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Tesina - Premio maturità 2008
Titolo: Il senso di appartenenza dell'uomo
Autore: Alberto Diana
Descrizione: quanto le idee di nazione e globalità hanno influenzato la storia contemporanea? ecco una breve indagine, partendo da kant arrivando fino ai giorni nostri!
Materie trattate: filosofia, storia, italiano, inglese
Area: umanistica
Sommario: I discorsi riguardanti l'appartenenza dell'uomo si sono susseguiti continuamente nella storia della filosofia, dai tempi più remoti fino al dibattito contemporaneo: già nell'antica Grecia era presente chi metteva in discussione l'appartenza o meno dell'uomo al mondo fisico, sulla base della realtà fenomenica del corpo ma anche dell'astrattezza metafisica dell'anima. Ciò che si prenderà ora in considerazione parte da uno dei cardini della filosofia che va dall'Umanesimo in poi: l'appartenenza dell'uomo al mondo e la sua centralità all'interno di esso. In virtù di questo principio fondamentale, l'interesse primario della speculazione filosofica si discosta dalla natura, e quando questa viene affrontata è soltanto in funzione della ricerca dei metodi per l'indagine conoscitiva dell'uomo (cosa che accadde durante la Rivoluzione Scientifica). In particolar modo durante l'età dell'Illuminismo compito della filosofia è far sì che l'uomo, in virtù della sua ragione, << esca dal suo stato di minorità , che egli deve imputare a se stesso>>. Dopo secoli di oscurantismo, l'uomo si propone di raggiungere il suo massimo grado di esaltazione, libero da ogni tipo di fede religiosa o di superstizione millenaria priva di fondamento, e può finalmente enunciare i suoi diritti inalienabili di libertà , uguaglianza, fratellanza e pensiero. In virtù di questa nuova visione, l'uomo all'interno dello Stato e nella società civile non è più un suddito, sottomesso ad un principio di autorità divino ormai tramontato, ma è cittadino con pieni poteri e diritti, che nel moderno concetto di democrazia tripartita (Potere esecutivo, legislativo, giudiziario) assume il suo più alto valore. Le ripercussioni storiche del movimento sono evidenti in Europa nella Rivoluzione Francese, che nelle sue fasi iniziali trova l'appoggio di un'intera generazione di intellettuali borghesi che vedono finalmente applicati i principi del pensiero di un intero secolo. Una delle cause del crollo di questo processo storico che sembrava ormai inarrestabile è da imputare sicuramente all'idea di esportazione (a dir poco forzata e violenta) della Rivoluzione: una delle idee centrali del pensiero illuministico è infatti il cosmopolitismo, l'idea di superamento delle barriere geografiche e culturali ereditate dal passato, in nome della creazione di una comunità globale della ragione, in cui l'uomo fosse non solo cittadino del proprio Stato ma cittadino del mondo.
IL SENSO DI APPARTENENZA DELL’UOMO
Globalità e nazione da Kant a oggi
Prefazione
I discorsi riguardanti l’appartenenza dell’uomo si sono susseguiti continuamente
nella storia della filosofia, dai tempi più remoti fino al dibattito contemporaneo: già
nell’antica Grecia era presente chi metteva in discussione l’appartenza o meno
dell’uomo al mondo fisico, sulla base della realtà fenomenica del corpo ma anche
dell’astrattezza metafisica dell’anima.
Ciò che si prenderà ora in considerazione parte da uno dei cardini della filosofia che
va dall’Umanesimo in poi: l’appartenenza dell’uomo al mondo e la sua centralità
all’interno di esso.
In virtù di questo principio fondamentale, l’interesse primario della speculazione
filosofica si discosta dalla natura, e quando questa viene affrontata è soltanto in
funzione della ricerca dei metodi per l’indagine conoscitiva dell’uomo (cosa che
accadde durante la Rivoluzione Scientifica). In particolar modo durante l’età
dell’Illuminismo compito della filosofia è far sì che l’uomo, in virtù della sua ragione,
<< esca dal suo stato di minorità, che egli deve imputare a se stesso>>.
Dopo secoli di oscurantismo, l’uomo si propone di raggiungere il suo massimo grado
di esaltazione, libero da ogni tipo di fede religiosa o di superstizione millenaria priva
di fondamento, e può finalmente enunciare i suoi diritti inalienabili di libertà,
uguaglianza, fratellanza e pensiero. In virtù di questa nuova visione, l’uomo
all’interno dello Stato e nella società civile non è più un suddito, sottomesso ad un
principio di autorità divino ormai tramontato, ma è cittadino con pieni poteri e
diritti, che nel moderno concetto di democrazia tripartita (Potere esecutivo,
legislativo, giudiziario) assume il suo più alto valore.
Le ripercussioni storiche del movimento sono evidenti in Europa nella Rivoluzione
Francese, che nelle sue fasi iniziali trova l’appoggio di un’intera generazione di
intellettuali borghesi che vedono finalmente applicati i principi del pensiero di un
intero secolo.
Una delle cause del crollo di questo processo storico che sembrava ormai
inarrestabile è da imputare sicuramente all’idea di esportazione (a dir poco forzata e
violenta) della Rivoluzione: una delle idee centrali del pensiero illuministico è infatti
il cosmopolitismo, l’idea di superamento delle barriere geografiche e culturali
ereditate dal passato, in nome della creazione di una comunità globale della
ragione, in cui l’uomo fosse non solo cittadino del proprio Stato ma cittadino del
mondo.
E’ un’idea anch’essa rivoluzionaria, di forte rottura con il passato: un’idea di mondo,
di globalità, che è quella che analizzeremo più avanti e che cerca ancora delle
conferme, un’applicazione definitiva nella storia, sia a livello poltico che sociale.
Gli avventimenti dell’età napoleonica senza dubbio contribuirono indubbiamente a
rallentare il processo di creazione di un’identità globale, creando anzi delle forti
opposizioni interne fra gli intellettuali europei che portarono alla formazione delle
idee nazionali durante il Romanticismo; durante l’Ottocento e il Novecento l’eredità
di questi movimenti, in Europa e nel Mondo, si è fatta sentire pesantemente, e le
conseguenze storiche non possono ancora essere ben definite.
E’ necessario comunque affermare che negli avvenimenti storici degli ultimi due
secoli la componente del dualismo fra idee globalitarie e idee nazionalitarie ha avuto
un ruolo molto forte, ben oltre un conflitto fra intellettuali ma affermandosi
prepotentemente nella politica, nella società e nell’economia, e spesso ambedue
son state propagandate come mera giustificazione bellica.
IL COSMOPOLITISMO ILLUMINISTA
La Pace Perpetua di Kant
L’opera Per la pace perpetua (Zum ewigen Frieden) fu
stesa da Immanuel Kant nel 1795, sull’onda
dell’entusiasmo per la Rivoluzione Francese (di cui il
filosofo tedesco fu grande sostenitore) ma soprattutto
per la Pace di Basilea, firmata nell’aprile dello stesso
anno: con questo trattato la Francia repubblicana si
riconciliò con l’Olanda, la Spagna e soprattutto la
Prussia (patria di Kant), ponendo fine alle ostilità e
riconoscendosi reciprocamente. In virtù di questo
spirito di riavvicinamento fra le grandi potenze
europee continentali stese questo progetto giuridico (e
non etico, come si potrebbe pensare), basandosi sul
contrattualismo che ha già partorito un documento
importantissimo come la Costituzione degli Stati Uniti
d’America del 1787, che prevedeva la convergenza
degli uomini nella creazione dello Stato:
un’organizzazione che permette di regolare i rapporti
tra gli uomini in maniera stabile, sicura, come punto di
passaggio obbligato perché gli uomini possano esprimere il meglio di loro stessi e in
particolare la loro attitudine al bene morale.
Il principio fondamentale su cui Kant fonda il suo concetto di Stato è, dunque, il
pessimismo antopologico: come Hobbes stesso affermava, l’uomo è
spontaneamente portato al male. Lo Stato è strumento che ferma le iniquità e
slancia la cultura, frena l’egoismo ed esalta la civiltà, cancella ogni tipo di violenza
reciproca, portando dunque alla realizzazione dei fini morali.
Identificando dunque lo Stato come patto fra gli individui, che in nome della
convivenza civile diventano cittadini, Kant sostiene che si possa elevare lo stesso
discorso fra i vari Stati in un’ottica federativa, sovrastatale, e quindi globale: come
gli individui si sono accordati fra di loro e hanno raggiunto la pace attraverso lo
Stato, così gli Stati, quali «individui in grande», dovranno accordarsi fra loro in una
federazione per raggiungere la pace.
Il sentimento di rivalsa degli Stati non disposti a rinunciare alla propria sovranità
verrà soffocato mediante uno sforzo cosciente degli uomini che possono costruire e
mantenere la pace superando lo stato di natura che, come nel caso degli uomini, è
anche per gli Stati per sé belligerante (anche quando lo stato di guerra non è
presente, c’è sempre la costante minaccia delle ostilità): con ciò Kant critica anche i
cosiddetti trattati di pace, colpevoli di essere solo l’anticamera di nuovi conflitti.
E’ evidentissimo in quest’opera quanto sia importante l’influenza dell’illuminismo e
quanto di questo voglia evidenziarne il carattere cosmopolita, globale e di reciproca
convivenza.
In particolare ciò si può evincere dai tre postulati della Pace perpetua:
Sistema statale repubblicano (non imposto dall’esterno, in principio
• dell’autodeterminazione degli Stati), unica alternativa al dispotismo garante
dell’uguaglianza e della libertà del cittadino di fronte alle leggi, secondo il già
noto potere tripartito (esecutivo, legislativo, giudiziario)
Sistema federativo degli Stati, senza che a questi venga meno la propria
• sovranità;
Diritto cosmopolitico di ospitalità.
•
E’ questo il cuore del Progetto kantiano, quello di maggiore rottura verso il passato,
un’idea che per noi, per quanto possa sembrarci attuale, è ancora tanto, troppo
grande: è l’idea di un mondo aperto in cui gli uomini siano tutti coscenti della
propria mondialità, in cui tutti riconoscano il diritto di circolare o soggiornare
liberamente in qualsiasi luogo della Terra in quanto noi tutti figli di essa.
Kant, postulando anche quest’ultimo grado di libertà, afferma dunque che il diritto
di ospitalità garantisce ad ogni individuo di poter inserirsi nella società anche se in
un’altra terra rispetto a quella di origine, nel rispetto delle leggi e in virtù
dell’appartenenza comune al mondo, criticando fortemente chi viola questo diritto
come gli europei colonialisti: <<la condotta inospitale degli Stati civili, soprattutto
quelli commerciali, della nostra parte del mondo, l’ingiustizia, di cui essi danno prova
visitando paesi e popoli stranieri (visite che essi immediatamente identificano con la
conquista), è tale da rimanere inorriditi. L’America, i Paesi dei Negri, le Isole delle
Spezie, il Capo di Buona Speranza, ecc., quando li scoprirono furono per loro terre
che non appartenevano a nessuno; degli abitanti infatti non tennero assolutamente
conto».
Il discorso kantiano sulla Pace perpetua è tuttavia molto aperto su certi aspetti, e a
dir poco controverso su altri.
Innanzitutto i problemi di salute (il morbo di Alzheimer, che lo portò alla morte nel
1804) non garantirono certamente a Kant la possibilità di dare una risposta forte agli
avvenimenti storici immediatamente successivi alla pubblicazione dell’opera, tra cui
spicca su tutte l’avvento di Napoleone Bonaparte che rivoltò completamente l’idea
di Rivoluzione Francese a cui il filosofo era tanto legato.
Già nel 1798, nello scritto Il conflitto delle facoltà, si evince una forte nota di
pessimismo, dubitando, riferendosi probabilmente al Terrore, che <<il genere
umano sia in costante progresso verso il meglio>>; ma non è da escludere che forse,
dall’esperienza violenta post-rivoluzionaria avrebbe salvato dalle macerie le enormi
conquiste civili che questa ha portato, come il Codice Napoleonico, l’abolizione della
servitù della gleba e la diffusione delle idee democratiche che formò una
generazione di giovani intellettuali romantici.
In particolare durante l’età romantica successiva a Kant i filosofi trovarono
tantissime lacune nella Pace perpetua: importantissima nei fini storici è la critica che
fa Hegel nei Lineamenti di filosofia del diritto, affermando che un’entità
sovranazionale così costituita non può esser realizzata se non utopisticamente, data
l’accidentalità (contrapposta a necessarietà) dei rapporti che ci sono fra i vari Stati,
soprattutto nel mantenere saldi i trattati di pace, il cui valore è legato soltanto alla
volontà degli Stati di rispettarli. Hegel accusò quindi Kant di utopismo: una
federazione di stati senza potere sovrano può risolvere delle controversie, ma
presupponendo l’umanità degli Stati; altrimenti, mantenendo la situazione tale, la
guerra continuerà sempre ad essere l’unica via risolutiva, e cercando le conferme
storiche durante il XX secolo, non ci si mette tanto a capire che il filosofo di
Stoccarda, pur nel pessimismo, aveva le sue buone ragioni.
L’altro limite riscontrabile nell’età immediatamente successiva a Kant è la
concezione universale della storia su cui si basa il suo Progetto: la storia (come
appare nell’Idea per una storia universale) appartiene unicamente all’uomo e lo
studio si basa sui suoi comportamenti in maniera universale, globale, senza cogliere
invece le differenze fra quelle che i romantici esalteranno, ovvero le nazioni, popoli
accomunati da tradizioni linguistiche, religiose, culturali, geografiche e, appunto,
storiche ben definite. L’applicazione su scala mondiale di un simile progetto così
razionale sarebbe, per i romantici, come una “colonizzazione ideologica”, volta a
distruggere ogni realtà culturale nazionale.
L’ETA’ DEL ROMANTICISMO
La delusione storica e la nascita dell’idea di nazione
Il fallimento del progetto cosmopolita
illuministico è da imputare non
soltanto alla violenza con cui l’ideale
rivoluzionario venne imposto
all’Europa durante le guerre di
Napoleone, ma soprattutto al fatto
che la maggior parte dei popoli del
resto del continente non era affatto
pronta a sostenere un cambiamento
così grande, soprattutto tramite i
vincoli di un occupante straniero:
infatti in Francia c’era già stata, negli
anni precedenti la Rivoluzione, una
forte presa di coscienza del Terzo Stato (specie nella borghesia intellettuale) nei
confronti del potere dell’Ancien Regime, cosa che nel resto d’Europa non accadde
affatto, se si esclude la classe intellettuale di alcuni paesi.
La conseguenza di questa poca considerazione nei confronti dell’altro fu la forte
reazione di interi popoli del continente alle mire espansionistiche francesi, alle cui
imposizioni legislative di matrice illuminista si opposero con uno spirito del tutto
nuovo, rivendicando la propria tradizione e la propria originalità storica.