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Sintesi
Introduzione Importanza storica della fotografia, tesina


Tesina sull'importanza storica della fotografia ed il fotogiornalismo.

Collegamenti


Arte: I Rapporti fotografia - pittura
Degas "l'assenzio"
Italiano: D'Annunzio
Storia: Prima guerra mondiale
Fisica: le lenti
la diffrazione
Estratto del documento

LA PRIMA GUERRA

MONDIALE INGLESE

IL IMPORTANCE OF

FOTOGIORNALISMO PHOTOJOURNALISTS

AROUND THE WORLD.

COMPOSIZIONE DI

UNA MACCHINA FISICA

FOTOGRAFICA

LA FOTOCAMERA LE LENTI & LA

DIFFRAZIONE ~ 2 ~

PERCHÉ LA FOTOGRAFIA E IL FOTOGIORNALISMO?

La fotografia mi ha sempre affascinato: ricordo quando da piccolo visitavo dei luoghi con la mia

famiglia e chiedevo sempre a mio padre di lasciarmi fotografare. Naturalmente lui lo faceva

raramente e anche io, sinceramente, sarei stato titubante a lasciare un’oggetto di così tanto valore

come una macchina fotografica ad un bambino. Eppure non era una macchina fotografica di

tantissimo valore: era una “semplice” compatta digitale che stava diventando comune ai tempi ma

non lo era ancora. Potrebbe essere questo il motivo per cui solo sporadicamente ero in possesso

della macchina fotografica della famiglia. Prima ancora ricordo le fotocamere a rullino. Allora era

ancora più difficile avvicinarsi alla macchina fotografica perché non si potevano eliminare le foto e

i miei genitori non rischiavano di sprecare spazio su un rullino per farmi giocare con una

fotocamera a 3/4 anni. Mi avevano sempre attratto i rullini: erano racchiusi da quelle scatoline

cilindriche nere col tappo grigio che ogni tanto ancora ritrovo in qualche vecchio cassetto. Potevo

stare così poco tempo con una macchina fotografica in mano che il mio desiderio di usare quel

“magico” oggetto cresceva sempre di più. A 13 anni iniziai a viaggiare da solo, ma mi sentivo

incompleto perché non riuscivo a immagazzinare tutte le belle cose visitate nella mia mente. L’anno

dopo raccolsi tutti i soldi che ricevetti per il mio compleanno e per Natale da familiari e amici e li

misi in mano a mio zio. Gli chiesi una macchina fotografica “seria”, volevo la mia prima reflex. Lui

mi guardò e disse che con quei pochi soldi sarei riuscito solo a prenderne una di seconda mano e

non di una marca strepitosa. Mi accontentavo perché volevo la mia prima macchina fotografica

personale. Un mese dopo venne a casa mia a consegnarmi il pacco. Una grande delusione, riuscivo

a fare delle fotografie più decenti con il mio telefonino: qualità indecente, risoluzione bassissima,

per non parlare dei problemi di messa a fuoco e di esposizione. Me la feci lo stesso andare bene per

un paio di anni, anche perché non potevo permettermi di comprarne un’altra. Continuai a seguire la

mia passione visitando mostre fotografiche e seguendo riviste di fotografia finché nell’inverno tra il

2012 e il 2013 decisi di partire per gli Stati Uniti d’America, vivere un anno con una famiglia

americana e seguire la quarta liceo in una High School. Scegliendo i corsi che avrei seguito durante

l’anno scolastico vidi il corso di Fotogiornalismo. Dovevo frequentarlo! Avevo già racimolato

abbastanza soldi e l’estate del 2013 mi comprai finalmente una Nikon D3100 con la quale mi trovo

benissimo. Iniziai a svegliarmi prima per fotografare l’alba, a visitare luoghi nuovi per scattare foto

particolari. Negli USA ho avuto poi la possibilità di sviluppare la mia passione e di imparare molto

sul fotogiornalismo e la fotografia accrescendo così in me conoscenze e voglia di documentare ciò

che mi circonda. E oggi vorrei condividere un po’ della mia passione con voi.

~ 3 ~

L’INVENZIONE DEL XVIII SECOLO

Gli artisti di tutti i tempi avevano perseguito il sogno di realizzare una forma di restituzione

prospettica automatica, e a ben vedere la fotografia non è altro che essa. Le prime ricerche

iniziarono sul finire del XVIII secolo, con la messa a punto delle prime camere ottiche. Una

cassettina di legno di dimensioni non superiori a quelle di una scatola da scarpe risultava il modello

più semplice di camera ottica, era frontalmente dotata di un obbiettivo (sistema mobile di lenti) che

una volta puntato sul soggetto, lo rifletteva su uno specchio inclinato di 45° gradi, che a sua volta

riproiettava il soggetto capovolto su un vetro smerigliato. Ponendo un foglio di carta sottile sul

vetro e coprendosi con un panno nero per attenuare il riverbero della luce esterna era possibile

ricalcare per trasparenza l’immagine prospettica del soggetto prescelto, ricavandone una

rappresentazione di grandissima precisione. Il principale limite della camera ottica rimaneva la

necessità dell’intervento manuale. Il progresso della chimica permette lo sviluppo di studi sulla

sensibilità alla luce di determinati materiali in grado di registrare qualsiasi variazione di luminosità

se opportunamente esposti. Ogni immagine proiettata non è altro che un fascio di luce e sostituendo

al vetro una lastra spalmata con sostanze sensibili alla luce, si poteva ottenere l’impronta

dell’immagine proiettata dall’obbiettivo. Nasce così la fotografia. La vera e propria prima ripresa

fotografica venne realizzata nel 1827 dal chimico e fisico francese Joseph Nicèphore Nièpce, il

quale mise a punto una camera ottica che al posto del vetro smerigliato aveva una lastra di peltro. Il

peltro è una lega di metallo d’aspetto simile all’argento, costituito da stagno misto a piombo e

antimonio o a zinco e mercurio e da una bassa percentuale di argento. La lega è resa sensibile alla

luce grazia a un particolare composto chimico (emulsione) a base di bitume di cui era cosparsa. La

fotografia, nota come Veduta dalla finestra a Le Gras, rappresenta il panorama visibile dal

laboratorio dello stesso chimico e la sua esposizione richiese ben otto ore. La qualità dell’immagine,

ovviamente in bianco e nero e ristampata nel 1952, è molto bassa come la nitidezza dei contorni e la

precisione della messa a fuoco ma si tratta del primo esempio di ripresa senza alcun intervento

umano. ~ 4 ~

I RAPPORTI CON LA PITTURA

La Risposta Artistica

L’intero panorama artistico del XIX secolo entrò in crisi a causa della clamorosa invenzione e

soprattutto del suo rapidissimo sviluppo. Grazie ai risultati impeccabili, anche se ancora in bianco e

nero, a prezzi contenuti e in tempi molto brevi molti ritrattisti e paesaggisti vengono subito messi

fuori gioco dalla nuova macchina. Tuttavia gli artisti più attenti e sensibili colsero immediatamente

la eccezionalità dell’invenzione ed iniziarono subito a servirsene in aiuto ed in accordo con la

propria pittura. Nel terzo venticinquennio del secolo pittura e fotografia si erano ormai ritagliate i

rispettivi e ben individuati spazi di azione. La pittura, grazie alla fotografia, cessa di essere

documentaria e si concentra soprattutto sulla psicologia dei personaggi o sulle emozioni che l’artista

vuole trasmettere. La fotografia, dal canto suo, prende molto dalla pittura come le principali regole

di inquadratura e di composizione, ponendo grande attenzione al bilanciamento delle luci e delle

ombre. I fotografi lavorarono inizialmente in un modo del tutto simile a quello dei pittori con

l’unica differenza che al posto dei cavalletti e dei colori vi sono monumentali e sempre più avanzati

apparecchi fotografici montati su solidi treppiedi. Via via vengono sperimentati dei modelli

portatili, per le riprese in esterni, sempre più piccoli e maneggevoli rendendo possibile fotografare

anche “en plein air”, nascono così le istantanee. Gli studi fotografici consentirono a molti artisti,

primi tra tutti l’impressionista Edgar Degas, di approfondire lo studio del vero, riuscendo a cogliere

posture e movimenti mai prima rappresentati.

Edgar Degas

Egar-Hilaire-Germain de Gas (detto Degas) nasce a Parigi il 19 luglio 1834 da una ricca e nobile

famiglia e subito sceglie di intraprendere la carriera artistica assecondato dal padre. Ma la Scuola di

Belle Arti non fa per lui e dopo appena sei mesi ne abbandona la frequenza intraprendendo lunghi

soggiorni in Italia. Nonostante l’impegno impressionista, rimase un sostenitore del disegno e della

pittura in atelier. Secondo l’artista anche l’impressione di un istante è così complessa e ricca che

l’immediatezza della pittura en plein air non può che coglierla in modo riduttivo e superficiale. Per

l'artista la fotografia è un mezzo utile allo studio del movimento. Degas vuole fissare

istantaneamente l'espressione del moto dei corpi. Per fare questo affronta molti temi. Fa ritratti,

alcune composizioni storiche, ma soprattutto si cimenta nei soggetti ispirati alla vita contemporanea

e di temi tratti dalla vita quotidiana. Le sue figure, così naturali nei gesti e negli atteggiamenti, non

sembrano mai in posa. Alla metà degli anni Sessanta la pittura, pur rimanendo sempre fedele agli

ideali del disegno e del lavoro in atelier, si caratterizza sempre più in senso realistico. Intanto i

progressivi miglioramenti del mezzo tecnico e la conseguente diminuzione dei costi, favorirono la

commercializzazione delle Kodak, così che molti pittori si dedicarono alla fotografia come

dilettanti, senza lasciare la pittura. A questo proposito Edgar Degas è stato un vero pioniere data la

sua ossessione con la fotografia. Nel mese di ottobre 1895, Julie Manet scrisse nel suo diario: "Il

signor Degas pensa solo alla fotografia. Ha invitato tutti a cenare con lui la prossima settimana per

ritrarci con la luce artificiale". In effetti, quando scattava una foto, Degas diventava un vero

perfezionista, ordinando ai suoi ospiti di prendere questa o quella posizione o di guardare

l'apparecchio con un determinato atteggiamento. "In momenti come quelli - ha spiegato un

testimone di quelle sessioni - i suoi amici erano pervasi da genuino terrore. Se eri invitato per una

serata, sapevi cosa aspettarti: due ore di obbedienza militare”. Gli ultimi anni della vita di Degas

~ 5 ~

sono tristissimi: muore in solitudine quasi cieco il 27 settembre 1917 e al suo modesto funerale

partecipano appena trenta persone. Con la sua morte la grande stagione Impressionista può

considerarsi conclusa definitivamente. L’Assenzio

L’opera, realizzata tra il 1875 e il 1976, è ambientata all’interno

del Cafè Nouvelle-Athenes di Place Pigalle che era uno dei

luoghi di ritrovo preferiti dagli impressionisti. Il taglio insolito

che risulta tipico della pittura di Degas potrebbe essere

chiamato inquadratura stante l’analogia con una ripresa

fotografica. La composizione è volutamente squilibrata verso

destra, a dare il senso di una visione improvvisa e casuale

invece l’immagine è costruita in modo estremamente rigoroso,

come si evidenzia dalla prospettiva obliqua secondo cui sono

orientati i tavolini di marmo. Il punto di vista è quello alto e

decentrato di un ipotetico osservatore invisibile seduto ad un

altro tavolino. I due personaggi in realtà sono la modella

professionista Ellen Andreè e l’amico

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