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Tesina - Premio maturità 2009
Titolo: Il Male: quel nulla che affascina
Autore: Bonomo Luca domenico
Descrizione: saggio sul tema del male e sulle difficoltà incontrate dall'uomo nel definirlo e comprenderlo.
Materie trattate: Filosofia,Storia,Letteratura Latina,Letteratura Italiana,Letteratura Straniera,Storia Dell'arte
Area: umanistica
Sommario: Filosofia, F.W.G.Schellling, Ricerche filosofiche sull'essenza umana e gli oggetti che vi sono connessi, Il legame tra Dio e il male, Sant'Agostino, Le confessioni, Il male come nulla che affascina, I.Kant, La religione entro i limiti della sola ragione, Il male come oggetto del volere, F.W.Nietzsche, Al di là del bene e del male, La morale e la volontà di potenza, A.Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Il male e la Volontà , Luigi Pareyson, Ontologia della libertà , Il male e la libertà , Storia, H.Arendt, Le origini del totalitarismo, La banalità del male, La vita della mente, Il Novecento e il male radicale, H.Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz, Dio e l'onnipotenza, Letteratura latina, Seneca, Tragedie, La fuga dalla luce, Lucano, Bellum Civile, Riti di necromanzia, Letteratura italiana, M.Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, Il male e il Romanticismo, G.Leopardi, Operette morali, Canti, L'umana sofferenza, E.Montale, Ossi di seppia, Il male di vivere, Letteratura straniera, S.T.Coleridge, La ballata del vecchio marinaio, L'autodistruzione, W.Golding, Il signore delle mosche, Il male e la fanciullezza, S.Freud, Il disagio della civiltà , Eros e tanatos, F.Dostoevskij, Delitto e castigo, Il male e il superuomo, Storia dell'arte, E.Munch, Fanciulla malata, Madonna, Sera nel corso Karl Johann, Il grido, L'angoscia di vivere, E.L.Kirchner, Cinque donne per la strada, Il degrado della civiltà moderna, E.Nolde, Ballerina, L'urlo disperato degli espressionisti.
diviene. Il divenire divino è possibile perché è presente in Lui un fondo oscuro, una natura che Schelling definisce con
il termine “fondamento”: in tale fondamento si radica la possibilità del male, che dio, affermandosi liberamente come
persona, assume nella sua natura luminosa, senza lasciarlo sussistere in modo autonomo. Diversamente da dio l'uomo,
che ne è immagine, può rompere tale unione, introducendo una molteplicità che si stacca dall'unità originaria.
Attraverso una libera scelta dell'uomo, intesa come atto di ribellione, il male, che in dio è solo una possibilità, diventa
una realtà: il male è il negativo presente in dio come possibilità sempre vinta, e nell'uomo come possibilità realizzata
attraverso la libertà. Ad ogni modo la scissione non rappresenta un punto di non ritorno, poiché a partire da essa si può
intraprendere un cammino di riconciliazione tramite la redenzione offerta da dio all'uomo.
Una diversa concezione di male identifica il bene con l'essere e il male con il non essere. Si può parlare in questo caso
di male “metafisico” , che, esistendo solo in virtù dell'essere, è un accidente della realtà. Questa concezione del male
può essere fatta risalire a Platone e a Aristotele, per il quale la sua causa è la materia prima. Secondo il primo la causa
efficiente dei mali risederebbe nella materia, e in particolare in una proprietà congenita della sua antica natura legata al
disordine primordiale. Poiché solo l'anima è in grado di ordinare la materia, l'anima cattiva sarà quella che asseconderà
la sua naturale tendenza al disordine. Ad ogni modo per Platone nessun uomo è malvagio di sua volontà, ma lo diventa
“per qualche prava disposizione del corpo e per un allevamento senza educazione”. Questo pensiero si riallaccia inoltre
al celebre mito di Er, nel quale il filosofo spiega come il carattere morale di ciascun individuo dipenda da una libera
scelta che si gioca a livello ontologico, per cui siamo noi stessi a decidere in origine quello che vogliamo essere. Il male
compiuto allora diventa involontario e necessario, in quanto deriva da una libera scelta originaria. Anche per lo
Stagirita il male risiede nella materia e consiste nella mancanza della tendenza della cosa verso la causa finale che è il
bene. Secondo Aristotele il bene e il male riguardano in particolare gli essere dotati di facoltà; il sommo bene è la
felicità, che consiste essenzialmente nell'essere virtuosi; alla luce della virtù, che per il filosofo significa rendere in
buono stato ciò di cui si è virtù, nessun malvagio può essere felice. Il malvagio infine, sebbene ignori ciò che è vero
bene, è sempre responsabile dell'atto di volontà con cui si porta verso un falso bene, da cui derivano tutti i mali concreti.
Gli stoici, al contrario sostennero che il male non è mai del tutto tale. In particolare Crisippo riteneva che esso fosse
necessario all'interno dell'ordine cosmico: solo il bene esiste e l'uomo deve accettare razionalmente ogni evento, che,
dal punto di vista del tutto, è bene. Per Plotino il concetto di male si ricollega a quello di materia, concepita tuttavia in
maniera ambigua: da un lato è percepita come elemento che deriva dall'Uno ed è legata al male, che a sua volta
deriverebbe da un'assenza di bene, dall'altro materia e male sono comunque legati, ma intesi come principi. In
quest'ultimo caso il male sarebbe un principio che si oppone al bene, e quindi non potrebbe derivare dall'Uno. Plotino
giunge a questo dualismo perchè non sembra sufficiente considerare il male come semplice assenza di bene, dato che
esso appare come forza che si oppone al bene stesso.
Che il male sia non essere è stato comunque sostenuto da tutta la tradizione cristiana, che esclude che la natura sia male,
poichè ogni essere deriva da dio. Su questa base si sviluppa il pensiero di Agostino, il quale giunse alla conclusione che
da un punto di vista ontologico il male è non essere. Da un punto di vista etico invece il male è ricondotto al peccato
originale: il libero arbitrio implica la scelta tra due possibilità opposte, ma esso è inferiore alla libertà, che costituisce
l'unica possibilità di scegliere solo il bene. Per Agostino la nature dell'uomo è incline al male; l'umanità intera è
macchiata dal peccato di Adamo e tutti gli altri mali derivano da esso. Ma allora che cosa sceglie l'uomo quando sceglie
il male, che è non essere? Secondo Agostino quando l'uomo antepone un bene inferiore ad uno superiore compie il
male. Nel libro secondo delle Agostino analizza con lucidità la questione del rapporto tra uomo e male:"La
Confessioni
tua legge, Signore, condanna chiaramente il furto...Ciò nonostante io volli commettere un furto e lo commisi senza
esservi spinto da indigenza alcuna...Mi appropriai infatti di cose che già possedevo in maggior misura e molto miglior
qualità; nè mi spingeva il desiderio di godere ciò che col furto mi sarei procurato, bensì quello del furto e del peccato in
se stessi...Non l'oggetto per cui mi annientavo, ma il mio annientamento in se stesso io amai, anima turpe, che si
scardinava dal tuo sostegno per sterminarsi non già nella ricerca disonesta di qualcosa, ma della sola disonestà".
Agostino dunque sottolinea l'assurdità e la gratuità dell'atto immorale: il male è un nulla che affascina.
Una lunga corrente di pensiero, che va da Boezio fino a Tommaso d'Aquino, propone un'assoluta esclusione del male
dall'essere. Secondo l'Aquinate al libero arbitrio dell'uomo è dovuta la presenza del male nel mondo. Tommaso accetta
la dottrina platonico-agostiniana della non-sostanzialità del male: il male non è altro che mancanza di bene. Esso è di
due specie: pena e colpa. La pena è la mancanza della forma (realtà o atto) o di una parte, che è richiesta dall'integrità di
una cosa. La colpa è la mancanza di un'azione. La colpa (o peccato) è l'atto con cui l'uomo sceglie deliberatamente il
male, cioè agisce in contrasto con l'ordine della ragione e della legge divina. L'uomo è infatti dotato della capacità di
individuare il bene e di tendere ad esso, ma presenta anche la disposizione naturale a intendere i principi pratici, dai
quali dipendono tutte le azioni buone. Questo naturale pratico è la sinderesi, che ci dirige al bene ed è
habitus
strettamente legata alla coscienza.
Anche nella filosofia moderna ritroviamo l'idea che il male non sia compatibile con l'onnipotenza divina: è il caso di
Leibnitz, secondo cui, nonostante dio permetta il male in quanto non essere, il nostro è il migliore dei mondi possibili: "
Dio è la causa della perfezione nella natura e nelle azioni della creatura, ma la limitazione della recettività della creatura
è la causa dei difetti che si trovano nelle sue azioni".
Per Hegel il male nasce dall'arbitrio della volontà ed è nel suo apparire la nullità assoluta di questo volere:"Anche il
male è qualcosa di più alto che non il moto regolare degli astri e l'innocenza delle piante, perchè colui che così erra è
pur sempre spirito". Dunque, mentre la natura è priva di consapevolezza, chi compie il male è perfettamente
consapevole di sè e delle alternative che si presentano. Il male come forza che si oppone al bene non è previsto dal
sistema hegeliano, in base al quale la realtà, essendo razionale, è già come deve essere: noi vediamo il male perchè
l'Assoluto è in divenire.
Una terza concezione nega che il male sia non essere e afferma invece che esso è l'oggetto negativo di un desiderio o di
una valutazione. Le radici di questo pensiero le troviamo in Socrate, padre dell'intellettualismo etico, per il quale il male
deriverebbe dall'ignoranza del bene. Questa tesi si ripresenta con prepotenza anche nella filosofia moderna. Per Hobbes,
ad esempio, cattivo è l'oggetto dell'odio e dell'avversione; per Spinoza, invece, il male non esiste in realtà, ma è solo un
modo di pensare che ci formiamo confrontando le cose fra loro. La vera rivoluzione in questo ambito comunque è stata
compiuta da Kant, già attuatore di altre due fondamentali rivoluzioni filosofiche. Inizialmente kant affrontò il problema
da illuminista, giudicando il male come frutto dell'immaturità dell'uomo. Ben presto egli si dimostrò insoddisfatto di
questa teoria e ne sviluppò una nuova e più audace. Con Kant il male per la prima volta è concepito come forza effettiva
che si oppone al bene. Le sue considerazioni, sviluppate ne partono dal
La religione entro i limiti della sola ragione,
fatto che l'uomo è inclinato al male, cosa che si desume dall'esperienza (anche se questa affermazione non è comunque
catalogabile). Il problema dunque è capire in che cosa consista il male, visto che ne constatiamo l'esistenza. Per Kant
l'uomo compie il male quando assume come regloa di comportamento una massima che si discosta dalla legge morale;
si tratta cioè di una scelta che avviene non nel fenomenico, ma nel noumenico: l'uomo è originariamente e
ontologicamente libero, ma una volta assunta una massima cattiva diventerà incline al male. Kant ha anche analizzato il
problema prendendo in considerazione i concetti di sensibilità e falsità; per quanto riguarda il primo egli ritiene che non
si può attribuire all'uomo la responsabilità del fatto che prova emozioni (il male risiede nella sensibilità quando è
penetrato dall'intenzione), mentre il male come falsità è determinato da una finezza intellettuale dell'uomo, che spesso
infrange la legge morale senza cancellarla completamente, ma dandole un travestimento morale. Se il male si mistifica,
allora il compito principale dell'uomo è distinguerlo dal bene; poichè l'inclinazione al male è frutto di una libera scelta,
è possibile anche una conversione di cuore. L'uomo, in sostanza, può compiere uno sforzo per avvicinarsi il più
possibile alla legge morale, tenendo aperta la speranza che dio esista e contribuisca alla sua salvezza, premiandolo per
lo sforzo che compie.
Altra concezione cardine della moderna filosofia è quella di Schopenhauer, che, prendendo le distanze dall'idealismo,
giunge ad affermare che il nostro mondo non è altro che il peggiore dei mondi possibili. Egli, affrontando il problema
del male, si è trovato davanti a due alternative: affermare o il nonsenso di questo mondo (dichiarando l'orizzonte
mondano come unico e il male come presenza inspiegabile a cui l'uomo non può sfuggire) o che esso non esaurisce tutte
le possibilità dell'essere (l'uomo può dunque rinunciare a questo mondo dominato dal male proiettandosi verso un'altra
vita). Ne il filosofo arriva asostenere che tutto il mondo è volontà, la quale
Il mondo come volontà e rappresentazione
viene definita unica ed irrazionale; essa non ha uno scopo, se non quello di continuare ad esistere. Ciò determina a tutti i
livelli dell'essere una lotta senza fine, appena attenuata dall'unicità della volontà stessa. La volontà dunque coincide con
il dolore e il male ed è eliminabile solo grazie alla la totale cessazione del volere raggiungibile attraverso un
noluntas,
percorso di ascesi.
L'annullamento del male è proposto anche da Nietzsche con la sua concezione di volontà di potenza dell'oltreuomo. Ne
il filosofo tedesco tratta della morale, distinguendola in morale dei signori e morale degli
Al di là del bene e del male
schiavi. La prima è una morale che si fonda sugli uomini, è la morale di coloro che considerano buono tutto ciò che
aumenta la loro potenza e accresce la loro forza vitale; la morale degli schiavi, invece, è una morale che si fonda sulle
azioni, sulle leggi. La morale degli schiavi è la via di malriusciti, che rinunciano all'affermazione di sè senza però
dichiararlo, ma travestendo la loro rinuncia come una virtù. Nietzsche mette in discussione la morale alla radice. Nella
distinzione tra bene e male egli individua dua concetti che hanno limitato gli impulsi vitali dell'uomo: il concetto di
bene, in particolare, ha portato a considerare malvagio tutto ciò che porta all'affermazione di sè. E' proprio su questa