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Diritto: si può riscontrare un collegamento con la New Economy
Inglese: si può riscontrare un collegamento tra l'essere osservati in internet e la sorveglianza descritta da Orwell in "1984"
Italiano: Pirandello si ricollega al mascheramento online
Essenso un approfondimento verte su un unico argomento, riconducibile però a una pluralità di materie differenti, che possono poi servire come spunto ai professori per le domande da porgere al candidato nel corso dell'esame orale.
Esso infatti fa parte della comunicazione non verbale e si fa portatore di
significati sociali e culturali. In questa prospettiva risulta quindi evidente come
nella rete, essendo dominante l’incorporeità, la descrizione che il giocatore
fornisce del proprio personaggio è fondamentale. Il corpo diventa così un
simbolo mutevole e completamente modellabile dal chi si trova davanti a
quello schermo che sembra aprire le porte a un mondo parallelo.
Le caratteristiche che sembrano più importanti, sono quelle relative al genere
che, se in alcuni casi può essere scelto tra maschio e femmina, in altri anche
tra neutro, ermafrodita o di natura fantastica. Un fenomeno molto frequente
nei MUD e nella rete in generale, è quello dello scambio del genere, tanto che
si parla di “gender-swapping” ossia “cambiare genere” laddove uomini si
fingono donne e viceversa. Tale fenomeno, di grande interesse per alcune
correnti sociologiche e psicologiche, in realtà ha da sempre interessato il
genere umano, ma con le tecnologie sembra esplodere, in quanto chiunque
può esprimersi sotto una diversa identità. Gender-swapping significa
manipolare la propria identità, il proprio genere e il proprio fisico; ci si relaziona
con gli altri sotto mentite spoglie non solo per gioco, ma anche per convinzioni
ideologico-culturali, curiosità o anche perversione. La maggior parte dei
giocatori sono maschi e si presentano come tali, ma nel momento in cui si
verificano fenomeni di “transessualità” virtuale, ciò avviene nella direzione
maschio-femmina, nel senso che sono più i maschi a presentarsi come
femmine che viceversa. Ciò avviene solitamente perché gli uomini vogliono
vedere come vive “l’altra metà”, soprattutto considerato il fatto che in rete le
donne sono oggetto di particolari attenzioni.
Secondo la professoressa Amy Bruckman ciò aprirebbe la porte a grandi
potenzialità soprattutto per gli utenti più timidi che, in tal modo, possono
esprimersi senza essere identificati. In questo senso le identità virtuali
rappresentano uno strumento per svincolarsi dai significati culturali attribuiti
normalmente al genere: la possibilità di adottare un genere diverso da quello
biologico al quale appartiene il giocatore, offre la possibilità di calarsi nei panni
di “un altro”, di recitare un ruolo diverso anche se spesso questo
atteggiamento viene giudicato come “non etico”. È così che entro la logica del
gioco, si produce quell’effetto di mascheramento proiettato nella propria
identità virtuale, nel proprio Avatar che rappresenta la proiezione del giocatore
stesso.
Se per lo psicologo statunitense Gergen si è raggiunta la saturazione sociale,
nel senso che “i Sé sono sempre più popolati di personaggi altrui” e “ognuno di
noi ospita una grande popolazione di potenziali nascosti”, per Rheingold nei
MUD quei Sé latenti sono liberati dalla tecnologia ed hanno la possibilità di
manifestarsi.
4. Identità nomade: vantaggio o svantaggio?
La peculiarità dell’interazione in rete, oltre alle nuove forme di socialità,
determina un cambiamento più intimo dell’individuo visto che ne risulta
modificato il concetto stesso di identità. Lo schermo del computer, suddiviso in
più finestre, in ognuna delle quali l’individuo può essere impegnato a gestire un
ruolo differente, è l’immagine che Sherry Turkle usa per descrivere l’identità
postmoderna. A tale proposito Giuliano ritiene che, se da un lato Internet, “il
sistema decentrato dell’era postmoderna”, rappresenti le crisi dell’identità,
dall’altro esso costituisca un enorme potenziale di sviluppo per quanto
concerne il problema della formazione dell’identità.
In altri termini il rapporto tra comunicazione al computer e identità può essere
interpretato secondo due punti di vista complementari. Da una parte la Rete,
rendendo molto facile il camuffamento nel gioco delle identità, accompagna il
processo di offuscamento dell’identità caratterizzata da confini sempre più
sfumati. In questo senso se si accetta la concezione della moderna sociologia
che vede l’identità come il prodotto delle relazioni sociali, è da notare come
Internet, accelerando il ritmo delle esperienze e delle interazioni, determini il
carattere multiforme dell’identità postmoderna, la quale si frammenta in
maschere e ruoli. Internet è dunque lo strumento di tale frammentazione dato
che le maschere sono immediatamente disponibili.
Tuttavia, nello stesso tempo, Internet rappresenta la possibilità di trasformare
le insidie della frammentazione dell’identità in nuove risorse e potenzialità per
l’individuo. L’incorporeità tipica della “ciber-interazione”, forgia un nuovo
concetto di identità parallelo e sovrapposto a quello reale. Emerge infatti, nella
comunicazione in rete, la possibilità di costruire identità diverse, contigue e
differenziate rispetto a quella vincolata al principio di identità stabile di stampo
moderno.
Dalla capacità mimetica dell’individuo, dalla moltiplicazione degli pseudonimi o
degli avatar, nasce dunque l’identità postmoderna che definisce un soggetto
errante. È così che l’identità nomade definibile come un io molteplice e in
evoluzione, si muove all’interno dello spazio cibernetico, con maggiore
disinvoltura e libertà che nella vita reale.
5.Si può uscire dal gioco?
Il problema tuttavia resta aperto: e-mail, chat line e giochi di ruolo
costituiscono nuove risorse gestibili dall’individuo il quale, spegnendo il
computer può interrompere il “gioco” e abbandonare un ruolo; oppure sono la
strada verso la dissociazione schizofrenica della personalità multipla? Sembra
che il gioco con l’identità e la sperimentazione siano tali solo se, in qualsiasi
momento, si può scegliere di interrompere il gioco e tornare ad essere ciò che
si era prima. Altrimenti si finisce con il perdersi nelle maschere e nei frammenti
delle identità fittizie.
Un’indagine svolta sugli utenti Twitter negli Stati Uniti dimostra che l’uso
massiccio di questo social è legato a difficoltà relazionali. Tuttora non si può
sapere se il social rappresenta solo una facile fuga da relazioni infelici, una
realtà alternativa nella quale rifugiarsi quando si hanno problemi dal vivo e
quindi non sia la causa delle difficoltà relazionali ma la conseguenza. Ma certo
è che tali risultati evidenziano la pervasività che questi nuovi strumenti hanno
nella nostra vita anche a livello intimo. Il social è una vetrina attraverso la
quale ci presentiamo e cerchiamo gli altri, rispondendo, in modo suggestivo e
solo in parte soddisfacente, a bisogni autentici di tutti: far parte di una
comunità, essere connessi, uniti, vicini, in contatto, farsi notare, esserci,
esistere proprio perché tra gli altri e allontanare l’insicurezza.
Poi, però, questo spazio esistenziale si colora di tutta una serie di atteggiamenti
certe volte solo strambi, altre morbosi facilitati dal contesto virtuale, come
flirtare, esibirsi, collezionare “amici”, questionare, polemizzare, mostrare ogni
momento di vita, nascondersi sotto profili fasulli, sbirciare e anche controllare
le vite altrui.
Di fatto i contesti di socialità che le moderne tecnologie mettono a
disposizione, come i social, non inventano nuove patologie, ma di contro danno
sfogo, potenziando a volte, parti complicate di noi, diventando il mezzo
privilegiato attraverso il quale esprimere disagi, inadeguatezze, esibizionismo,
mancanza di autostima, incapacità relazionali, rabbia. Sono molte le fragilità
che convogliano nella rete. E poi aggressività, come succede nel cosiddetto
cyberbullismo, legato purtroppo a drammatici fatti di cronaca recenti e
sessualità, attraverso fantasie e perversioni. Eppure, come dichiarato da
esperti che studiano il rapporto tra psiche e media, questi straordinari mezzi di
comunicazione offrono anche chance positive alla nostra identità. Perché tutti
abbiamo bisogno di sfuggire alle costrizioni di identità rigide, simulando
ulteriori modi di essere, identità lontane (ma non così tanto…) da noi. Come un
gioco, attraverso i social, possiamo sperimentare possibilità esistenziali e in
questo senso, forse, il mondo virtuale non è finzione, ma immaginario, di cui è
fatta anche la vita reale.
Tuttavia certe volte le esperienze on line finiscono per sostituire quelle reali.
Perché nel web possiamo trovare le soddisfazioni, lo sfogo, le emozioni
sconosciute nella vita. Fino a quando la realtà scompare dietro lo schermo e si
vive solo connessi, smaniosi off line, “presi nella rete”. Un disturbo definito
dipendenza da internet che comprende l’abuso di social network, web,
cellulare, videogiochi. Sembra stia diventando sempre più difficile scollegarsi
dal mondo digitale, affollato e rappresentato, ritrovare solitudine, noia e
silenzio della realtà, recuperare modi creativi di fare esperienza, pensare,
emozionarsi, connettersi agli altri e soprattutto a se stessi. Emblematica in
questa prospettiva è una citazione di Daniele Luttazzi:
<<I social network fanno sì che tu resti a casa nella tua stanzetta a
comunicare apparentemente con tutti gli altri, ma in realtà internet non è un
qualcosa di esterno da te. Quando spegni internet spegni anche te stesso, o
quantomeno una parte di te stesso. Magari una proiezione ideale di te stesso.
Tutto questo comporta una forte dipendenza fisica, psicologica e la creazione di
una realtà parallela. Esistono persone che stanno male se non scaricano tutti i
giorni la posta. In America iniziano ad avere crisi di astinenza da BlackBerry.
Questo perché il BlackBerry diventa una tua propaggine sensoriale. Sei tu, non
è una cosa esterna. Quindi se non lo accendi, tu sei spento. Con internet la tua
individualità si annulla in una individualità collettiva, e se non ci fai parte ti
senti malato. Ed è molto più evidente, adesso, una relazione già emersa con
l'avvento della tv: la tecnologia elettronica condiziona il modo con cui il
pensiero esplora il reale.>>
E un’altra di Mina:
<<Fino alla generazione scorsa tutti i ragazzi erano obbligati al coraggio e alla
vergogna della posizione presa. Oggi, l'accozzaglia casuale del "gruppo",
spesso