" è entrata nell’uso comune a partire dalla seconda metà degli anni

’70, per designare un’area disciplinare volta a studiare i processi cognitivi. La scienza cognitiva è

caratterizzata principalmente da due punti fondamentali:

a. lo studio della mente implica la costruzione di modelli informatici dell’architettura cognitiva

interna; i cognitivisti ritengono che la mente operi come un calcolatore elettronico e che la sua

funzione essenziale sia la trasformazione “computazionale” di informazioni. Viene quindi

postulato che la mente sia programmata per ricevere ed elaborare degli input e per predisporre

l’output adeguato.

b. sostiene la teoria funzionalista della concezione computazionale della mente. La mente è un

programma: il software. Il cervello è l’hardware.. Il criterio per stabilire se uno pensa è la

capacità di rispondere a determinate domande nello stesso linguaggio con cui vengono

formulate. La conseguenza, partendo da questo presupposto, è che anche le macchine

possono pensare: un computer può essere, dal punto di vista funzionale, “isomorfo” al

cervello. E’ questo uno dei concetti-cardine dell’ Intelligenza Artificiale.

Nel 1956 un logico e matematico inglese, Alan Mathison Turing, pubblicò uno scritto intitolato

Macchine calcolatrici e intelligenza, in cui si chiedeva se le macchine potessero pensare.

A tale scopo ideò un esperimento (denominato gioco dell’imitazione o test di Turing) in cui un

uomo era fatto dialogare alla cieca con un altro interlocutore o con un computer; l’uomo non

riusciva a sapere con certezza con chi stesse dialogando, perciò sulla base di tale osservazione è

possibile affermare che le macchine pensano.

L’espressione Artificial Intelligence fu coniata da John McCarthy, Minsky ed altri ricercatori in

uno storico seminario tenutosi nel 1956 nel New Hampshire.

Lo scopo di tale disciplina era quello di " far fare alle macchine cose che richiederebbero

intelligenza se fossero fatte dagli uomini " ( Minsky ).

Attività e capacità dell’IA sono:

-L’apprendimento automatico (un esempio eclatante è rappresentato dal “super-computer” dell’IBM

“Deep blue”, che nel 1996 sconfisse l’allora campione del mondo in una partita a scacchi)

-Il ragionamento automatico analogo a quello umano

La cooperazione tra hardware e software

-

Le teorie sull'IA sono state criticate, nella loro realizzabilità, su molti fronti:

• "La macchina non è in grado di comprendere il significato dei simboli che manipola.

John Roger Searle, nel suo libro Menti, cervelli e programmi del 1980, ideò il cosidetto

test della stanza cinese.Tale esperimento consisteva nel fatto che un individuo, guidato con

opportune istruzioni nella propria lingua, potesse organizzare correttamente un insieme di

simboli cinesi senza comprenderne il significato. Searle, dunque afferma che nessun

sistema, che si limita ad una manipolazione formale di simboli senza comprenderne il

significato, può essere considerato come un essere pensante; quindi i computer non sono

menti, in quanto privi di coscienza e intenzionalità : la loro ipotizzata intenzionalità e

intelligenza è solo nelle menti di chi li progetta.

• Non è la mancanza di emozioni che costituisce la principale differenza tra la macchina-

calcolatore (macchina artificiale) e l’uomo (macchina naturale), ma piuttosto il fatto che:

1. le macchine non hanno nessuna tolleranza per le contraddizioni e per l’incertezza

2. non hanno iniziativa, né senso comune (ossia quel background di pre-requisiti e

credenze che ci vengono richiesti nel rapporto col mondo), né punti di vista.

3. Non hanno la capacità di auto-organizzazione. Il nostro cervello, diversamente dalle

altre macchine, usa processi che modificano se stesso: la mente è un processo

complesso.

Si può allora parlare di intelligenza artificiale anche senza chiedersi se le macchine possano avere

una mente, ma solo se esse possano svolgere quelle particolari funzioni della mente che hanno a che

fare con l'intelligenza; in altri termini, si può pensare a una macchina intelligente, ma priva di

sensazioni, emozioni, e in sintesi di coscienza.

Alcuni filosofi tentarono di ridimensionare le aspettative sull’AI; inizialmente furono guardati

con sospetto, ma in un secondo momento furono più apprezzati e ascoltati.

Lo scopo della AI non è la simulazione dei processi cognitivi, ma l’emulazione di essi al fine di

costruire sistemi in grado di svolgere determinati compiti in modo efficiente.

In aggiunta ai problemi sopra citati, ve ne sono altri di carattere teorico, di carattere puramente

scientifico, etico e puramente filosofico:alcuni sono già presenti tuttora, altri potrebbero presentarsi

in futuro.

La prospettiva di una macchina senziente ha profondamente influenzato il panorama letterario fin

dal XIX secolo, facendo talvolta emergere le paure legate alle incognite del progresso:

potranno mai le macchine sostituire l’uomo? E’ così che si può leggere di robot sopraffattori e

uomini schiavi delle macchine.

Il servo di Primo Levi narra la leggenda del golem, di origini ebraiche: secondo tale credenza, gli

ebrei sarebbero capaci di creare degli automi e di dar loro vita grazie alle formule

cabalistiche.

I golem sono dei robot ( se si vuol mantenere il termine originale boemo), servi costruiti dai

rabbini per aiutarli nei lavori manuali. A volte vengono presentati come figure di argilla, volte

a difendere gli ebrei dai pericoli che li minacciano. Ben presto, però, sfuggono al controllo di

chi li ha animati e minacciano coloro che dovrebbero invece proteggere.

E’ però l'uomo ad avere la meglio: il rabbino, infatti, "disattiva" prontamente il mostro privandolo

del foglio su cui sta scritto il Principio vitale. Più moderna ma comunque affine alla storia del

golem è quella che Levi narra in un altro suo racconto, A fin di bene: una rete neurale, una

comunissima centrale telefonica, tutt'a un tratto pare assumere caratteristiche mentali e

comportamentali intelligenti. Ma la rete "vuole" di più: cerca di ampliarsi, imitando la voce del

Caposettore e impartendo ordini telefonici a chi di dovere. Quando viene minacciata di distruzione,

nel caso che i problemi persistano, sceglie liberamente il corto circuito e l'auto-distruzione.

Pirandello, già dal secondo decennio del novecento, delinea la possibilità di una macchina

sopraffattrice, mostro creato dall’uomo e che ne diventa padrone. Questi temi sono alla base

soprattutto del romanzo “I Quaderni di Serafino Gubbio operatore” (pubblicato nel 1915 col titolo

“Si gira…” e ristampato nel 1925 col titolo definitivo). Quasi profetizzando il futuro, immagina

macchine che sostituiranno gli uomini nei lavori meccanici:

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