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Sintesi
italiano: G. D'Annunzio (Il piacere);

Filosofia: F. Nietzsche;

Storia: Nazismo e A. Hitler;

Storia dell'arte: G. Klimt (Il bacio);

Inglese: Oscar Wilde (The Picture of Dorian Grey);

Francese: Apollinaire (les Calligrammes);

Latino: Petronio (Satiricon);

Geografia generale: Venere.
Estratto del documento

perseguire ideali di perfezione spesso

irraggiungibili.

Se nell’antica Grecia il modello di

perfezione estetica femminile era

scolpito nelle forme rotonde

e nei fianchi pronunciati della”Venere

di Milo”, oggi è rappresentato dal

fisico esile e slanciato, dal

seno piccolo e dal sorriso smagliante

della bambola più famosa al mondo:

la Barbie.

La Barbie oltre ad essere la compagna

di gioco della maggior parte delle

bambine costituisce una

vera e propria icona di bellezza di

plastica .

Storia

Barbie nasce come rielaborazione

statunitense di un modello di

bambola - di nome Lilli -

commercializzato in Germania nel

1955 da un’industria di giocattoli che

aveva fatto fortuna vendendo

soldatini nel periodo nazista. Lilli si

rivolgeva a un pubblico adulto e

impersonava il modello di bellezza

promosso dall’ormai defunto regime

hitleriano. Infatti,Adolf Hitler, il

Führer e Capo del Partito Nazista,

formulò e articolò i principi di quella

che sarebbe poi diventata l'Ideologia

del Nazismo. Egli considerava se

stesso un teorico profondo e acuto,

convinto di aver trovato la chiave per

comprendere un mondo

straordinariamente complesso. Egli

credeva che le caratteristiche

fondamentali di un individuo, le sue

attitudini, le abilità e i comportamenti

fossero determinati dalla razza. Nella

visione di Hitler tutti i gruppi etnici,

le razze o i popoli della terra(egli

usava questi termini come

sinonimi)possedevano tratti che

venivano trasmessi immutabilmente

di generazione in generazione. Di

conseguenza, nessun individuo

poteva liberarsi delle caratteristiche

innate della propria razza. Inoltre,

tutta la storia umana poteva essere

spiegata in termini di lotta tra razze

diverse. Nel formulare queste teorie,

Hitler e i Nazisti trassero ispirazione

dalle idee dei darwinisti sociali

tedeschi della fine del diciannovesimo

secolo. Come i darwinisti, infatti, essi

credevano che gli esseri umani,fin dal

primo comparire della razza umana

nella Preistoria, potessero essere

classificati collettivamente in "razze",

ognuna delle quali possedeva

caratteristiche specifiche trasmesse

geneticamente. Queste qualità

ereditarie riguardavano non solo

l'aspetto esteriore e la struttura

fisica, ma davano anche forma alla

vita interiore e mentale, ai modi di

pensare, alle abilità creative e

organizzative, ai gusti e ai valori

culturali, oltre che alla forza fisica e

al coraggio. Per definire una razza, il

darwinismo sociale fissava degli

stereotipi, sia positivi che negativi,

riguardanti le caratteristiche fisiche

di un gruppo etnico, i suoi

comportamenti e i suoi valori

culturali. Tali caratteristiche venivano

considerate presumibilmente

immutabili e profondamente radicate

nel patrimonio biologico ereditario,

anche questo immutabile e

sostanzialmente immune sia ai

cambiamenti dell'ambiente, che allo

sviluppo intellettuale e alla

socializzazione. Per i Nazisti,

l'assimilazione e il passaggio da una

razza a un'altra, o a una cultura

diversa, da parte dei suoi membri era

impossibile perché i tratti ereditari

originali non potevano

sostanzialmente mutare: nella loro

visione, quando due razze si

mischiavano, quei tratti potevano

solo degenerare. I Nazisti credevano

che una razza superiore non avesse

soltanto il diritto ma anche l'obbligo

di sottomettere e persino sterminare

quelle inferiori. Essi, inoltre,

credevano che questa lotta tra razze

fosse coerente con le leggi di Natura.

I Nazisti sostennero quindi la visione

di una razza germanica dominante

che avrebbe reso sudditi e quindi

governato gli altri popoli, in modo

particolare gli Slavi e quelli che essi

chiamavano gli Asiatici(con questo

termine essi indicavano le popolazioni

dell'Asia Centrale, allora sotto il

controllo sovietico, e le popolazioni

musulmane della regione caucasica)

popolazioni le cui caratteristiche

innate li rendevano inferiori. Per

ragioni propagandistiche, i Nazisti

spesso definirono questa visione

strategica usando termini che

richiamavano l'idea di una crociata

per salvare le civiltà occidentali dai

cosiddetti barbari "orientali" o

"asiatici", e dagli Ebrei che erano

colpevoli di organizzarli e guidarli.

Per Hitler e per gli altri dirigenti del

movimento nazista, il valore ultimo di

un essere umano non risiedeva

nell'individualità, bensì nella sua

appartenenza a una collettività che

veniva definita dal punto di vista

razziale e il cui obiettivo

fondamentale era la sopravvivenza.

La maggior parte delle persone

sarebbe d'accordo nel dire che ogni

essere umano possiede un naturale

istinto di sopravvivenza, ma Hitler

arrivò fino a teorizzare l'esistenza di

un istinto collettivo, basato

sull'appartenenza a un gruppo, a un

popolo, o a una razza (termini per lui,

come già detto, intercambiabili). Per i

Nazisti, questo istinto collettivo

implicava sempre la salvaguardia

della purezza della "razza" e la lotta

per la conquista del territorio a danno

delle altre "razze".Mantenere la

purezza genetica era importante,

secondo Hitler e secondo altri, perché

mischiare le varie etnie avrebbe alla

fine portato alla degenerazione della

razza, al punto da causare la perdita

dei suoi caratteri unici e quindi anche

della capacità di difendersi in modo

efficace. Se ciò fosse avvenuto, come

risultato quella razza sarebbe stata

condannata all'estinzione.

L'acquisizione di nuove terre era

dunque vitale, insisteva Hitler, per

permettere l'espansione della

popolazione. Senza la conquista di

nuovi territori per sostenere

l'aumento demografico, Hitler era

convinto che una razza sarebbe

giunta prima alla stagnazione e poi

alla definitiva scomparsa. I Nazisti

postularono anche l'idea di una

gerarchia "qualitativa" delle razze,

che le rendeva diverse una dall'altra.

In particolare, Hitler credeva che i

Tedeschi fossero membri di un gruppo

di razze superiori che egli chiamò

"Ariane". La razza "Ariana" germanica

era poi dotata, secondo Hitler, di una

superiorità biologica su tutte le altre

razze, superiorità che destinava i

Tedeschi a dominare un vasto impero

nell'Europa Orientale. I Tedeschi

"ariani" dovevano espandersi e

dominare. Questo era un processo

che richiedeva l'eliminazione di tutte

le minacce rappresentate dalle altre

razze, e in particolar modo degli

Ebrei; in caso contrario, i Tedeschi

stessi sarebbero stati condannati

all'estinzione.

L'idea della bellezza assoluta e

perfetta ha dato anche origine ad un

movimento artistico - letterario nato

nella seconda metà dell'800 chiamato

"Estetismo".Questo è un movimento

che si sviluppa a partire dal

Decadentismo. Trova il suo massimo

splendore grazie alle opere di

Gabriele d'Annunzio ed Oscar Wilde.Il

principio fondamentale dell'Estetismo

"l'arte per il gusto dell'arte" consiste

nel vedere l'Arte come

rappresentazione di se stessa,

possedente una vita indipendente

proprio come il Pensiero. Essa non ha

alcun rapporto con l'epoca in cui si

sviluppa, anzi è spesso contraria ad

essa. Altra dottrina molto importante

per gli esteti è questa: "nel momento

in cui l'Arte rinuncia alla fantasia per

la realtà, rinuncia a se stessa". É la

vita ad imitare l'Arte, e questo deriva

dal fatto che il fine della vita è quello

di trovare espressione nell'arte.

Anche la Natura stessa si modifica a

immagine dell'Arte; gli unici effetti

che essa può mostrarci sono quelli

visibili grazie alla poesia o ai dipinti.

In questo consiste il fascino della

Natura, ma anche la sua debolezza.

L'Estetismo presenta un continuo

invito a godere della giovinezza

fuggente, un edonismo(il piacere

individuale costituisce il bene più

alto)nuovo. La figura dell'Esteta, è

stata consacrata da 2 opere:"Il

piacere" di Gabriele d'Annunzio in

Italia;"Il ritratto di Dorian Gray" di

Oscar Wilde in Inghilterra.

Italiano

Gabriele d’Annunzio

Vita:

In Italia Gabriele D’Annunzio è il

portavoce principale della cultura

estetizzante. Personaggio di

indiscutibile fama, patriota, scrittore,

uomo di società, egli mirò a realizzare

uno stile di vita del tutto eccezionale

libero da costrizioni e vincoli, fastoso,

raffinato, sensuale, ricco di- tensioni

erotiche, forte di ideali eroici.

Questi nasce nel 1863 a Pescara;

dopo gli studi ginnasiali e liceali e la

pubblicazione,a sedici anni, della

prima raccolta di versi " Primo vere ",

si trasferisce a Roma per seguire i

corsi universitari di Lettere. Conduce

un'esistenza frenetica,segnata da

amori,avventure di vario genere e da

un'intensissima attività giornalistica e

letteraria. Sposa la duchessa di

gallese dalla quale avrà tre figli.

Qualche anno dopo conosce la

principessa Cruyllas con cui convive

avendone anche due figli. In Abruzzo

poi,ha inizio la relazione amorosa e

artistica con la famosa attrice

Eleonora Duse,che lo orienta al

teatro,ispirandogli molte delle opere

drammatiche. Nel 1897 entra

ufficialmente in politica. Conduce

un'esistenza all'insegna del fasto e

della raffinatezza più sfrenati. La vita

sfarzosa e brillante però ben presto

termina a causa degli eccessivi debiti.

Perseguitato dai creditori e offeso da

quest'umiliazione,d'Annunzio si ritira

in volontario esilio in Francia.Nel 1915

rientra in Italia e conduce una

violenta campagna a favore

dell'interventismo e partecipa poi

attivamente al primo conflitto

mondiale,compiendo anche imprese

rischiose e spettacolari come:i voli su

Trieste,la cosiddetta "Beffa di Buccari"

e il volo su Vienna.In un volo rimane

anche ferito ad un occhio e costretto

a letto,al buio e all'immobilità;non

rinuncia però a comporre:con un

sistema ingegnoso riesce a scrivere le

prose del "Notturno".Dopo il

conflitto,con un gruppo di

volontari,marcia su Fiume e la

occupa,resistendo a lungo alle

pressioni italiane e iugoslave,fino a

quando e costretto a ritirarsi per

l'intervento dell'esercito italiano. In

seguito si ritira nella villa,detta poi

"Vittoriale” degli italiani".Qui

trascorre gli ultimi anni

nell'isolamento senza rinunciare mai

alle avventure amorose e all'attività

letteraria. Viene nominato presidente

dell'Accademia d'Italia.Muore

d'infarto nel 1938.

Formazione e attività letteraria:

Alla base della sua formazione ci sono

tre fattori:le qualità di un ingegno

molto precoce,la straordinaria

capacità retorica e di

versificazione,l'ineguagliabile abilità

di assimilazione e appropriazione

delle esperienze letterarie e culturali

altrui. D'Annunzio vuole impersonare

il modello del poeta-superuomo,e

crede nel valore assoluto

dell'arte,infatti possiamo dire che

vive ed opera in un regime di

estetismo integrale. Affronta tutti i

generi letterari; Possiamo suddividere

la produzione Dannunziana in cinque

fasi;La prima è quella delle

esperienze liriche di "Primo vere" e

"Canto novo" e della raccolta di

novelle "Terre vergini"questa è anche

la fase giovanile del panismo. La

seconda fase può essere definita

dell'estetismo e del piacere,temi

dominanti delle nuove raccolte liriche

e soprattutto del romanzo "Il

Piacere".La terza fase è la cosiddetta

fase della bontà,dell'innocenza,della

conversione,per il prevalere di uno

stato di crisi e stanchezza che

produce un manifesto desiderio di

pentimento,di conversione ad ideali di

purezza e innocenza. Poi ce la fase

ispirata in prevalenza al superomismo

e al panismo. Per d'Annunzio il super-

uomo è l'uomo superiore a tutti e lo

stesso d'Annunzio si considera tale.

Agli anni del superomismo è legata

buona parte della produzione

teatrale. D'Annunzio si propone di

realizzare un "teatro di poesia".I

drammi sono per lui l'occasione di

proclamare e divulgare i suoi ideali,la

sua concezione della vita,dell'uomo,

dell'arte e della politica. L'ultima fase

è quella del "notturno";

"Il Piacere"

L'opera più importante di d'Annunzio

è "Il Piacere".Il romanzo racconta la

vicenda umana di un giovane

intellettuale, Andrea Sperelli.

Ricco, aristocratico, intenditore di

cose d'arte ed egli stesso poeta ed

incisore, Andrea giunge a Roma

nell'ottobre 1884.

A Roma è arrivato, attratto dal fascino

della grande tradizione barocca della

città là, una sera di Novembre, a una

cena, conosce la contessa Elena Muti,

una giovane vedova.

I due in breve si innamorano e vivono

un'intensa relazione che dura fino al

marzo 1885, quando Elena

inaspettatamente, annuncia ad

Andrea la sua intenzione di porre fine

alla relazione e, senza un motivo

apparente lo lascia e parte da Roma.

Il giovane reagisce al brutto colpo

ricevuto, dandosi ad una vita

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