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Tesina - Premio maturità 2008
Titolo: Il vulcanesimo e l'islanda
Autore: Federico Del rosso
Descrizione: caratteristiche principali dei fenomeni di vulcanesimo e degli edifici vulcani con un particolare approfondimento geologico sull'islanda.
Materie trattate: scienze, fisica
Area: scientifica
Sommario: La definizione più corretta che si potrebbe dare al sostantivo "vulcano" è "apertura della crosta terrestre attraverso la quale fuoriescono materiali rocciosi fusi (magma) e gas, entrambi provenienti dall'interno della Terra, ovvero i prodotti dell'attività magmatica endogena". Il termine deriva dal nome di una delle isole Eolie, l'isola di Vulcano: qui, secondo la mitologia latina, il dio del fuoco Vulcano aveva la sua fucina. Tuttavia, nel linguaggio moderno comune, si tende a identificare il vulcano con il tipico rilievo a forma di tronco di cono dalle pareti ripide e privo di vegetazione, composto da masse di rocce ignee eruttate dall'interno della Terra. In realtà , ciò che è stato appena descritto è solo un particolare tipo di vulcano, o meglio di "edificio vulcanico", che è l'espressione con cui oggi, nel linguaggio scientifico, si indica una generica struttura vulcanica, che può assumere qualunque forma, quindi non necessariamente quella di una montagna. Gli edifici vulcanici costituiscono il prodotto dell'accumulo stratificato di materiali fusi e solidi depositati durante innumerevoli eruzioni vulcaniche, anche molto distanti nel tempo l'una dall'altra.
Dualismo magmatico: il magma primario (in arancione) si forma nel mantello, quello secondario (in
rosso) si origina nella crosta terrestre.
Il primo si forma nella parte superiore del mantello, è molto fluido e la sua
, poco
temperatura si aggira sui 1200-1300 °C. Possiede una densità media di 3 g/cm
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inferiore a quella del mantello (3,3 g/cm ). Durante un’eruzione vulcanica, questo tipo
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di magma raggiunge molto facilmente la superficie poiché la diminuzione di pressione
che si riscontra con la diminuzione della profondità non influisce particolarmente sulla
temperatura di fusione della massa magmatica. Per quanto riguarda la composizione
chimica, il magma primario è composto da minerali femici (o basici), e ultrafemici
(basso contenuto in silice), per esempio inosilicati ricchi di ferro e magnesio
(peridotiti), con la totale assenza del minerale quarzo.
Il magma secondario, invece, si genera per fusione parziale delle rocce della crosta
terrestre; è molto viscoso e relativamente freddo (700-800 °C) e la sua densità media
. Viene chiamato anche “magma di anatessi”, in quanto con “anatessi”
è di 2,7 g/cm
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si indica il processo di fusione parziale delle rocce in profondità. È composto
interamente da minerali sialici (o acidi), quali tettosilicati (soprattutto quarzo),
alluminosilicati e alcuni nesosilicati e inosilicati. Essendo molto viscoso, raramente
affiora in superficie e spesso solidifica in profondità, dando così origine a particolari
strutture chiamate “filoni” o “plutoni”, i quali non sono altro che rocce magmatiche
intrusive, formate essenzialmente da granito, che rappresentano le masse di magma
acido che non sono riuscite a raggiungere la superficie terrestre (dicchi e laccoliti).
Tutti i magmi contengono disciolte quantità variabili di gas, specialmente acqua e
, SO , H S),
anidride carbonica, ma anche cloro, fluoro, vari composti dello zolfo (SO
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metano e ammoniaca, la cui solubilità aumenta con la pressione. Solitamente, i gas si
trovano ammassati in bolle che, a seconda del tipo di magma di cui fanno parte,
vengono emesse o trattenute al momento dell’eruzione: i magmi basici tendono a
liberare gas, mentre quelli acidi li trattengono. Da questo importantissimo fattore, si
determinerà il tipo di eruzione vulcanica.
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Le eruzioni effusive sono le più comuni e,
generalmente, le meno pericolose. Infatti, il loro
prodotto è la classica colata lavica, generata da un
magma di tipo basico, molto fluido, capace di
perdere facilmente la propria componente gassosa:
infatti, se ciò non avvenisse, l’elevata pressione dei
gas rischierebbe di frantumare il magma e l’eruzione
diventerebbe esplosiva. La dispersione dei gas può
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avvenire sia attraverso fumarole situate lungo i
fianchi del vulcano, sia attraverso eruzioni precedenti
a carattere esplosivo, anche se quest’ultimo è un
caso molto particolare. La velocità di una colata
lavica dipende da due importanti fattori, quali il
grado di viscosità del magma da cui essa è stata
generata e il tipo di superficie su cui essa scorre (se
per esempio vi sono delle asperità topografiche, la
colata tende a rallentare). Poiché la lava è basica, quindi abbastanza fluida, l’intera
colata lavica solidifica a grande distanza dal centro di emissione e, in base al grado di
ruvidezza della superficie di raffreddamento, si possono distinguere tre tipi di lave:
“pahoehoe” (termine hawaiano che significa “ci si può camminare sopra a piedi nudi”);
“aa” (termine hawaiano che significa “non ci si può camminare sopra a piedi nudi”);
“lave a corda”.
Le superfici di raffreddamento delle prime sono molto lisce, mentre per le seconde
sono scoriacee, e quindi ruvide, taglienti. Le lave a corda, invece, presentano dei
corrugamenti superficiali molto simili a delle corde tese, generati da asperità del suolo
oppure da variazioni di velocità del flusso lavico. In alcuni casi, la porzione superficiale
di una colata lavica si consolida prima di quella sottostante, perchè si trova a diretto
contatto con l’atmosfera: la massa solida può così fungere da isolante termico e,
dunque, fare in modo che la parte fusa rimanga tale e continui a scorrere, dando
origine a particolari strutture chiamate “tunnel di lava” (molto frequenti sull’Etna).
Le eruzioni effusive possono produrre anche lave acide: in casi del genere, queste,
essendo molto viscose, solidificano subito dopo essere state emesse, andando così a
ostruire la parte sommitale del cratere vulcanico (si tratta comunque di eventi
relativamente rari).
Lava “pahoehoe”. Lava “aa”. Lava “a corda”. Un tunnel di lava.
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Le eruzioni esplosive sono caratterizzate dalla
violenta frammentazione del magma di tipo acido
dovuta al rapido rilascio e alla decompressione
dei gas vulcanici. La loro caratteristica principale,
da cui deriva peraltro l’elevata pericolosità di
queste eruzioni, consiste nell’emissione di enormi
quantità di miscele di gas, particelle solide e
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liquide che, una volta ammassatesi in gigantesche
nubi ardenti, scendono lungo i fianchi del vulcano
a velocità e temperature elevatissime,
distruggendo tutto ciò che incontrano lungo il loro
percorso. Queste nubi ardenti vengono anche
chiamate “colate piroclastiche”, e sono composte
da miscele di gas che si interpongono tra la
superficie di scorrimento dell’intero flusso e una
considerevole massa di detriti vulcanici
denominati “piroclasti”. Essi possono essere di
varia dimensione: si va dai più piccoli (le ceneri)
fino ai più grossolani (le bombe di lava),
passando per quelli di medie dimensioni (i lapilli);
una parte proviene direttamente dalla
frammentazione del magma acido originario, mentre l’altra, già presente sulle pendici
del vulcano, non è altro che il relitto di precedenti eruzioni. Quando i piroclasti si
aggregano con i gas appena emessi, questi ultimi agiscono da puro lubrificante,
permettendo così ai detriti vulcanici di scorrere su di essi a temperature dell’ordine di
centinaia di gradi e a velocità di centinaia di km/h.
Le colate piroclastiche si possono formare
in due modi differenti: se il cratere
vulcanico non è ostruito, esse si generano
per caduta gravitativa della nube di
esplosione; se invece il cratere è
parzialmente ostruito, gas e materiale
solido e liquido vengono emessi dalla
porzione libera del cratere, formando così
la nube ardente. Se infine l’ostruzione è
totale, il “tappo” creatosi sarà
completamente frantumato quando la
pressione dei gas sarà in grado di vincere
quella litostatica, e l’esplosione sarà perciò
violentissima. Inoltre, ogni eruzione
esplosiva genera una nube di esplosione,
composta prevalentemente da gas e
polveri, capace di innalzarsi fino ad altezze
pari a decine di chilometri. Le particelle
costituenti tali nubi possono riflettere una
parte dell’energia proveniente dal Sole, la
quale non riesce dunque a raggiungere la
Terra: si originano in questo modo piccoli Un’enorme nube piroclastica emessa dal
sconvolgimenti climatici (abbassamento di Pinatubo (Filippine) nel giugno 1991.
qualche decimo di grado della temperatura
media, abbondanza relativa di precipitazioni, ecc…) che possono interessare anche per
qualche mese una vasta area intorno all’eruzione. Chiaramente, maggiore sarà il
materiale emesso, più accentuati saranno questi mutamenti climatici e più estesa sarà
la loro zona di influenza.
Le eruzioni esplosive si possono classificare in base al tipo di elementi che entrano in
gioco: se la frammentazione del magma è dovuta alla sola espansione esplosiva dei
gas contenuti nel magma, l’eruzione è detta magmatica; se la frammentazione avviene
con il contributo di acqua di origine esterna (acqua di falda o superficiale) che,
venendo a contatto con il magma, vaporizza istantaneamente espandendosi in maniera
esplosiva, l’eruzione viene detta freato-magmatica; infine, nel caso in cui si abbia
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un’esplosione dovuta alla sola vaporizzazione di acqua di falda, senza che in superficie
vengano emessi frammenti del magma che ha innescato l’esplosione, allora l’eruzione
è definita freatica, ma questo è un caso piuttosto raro. La più pericolosa in assoluto è
quella freato-magmatica, la stessa che, provocata dal Vesuvio nel 79 d.C., sommerse
le città romane di Pompei ed Ercolano.
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Il tipo di edificio vulcanico più comune e
più rappresentativo è sicuramente lo
stratovulcano, detto anche “vulcano
composito”. Si tratta del classico rilievo
a forma di tronco di cono i cui fianchi
diventano sempre più ripidi
all’aumentare dell’altitudine, e sulla cui
cima è presente il cratere principale,
che in alcuni casi può essere
accompagnato da crateri avventizi
situati poco più in basso. Questi crateri
secondari si formano quando il cratere Il Fujiyama (in Giappone), un tipico esempio di
principale è ostruito, e perciò, durante stratovulcano.
le eruzioni, il magma in risalita lungo il
condotto cerca percorsi alternativi e apre nuove bocche, le quali tendono spesso a
districarsi lungo le linee di frattura del vulcano stesso. Gli stratovulcani sono
tipicamente caratterizzati dall’alternanza di eruzioni effusive ed esplosive, in
proporzioni molto variabili da vulcano a vulcano. Ciò dipende da particolari parametri
quali l’ubicazione del vulcano, la composizione del magma che ne alimenta le eruzioni,
la possibile interazione di quest’ultimo con l’acqua di falda (può anche succedere che
nel corso della stessa eruzione si passi da una modalità eruttiva all’altra). L’alternanza
fra eruzioni effusive ed esplosive determina ovviamente anche un avvicendarsi di tipi di
materiale vulcanico emesso: si passa da semplici colate laviche all’emissione di gas e
materiali piroclastici. La lava può avere una composizione variabile, a volte più fluida
(basica) a volte viscosa (acida), mentre i gas che si accumulano nella camera
magmatica causano esplosioni intermittenti, ma non troppo violente, e l’emissione di
materiale piroclastico. L’edificio vulcanico risulta quindi costituito da strati di lava
consolidati alternati a strati di materiale piroclastico (ignimbrite), di consistenza e
dimensioni variabili (ceneri, lapilli, bombe laviche).
Gli stratovulcani possono alternare periodi di intensa attività persistente a lunghi
periodi di riposo, che possono avere anche la durata di migliaia di anni: generalmente,
quando essi si risvegliano dopo un lungo arco di tempo, danno vita a eruzioni esplosive
molto violente e disastrose. Tipici esempi di
stratovulcani nel mondo sono il Vesuvio, lo
Stromboli, il Fujiyama (in Giappone), il
Mount St. Helens (nell’America nord-
occidentale), il Cotopaxi (in Ecuador), il
Kilimangiaro (in Africa) e il Pinatubo (nelle
Filippine). L’Etna, invece, costituisce una via
intermedia tra gli stratovulcani e i vulcani a
scudo.
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Morfologicamente, i vulcani a scudo sono
costituiti sempre da rilievi con il cratere
principale situato sulla cima, ma questa volta
i pendii non sono affatto ripidi e la forma di
tronco di cono dell’edificio vulcanico risulta
molto schiacciata. Ciò avviene perché le
eruzioni generate da questi tipi di vulcani
sono solo effusive, quindi si sviluppano
Una fontana di lava generata dall’Etna, uno semplicemente colate di lava basica: questa,
stratovulcano la cui attività si addice però essendo molto fluida, solidifica a grande
distanza dal centro di emissione, e perciò il
vulcano si espande in orizzontale, lasciando quasi intatti i pendii sommitali. Negli
stratovulcani, invece, avviene il contrario perché la lava che fuoriesce dal cratere è
acida e tende quindi a consolidarsi essenzialmente in cima, permettendo all’edificio
vulcanico di aumentare in altitudine. Tuttavia, in circostanze molto rare, anche i
vulcani a scudo possono eruttare lava sialica. Questa, raffreddandosi molto
velocemente, crea delle strutture chiamate “duomi di lava” o “cupole di ristagno”,
ovvero costruzioni laviche di
forma più o meno conica (cupola)