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Sintesi
Filosofia: Marx e Nietszche

Storia: Stalinismo

Letteratura inglese: Orwell "Ninteen Eighty-Four"

Letteratura italiana: Pirandello "La nuova colonia"

Latino: Esiodo "Il mito dell'età dell'oro"

Storia dell'arte: Architettura utopica (Le Corbusier) e il Futurismo

Fisica: L'impossibilità del moto perpetuo
Estratto del documento

Marx (idea)

Risponderemo alla prima domanda proprio attraverso il filosofo del comunismo per

eccellenza, perchè fu soprattutto nell’ottocento che l’utopia assunse i connotati di una

soluzione in senso strettamente sociale e politico, di carattere a-religioso o persino

totalmente antireligioso, che mirasse a stravolgere gli equilibri delle istituzioni reali.

Si iniziò insomma ad indicare i fondamenti delle idee morali e politiche senza dover

ricorrere alla metafisica, ma proponendo realistiche soluzioni pratiche per conseguire il

cambiamento. E' infatti noto come una caratteristica peculiare del filosofo di Treviri fosse

quella di far coincidere “teoria” e “prassi”, in un ragionamento che fosse sempre calato nel

contesto storico sociale, ma soprattutto atto a stravolgere gli equilibri sociali del

capitalismo. Per capire ciò che Marx intende per comunismo occorre analizzare l'essenza di

quel capitalismo che nel comunismo troverà la sua opposizione più radicale. Egli infatti

attribuisce a tale sistema economico borghese la negativa istanza dell’alienazione, in quanto

separa l'oggetto prodotto da colui che lo produce, lanciandolo in automatico su un mercato

che non è suo compito comprendere o gestire, determinando così una separazione nello

stesso tessuto sociale, nel quale gli uomini si spartiscono in maniera ineguale tra classe

dominante , i detentori dei mezzi di produzione, e classi dominate, cioè la forza lavoro.

Questa divisione porta fatalmente a delle crisi in quanto il proletario viene privato delle

proprie qualità da uomo, e viene applicato per le proprie qualità da bestia.

La soluzione al capitalismo, secondo Marx, ma come abbiamo visto anche secondo More,

sarebbe l’abolizione della proprietà privata, atta a sconvolgere gli equilibri economici

sacralizzati della classe borghese, per demolire le stesse fondamento dell’edificio “Stato”.

Ma tale provvedimento, come vedremo nel “Manifesto del partito comunista” del 1848, è

possibile solo grazie ad un insurrezione da parte della classe proletaria e la seguita

instaurazione di una dittatura del proletariato. Il comunismo si configura come estremità

opposta al sistema di produzione capitalista: nella società comunista non esisteranno più

classi e lotta di classe, non esisterà più la separazione tra l’oggetto prodotto e il produttore, i

mezzi di produzione saranno di proprietà comune, e non vi saranno ne mercato ne

concorrenza, in quanto ogni cittadino avrà diritto al lavoro ed al proprio sostentamento, solo

secondo i propri bisogni e le proprie capacità, sarà questa la regola fondamentale della

nuova società: “secondo i propri bisogni e le proprie possibilità”, al posto di un ipocrita

“la legge è uguale per tutti”

La sua utopia non è quindi molto diversa dall’idea moriana, ma egli è il primo a proporla

come ideale realizzabile, rintracciando la dialettica tra forze produttive e rapporti di

produzione come il motore della storia, e attraverso lo studio dell’economia capitalista

intrapreso ne “Il Capitale”, nel quale mette a nudo i celati meccanismi che impediscono tale

utopia.

Da questo ne deriva che anche la sovrastruttura ideologica della società, da sempre

espressione del sistema economico guidato dalle classi dominanti, verrà definitivamente

smantellata, per cui non saranno più necessari ne lo Stato ne la religione, ne qualsiasi altra

espressione del dominio di una classe sull'altra. Il comunismo, per Marx, è una legge

necessaria, una tappa obbligata dello sviluppo storico che non trae origine da ideali astratti

presenti arbitrariamente nella coscienza degli uomini, ma trae la sua legge dall'evidenza

stessa dei dati pratico empirici dell'economia. Secondo Marx il comunismo è quindi la

naturale e necessaria soluzione del capitalismo in un nuovo e definitivo sistema socio-

economico finalmente egualitario, dopo secoli di lotte e disuguaglianze.

Nonostante il piano marxista sia massimamente pratico nei termini, esso resta comunque

idele nella sua realizzazione, in quanto le "durezze" del socialismo reale novecentesco di

opera Staliniana metteranno in evidenza più che mai la natura romanticamente utopica del

pensiero del filosofo di Treviri.

Ecco la risposta alla terza domanda:

Stalin (realtà)

La politica sovietica e la prassi comunista cambiarono radicalmente con l'ascesa del

successore di Lenin, Stalin, sopraggiunto nel 1922, il quale, affermando di voler rimanere

legato alle idee marxiste, diede vita ad uno dei più terribili regimi totalitari della storia.

Stalin ebbe in Russia un ruolo analogo a quello dei suoi oppositori ideologici in Italia,

Germania e Spagna, procedendo a sentenze di “morte gratuita”.

Egli si pose come unico garante della dottrina marxista, o meglio marxista-leninista, e della

sua corretta applicazione, tanto da non considerare anche la più leggera critica alla stregua

del tradimento.

Nel portare avanti in maniera impeccabile gli ideali comunisti, finì per stravolgerli,

all’interno di un sistema che alla passione rivoluzionaria del 1917 sostituì il potere degli

apparati e l’arbitrio personale sul paese. La collettivizzazione forzata e la repressione dei

movimenti indipendentisti, nonché l'industrializzazione sotto la guida statale non avevano

più lo scopo di creare una qualche forma di società socialista ma piuttosto quella di

rafforzare la nazione sovietica e il potere del suo dittatore.

Il popolo non ne traeva beneficio e le vittime degli assalti da parte della polizia segreta

sovietica non si riuscivano più a conteggiare.

Le stesse attività culturali dovevano seguire pedissequamente le direttive di un controllore,

scelto direttamente da Stalin, con il compito di porre dei filtri a cinema, letteratura, musica

ed arti figurative, al solo scopo di impedire che queste potessero diffondere contenuti

propagandistici considerati critici nei confronti della realtà sovietica. Seppe presentarsi ai

comunisti come una guida solida ed indissolubile, e apparve alla sinistra in generale come

uno dei pochi leader davvero intenzionate a combattere il fascismo. L'abilità manipolatoria

della propaganda e l'impossibilità per molti militanti comunisti di visitare di persona

l'Unione Sovietica e rendersi conto della reale situazione del paese favorirono di gran lunga

il governo di Stalin .

Ma come è possibile che una tirannide così totale scaturì da una rivoluzione che aveva suscitato

tante speranze in termini di giustizia sociale?

Forse la risposta è legata alla natura centralinista della tradizione russa, oppure le crudeli misure di

Stalin furono unicamente atte a garantire una veloce industrializzazione del paese, ma certo è che,

in vista dei fatti, la prima traduzione in fatti dell’ideale marxista fu più un gratuito massacro di

innocenti che l’applicazione di un idea utopica.

“E io penso che in nessun paese oggi,

fosse pure nella Germania di Hitler,

lo spirito sia meno libero, altrettanto asservito,

intimidito, schiavo.” Andrè Gide

Il mito (illusione)

L’origine del concetto di utopia è da porre in contrapposizione a quello di “mito”, il quale

allude ad una condizione di felicità illusoria che si perde nella notte dei tempi, come quella

dell’Eden, o di Atlantide, o dell’età dell’oro. Rispetto al mito, l’utopia traduce l’immagine

ideale come obiettivo per il futuro, scaturito da uno sentimento di insoddisfazione per il

presente .

Ad esempio Esiodo vedeva l’età dell’oro come una tappa ormai superata dell’esistenza, un

era remota nella quale una prima stirpe di uomini viveva in armonia senza soffrire ne la

miseria ne la vecchiaia. Con la l’arrivo di Zeus e degli olimpici però tale situazione ideale

giunse al suo termine, e susseguirono “l’età dell’argento”, “l’età del bronzo” e “l’età del

ferro”. Accanto a questa visione pessimistica di devoluzione dell’umanità si affianca la

visione ottimistica di Virgilio, il quale crede nel ritorno dell’età dell’oro, che inizia quindi a

diventare utopia. Mito e utopia si servono entrambi dell’immaginazione, e questo è il

motivo per cui entrambi trovano un campo fecondo nella letteratura, ma se il primo lo ha

trovato in passato (letteratura greco-latina), l’altro lo ha trovato in periodo più recente

(letteratura europea).

Orwell (Degenerazione)

Esempi di realtà storica anti-utopica come il caso del totalitarismo di Stalin analizzato

appena sopra, hanno contribuito, come se già non bastasse la terribile atmosfera di

decadenza provocata dall’insorgere dei conflitti mondiali, alla diffusione di un particolare

genere di linguaggio artistico-filosofico, non più votato al superamento dei conflitti in

chiave utopica, ma all’esasperazione in chiave distopica del sentimento decadente già

intrapreso all’inizio del secolo.

Gli artisti iniziarono così a sentire il bisogno di sfogare, all’interno delle opere letterarie, le

proprie paure nei confronti dell’avvenire, e con esse quelle dell’intera umanità, che

guardava ai modelli della realtà come ad incubi avviati una notte, e dai quali non si poteva

più sfuggire.

La morte delle speranze indusse inevitabilmente alla “caricaturizzazione” delle vicende

storiche, quasi a sdrammatizzare con pianto l’ottusa strada camminata dal reale.

L'ideale distopico quindi, a differenza di quello utopico, non si trova al di sopra dell'uomo,

inteso come irraggiungibile condizione di esistenza, ma anzi esso si trova al di sotto

dell'uomo, cioè come frutto della sua stessa “sbagliata”attività sul mondo.

Tra questo tipo di autori distopici emerse nel 1948, George Orwell, autore di “ Nineteen

, un ‘opera che ben sa incarnare le paure dell’uomo novecentesco nei confronti

Eighty-Four”

della reltà. "Nineteen Eighty-Four"

"Nineteen Eighty-Four " It was written in 1948 and published in 1949. The work takes its name

from the reversal of the last two numbers of the year in which it was written, in order to set the

story in a near future. The original title was "the last man in Europe" with references to

Churchill considered the last defender of Europe during the II war world before the intervention

of the U.S.A. This novel presents a world divided into three super states: Oceania, Eurasia and

Estasia, constantly at war. The protagonist is Winston Smith. He is a citizen of Oceania and he

has been brought up like anyone else to accept the monolithic role of "big brother" a mythical

and immortal being leader at a party called ironically "English socialism". In this state each

houses and offices are occupated by a TVscreen called "police of thought " which controls

every word and every actions of people. The language spoken in Oceania called "new speak" is

controlled and reduced in number of words in order to reduce the range of thought. Winston is

an intellectual, a writer and works for the ministry of truth; he is the last and the only man who

tries to rebel against the system and to keep the control of his inner being, the independence

of thought. He's even member of a party, a secret society which plots against the totalitarian

regime in Oceania but at the end he's arrested by the thought police and after a long series of

tortures and long hours of indoctrination, he is reduced to an automaton like all the other

citizens of Oceania. "1984" belongs to the tradition of the anti-utopian novel started by the

novel "Brave new world" written by Aldus Huxley; in fact in "1984" Orwell does not describe an

ideal better world but an apocalyptic world dominated by suspicion, fair, violence, suddenness,

squalor and hate. Orwell derives the atmosphere of "1984" from his personal experience in

Spanish civil war and in the II war world in particular the Spanish civil war provided the

atmosphere of nightmare which pervaded all the novel while the II war world pervaded other 2

elements: apathy and fair, for Orwell apathy was the most terrible feelings that he found

among the British who looked any form of reactions. In conclusion Orwell's message is that

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