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Tesina - Premio maturità 2008
Titolo: Immigrazione..integrazione
Autore: Nicoletta Calantropo
Descrizione: il fenomeno dell'immigrazione è sempre esistito, uno dei amggiori problemi che si trova ad affrontare la società d'accoglienza riguarda l'integrazione
Materie trattate: attualitÃÂ , metodologia, diritto, pedagogia, storia, italiano, arte, biologia, filosofia
Area: umanistica
Sommario: Nel corso del XX ââ¬" XI secolo il flusso migratorio non si è praticamente mai arrestato. Il continuo spostamento di individui singoli, di famiglie, di intere comunità ha motivazioni molto complesse, che sono inerenti sia alla necessità di fuga, sia all'attrazione. Oggi il fenomeno dell'emigrazione riguarda soprattutto paesi che o sono strangolati da un elevatissimo debito estero, o sono interessati da conflitti armati relativi a conflitti politici, religiosi, etnici, che rendono praticamente impossibile l'organizzazione della vita economica e sociale. Le principali cause che spingono a lasciare il proprio paese sono: â⬢ Mancanza di prospettiva per il futuro. â⬢ Peggioramento delle condizioni di vita. â⬢ Cause economiche. â⬢ Degrado ambientale del paese di provenienza. â⬢ Violazione dei diritti umani. â⬢ Tra le cause storiche: colonialismo e neocolonialismo. â⬢ Aspettative di migliori condizioni di vita nel paese di destinazione. â⬢ E, la meno importante: curiosità e gusto per l' avventura. Non é possibile sapere con certezza quanti siano gli immigrati presenti nel nostro paese, poiché a quelli che hanno ottenuto la cittadinanza e a quelli provvisti di regolare permesso di soggiorno, vanno aggiunti i "clandestini", cioè coloro che sono costretti a nascondersi e risultano quindi sconosciuti agli uffici anagrafici. Gli immigrati per la maggioranza provengono dall'Africa del Nord, Asia, America Latina e paesi dell'Europa orientale ( Albania, ex Jugoslavi, Polacchi e Rumeni). Per regolamentare le politiche sull'immigrazione nel 2002 è stata istituita la legge Bossi-Fini, intervenuta su numerosi punti: entra in Italia solo lo straniero che ha già in tasca un contratto di lavoro; diminuzione da tre a due anni della durata del permesso di soggiorno; introduzione di un reato per il clandestino che rientra in Italia nonostante sia stato espulso; sanatoria per colf e badanti irregolari: impronte ai lavoratori extracomunitari. Si parla inoltre di reato d'immigrazione clandestina nel cosiddetto "pacchetto di sicurezza" emanato dal ministro dell'Interno Roberto Maroni.
Le condizioni di vita degli immigrati
Non é possibile sapere con certezza quanti siano gli immigrati presenti nel nostro
paese, poiché a quelli che hanno ottenuto la cittadinanza e a quelli provvisti di
regolare permesso di soggiorno, vanno aggiunti i “clandestini”, cioè coloro che sono
costretti a nascondersi e risultano quindi sconosciuti agli uffici anagrafici. Gli
immigrati per la maggioranza provengono dall’Africa del Nord, Asia, America Latina
e paesi dell’Europa orientale ( Albania, ex Jugoslavi, Polacchi e Rumeni).
Per regolamentare le politiche sull'immigrazione nel 2002 è stata istituita la legge
Bossi-Fini, intervenuta su numerosi punti: entra in Italia solo lo straniero che ha già
in tasca un contratto di lavoro; diminuzione da tre a due anni della durata del
permesso di soggiorno; introduzione di un reato per il clandestino che rientra in Italia
nonostante sia stato espulso; sanatoria per colf e badanti irregolari: impronte ai
lavoratori extracomunitari.
Si parla inoltre di reato d’immigrazione clandestina nel cosiddetto “pacchetto di
emanato dal ministro dell'Interno Roberto Maroni.
sicurezza”
Per comprendere appieno il dramma di queste persone si deve pensare in primo luogo
alla disperazione che le costringe a lasciare la propria terra, le proprie famiglie ad
affrontare viaggi spesso molto pericolosi e faticosi, soprattutto per donne e bambini.
Al loro arrivo si trovano di fronte a svariati problemi come difficoltà a capire la
lingua e a trovare lavoro e alloggio. Poi sono sottoposti ad ostilità da parte della
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popolazione e soffrono spesso di
solitudine. In molti casi il percorso di
un extracomunitario é di trovare
alloggio da un amico e
successivamente cercare casa e
lavoro, anche se questo spesso gli
viene offerto a nero in modo da non
pagare le tasse. Siamo abituati a
vedere che gli immigrati vivano
d’elemosina, oppure che facciano i
lavavetri o i venditori ambulanti,
sempre che non entrino nel giro della
droga. Certo queste attività sono
molto diffuse ma i dati dimostrano che la maggior parte di loro è impiegata
nell’industria e nell’agricoltura. E a questo proposito si pone una questione
essenziale: è giustificato il timore diffuso che questi lavoratori aumentino la
disoccupazione del paese? La loro disponibilità ad accettare i lavori più pericolosi
con salari bassissimi può indurre imprenditori senza scrupoli a preferirli ai braccianti
italiani? Non si può negare che tale preoccupazione sia talvolta giustificata, ma gli
immigrati generalmente svolgono lavori che i nostri giovani disoccupati non sono
disposti ad accettare perchè faticosi o precari.
Integrazione a scuola
L’integrazione degli immigrati nella società d’accoglienza è un obiettivo
fondamentale, e in questo processo il ruolo della scuola è primario. Tale integrazione
è oggi comunemente intesa come un processo bi-direzionale , che prevede diritti e
doveri tanti per gli immigrati quanto per la società che li accoglie.
I diversi modelli d’integrazione oggi presenti in Europa costituiscono la più concreta
testimonianza di quanto sia complesso l’obiettivo dell’integrazione. La realtà attuale
mostra come non esista una sola risposta alla domanda “qual è il modo migliore per
garantire l’integrazione?”. Per capire la situazione italiana nei confronti
dell’educazione interculturale bisogna fare due
considerazioni. La prima è che la presenza di
alunni stranieri è molto disomogenea e
differenziata sul territorio nazionale.
La concentrazione di alunni stranieri è molto
più elevata nelle aree del centro nord del paese
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ed investe non solo le grandi città , ma anche i piccoli centri. La seconda
considerazione relativa alla realtà italiana è che il cambiamento è stato rapidissimo
soprattutto nel triennio 2004/2006 dove si è assistito ad un maggiore incremento.
L’Italia è dunque passata da una fase nella quale la scuola ha dovuto affrontare il
fenomeno con emergenza, ad una fase di valutazione delle esperienze già realizzate.
Le premesse legislative e la politica scolastica
I minori stranieri, come quelli italiani, sono innanzi tutto “persone” e, in quanto tali,
titolari di diritti e doveri che prescindono dalla loro origine nazionale.
(1948),
La infatti, all’art. 2 afferma che:
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
“Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente
Dichiarazione, senza distinzione alcuna per ragioni di razza, di colore, di sesso, di
lingua, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di
ricchezza, di nascita o di altra condizione”.
In particolare il diritto-dovere all’inserimento scolastico dei bambini stranieri è
riconosciuti dalla legge 943/ 1986 e dalle circolari ministeriali 301/1989 e 205/1990;
la legge sancisce il diritto dei cittadini extracomunitari e delle loro famiglie
all’inserimento e all’uso dei servizi educativi scolastici e sanitari comuni e ordinari.
Le due circolari dettano una serie di norme relative all’inserimento nella scuola
dell’obbligo, all’insegnamento dell’italiano come seconda lingua, al riconoscimento
della scolarità precedente e delle eventuali difficoltà, al diritto di mantenere lingua e
cultura di origine; la circolare ministeriale 73/1994, infine sottolinea l’importanza
dell’educazione interculturale e della scuola come luogo di “mediazione fra le diverse
culture” e riconoscimento dell’identità culturale altrui.
Italia: la scelta dell’educazione interculturale
L’Italia basandosi su questi principi ha scelto la piena integrazione di tutti nella
scuola e l’educazione interculturale come suo orizzonte culturale.
Il problema pedagogico dell’educazione interculturale sta anzitutto nella necessità di
evitare l’atteggiamento di semplice assimilazione . Al contrario l’atteggiamento
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0F
interculturale cerca di promuovere l’integrazione e il pluralismo culturale ,
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1F
valorizzando il bilinguismo, il biculturalismo e favorendo lo sviluppo in tutti i
bambini di una cultura della differenza basata sullo scambio, sul dialogo, la
conoscenza e la comprensione delle diverse culture per giungere ad un reciproco
arricchimento. L’educazione interculturale come sostiene Luigi Secco, è necessaria
Assimilazione: politica che presuppone che vi siano principi validi per tutti e che il gruppo minoritario adotti i tratti
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culturali della cultura dominante, e che si mescolino geneticamente ad esso attraverso matrimoni misti.
Pluralismo culturale: politica che presuppone che il gruppo dominante incoraggi la varietà culturale e le minoranze
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scelgano di mantenere la propria identità. 6
“indipendentemente” dalla presenza di alunni di altre comunità etniche” per
promuovere lo sviluppo del pensiero critico e aperto al cambiamento.
L’educazione interculturale è quindi anche un’educazione all’alterità, in cui non ci si
limita ad accogliere e a illustrare le culture altrui, ma si cerca di far penetrare nei
codici che la caratterizzano rispettandone la diversità.
L’insegnamento dell’italiano e altri apprendimenti
Uno degli obiettivi prioritari nell’integrazione degli alunni stranieri è quello di
promuovere l’acquisizione di una buona competenza nell’italiano scritto e parlato per
assicurare uno dei principali fattori di successo scolastico e d’inclusione sociale.
Gli alunni stranieri, al momento del loro arrivo, si devono confrontare con due
diverse strumentalità linguistiche:
La lingua italiana indispensabile per comunicare nella vita quotidiana;
• La lingua italiana specifica, necessaria per comprendere ed esprimere concetti,
• sviluppare l’apprendimento delle diverse discipline (la lingua dello studio).
La lingua per comunicare può essere appresa in un arco di tempo che può oscillare da
pochi mesi ad un anno, in relazione all’età, alla lingua d’origine, all’utilizzo in
ambiente extrascolastico. Per apprendere la lingua dello studio, invece, possono
essere necessari alcuni anni, considerato che si tratta di competenze specifiche. Lo
studio della lingua italiana deve essere inserito nella quotidianità dell’apprendimento
e della vita scolastica degli alunni stranieri, con attività di laboratorio linguistico e
con percorsi e strumenti per l’insegnamento intensivo dell’italiano.
L’apprendimento e lo sviluppo della lingua italiana devono essere al centro
dell’azione
didattica. Occorre, quindi, che tutti gli insegnanti della classe, di qualsivoglia
disciplina, siano coinvolti. Nella fase iniziale ci si può valere di strumenti e figure di
facilitazione linguistica (cartelloni, alfabetieri, carte geografiche, testi semplificati,
strumenti audiovisivi o multimediali, ecc.) promuovendo la capacità dell’alunno di
sviluppare la lingua per comunicare.
Una volta superata questa fase, va prestata particolare attenzione all’apprendimento
della lingua per lo studio perché rappresenta il principale ostacolo per
l’apprendimento delle varie discipline.
Strumenti preziosi per l’apprendimento di diverse discipline possono essere i libri in 7
lingua originale, bilingui, i testi facilitati, dizionari nelle diverse lingue, video e cd
rom multimediali sulle diverse lingue e culture. Diventa strategico da parte delle
scuole potenziare le biblioteche scolastiche
I mediatori linguistici e culturali
L’educazione interculturale non è una disciplina aggiuntiva, ma una dimensione
trasversale, uno sfondo che accomuna tutti gli insegnanti e gli operatori scolastici,
che per primi entrano in contatto con le famiglie straniere.
Diventa, quindi, prioritario il tema della formazione, iniziale e in servizio, dei
docenti.
Secondo i pedagogisti Duccio Demetrio e Graziella Favaro, coautori di un testo dal
titolo la presenza dei bambini immigrati nella scuola
Bambini stranieri a scuola,
italiana a partire dalla metà degli anni Ottanta porta con se la necessità della presenza
di mediatori linguistici e culturali in ambito educativo e scolastico.
Nelle scuole che hanno una presenza consolidata di alunni stranieri e che utilizzano il
mediatore, si è cercato di definire con maggior precisione i compiti di questa figura
professionale. In particolare si possono individuare quattro ambiti d’intervento:
compiti di accoglienza, inserimento e facilitazione nei confronti degli allievi
• neo-arrivati e delle loro famiglie;
compiti di mediazione nei confronti degli insegnanti; fornisce loro
• informazioni sulla scuola nei paesi di origine, sulle competenze, la storia
scolastica e personale del singolo alunno;
Compiti d’interpretariato e traduzione (avvisi, messaggi, documenti orali e
• scritti) nei confronti delle famiglie e di assistenza e mediazione negli incontri
dei docenti con i genitori, soprattutto nei casi di particolare problematicità;
Compiti relativi a proposte e a percorsi didattici di educazione interculturale,
• condotti nelle diverse classi, che prevedono momenti di conoscenza e
valorizzazione dei Paesi, delle culture e delle lingue d’origine.
Quindi il mediatore si occupa di una varietà di iniziative che vanno dall’accoglienza,
all’inserimento, alla conoscenza, alla promozione dell’uguaglianza, alla facilitazione
dell’apprendimento, alla valorizzazione della storia del bambino. Quest’ultimo
aspetto è, secondo gli autori, il “vero centro di un’autentica progettualità scolastica
per l’educazione interculturale. Le storie personali e familiari dei bambini stranieri
dovrebbero essere cosi trasformate in “storie di tutti”, allo scopo di garantire ad essi il
rispetto della propria identità, fornendo allo stesso tempo agli altri bambini una
maggiore consapevolezza della propria attraverso il confronto con quelle altrui.
Per questo occorre creare nella scuola un clima dove i bambini stranieri si sentano più
vicini al proprio mondo di provenienza. Alla base di tale percorso sta una
Tale metodologia si concretizza anzitutto nella conoscenza
metodologia dell’ascolto.
delle autobiografie d’infanzia, allo scopo di promuovere l’identità e l’autostima che
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