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Tesina - Premio maturità 2008
Titolo: Il comandante silvio corbari
Autore: Aurora Borioni
Descrizione: le eroiche gesta del partigiano faentino che con ironia e coraggio ha dedicato la sue breve vita alla lotta al nazifascismo
Materie trattate: storia, filosofia
Area: umanistica
Sommario: Perché Corbari "Oltre ad essere un racconto sulla gioventù e sulla guerra, sulla fedeltà e sul tradimento, sulla libertà e sull'oppressione lo è pertanto anche sulla memoria e sulla storia, e sul viluppo di verità e menzogna che si portano dietro" (Massimo Novelli). Ca' Cornio La casa si trova sull'Appennino Tosco Romagnolo tra Modigliana e Tredozio. Davanti alla casa, c'è ora uno spazio libero che all'epoca della seconda guerra mondiale era occupato dall'aia e da Ca' Cornio di Sopra, l'altro casolare posto di fronte, di cui ora si notano pochi ruderi. Al centro della facciata spicca la lapide posta nel 1962 dall'Associazione Mazziniana Italiana per ricordare la tragica fine di quattro partigiani ai quali sono state concesse medaglie d'oro al valore militare. Ora la casa di proprietà della provincia di Forlì-Cesena è gestita dall'Agesci (Associazione Scout Cattolici Italiani) di Modigliana. La casa è meta di molte uscite del nostro e di altri gruppi scout (comprende camere da letto, cucina, camino, bagni). L'eco mitico leggendario e le fonti contraddittorie "Sono convinto che una rigorosa documentazione possa essere utile nella selva intricata di quello che fin'ora è stato scritto con approssimazione e dissacrazione" (Eleonoro Dalmonte). "Corbari e la sua banda" di Eleonoro Dalmonte, il Professore, è ovviamente il libro che mi è servito maggiormente, pur con le sue tante esagerazioni e le sue numerose imprecisioni
Silvio Corbari
All’anagrafe lo registrarono come Sirio Corbari, figlio di Domenico Corbari e Anna
Ciani.
Verrà comunemente detto “Curbera”.
Quartogenito di una famiglia di cinque figli, Silvio crebbe a Faenza, nel borgo
Durbecco (casa natale a lato); fu proprio nel cortile e sul campetto di pallone di
Sant’Antonino (a lato) , la chiesa attigua alla sua casa, che conobbe il quasi
coetaneo Adriano Casadei, suo futuro e fedele luogotenente.
La famiglia, di modeste condizioni, poté garantirgli soltanto le scuole elementari e
grande passione
l'avviamento professionale, benché il ragazzino manifestasse una
per lo studio e le letture. Poi la meccanica lo attirò più di ogni altro interesse, e
dopo l'apprendistato in fonderia trovò un lavoro in officina. doti di
Intanto frequentava il teatro della parrocchia, dimostrando non solo buone
recitazione, ma soprattutto un innato talento nei travestimenti: in seguito lo
avrebbe messo a frutto, rivelandosi capace di assumere le sembianze più disparate con straordinaria disinvoltura e
padronanza. La compagnia filodrammatica “Berton” di
Faenza. La foto è stata scattata il 19 Marzo
1939 in occasione di una rappresentazione.
Silvio recita nella parte di un prete, è l’ultimo a
destra
Contro la propria volontà (così riferisce la
moglie Lina) intraprese il servizio militare. Ben
presto si sarebbe distinto per l'avversione
viscerale al fascismo, esponendosi
pericolosamente.
sposò Rina
A soli diciannove anni, Casadio, e la coppia ebbe di lì a poco
un figlio, Gian Carlo.
“Quando Silvio si rifiutava per la sua natura ribelle e avversa al fascismo di
partecipare alle gare ginniche dei preliminari, e veniva per punizione
regolarmente chiuso a chiave in una stanzetta al primo piano di un edificio
della piazza d’Armi, lei andava a parlargli da sotto, dalla strada, per
consolarlo.” (Carla Grementieri) 3
25 Luglio 1943: la caduta del Fascismo
La notte tra il 24 e il 25 Luglio 1943 il gran Consiglio del Fascismo votò a gran maggioranza l’ordine del giorno
presentato da Dino Grandi, che invitava il re Vittorio Emanuele III ad assumere la guida del paese. Mussolini fu
arrestato nel pomeriggio del 25 Luglio e condotto in una prigione sul Gran Sasso. Alla guida del paese fu
nominato l’ex comandante delle forze armate Pietro Badoglio.
8 Settembre 1944 : inizia la guerra civile
Il paese fu attraversato da un’incontenibile ondata di esultanza, mentre i PNF e i suoi attivisti furono del tutto
incapaci di reagire. La notizia dell’armistizio tra le forze Italiane e quelle angloamericane, resa pubblica l’8
Settembre, gettò l’Italia nel caos. Il re e il governo fuggirono dalla capitale alla volta di Brindisi e, mentre le forze
angloamericane sbarcavano a Taranto e a Salerno, i reparti tedeschi occupavano rapidamente l’Italia centro-
settentrionale. L’esercito Italiano lasciato privo di istruzioni operative, si disgregò rapidamente : alcuni militari
ne approfittarono per indossare abiti civili e uscire dal conflitto, altri subirono la rabbiosa reazione tedesca (come
a Cefalonia, dove 1.300 uomini della divisione di Aqui caddero in combattimento e oltre 5.000 furono fucilati per
ordine di Hitler) La linea Gotica: ultimo baluardo
Dopo la firma dell’armistizio tra il governo Badoglio e le forze alleate i Tedeschi si preparano a contrastare
l’avanzata anglo-americana verso il Nord Italia. Mentre a sud si fortificava la linea Gustav, a nord di Firenze, il
comando della Wehrmacht iniziò a localizzare i punti strategici intorno ai quali modificare l’ultimo baluardo a
difesa della Val Padana che, se superata, avrebbe permesso al nemico di raggiungere facilmente la Germania. Le
armate Naziste, spinte verso Nord dalle truppe alleate che erano sbarcate in Sicilia, si attestarono, come ultimo
baluardo, sulla linea gotica (chiamata anche linea verde). Era una linea difensiva che tagliava l’Italia in due, da
Pesaro-Rimini e Forte dei Marmi-Viareggio-Massa; una fascia, dunque, che attraversava in pieno anche la
Romagna scavando tutto l’Appennino tosco-romagnolo.
Decine di migliaia di operai italiani e prigionieri dei Tedeschi di diversa nazionalità, approntarono una robusta
rete di fortificazioni che separava l’Adriatico dal Tirreno lungo oltre 300 chilometri. Si costituirono bunker per
l’artiglieria, fortini e trincee, fossati anticarro, campi minati e reticolati, mentre lungo la riviera romagnola, per
prevenire sbarchi navali, si approntarono strutture di ferro e cemento armato.
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La resistenza in Italia e a Faenza
Nei giorni successivi all’armistizio, i rappresentanti dei partiti antifascisti (ricostituitisi già prima del crollo del
regime) avevano creato un Comitato di Liberazione Nazionale. Vi presero parte esponenti del Partito Comunista,
del Partito socialista, del partito liberale, del Partito repubblicano, a cui si unirono nuove formazioni politiche
come il Partito d’Azione e la Democrazia Cristiana.
Il CNL temporeggiava, invitando i giovani a non esporsi e a restare in attesa di ordini.
Anche a livello locale i partiti antifascisti sembravano colpiti da improvvisa paralisi: il Pc Faentino, nonostante
l'attivismo antagonista manifestato nel ventennio, e malgrado le diverse direttive del partito a livello nazionale,
dopo l'8 settembre assunse un atteggiamento opportunista: arrivò a concordare una sorta di armistizio separato
con i fascisti, impegnandosi a non ingaggiare la lotta armata in cambio della garanzia che i suoi dirigenti e
militanti più conosciuti non sarebbero stati arrestati. E il Psi si adeguò, legato ai comunisti da un patto di
alleanza.
Giovani Faentini
Dopo l’8 Settembre Silvio Corbari decise di armarsi e
organizzare la Resistenza sui monti.
Insieme ad altri giovani stanchi di sentirsi dire "abbiate
pazienza", il 9 settembre del 1943 Corbari iniziò fin
dall'alba a rastrellare armi e munizioni nelle caserme
abbandonate dai soldati allo sbando. Una settimana
dopo le truppe tedesche entrarono a Faenza, e il suo
gruppo, una ventina di partigiani in tutto, prese la via
della montagna. Ma ben presto altri li raggiunsero,
compresi alcuni ex ufficiali dell'esercito italiano, e la
loro "banda" arrivò a sessanta uomini organizzati in
"formazione
due compagnie. Una di queste, la
partigiana del Samoggia", contava sette
mitragliatrici pesanti e diciassette leggere, un centinaio
di moschetti più altrettante casse di munizioni e bombe a mano.
Fallisce l’attentato al Duce
Liberato dal colonnello Otto Skorzeny che lo prelevò dalla prigione sul Gran Sasso, Mussolini si recò a Monaco
dove proclamò la Repubblica Sociale Italiana e quindi tornò in Italia, precisamente all'aeroporto di Forlì, il 23
settembre 1943. Lo accolsero numerosi gerarchi, tra i quali Pavolini, Buffarini Guidi, Mezzasoma, Ricci - tutti
futuri ministri - e il generale Graziani. Da lì si diressero a Castrocaro, per una riunione plenaria nell'albergo delle
terme. Un simile spiegamento di forze suscitò l'immediato interesse dei giovani partigiani. Corbari approntò un
piano d'attacco: il nemico non poteva sapere della loro esistenza, in quei giorni non si aspettava certo di dover
affrontare un gruppo armato di notevole consistenza, e l'elemento sorpresa poteva produrre il risultato sperato.
Ma ancora una volta vennero frenati dai temporeggiamenti dei dirigenti politici, nonché dall'indecisione degli ex
militari che consideravano la formazione partigiana impreparata, male addestrata... Non avevano tutti i torti, ma
Corbari era convinto - e le successive azioni intraprese gli avrebbero dato ragione - che 1'attacco fosse attuabile,
considerando l'esigua presenza di soldati e la loro ancora scarsa determinazione, con la Repubblica Sociale
appena nata e quindi priva di strutture efficienti sul campo. Tra infuocate discussioni e molte incertezze, arrivò la
notizia che Mussolini e i suoi gerarchi avevano lasciato Castrocaro. Corbari propose di organizzare un altro
attacco, a Rocca delle Camminate, dove il 29 settembre 1943 si sarebbe tenuta la prima riunione del consiglio dei
Ministri. Ma si perse tempo anche in questo caso. E il risultato fu la disgregazione del gruppo, minato dalla
discordia prima che entrasse in azione. 5
non avrebbe più preso ordini da nessuno,
Corbari decise che da lì in avanti e costituì una banda per conto suo,
una decina di uomini legati da profonda amicizia che sarebbero arrivati a trenta per la fine dell'anno.
Apoliticità nella piccola e nella grande storia
LETTERE DI SILVIO CORBARI A UN AMICO
«Caro amico, (…) ti faccio noto che (…) sono disposto a collaborare con tutti i partiti antifascisti.
Con tutti i buoni italiani che oggi si sentono il dovere di impugnare le armi e di finirla con le
chiacchiere.
In quanto poi alle mie idee politiche ti dirò che (…) ora sento soltanto il bisogno di lottare contro il
Comune nemico che è il Tedesco e il Fascista.
Domani eliminate queste due razze il fascismo ed il nazismo lotterò per il mio ideale. (il Comunismo)
Saluti Silvio Corbari ».
La svolta di Salerno
Il CLN assunse una posizione critica anche verso la
monarchia (corresponsabile della dittatura e della guerra) e
verso il governo Badoglio di cui veniva chiesta la
sostituzione.
Il contrasto tra il CLN e governo del Sud venne superato
da un’iniziativa a sorpresa del leader comunista Palmiro
Togliatti che, sbarcato a Salerno alla fine di Marzo del
1944 dopo quasi vent’anni di esilio, si dichiarò favorevole
ad accantonare i contrasti istituzionali ponendo come
prioritaria la lotta contro i nazifascisti.
PalmiroTogliatti
Beghe da politicanti
Qualcuno ha definito "comunismo romantico" l'ideale politico di Corbari - e a quei tempi c'era chi dava all'agget-
tivo una valenza profondamente dispregiativa - e in ogni caso lui non voleva avere nulla da spartire con il Pci né
"immaturo"
con qualsiasi altro partito. Ben presto il suo atteggiamento venne considerato, nel migliore dei casi,
e "avventurista", perché non sopportava condizionamenti di sorta e ipocrisie, quelle che definiva "beghe da
politicanti". 6
Corbari a Faenza
Nell'agosto del 1943, Silvio si compromise definitivamente, picchiando un noto fascista soprannominato Pipò,
famigerato squadrista responsabile di innumerevoli pestaggi e punizioni a base di olio di ricino. Proprio
ricordandogli a quanti poveracci aveva rivoltato le viscere, tentò di fargli ingoiare niente meno che un ombrello...
Pipò ne uscì vivo grazie agli stessi amici di Silvio, che lo fermarono prima che l'ombrello sfondasse la trachea del
malcapitato.
L'attentato al monumento del generale Pasi
All’inizio del Viale della Stazione Silvio e i sui compagni avevano piazzato un ordigno scatenando l'allarme
generale, con tanto di artificieri fatti accorrere da Bologna: disinnescandolo, si era scoperto che si trattava di una
bomba... caricata a pasta e fagioli.
L’elemosina
Corbari scrisse al segretario del fascio di Faenza, invitandolo a
incontrarsi con lui in una chiesa della città, ambedue soli e senz'armi.
Il gerarca accettò, si recò alla chiesa armato e non senza la
compagnia di numerosi fascisti. Il segretario del fascio entrò nella
vecchietto che gli chiese l'elemosina ed
chiesa ma vi trovò solo un
egli gli regalò dieci lire. Poi se ne andò tutto tronfio, deluso per il
disegno sventato ma felice di poter proclamare che il famoso Corbari
aveva avuto paura.
Qualche giorno dopo il segretario ricevette una busta con dentro le
sue dieci lire, e un biglietto: "Ti rendo le dieci lire che mi hai gene-
rosamente donato, ma sappi che io ti ho regalato la vita".
Un affronto al ritratto di Mussolini
Una volta Corbari affrontò rischi ancora maggiori per provocare i
"nemici invincibili", ma aveva un preciso motivo: dopo uno scontro
a fuoco nei pressi di San Giorgio in Cepparano, alcuni miliziani delle
Brigate Nere tornati a Faenza avevano divulgato la notizia che
Corbari era rimasto ucciso. E un giornale locale l'aveva pubblicata
con grande risalto. Occorreva smentirla nel modo più inequivocabile e rapido. Così la domenica successiva,