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Sintesi
Scienze: Buchi neri
Filosofia: Bergson
Latino: S. Agostino
Matematica: Calcolo infinitesimale
Estratto del documento

Tra spazio e tempo: l’infinito

Se una stella è molto massiccia, più di 6-7 volte il Sole, quando esplode come supernova

dà luogo all'oggetto più strano e affascinante del cosmo: un buco nero. Il nucleo della

stella crolla sotto il proprio peso e non riesce a controbilanciarlo nemmeno comprimendosi

al massimo. Niente può fermare la caduta della materia verso il centro della stella, finché

l'intera massa del nucleo non si concentra in un unico punto! L'oggetto che si forma, il

buco nero, è qualcosa di così sorprendente che non può essere descritto con le leggi della

fisica che valgono sulla Terra.

La gravità di un buco nero, infatti, è così grande da comprimere la materia che lo compone

fino ad una densità praticamente infinita. Essa si trova quindi in uno stato fisico a noi

sconosciuto. La forza di attrazione gravitazionale di un buco nero è immensa: qualunque

cosa che gli passi troppo vicino viene catturata e vi cade dentro, senza poterne più uscire.

Questa condizione si verifica quando la velocità di fuga della superficie è superiore alla

velocità della luce. Per questo, nemmeno un raggio luminoso può sfuggire a questo

“mostro”. Non potendo emettere radiazione, un corpo celeste con questa proprietà

risulterebbe invisibile e la sua presenza potrebbe essere rilevata solo indirettamente,

tramite gli effetti del suo intenso campo gravitazionale. I buchi neri sono gli unici oggetti

celesti che non possono essere studiati direttamente in alcun modo, dato che non

emettono radiazione di nessun tipo. Solo le nostre conoscenze di fisica e matematica ci

permettono di immaginare come sono fatti. Tuttavia, esistono delle evidenze indirette

dell'esistenza dei buchi neri. Quando un buco nero fa parte di un sistema binario di stelle,

esso strappa il gas più esterno della compagna e lo risucchia. Questo gas si mette in

rotazione, formando un disco attorno al buco nero, che ruota anch'esso sul proprio asse;

da questo disco, pian piano cade dentro al buco nero. Durante la caduta, la materia

raggiunge altissime temperature ed emette raggi X: è proprio attraverso questa radiazione

che un buco nero può essere rivelato. Un altro fenomeno che permette di scorgere

indirettamente un buco nero è l'effetto di "lente gravitazionale" che esso esercita. In

condizioni normali, la radiazione percorre una traiettoria rettilinea; quella che passa

abbastanza vicino ad un buco nero, invece, viene incurvata a causa del suo intenso

campo gravitazionale. Se un buco nero si trova tra noi ed un oggetto, produce due o più

immagini dello stesso oggetto.

A volte le immagini prodotte da una lente gravitazionale sono piu' di due. In realtà un buco

nero non è del tutto nero: esso emette particelle, in quantità inversamente proporzionale

alla sua massa, portando ad una sorta di evaporazione. Questo fenomeno, dimostrato per

la prima volta dal fisico Stephen Hawking nel 1974, è noto come radiazione di Hawking ed

è alla base della termodinamica dei buchi neri. Spesso si pensa che un buco nero possa

inghiottire tutto quello che gli sta intorno, in realtà l'attrazione gravitazionale che esso

esercita su un corpo dipende dalla distanza del corpo stesso: solo se un corpo si avvicina

troppo viene catturato da questo gigantesco imbuto spaziale. Come per ogni stella o

pianeta, anche per il buco nero si può definire la velocità di fuga di un corpo ad una certa

distanza R. Si tratta della minima velocità che un oggetto posto alla distanza R deve

avere, per poter sfuggire all'attrazione gravitazionale del buco nero. Allo stesso modo,

possiamo definire la minima distanza R, alla quale un oggetto dotato di una certa velocità,

può ancora sfuggirgli.

Per un raggio di luce, questa distanza identifica una specie di "superficie" del buco nero,

anche se in realtà il buco nero non ha dimensioni. La superficie prende il nome di

"orizzonte degli eventi": un raggio di luce che passa subito al di fuori di questa regione,

viene incurvato molto fortemente dalla forza gravitazionale del buco nero, ma riesce a

proseguire il suo cammino. Se invece vi entra, non potrà più uscirne. La posizione

dell'orizzonte degli eventi dipende dalla massa del buco nero: se la sua massa è il doppio

di quella del Sole, il raggio di questa regione invisibile è di appena 6 Km. Tutte le

informazioni sugli oggetti o segnali che cadono in un buco nero vengono perdute ad

eccezione di tre fattori: massa, carica e momento angolare. Il corrispondente teorema è

stato dimostrato da Wheeler, che ha dato il nome a questi oggetti astronomici. A causa

della fortissima attrazione gravitazionale di questi corpi celesti si ha una curvatura infinita

dello spaziotempo che può far nascere dei cunicoli all'interno di buchi neri in rotazione.

Alcuni scienziati hanno così ipotizzato che, almeno in linea teorica, sia possibile viaggiare

nel passato, visto che i cunicoli collegano due regioni diverse dello spaziotempo. Secondo

questa previsione si creerebbe dunque una situazione nella quale tempo presente e

passato potrebbero coesistere. Si presenterebbe dunque una sorta di “presente del

passato” per utilizzare un’ espressione agostiniana. Proprio Agostino analizzò in modo

approfondito il concetto di tempo cercando di darne una spiegazione esaustiva. Del tempo

noi non misuriamo la sostanza, ma il suo trascorrere: è solo nel suo passare infatti che

possiamo percepirne un’estensione. Non bisogna dunque parlare di un passato, di un

presente e di un futuro, bensì di un “presente del passato”, di un “presente del presente” e

di un “presente del futuro”. Ognuno di questi presenti viene colto attraverso diversi modi di

essere dell’anima, rispettivamente attraverso la memoria(memoria), con la

visione(contuitus) e con l’attesa(expectatio). Agostino nega la realtà assoluta delle tre

dimensioni temporali parlando appunto di tre diversi presenti. Il passato non esiste perché

non è più, il futuro non esiste perché non è ancora; quanto al presente esso esiste solo se

“dura”, altrimenti è già passato, o non è ancora.

In questa visione in cui è messa in rilievo la soggettività, la linea di direzione del tempo

risulta dunque essere completamente ribaltata rispetto a quella del mito nella quale l’idea

sta nel passato ed è un ritornare a noi. Il passare del tempo si configura all’inverso, come

uno scorrimento del futuro verso il passato, poiché il futuro può realizzarsi solo come

presene e diventare così contenuto della memoria.

Nelle Confessiones Agostino non si sofferma solamente sul concetto “cosmico” di tempo

ma analizza anche il rapporto tra Dio, il tempo e l’uomo.

L’atto di volontà con cui Dio crea il mondo non può essere considerato come “immerso”

nel tempo, perché ciò equivarrebbe a dire che in Dio è sorto un impulso nuovo che prima

non esisteva e che la Sua volontà, dunque sostanza immutabile, ha subito una modifica.

La creazione non avviene dunque nel tempo, ma nell’eternità. Con la creazione Dio ha

creato anche il tempo e così non ha senso chiedersi cosa facesse prima. La creazione

dunque non rappresenta un momento posteriore a uno stato in cui Dio non faceva nulla,

non avviene dopo qualcosa semplicemente perché non avviene nel tempo. Dio dunque

permane mentre il tempo non può permanere altrimenti non sarebbe il tempo bensì

l’eternità.

L’anima è la sede e il soggetto dalla percezione del tempo, ci viene dunque presentata da

Agostino una visione “soggettiva” del tempo: l’anima aspetta, osserva e ricorda. Il tempo è

dunque dentro di noi come una canzone che ci apprestiamo a cantare. All’inizio essa è

tutta presente nell’attesa e dopo, man mano che cantiamo, in parte passa nella memoria e

in parte rimane nell’attesa, e non è mai veramente presente se non nel suo svolgersi

continuo attraverso il quale passa progressivamente da attesa a memoria.

Circa 1500 anni dopo un altro autore che definì il tempo mediante anche una visione

“soggettiva” fu Bergson. Questi si rese conto che il tempo doveva essere spiegato in modo

diverso rispetto allo spazio poiché essi rappresentano due forme di molteplicità con

caratteristiche diverse, distinse per questo il tempo spazializzato da quello della durata.

Nella meccanica il tempo è trattato con le stesse coordinate con cui è trattato il tempo, ma

quest’ ultimo ha caratteristiche differenti nella vita umana. Il tempo della fisica è

caratterizzato da un processo di spazializzazione ed è basato su misurazioni fisico

matematiche. Esso costituisce una dimensione oggettiva formata da momenti indipendenti

l’uno dall’altro, proprio come le perle che si susseguono in una collana; si ha dunque una

concezione quantitativa del tempo. Il tempo della durata, invece, non è un fenomeno

misurabile ed è una forma di molteplicità conoscibile mediante l’intuizione. Il tempo come

durata è di tipo soggettivo ed è dato da momenti che si fondono con quelli

immediatamente successivi, essi fluiscono l’uno nell’altro, proprio come le note di una

melodia. Soltanto questo modo di concepire il tempo è in grado di spiegare i fenomeni

della vita. Questo tempo della vita è fatto da differenze che non sono quantitative, ma

qualitative: ci rendiamo difatti conto che il tempo della fatica e della sofferenza è molto

diverso rispetto a quello della gioia. La concezione dell’uomo della vita non è fatta da

istanti ma dalla durata di durate differenti non misurabili, esse sono distinte me vengono

percepite come unità. L’intensità di un’emozione o di un sentimento non è per Bergson un

fenomeno quantitativo: il suo aumento non è l’espandersi di una sensazione nello spazio

ma il suo progressivo penetrare in tutti gli aspetti della nostra soggettività provocandone

un cambiamento qualitativo. I fenomeni della vita non occupano spazio e non vanno

dunque giudicati secondo categorie spaziali. La loro caratteristica è il cambiamento

qualitativo o di natura. Passato, presente e futuro sono realtà strettamente legate tra loro.

Il passato è autoconservazione, esso è dentro di me e mi struttura radicalmente

caratterizzando il presente. Bergson distinse la memoria dal ricordo. La prima è

conservazione intrinseca, di essa non ci rendiamo conto ma tutto ciò che è avvenuto è

presente dentro di noi. Il ricordo costituisce invece i momenti che coscientemente abbiamo

presenti e ricordiamo. Il futuro è una dimensione che non si conosce e che pertanto può

solo essere attesa. Mentre il presente è la tensione continua tra passato e futuro e viene

vissuto dall’uomo ogni volta in maniera nuova ed irripetibile. Il nostro vivere presente non

può prescindere dalle durate del passato che fusesi tra di loro ci strutturano. Il tempo è

continuità nella quale il passato coesiste, contratto, nella vita attuale benché non sia

presente in quanto ricordo; è durata nella quale esprimiamo sempre qualcosa diverso. Il

problema della continuità era strettamente legato a quello dei numeri infiniti, al centro delle

discussioni della matematica dell’epoca, che Bergson studiava assiduamente attento

com’era agli sviluppi delle scienze. L’uomo ha da sempre cercato di attribuire all’infinito

una spiegazione di carattere oggettiva mediante l’utilizzo della matematica, nello studio di

essa, infatti, ci si imbatte immediatamente in questo concetto. A partire già dalle più

semplici relazioni matematiche, come le aree delle figure curve, si deve necessariamente

introdurre quella particolare forma di calcolo che è detta calcolo infinitesimale. La

matematica appare dunque sospesa tra l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande ed

opera con queste dimensioni in ogni istante. L'Analisi matematica nasce nel Seicento ad

opera di Leibniz e Newton per risolvere alcuni problemi intrattabili con i metodi

dell'algebra, per esempio, il problema della tangente a una curva (Leibniz), quello della

velocità istantanea (Newton) e quello della quadratura. L'idea di fondo di Leibniz è quella

di introdurre nuovi numeri infinitamente piccoli o infinitesimi. Un'idea davvero strana

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