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Scienza delle finanze: La teoria Keynesiana
Italiano: Pirandello e la crisi dei valori
Economia aziendale: Il sistema bancario
Diritto: Le istituzioni europee
tra crisi e depressioni economiche e sociali
PREFAZIONE
In questi ultimi anni si sta vivendo un periodo difficile che ha coinvolto il
mondo intero: si ripercorrono gli anni della Grande Depressione che ebbe
luogo nel 1929. Le due crisi, infatti, si possono mettere a confronto perché le
situazioni sono pressoché simili. parola “crisi” si può intendere un periodo di
Il concetto di crisi è ampio: con la
cambiamenti, di modificazioni più o meno gravi che possono interessare un
individuo o una collettività. Il termine è quasi sempre connotato
negativamente e il cambiamento genera un movimento complesso nell’entità
coinvolta, l’organizzazione, e determina l’urgenza di un immediata capacità
decisionale unita alla necessità di scegliere le modalità più appropriate per
affrontare l’imprevisto. Le scelte immediate sono cruciali poiché la crisi espone
al rischio elevato di fraintendimenti e mette in discussione la linearità delle
posizioni e l’ordinario universo simbolico di riferimento.
Per questo ho scelto il percorso che mi porta ad analizzare questo periodo
difficile riportando alla luce fatti, cause e conseguenze che portarono al crollo e
ad esso ricongiungere altri aspetti da me studiati durante l'anno scolastico che
presentano dei forti collegamenti.
“LA GRANDE DEPRESSIONE”
IL BOOM DEGLI ANNI VENTI (THE ROARING TWENTIES)
Nel primo dopoguerra l'economia degli Stati Uniti ebbe un forte incremento,
dovuto
anche alla grande richiesta d'investimento che veniva dall'Europa per la ripresa
delle
varie potenze che avevano partecipato al primo conflitto mondiale. Infatti, in
America
dal 1922 al 1929, la produzione industriale aumentò del 64%, la produttività del
lavoro del 43%, i profitti del 76% e i salari del 30%. La forte differenza tra
l'aumento dei
profitti e della produzione con quello dei salari creò un evidente squilibrio nella
distribuzione dei redditi, il quale i sindacati americani non riuscirono ad
equilibrare,
indeboliti.
poiché
A questi squilibri si aggiunse un fattore psicologico trainante: la convinzione che
fosse possibile un arricchimento facile, ovviamente non legato al lavoro o alla
produzione, ma che provenisse da audaci attività speculative. Ma questa corsa
all'acquisto, nel momento in cui era duratura, avvalorava se stessa, causa di
crescenti. L'esistenza di queste alte quotazioni attirava anche
quotazioni sempre
parte della popolazione a reddito modesto, disposta a pagare alle banche
interessi altissimi pur di tentare facili guadagni.
Per queste ragioni, il sistema si stava costruendo su se stesso e accentuava le
tendenze di mercato, sia che tendessero all'acquisto sia che precipitassero verso
la vendita.
Ma al crescere dei titoli di borsa corrispondeva il calo della produzione e
nell'ottobre del 1929 i più avveduti si resero conto di questo fatto portando al
crollo della borsa di Wall Street.
CAUSE DELLA CRISI
Il crollo della borsa non rappresenta la causa scatenante della crisi economica,
ne
rappresenta, semmai, il primo segnale. Le sue cause sono da ricercare nelle
relazioni
economiche e finanziare internazionali nel primo dopoguerra. La prima guerra
mondiale, oltre a causare gravi perdite umane e artistiche, frantuma anche
l'equilibrio
monetario all'interno dell'Europa. Infatti, fino all'immediato scoppio della
guerra, le
monete dei vari Stati occidentali avevano raggiunto un valore di parità legale,
ma
durante il conflitto molti Stati avevano ecceduto nell'emissione di carta moneta,
che
si era svalutata. Gli Stati Uniti fecero l'eccezione in quanto mantennero
inalterata la convertibilità in oro del dollaro (Gold Standard), con il quale le altre
monete dovettero, poi, confrontarsi. Gli Stati Uniti registrarono un boom
ininterrotto dell'economia (salvo nel 1924 e nel 1927) fino all'ottobre del 1929
in quanto essa era stimolata da vari fattori:
1. L'espansione dell'industria edilizia e di quelle collegate;
2. Innovazioni basate sullo sfruttamento di nuovi prodotti (per esempio
l'automobile)
industrie collegate;
e delle
3. Sviluppo dell'industria elettrica;
4. La razionalizzazione dei processi produttivi tramite il taylorismo, atto ad
eliminare i tempi morti (catena di montaggio).
Vi fu un forte aumento del reddito nazionale, non corrisposto da quello della
popolazione e, quindi, della forza lavoro. L'America divenne, così, il paese più
mondo e poté concedere prestiti ai paesi europei del dopoguerra.
prospero del
La maggior beneficiaria fu la Germania, che poté riprendersi rapidamente dal
collasso del marco.
Quindi nell'autunno del 1929 gli Stati Uniti, che tenevano in piedi il sistema
economico internazionale, permisero alla crisi che li colpì di spargersi a macchia
d'olio.
LA CRISI
A partire dal giugno del 1929, la domanda interna americana si trova di fronte
ad un
calo e la crisi di sovrapproduzione cominciò a colpire le industrie fondamentali
e le
attività agricole.
La crisi dell'economia reale porta fin da settembre ad una corsa al ribasso, invece
rialzo. Infine, dopo settimane di oscillazioni, il 24 ottobre 1929 (giovedì
che al
nero)
tredici milioni di azioni vengono vendute a prezzi bassissimi. Salvo brevi periodi
di
ripresa, il ribasso continua fino all' 8 luglio 1932.
Gli effetti della crisi all'interno della società capitalistica sono molteplici:
non contribuì all'accrescere la produzione attraverso
1. I salari si ridussero e ciò
investimenti, ma portò solamente ad una riduzione dei prezzi;
2. I profitti industriali si erano ristretti;
3. Nei paesi industriali dove i sindacati erano più solidamente organizzati, i salari
subirono minori riduzioni, anche perché il numero dei salariati occupati era
diminuito. Ma la crisi, oltre che borsistica, industriale, agricola e commerciale,
fu anche una crisi
bancaria. Infatti sia l'industria che l'agricoltura erano fortemente indebitate con
le
banche. Durante gli "anni ruggenti", le banche avevano ecceduto nei prestiti,
nella
previsione di una restituzione regolare e nella fiducia nei risparmiatori che
avrebbero
dovuto accrescere i loro depositi.
numero di imprese non fu in grado di pagare i debiti
Ma con la crisi, un enorme
alle
scadenze e intanto, le banche erano premute da coloro che avevano depositato
soldi e che ora chiedevano la restituzione delle somme depositate. Di
conseguenza,
trovatesi di fronte alla pressione dei depositanti e all'impossibilità di far rientrare
i banche furono costrette a chiudere.
prestiti, molte
Inoltre, per tutelarsi, gli USA furono per ritirare gli investimenti dal mercato
internazionale al quale si aggiunse la politica doganale. La "Hawley‐Smoot", la
dura
tariffa doganale che gli Stati Uniti adottarono dal giugno del 1930, ebbe
caratteristiche duramente protezionistiche portandoli a scegliere la via
dell'isolazionismo o del nazionalismo economico.
PRIMI RIMEDI
Di fronte alla crisi, la reazione dell'opinione pubblica statunitense fu varia, ma
quella
del presidente repubblicano Herbert Hoover non fu incisiva. Inizialmente egli si
oppose alla misure deflazionistiche, stimolando la spesa per opere pubbliche e
salari. Infine, nel
facendo pressione sugli industriali perché non riducessero i
1930, creò la "Grain Stabilization Corporation" e la "Cotton Stabilization
Corporation" per
sostenere i prezzi dei cereali e del cotone che erano in rapida caduta. Ma d'altro
canto si rifiutò di creare un piano di pubblica assistenza per le famiglie, facendo,
invece, affidamento sulla carità privata e sull'azione dei governi locali. Le
famiglie,
quindi, non potendo più pagare i mutui fondiari, vennero espropriate della loro
casa e molte si trasferirono altrove in cerca di un lavoro.
Dal punto di vista delle relazioni internazionali, la Società delle Nazioni, convocò
solamente una riunione nel febbraio del 1930 per attuare una sorta di tregua
doganale che però non si attuò mai.
LA DISOCCUPAZIONE
Come tutte le crisi, anche questa scaricò sulla massa i suoi effetti: il più evidente
fra tutti fu la disoccupazione che fu aggravata dalle politiche deflazionistiche
bilancio dello stato come la
adottate per evitare ripercussioni inguaribili nel
riduzione
degli stipendi, la tassazione diretta anche sui salari e la riduzione della spesa
pubblica.
Questa fu la politica intrapresa da Hoover, candidato repubblicano, per
salvaguardare il valore della moneta che fu la causa fondamentale della
disoccupazione mondiale.
1933: IL NEW DEAL e la crisi economica squalificarono, di fronte all'opinione
Il crollo della borsa
pubblica
americana, gli ambienti capitalistici che durante gli "anni ruggenti" erano stati
esaltati
per il loro spirito d'iniziativa. Questa sfiducia si abbatté anche sul Partito
Repubblicano che era il maggior rappresentante del mondo capitalista; quindi,
alle venne sconfitto da quello Democratico,
elezioni del 1932, il Partito Repubblicano
rappresentato da Franklin Delano Roosevelt, che fu sostenuto soprattutto dai
lavoratori.
Il patto che Roosevelt presentò agli americani, il New Deal, non si ispirava ad una
precisa dottrina economico‐politica, ma all'interno di questo programma ci
furono
degli importanti punti fermi:
la crisi tramite l'intervento dello Stato;
1. La decisione di affrontare
2. L'impegno a dirigere le attività economiche e a mediare i contrasti di classe
per
dimostrare la compatibilità tra sistema capitalistico e regime democratico.
Tramite il Brain Trust, cioè un gruppo di collaboratori competenti, durante il
primo
periodo della sua presidenza mise in atto una serie di provvedimenti, ispirati alle
idee
di Keynes:
‐ Per ridurre la disoccupazione, il governo promosse una vasta serie di lavori
pubblici
(costruzione di case, strade, ponti, opere pubbliche) e fondò un Corpo Civile per
la
Conservazione della Natura che impiegò circa 3 milioni di giovani in opere di
rimboscamento. Fondò, inoltre, la famosa Tennessee Valley Authority, che in
circa
venti anni portò a termine i lavori di sistemazione della valle del Tennessee,
costruendo dighe e centrali per fornire energia elettrica a costi più bassi di quelli
praticati dalle industrie private;
dei sussidi agli agricoltori perché diminuissero la produzione o perché
‐ Concesse
distruggessero una parte del raccolto, per evitare una caduta dei prezzi;
‐ Affidò all'Ente Nazionale per la Ripresa Industriale il compito di stimolare il
rilancio industriale e di formulare un "codice dei concorrenza leale" per
mantenere i adeguato. Dall'altra parte le aziende dovevano dare ai
prezzi ad un livello
lavoratori un minimo salariale e non dovevano aumentare il numero pattuito
d'ore lavorative per
settimana;
Per trovare i fondi necessari a questa nuova politica, fondata sull'espansione
della
spesa statale, si ricorse all'aumento del debito pubblico: si accettò il deficit
statale il pareggio ad ogni costo; si stampò più carta moneta in
non pretendendo più
rapporto alla quantità di riserve auree, creando un'inflazione controllata che
svalutò il dollaro ma permise una più facile esportazione.
Tamponati gli aspetti più pericolosi della crisi, dal 1935 venne creato un
legge sulla sicurezza
programma di riforme per consolidare questo sistema. La
sociale fissò
consistenti indennità per la disoccupazione, l'invalidità e la vecchiaia. Una
riforma fiscale rese fortemente progressive le imposte sui redditi e rese più
difficoltosa
l'evasione fiscale. La legge sui rapporti di lavoro riconobbe giuridicamente i
sindacati. come l'unica soluzione
Ma se inizialmente il New Deal era stato accettato da tutti
alla
crisi, le riforme successive incontrarono una forte opposizione nell'ambiente
capitalistico che, per salvaguardare i propri interessi, accusava il presidente di
autoritarismo e di concessioni al collettivismo. Nonostante ciò Roosevelt venne
rieletto nel 1936, ma nel 1937, mentre il governo restringeva la spesa pubblica
per non aumentare troppo il deficit dello Stato, l'ostilità dei capitalisti si
manifestò in un
cosiddetto "sciopero bianco del capitale" che consistette in un decremento degli
investimenti: ne seguì una ripresa della disoccupazione per far fronte al quale il
governo ricorse nuovamente all'espansione della spesa pubblica. le minacce