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Sintesi
Diritto - la dichiarazione dei diritti del fanciullo
Statistica - le cifre del lavoro minorile
Storia -la seconda rivoluzione industriale, l'età Giolittiana
Italiano - il verismo, pensiero, poetica, rosso malpelo
Pedagogia - Montessori
Psicologia - Freud, teoria della sessualità infantile
Igiene e puericultura - fabbisogno calorico e alimentazione del bambino
Inglese - food preservation
Estratto del documento

DIRITTO

1. IL LAVORO MINORILE

IN ITALIA Nel nostro paese i diritti dei minori vengono tutelati dall'articolo 37 comma 3

della Costituzione Italiana che sancisce: "La Repubblica tutela il lavoro dei minori con

speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.".

Inoltre l'articolo 31 protegge l'infanzia e la gioventù e l'articolo 30 sancisce l'obbligo dei

genitori a mantenere, istruire ed educare i figli.

Art 37 Costituzione

<<La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità` di lavoro, le stesse retribuzioni che

spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua

essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata

protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica

tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità` di lavoro, il

diritto alla parità` di retribuzione.>>

L'articolo 37 della Costituzione tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce

ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.

In Italia la normativa di riferimento in materia di lavoro minorile è rappresentata dalla legge

n. 977/1967 sulla tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti, successivamente

modificata ed integrata dai decreti legislativi n. 345/1999 e n. 262/2000.

La normativa citata distingue tra "bambini" e "adolescenti", ossia tra minori di ambo i sessi

che non hanno compiuto i 15 anni e/o che sono ancora soggetti all'obbligo scolastico, e

minori di ambo i sessi di età compresa tra i 15 e i 18 anni non più soggetti all'obbligo

scolastico.In base alla normativa vigente, l'età minima per l'avvio al lavoro viene fissata al

momento in cui il minore ha concluso il periodo di istruzione obbligatoria, e non può essere

in ogni caso inferiore a 15 anni compiuti. Per determinare, quindi, il limite di età per

l'instaurazione di un rapporto di lavoro con minori occorre verificare la sussistenza di due

requisiti: il compimento del quindicesimo anno di età e l’avvenuto assolvimento dell’obbligo

scolastico. In particolare, la vigente normativa in materia di lavoro minorile si applica ai

minori che hanno un contratto di lavoro, anche speciale (es. apprendistato, contratti di

formazione, lavoro a domicilio). Non si applica invece nei confronti degli adolescenti

4

addetti a lavori occasionali o di breve durata concernenti servizi domestici prestati in

ambito familiare o, comunque, prestazioni non nocive e non pericolose rese in imprese a

conduzione familiare (es. bar, ristorante)per i quali è sufficiente aver raggiunto l’età di 14

anni.La legge regola l'orario di lavoro e definisce i periodi di riposo a seconda del tipo di

lavoro. Stabilisce, inoltre, la durata delle ferie pagate, l'assistenza medica preventiva

gratuita e disciplina i controlli sanitari periodici, così come l'addestramento obbligatorio sul

posto di lavoro. La legge prevede, inoltre, il divieto di adibire gli adolescenti alle lavorazioni

e ai lavori potenzialmente pregiudizievoli per il pieno sviluppo fisico del minore, e il divieto

del lavoro notturno per i bambini e gli adolescenti.

LA CONVENZIONE SUI DIRITTI DELL’INFANZIA

2.

La DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DEL FANCIULLO del 1959 che, pur non essendo

fonte di diritto per l'ordinamento interno dei singoli Stati, ha valore morale e sociale in

quanto espressione di nuove forme di tutela dei minori, non più considerati come oggetti

delle decisioni degli adulti, ma come veri e propri soggetti di diritto. Successivamente, Il 20

novembre 1989 , l'ONU approva la Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia ; tale

Convenzione, al contrario della precedente Dichiarazione, è invece fonte di diritto per gli

Stati che l'hanno ratificata, i quali devono far sì che i diritti e le libertà in essa proclamata

siano resi effettivi. Secondo la definizione della Convenzione sono "bambini" gli individui di

età inferiore ai 18 anni (art. 1), non ha importanza il colore della pelle, la razza, il sesso, la

religione, la lingua, in un bambino; né se è un disabile, ricco o povero.. La Convenzione

fissa una serie di diritti fondamentali e di garanzie come il diritto alla vita (art. 6), il divieto

di tortura, il diritto alla libertà personale, di associazione e riunione, di religione, il diritto di

sviluppo, il diritto alla salute e alla possibilità di beneficiare del servizio sanitario (art. 24), il

diritto di esprimere la propria opinione (art. 12) e di essere informati (art. 13). I bambini

hanno diritto al nome, tramite la registrazione all'anagrafe subito dopo la nascita, e alla

nazionalità (art. 7), hanno il diritto all'istruzione (art. 28 e 29) e hanno diritto a essere

tutelati da tutte le forme di sfruttamento e di abuso (art. 34). 5

Paesi che al 1992 avevano ratificato la Convenzione e l’età a cui hanno fissato

l’avvio al lavoro

Paese Anni Paese Anni

Algeria 16 Germania 15

Belgio 15 Grecia 15

Bielorussia 15 Guatemala 14

Bulgaria 16 Guinea Equatoriale 14

Costa Rica 15 Honduras 14

Cuba 15 Iraq 15

Francia 16 Irlanda 15

Italia 15 Israele 15

Kenia 16 Romania 16

Libia 15 Rwanda 14

Lussemburgo 15 Russia 16

Malta 16 Spagna 15

Mauritius 15 Svezia 15

Nicaragua 14 Togo 14

Niger 14 Ucraina 16

Norvegia 15 Uruguay 15

Olanda 15 Venezuela 14

Polonia 15 Yugoslavia 15

Rep. Dominicana 15 Zambia 15 8

La seconda rivoluzione industriale

La seconda rivoluzione industriale ha avuto inizio negli ultimi decenni del Settecento in

Gran Bretagna, per poi estendersi nella prima metà dell’Ottocento in altri paesi quali la

Francia, la Germania, il Belgio, l’Olanda e l’Italia. Essa è caratterizzata da tre fattori: lo

sviluppo dei trasporti ferroviari e marittimi, il rinnovamento e l’ampliamento edilizio delle

città, l’apertura di nuovi settori produttivi facilitata da altre scoperte scientifiche.Tra le

numerose cause che concorsero a determinare una tale crescita bisogna ricordare il

considerevole aumento della circolazione delle merci, sia all’interno di uno stesso stato sia

tra stati diversi, che contribuirà alla formazione di un solido sistema capitalistico legato

essenzialmente all’industria. Un’altra delle ragioni va ricercata nel notevole sviluppo

tecnologico e scientifico: da allora infatti le scoperte non avvengono più per caso ma sono

la conseguenza di studi programmatici condotti in appositi laboratori di ricerca.

Dall’esigenza della ricerca scientifica organizzata e finalizzata nasce l’idea di fondare

scuole e università con lo scopo di preparare tecnici capaci.L’intero aspetto del mondo

cambia: la rete dei trasporti lo rende più piccolo e la concentrazione delle fabbriche nelle

aree urbane causa enormi movimenti di massa: per la prima volta si inverte il rapporto tra

gli abitanti della città e quelli della campagna. Si assiste ad un vero e proprio boom

demografico che si verifica su tutto il pianeta, ma che riguarda in modo particolare

l’Europa a differenza dei secoli precedenti in cui epidemie e carestie provocarono brusche

inversioni di tendenza, la crescita ora si mantiene costante sino a trasformarsi nel

ventesimo secolo in un’esplosione demografica.Come già si era verificato nella prima

rivoluzione industriale, nella seconda le industrie non sono in grado di assorbire tutti coloro

che cercano lavoro: infatti, mentre l’industria fa una spietata concorrenza agli artigiani,

gettandone molti sul lastrico, nelle campagne le nuove tecniche di coltivazione lasciano

molti senza lavoro, perciò una massa di disoccupati emigra verso la città e verso altri

continenti.I paesi industrializzati sono quelli maggiormente interessati a "movimenti" di

popoli, poiché nel vecchio continente non vi sono più terre da dissodare. Le altre nazioni

industrializzate (Stati Uniti e Giappone) praticano addirittura una politica di incremento

demografico: i primi aprendo le proprie frontiere all’emigrazione, il secondo facilitando la

della II Rivoluzione industriale fu l’elettricità,

formazione di famiglie numerose.Protagonista

mentre la I aveva visto il predominio dell’industria tessile e delle tecnologie del carbone,

del ferro, del libero mercato, e della libera concorrenza tra le imprese. Inoltre si ebbero

in diversi campi: della siderurgia, dell’elettricità, delle nuove fonti di

grandi innovazioni

energia, come il petrolio, della chimica e della meccanica.Un importante aspetto delle

trasformazioni del mercato fu costituito dalla comparsa dei beni di consumo durevoli, come

il fonografo, la macchina fotografica, la bicicletta.L’esempio più caratteristico è

l’automobile, che in pochi anni, da costoso simbolo di prestigio, divenne accessibile a strati

più larghi di acquirenti; questo passo avanti si deve all’opera di Henry Ford (1907), che

abbassò notevolmente i costi di produzione. Allo stesso tempo l’automobile rappresentò il

culmine della seconda rivoluzione industriale: i pneumatici e la benzina dipendevano dai

9

recenti progressi della chimica.Contemporaneamente a queste scoperte, la vita della

gente assunse nuove caratteristiche: si formò la cosiddetta "società di massa", la stessa in

cui noi viviamo attualmente e nella quale i prodotti di consumo "di massa", sono cioè alla

portata di tutti.

LA PRODUZIONE DI MASSA E IL TAYLORISMO

. Le esigenze della produzione in serie per un mercato di massa spinsero le imprese ad

accelerare i processi di meccanizzazione e di razionalizzazione produttiva. Nelle grandi

fabbriche, a partire dal 1893 fu introdotto un nuovo sistema di organizzazione del lavoro

messo a punto dall’americano F. W. Taylor, dal quale prese il nome taylorismo. Il metodo

di Taylor si basava sullo studio sistematico del lavoro in fabbrica, sulla rilevazione dei

tempi standard necessari per compiere le singole operazioni e sulla fissazione di regole e

ritmi cui gli operai avrebbero dovuto uniformarsi, eliminando le pause ingiustificate e gli

sprechi di tempo. Il principio del taylorismo fu integralmente applicato nella catena di

montaggio .Le tecniche del taylorismo assicurarono notevoli progressi in termini di

produttività e permisero alle imprese che le adottarono di praticare una politica a salari

relativamente alti ; ma incontrarono una diffusa ostilità fra i lavoratori che si sentivano

spossati di qualsiasi autonomia, oltre che di qualsiasi orgoglio professionale, e vedevano

subordinato il loro lavoro agli automatismi delle macchine. 10

Il consumo di massa. La produttività ebbe come conseguenza il notevole aumento della

quantità di beni prodotti e la diminuzione del loro prezzo. Questo aspetto, unito al

miglioramento salariale creò nuove condizioni di mercato. I consumi di massa migliorarono

la qualità della vita nei paesi industrializzati: l’alimentazione divenne

considerevolmente

più ricca e variata, le condizioni igieniche più sicure. Tuttavia la società fu spinta ad

omologarsi nei gusti e nelle scelte, a perdere l’identità e la particolarità delle comunità

ristrette. Ciò rappresentò una fonte di malessere sociale dalle grandi conseguenze.

L’espansione del ceto medio: La produzione di massa ebbe, tra i suoi effetti collaterali,

l’espansione dei

quello di creare una stratificazione sociale più articolata. In particolare

servizi e dell’apparato burocratico (settore terziario) vide accrescere il ceto medio urbano,

distinguersi sia della classe operaia che dalla borghesia. Al ceto medio appartenevano sia

dipendenti pubblici nei servizi e nell’amministrazione dello Stato, sia lavoratori autonomi, in

massima parte commercianti. Anche nelle fabbriche cresceva il numero degli addetti a

mansioni non manuali. Si trattava di impiegati che svolgevano attività di carattere tecnico,

detti “colletti bianchi” per differenziarsi dai “colletti

amministrativo o contabile, che furono

blu” delle tute da operaio. Mentre gli operai sentivano la propria identificazione di classe

ed esprimevano ideali di solidarietà, il ceto medio era avvolto da un forte senso di

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