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Spesso ciò che vediamo non è reale ed oggettivo, ma piuttosto soggettivo e dunque “illusorio”; il modo in cui la realtà ci appare non dipende solo dalle sue caratteristiche intrinseche, ma anche da quelle del soggetto a cui essa si mostra.
Pertanto ogni essere umano ha una determinata percezione della realtà fortemente influenzata dalle aspettative che ha su di essa, nonché dai suoi desideri e dai suoi bisogni.
A questa capacità, esclusivamente umana, di immaginare un reale diverso da ciò che è, alcuni pensatori e poeti hanno dato il nome di “illusione”.
Il termine deriverebbe dal verbo latino “illudere” costituito da in e ludere = giocare, inserire in un gioco; la parola ha un legame con l’idea di qualcosa di non concreto, che si ritrova nel significato che il termine assume nella lingua italiana: “errore, inganno dei sensi per cui una falsa impressione viene creduta realtà; ingannevole rappresentazione della realtà secondo cui si attribuisce consistenza ai propri sogni e alle proprie speranze”.
Questo tema mi ha affascinato notevolmente soprattutto perché ho potuto analizzarlo in alcuni autori e in diverse discipline trattate in quest’ultimo anno. Principalmente nella letteratura italiana ed europea, tra ‘800 e ‘900, periodo in cui si sono chiaramente delineate due opposte visioni, quella del Realismo e quella del Romanticismo. In particolar modo nel Romanticismo, attraverso l’esaltazione dell’Io soggettivo e delle facoltà irrazionali dell’uomo, la figura e l’opera di Giacomo. Leopardi ha dato voce alle illusioni. Del resto anche la filosofia si è interrogata a lungo sul rapporto tra realtà ed illusione, tema divenuto centrale dell’indagine filosofica di Arthur Schopenhauer. Anche Oscar Wilde, nel suo romanzo più celebre “Il ritratto di Dorian Gray” offre una personale visione della realtà con le sue possibili illusioni.
Certamente la difficoltà di distinguere realtà e illusione accompagna da sempre l’uomo, costantemente, poiché non si tratta, come per le illusioni ottiche, di una errata o distorta percezione del reale, ma di una vera e propria sovrapposizione alla realtà di desideri e di bisogni individuali: sono illusioni che risiedono nell’animo dell’individuo, “illusioni dell’anima”.
INDICE
INTRODUZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
CAPITOLO 1 – Giacomo Leopardi: "Le illusioni e il pensiero leopardiano”
1.1 Lo Zibaldone: un punto di partenza . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2 La visione della natura e le fasi del pessimismo . . . . . . . . . 4
1.3 La teoria del piacere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.4 La noia e il taedium vitae . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.5 Leopardi e Schopenhauer . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.6 A Silvia: essenza e caduta delle illusioni . . . . . . . . . . . . . 9
1.7 Conclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
1.8 A Silvia: testo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
CAPITOLO 2 - Arthur Schopenhauer e il velo di Maya: “La realtà
come immagine illusoria”
2.1 L’irrazionalità del reale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
2.2 Fenomeno e noumeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
2.3 Il corpo come strumento di conoscenza . . . . . . . . . . . . . 17
2.4 La volontà: forza cieca e irrazionale . . . . . . . . . . . . . . . 17
2.5 Il mondo come volontà e rappresentazione . . . . . . . . . . . 18
2.6 Volontà e dolore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
CAPITOLO 3 - La favola di Amore e Psiche: “La curiosità che
disvela le illusioni”
3.1 La curiositas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
3.2 Apuleio: un autore brillante ed eclettico . . . . . . . . . . . . . 22
3.3 Le Metamorfosi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3.4 La trama delle Metamorfosi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
3.5 Una possibile chiave di lettura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
3.6 La favola di “Amore e Psiche” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
3.7 La chiave di lettura della favola . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
3.8 Conclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 I
CAPITOLO 4 - La prima guerra mondiale: “L’illusione della guerra
lampo”
4.1 La prima grande guerra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
4.2 Il casus belli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
4.3 Armi e nuove tecnologie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
4.4 L’Italia tra neutralisti ed interventisti . . . . . . . . . . . . . . 36
4.5 Le fasi salienti del conflitto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
4.6 La fine delle “illusioni”: le condizioni della pace . . . . . . . . . 41
CAPITOLO 5 - Le stelle: “Gigantesche palle di gas incandescenti
sospese nel vuoto”
5.1 La volta celeste . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
5.2 Le costellazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
5.3 Vita e destino della stella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
5.4 Luminosità apparente e luminosità effettiva . . . . . . . . . . 50
CAPITOLO 6 - The picture of Dorian Gray
6.1 The novel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
6.2 Beauty: only reason for living . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
6.3 The illusion as a double reality . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
6.4 The ending . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
6.5 The message of the novel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54
CAPITOLO 7 - Curva costituita da linee rette
7.1 L’ “intreccio di linee” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55
BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
SITOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59 II
INTRODUZIONE
Ci sono molte cose che ci appaiono diverse da come sono in realtà,
perché ciascuno di noi percepisce ciò che lo circonda in base ai propri
sentimenti, ai propri pensieri, al proprio vissuto, ai propri desideri.
Spesso ciò che vediamo non è reale ed oggettivo, ma piuttosto
soggettivo e dunque “illusorio”; il modo in cui la realtà ci appare non dipende
solo dalle sue caratteristiche intrinseche, ma anche da quelle del soggetto a
cui essa si mostra.
Pertanto ogni essere umano ha una determinata percezione della realtà
fortemente influenzata dalle aspettative che ha su di essa, nonché dai suoi
desideri e dai suoi bisogni.
A questa capacità, esclusivamente umana, di immaginare un reale diverso
da ciò che è, alcuni pensatori e poeti hanno dato il nome di “illusione”.
Il termine deriverebbe dal verbo latino “illudere” costituito da in e
ludere = giocare, inserire in un gioco; la parola ha un legame con l’idea di
qualcosa di non concreto, che si ritrova nel significato che il termine assume
1
nella lingua italiana: “errore, inganno dei sensi per cui una falsa impressione
viene creduta realtà; ingannevole rappresentazione della realtà secondo cui si
attribuisce consistenza ai propri sogni e alle proprie speranze”.
Questo tema mi ha affascinato notevolmente soprattutto perché ho
potuto analizzarlo in alcuni autori e in diverse discipline trattate in
quest’ultimo anno. Principalmente nella letteratura italiana ed europea, tra ‘800
e ‘900, periodo in cui si sono chiaramente delineate due opposte visioni, quella
del Realismo e quella del Romanticismo. In particolar modo nel Romanticismo,
attraverso l’esaltazione dell’Io soggettivo e delle facoltà irrazionali dell’uomo,
la figura e l’opera di Giacomo. Leopardi ha dato voce alle illusioni. Del resto
anche la filosofia si è interrogata a lungo sul rapporto tra realtà ed illusione,
tema divenuto centrale dell’indagine filosofica di Arthur Schopenhauer. Anche
Oscar Wilde, nel suo romanzo più celebre “Il ritratto di Dorian Gray” offre
una personale visione della realtà con le sue possibili illusioni.
Certamente la difficoltà di distinguere realtà e illusione accompagna da
sempre l’uomo, costantemente, poiché non si tratta, come per le illusioni
ottiche, di una errata o distorta percezione del reale, ma di una vera e propria
sovrapposizione alla realtà di desideri e di bisogni individuali: sono illusioni che
risiedono nell’animo dell’individuo, “illusioni dell’anima”. 2
CAPITOLO 1
Giacomo Leopardi: Le illusioni e il pensiero
leopardiano Il più solido piacere di questa vita è
il piacere vano delle illusioni.
G. Leopardi, Zibaldone, 1817-1832
1.1 Lo Zibaldone: un punto di partenza
Ho scelto questa frase come punto di
partenza del mio percorso sul tema delle illusioni
nella poesia di Leopardi perché ritengo che sia
particolarmente significativa di alcuni aspetti del
pensiero di questo autore.
Non a caso la troviamo nello Zibaldone,
un’opera che di fatto mostra l’evoluzione del
pensiero leopardiano e la maturazione interiore
del poeta.
E’ una raccolta di brevi scritti, su i più
svariati argomenti, che l’autore iniziò nel luglio del
1817, quasi ventenne, e proseguì fino al dicembre del 1832; è quasi un diario
intimo e personale con riflessioni scritte di getto senza un ordine preciso, che
però in seguito, dal 1820, lo stesso autore iniziò a datare.
I 4526 fogli che costituivano lo Zibaldone rimasero sconosciuti fino alla
morte del poeta e furono pubblicati solo tra il 1898 e il 1900.
Le riflessioni, espresse in modo informale e con un linguaggio colloquiale,
ci consentono di conoscere in modo più profondo l’autore, attraverso elementi
3
fondamentali del suo pensiero che ritroveremo espressi nei “Canti” o nelle
“Operette morali”.
Proprio nello Zibaldone troviamo tutta una serie di riferimenti al tema
delle illusioni, percepite come necessarie all’uomo per vivere, sentite come un
rifugio dal dolore e dall’infelicità, come “[…] il più solido piacere di questa vita”.
Ne consegue che, nel pensiero leopardiano, il tema delle illusioni è
strettamente legato a quello del piacere, desiderio insito negli essere umani, e
dell’infelicità che deriva dal mancato raggiungimento di esso.
Pare un assurdo, eppure è esattamente vero, che, tutto il reale essendo un nulla, non
v'è altro di reale né altro di sostanza al mondo che le illusioni.
G. Leopardi, Zibaldone, 1817/32
1.2 La visione della natura e le fasi del pessimismo
Leopardi, anche in relazione alla sua personale esperienza di uomo,
maturò una visione della vita decisamente pessimistica. Sostenne che, essendo
l’uomo dotato di intelletto a differenza degli animali, non può che soffrire
poiché ingannato continuamente dalla natura.
Nell’evolversi del suo pensiero la visione della natura inizialmente è
positiva, “benigna”, poiché l’uomo vivendo in comunione con essa può
raggiungere l’unica possibile felicità; in seguito la natura appare “matrigna”
proprio perché illude l’uomo promettendo una felicità che mai sarà raggiunta.
L’evoluzione del pessimismo leopardiano può essere distinta in tre fasi:
pessimismo storico, cosmico ed eroico e ciascuna di esse rappresenta una
diversa visione della realtà.
Nel Pessimismo storico la natura è fonte di vitalità che genera illusioni a
1
cui si oppone “l’arido vero” che è alla base della moderna civiltà.
1 G. Ferroni, Storia e testi della letteratura italiana 2C, Enaudi Scuola, pag. 89 4
La ragione sarebbe pertanto causa “[…] dell’infelicità degli uomini
perché, essendo il regno del vero, demolisce i sogni e le illusioni, inaridisce la
2
poesia” .
In questa fase la natura è ispiratrice di grandi sentimenti e di grandi
illusioni mentre la razionalità è ciò che li distrugge.
L'origine del sentimento profondo dell'infelicità, ossia lo sviluppo di quella che si
chiama sensibilità, ordinariamente procede dalla mancanza o perdita delle grandi e
vive illusioni. G. Leopardi, Zibaldone, 1817/32
E’ questo il momento letterario in cui maturano alcune tra le poesie più
significative come ad esempio “Alla Luna”, “L’Infinito” e “La sera del dì di
festa”, in cui il giovane Leopardi proietta il proprio stato d’animo nella natura
che lo circonda. La contemplazione del paesaggio alimenta il suo mondo
interiore, la rimembranza, le illusioni per cercare di placare nella natura la
propria infelicità.
In seguito, nel 1823, la visione di Leopardi si modifica arrivando a
3
concepire la natura come una “forza cieca e ostile all’uomo” : è questa la fase
definita Pessimismo cosmico. Il poeta giunge ad una diversa percezione delle
illusioni considerate ora vane e sente la necessità di approfondire la verità
sull’infelice condizione umana.
Sono questi gli anni in cui compone le “Operette morali” (1824-1827) e,
in seguito i “Grani Idilli” (dal 1828 in poi). Nelle “operette morali” si
concretizza l’idea che il male sta nella natura: essa è indifferente alla sorte
umana e la vita dell’universo è un ciclo biologico di produzione e distruzione.
2 M. Sambugar, G. Salà, Letteratura +, Vol 2, La Nuova Italia, pag. 566
3 G. Ferroni, Storia e testi della letteratura italiana 2C, Enaudi Scuola, pag. 89 5
In questa fase la ragione sembra avere un ruolo positivo poiché ha il
compito di svelare il male che è nella natura; la ragione rivela l’inganno delle
illusioni e il bisogno umano di illudersi per poter vivere (uomo saggio).
Nei grandi idilli, troviamo l’elemento autobiografico, sollecitato dalla
difficile situazione psicologica del poeta ritornato a Recanati.
Qui ai ricordi dell’infanzia si unisce la consapevolezza del “vero”, in un
confronto tra il suo destino e quello degli uomini in generale. Cerca di rendere
più oggettivi gli spunti autobiografici ed è sempre presente la contemplazione
della natura ma la sua visione è ormai estremamente negativa perché il passato
è perduto e la vita è solo infelicità.
L’ultima fase, definita Pessimismo eroico, è caratterizzata dalla
consapevolezza che l’infelicità e il dolore sono comuni a tutti gli uomini e per
questo l’unica possibilità è quella di allearsi per non rassegnarsi al proprio
destino.
Questa visione è illustrata in modo suggestivo nella “Ginestra”, un ampio