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di probabilmente centosessanta tragedie (con tredici vittorie), e Pràtina di Fliunte autore di trentadue drammi satireschi, che da quel momento
affiancarono la rappresentazione delle tragedie.Di Frinico cominciamo ad avere maggiori informazioni. Aristofane ne tesse le lodi nelle sue
commedie, e oltre a introdurre nei dialoghi il trimetro giambico, inventò il genere della tragedia ad argomento storico (La presa di Mileto),
introducendo una seconda parte: ci si avviava, quindi alla trilogia, che sarà introdotta da Eschilo. La sua prima vittoria in un agone accadde nel 510
a.C.
ESCHILO - Sarebbe stato Eschilo a fissare le regole fondamentali del dramma tragico. Regista, oltre che poeta, a lui viene attribuita l'introduzione
di maschera e coturni e inoltre è con lui che prende l'avvio la trilogia. Introducendo un secondo attore, rese possibile la drammatizzazione di un
conflitto. La rappresentazione della tragedia assume una durata definita (dall'alba al tramonto, nella realtà come nella finzione), e nella stessa
giornata viene presentata una trilogia, nella quale le tre parti sono "puntate" della medesima storia.Nella sua opera, confrontando le prime tragedie
con quelle di anni successivi, notiamo una evoluzione e un arricchimento degli elementi propri del dramma tragico: dialoghi, contrasti, effetti
teatrali. Questo si deve anche alla competizione che il vecchio Eschilo deve sostenere nelle gare drammatiche: c'è un giovane rivale, Sofocle, che gli
contende la popolarità, e che ha introdotto un terzo attore, ha complicato le trame, sviluppato caratteri più umani, nei quali il pubblico può
identificarsi.Tuttavia, anche accettando in parte, e con riluttanza, le nuove innovazioni, Eschilo rimane sempre fedele ad un estremo rigore, alla
religiosità quasi monoteistica (Zeus, nelle opere di Eschilo, è rappresentato talvolta come un tiranno, talvolta come un dio onnipotente, con qualche
somiglianza con il biblico Yahweh). Nonostante i personaggi di Eschilo non siano sempre unicamente eroi, quasi tutti hanno caratteristiche superiori
all'umano. Se ci sono elementi reali, questi non sono mai rappresentati nella loro quotidianità, ma in una suprema sublimazione.
SOFOCLE – Plutarco, nella vita di Cimone, racconta il primo trionfo del giovane talentuoso Sofocle contro il celebre e fino a quel momento
incontrastato Eschilo, conclusasi in modo insolito, senza il consueto sorteggio degli arbitri, e che provocò il volontario esilio di Eschilo in Sicilia. Le
innovazioni che Sofocle introdusse, e che gli guadagnarono almeno venti trionfi, riguardarono molti aspetti della rappresentazione tragica, dai
dettagli più insignificanti (come i calzari bianchi e i i bastoni ricurvi) fino a riforme più dense di conseguenze. Introdusse un terzo attore, che
permetteva alla tragedia id moltiplicare il numero dei personaggi possibili, aumentò a quindici il numero dei coreuti, ruppe l'obbligo della trilogia,
rendendo possibile la rappresentazione di drammi autonomi, introdusse l'uso di scenografie. Rispetto a Eschilo, i cori tragici sofoclei si defilano
dall'azione, partecipano sempre meno attivamente e diventano piuttosto spettatori e commentatori dei fatti. È di Sofocle l'introduzione del monologo
(a.e. quelli di Aiace o di Edipo), le lunghe 'tirate' che permettono all'attore di mostrare la sua abilità, e al personaggio di esprimere compiutamente i
propri pensieri. La psicologia dei personaggi si approfondisce, emerge una inedita analisi della realtà e dell'uomo. Sofocle tentò di togliere l'enfasi
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ὄγκος)
(ónkos / ai suoi personaggi, per restituirgli completamente la drammaticità, in un mondo descritto come ingiusto e privo di luce. Nell'Edipo
a Colono, il coro ripete «la sorte migliore è non nascere». Gli eventi che schiacciano le esistenze degli eroi non sono in alcun modo spiegabili o
giustificabili, e in questo possiamo vedere l'inizio di una sofferta riflessione sulla condizione umana, ancora attuale nel mondo contemporaneo.
EURIPIDE - Le peculiarità che distinguono le tragedie euripidee da quelle degli altri due drammaturghi sono da un lato la ricerca di
sperimentazione tecnica attuata da Euripide in quasi tutte le sue opere e la maggiore attenzione che egli pone nella descrizione dei sentimenti, di cui
analizza l'evoluzione che segue il mutare degli eventi narrati.La novità assoluta del teatro euripideo è comunque rappresentata dal realismo con il
quale il drammaturgo tratteggia le dinamiche psicologiche dei suoi personaggi. L'eroe descritto nelle sue tragedie non è più il risoluto protagonista
dei drammi di Eschilo e Sofocle, ma sovente una persona problematica ed insicura, non priva di conflitti interiori.Le protagoniste femminili dei
drammi, come Andromaca, Fedra e Medea, sono le nuove figure tragiche di Euripide, il quale ne tratteggia sapientemente la tormentata sensibilità e
le pulsioni irrazionali che si scontrano con il mondo della ragione.
PITAGORA-MATEMATICA
Lo stretto rapporto che intercorre tra la musica e la matematica fu studiato sin dall'antichità: un esempio classico è dato dalla Scuola Pitagorica, a cui
si deve la scoperta (i pitagorici vi assegnavano significati mistici) secondo la quale i differenti toni di una scala sono legati ai rapporti fra numeri
interi: una corda dimezzata suona l'ottava superiore, ridotta ai suoi 3/4 la quarta, ridotta ai suoi 2/3 la quinta, e così via.
Molta matematica applicata in campo musicale deriva infatti dallo studio della fisica acustica e dai problemi ad essa collegata. Se la stessa divisione
ritmica del metro musicale è indicata con una frazione matematica, oggi sappiamo che alla base di qualunque rumore vi è un contributo di
innumerevoli onde stazionarie, e che qualunque suono può essere rappresentato da una funzione matematica detta trasformata di Fourier.
In modo più astratto la musica fu posta in relazione alla matematica anche nel suo aspetto compositivo (che richiede di ripartire i suoni tra le varie
altezze, in diversi istanti temporali e tra le diverse voci degli esecutori). Questo tipo di analisi musicale ha avuto illustri cultori in tutti i secoli (si
pensi alle geometrie musicali dei canoni di Bach) ed ha conosciuto nuove fortune anche in tempi vicini a noi (nel '900 sorsero ad esempio l'Istituto
Kranischstein di Rasmstadt, lo Studio di musica elettronica della Radio di Colonia, il Centro di Fonologia Musicale di Milano e l'IRCAM di Parigi).
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A partire dal XVII secolo molti musicisti hanno dato prova di solide conoscenze matematiche (ad esempio Giuseppe Tartini ne diede prova in
Trattato di musica secondo la vera scienza dell'armonia nel 1754 e così Iannis Xenakis in Musica formalizzata nel 1971); gli stessi Pierre Boulez e
Philip Glass sono laureati in matematica e da essa hanno tratto ispireazione per la loro arte.
I BATTIMENTI.
Il fenomeno dei battimenti si ha quando vengono suonate due note di frequenza simile (ma non identica). Si ha allora l'impressione di sentire un
suono di frequenza vicina a quelle dei primi due, la cui intensità oscilla però nel tempo tanto più lentamente quanto più le frequenze dei primi suoni
due erano ravvicinate. Per questo motivo, i battimenti sono utilizzati per determinare la presenza di scordature quando si intona uno strumento.
La spiegazione di questo fenomeno risiede in parte nella natura fisica delle onde sonore, e in parte nel modo in cui il nostro orecchio percepisce i
suoni. Se fissiamo la nostra attenzione sulla sovrapposizione di due toni puri (tali cioè da poter essere rappresentati da onde sinusoidali) e
supponendoli, per semplicità, di ampiezza uguale, possiamo applicare le formule di prostaferesi al suono risultante
IL TEMPERAMENTO
Le scoperte di Pitagora mettevano in diretta relazione la nostra percezione dei suoni con grandezze misurabili (in questo caso la lunghezza della
corda messa in vibrazione). In altre parole, se consideriamo i modi di vibrare (armonici) di una corda tesa fissata agli estremi e detta n la frequenza
fondamentale si hanno le seguenti corrispondenze (dove f(x) indica la frequenza della nota x):
Nota (x): Do Do Sol Do Mi Sol Sib Do
1 2 2 3 3 3 3 4
f(x): n 2n 3n 4n 5n 6n 7n 8n
L'intervallo tra Do1 e Do2 (raddoppio della frequenza), viene detto intervallo di ottava. Si noti che la parola intervallo riferito alle altezze dei suoni,
si riferisce al rapporto tra le frequenze, non alla loro differenza.
Da queste si possono dedurre le frequenze da assegnare a tutte le note della scale di Do: il metodo adottato, che viene detto temperamento, ha
importanti conseguenze per la costruzione degli strumenti musicali a intonazione fissa (come il pianoforte) e anche per i metodi di composizioni
musicale stessi (ad esempio la dodecafonia ideata da Arnold Schoenberg è una conseguenza, portata all'estremo, dell'utilizzo del temperamento
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equabile). Nella storia il problema del temperamento musicale è stato risolto con coerenza (almeno nella musica occidentale) solo nel XVII secolo
da Andreas Werckmeister.
IL TEMPERAMENTO NATURALE
metodo pitagorico consiste nel calcolare inizialmente il rapporto di quinta, cioè la frequenza della nota Sol1, come segue:
Sol1: si riduce alla prima ottava Sol2 dividendone la frequenza per due, ottenendo: f(Sol1) = f(Sol2):2= 3:2 n
Analogamente Re1 è la quinta di Sol1 (Re2) abbassata di un'ottava: f(Re1) = f(Re2):2 =(3:2 f(Sol1)):2 = 9:8 n
Diviene ora possibile utilizzare i rapporti di quinta e ottava per ricavare le altre note della scala:
Proseguendo con questo metodo, in definitiva, la successione delle note nella scala pitagorica è definita dalla successione delle frequenze che segue
(indicate in rapporto alla fondamentale):
Nota: Do Re Mi Fa Sol La Si Do
1 1 1 1 1 1 1 2
Frequenza: 1 9:8 81:64 4:3 3:2 27:16 243:128 2
Si noti che in questo modo esistono due soli intervalli (rapporti di frequenza) tra suoni consecutivi: il tono, corrispondente a 9:8, e il semitono o
limma pari a 256:243.
La scala pitagorica presenta però l'inconveniente che gli intervalli adottati non si conciliano con l'esigenza di dividere l'ottava in parti proporzionali
(per evitare di dover modificare l'intonazione delle singole note al cambiare della tonalità).
GUIDO D’AREZZO E LA SCRITTURA DELLA MUSICA
Guido Monaco, conosciuto anche come Guido d'Arezzo o Guido Aretino, è considerato l'ideatore della notazione musicale e del tetragramma.
Gli antichi non conoscevano una notazione musicale propriamente detta, limitandosi a indicare i suoni della scala diatonica con le prime lettere
dell'alfabeto. 8
Nel Medioevo, a causa della crescente difficoltà nel memorizzare melodie sempre più lunghe ed articolate, nacque l'esigenza di "notare" sopra il
testo da cantare alcuni segni (detti neumi) che aiutassero i cantori a ricordare la direzione (ascendente o discendente) della linea melodica. Da questi
embrionali aiuti mnemonici nacque a poco a poco la moderna notazione, le cui tappe storiche fondamentali sono l'introduzione del tetragramma
tetragramma è il rigo musicale composto da quattro linee, predecessore del pentagramma (cinque linee).
La sua invenzione è attribuita al monaco benedettino Guido D'Arezzo all'inizio dell'XI secolo, sebbene sistemi musicali analoghi erano già utilizzati
dal IV secolo. Le note andavano scritte su una linea o su uno spazio, analogamente all'uso attuale del pentagramma ed erano Ut (cambiata nel XVII
secolo in Do da Giovanni Battista Doni), Re, Mi, Fa, Sol, La, Si, raccolte nell'inno a San Giovanni Battista [1], in cui ognuna appare all'iniziale di
un verso, utilizzato da Guido D'Arezzo come memorandum per i suoi allievi. Le note furono rappresentate da Guido D'Arezzo con dei quadrati, poi
diventarono romboidali ed infine tonde. L'introduzione delle figure di durata è attribuita a Francone Di Colonia nel 1260.
Il tetragramma fu creato soprattutto per migliorare la scrittura della musica gregoriana, fino ad allora legata all'uso di accenti e neumi, ovvero a