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Storia: la prima guerra mondiale;
Inglese : Child soldiers (Kony);
Geografia: Africa;
Tecnologia : Petrolio;
Scienze : le mutazioni genetiche;
Arte : Pablo Picasso (Guernica);
Francese: les monuments de Paris;
Musica: la musica al servizio della guerra e della pace;
Scienze motorie : olimpiadi.
il paese più straziato
COMMENTO
Ungaretti confronta il proprio cuore con un paese distrutto perché il cuore
ospita le croci che invece mancano nel paese distrutto dai bombardamenti.
L’immagine di un paese distrutto dalla guerra, San Martino del Carso, è per il
poeta l’equivalente delle distruzioni che sono celate nel suo cuore, causate
dalla dolorosa perdita di tanti amici cari. Il poeta trova nelle immagini esterne
una corrispondenza con quanto egli prova nei confronti dell’uomo, annullato
dalla guerra. La lirica di un’estrema essenzialità è tutta costruita su un gioco di
rispondenze e di contrapposizioni sentimentali, ma anche verbali: di San
Martino resta qualche brandello di muro, dei morti cari allo scrittore non resta
nulla; San Martino è un paese straziato dai bombardamenti ma più straziato è il
cuore del poeta. Così Ungaretti riesce a rendere con il minimo di parole la sua
pena e quella di tutto un paese. La lirica è costituita da quattro strofe.
“brandello di muro”
La metafora riconduce all’immagine di corpi mutilati,
straziati, ridotti a brandelli. La terza strofa si apre con un ma che ribalta
l’affermazione precedente. Anche se nulla è rimasto dei compagni morti,
“nessuna croce manca”: non è svanito il ricordo di nessuno di quei morti. Le
croci suggeriscono l’immagine di un cimitero, ma richiamano, naturalmente,
anche al sacrificio e alla morte del Cristo. L’immagine finale del cuore straziato
richiama quella iniziale del brandello di muro, racchiudendo il componimento in
un cerchio di dolore.
PRIMA GUERRA MONDIALE
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Alla fine dell’Ottocento la fabbrica e la produzione in grande serie avevano
profondamente cambiato la vita economica. La tecnologia aveva rivoluzionato i
metodi di lavorazione e la qualità dei beni prodotti. Sul territorio europeo non si
combatteva dai tempi della guerra franco-prussiana del 1870. Oltre trent’anni
di pace, un certo benessere, i progressi della conoscenza scientifica e della
tecnologia erano racchiusi in un’epoca felice e spensierata chiamata BELLE
ÉPOQUE che pareva destinata a continuare ininterrottamente grazie alla
scienza. In questo periodo la media borghesia viveva meglio rispetto al passato
con il felice pensiero che l’incubo della guerra fosse ormai sparito. In realtà non
tutti se la passavano poi così bene: milioni di operai e contadini vivevano
ancora in condizioni durissime e con salari bassi. In quasi tutti i paesi
occidentali, le donne non potevano ancora votare, erano sottomesse
all’autorità del padre o del marito e per lo più relegate al lavoro domestico.
Mentre per gli uomini della strada le cose sembravano andare per il meglio, gli
osservatori più attenti guardavano con preoccupazione la situazione del mondo
e notarono che la situazione politica era molto squilibrata:
L’impero russo era debole e instabile: nel 1905 aveva subito una grave
sconfitta dal Giappone, che aveva aperto le porte alla rivoluzione;
Gli Stati Uniti d’America erano sempre più potenti, sia
economicamente sia militarmente, e prima o poi avrebbero voluto
svolgere un ruolo politico pari alla propria forza.
Al rapido sviluppo tedesco guardavano preoccupate la Francia e la Gran
Bretagna. Nel 1882 i tedeschi avevano stretto un’alleanza con l’impero
austriaco e l’Italia, la Triplice Alleanza. Per bilanciare la potenza di questa
coalizione, nel 1907 Francia, Gran Bretagna e impero russo stipularono un patto
che prese il nome di Triplice Intesa. L’Europa, quindi, era divisa in due veri e
propri schieramenti. A complicare ulteriormente le cose era poi la situazione
dei Balcani: in questa regione, l’impero ottomano aveva ormai perso molti
territori. Già nell’Ottocento si erano dichiarati indipendenti i greci. Era stata poi
la volta dei serbi, dei rumeni, dei bosniaci e dei montenegrini. A poco a poco,
tutti i popoli che convivevano all’interno dei confini dell’impero ottomano
cominciarono a premere per sganciarsi dal vecchio impero.
Nel 1911 l’Italia strappò ai turchi la Libia e occupò le isole del Dodecaneso, nel
mar Egeo. Quest’avvenimento ebbe l’effetto di scatenare gli appetiti di molti
stati:
L’Austria - Ungheria intendeva espandersi in questa regione e nel 1908
annetté la Bosnia-Erzegovina;
L’impero russo cercava di affermare la propria influenza sui popoli
balcanici;
La Bulgaria ottenne l’indipendenza dalla Turchia;
La Serbia sperava di unificare sotto la propria guida tutti i popoli slavi.
La causa scatenante della guerra fu l’assassinio dell’erede al trono d’Austria,
l’arciduca Francesco Ferdinando, avvenuta Il 28 giugno 1914 a Sarajevo per
opera di uno studente serbo Gravrilo Princip appartenente alla società segreta
“la mano nera”. L’attentato di Sarajevo fu un tipico esempio di come il corso
della storia possa essere influenzato da eventi singoli, da decisioni individuali
prese da personaggi oscuri, da circostanze del tutto accidentali: nessuno può
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dire cosa sarebbe successo se a Sarajevo i servizi di sicurezza imperiali fossero
stati più efficienti o se l’attentatore avesse mancato il suo bersaglio.
L’Austria accusò la Serbia di essere l’autentico mandante dell’attentato e le
rivolse un ultimatum, lesivo della sua sovranità, con il quale imponeva la
partecipazione di funzionari austriaci alle indagini dell’attentato. La Serbia non
accettò e l’Austria, il 28 luglio 1914, le dichiarò guerra e bombardò Belgrado.
Il conflitto in poco più di un mese, grazie alle alleanze, assunse vaste
proporzioni. Infatti, dopo continue dichiarazioni di guerra, si formarono due
schieramenti:
Da una parte Austria e Germania (Imperi Centrali);
Dall’altra Francia, Inghilterra e Russia.
Belle époque
La era davvero finita.
L’intento della Germania era di approfittare del caos scatenato dall’attentato di
guerra
Sarajevo per battere (in una “ lampo”) prima la Francia e poi la Russia, e
diventare alla fine, potenza d’Europa.
Non fu così. Infatti, le truppe francesi, con l’aiuto inglese, bloccarono l’armata
tedesca sul fiume Marna e la costrinsero alla ritirata. Da quel momento in poi la
guerra di movimento prevista dal piano tedesco, che doveva essere rapida e
vittoriosa, si trasformò in quella sporca e lunghissima guerra di logoramento
che fu la guerra di trincea, che vide gli eserciti praticamente immobili, che si
affrontavano in una serie di sterili quanto sanguinosi attacchi, inframmezzati da
lunghi periodi di stasi. La vita nelle trincee (fossati scavati nel terreno per
mettere al riparo i soldati dal fuoco nemico), monotona e rischiosa al tempo
stesso, logorava i combattenti nel morale oltre che nel fisico e li gettava in uno
stato di apatia e torpore mentale. Vivevano in condizioni igieniche deplorevoli,
senza potersi lavare né cambiare. Erano esposti al caldo, al freddo e alle
intemperie, oltre che ai periodici bombardamenti dell’artiglieria avversaria. Gli
assalti iniziavano, solitamente, nelle prime ore del mattino ed erano preceduti
da un intenso rito di artiglieria (“fuoco di preparazione”) che in teoria avrebbe
dovuto scompaginare le difese avversarie, ma in pratica aveva come risultato
principale quello di eliminare ogni effetto di sorpresa. Pochi mesi di guerra nelle
trincee furono sufficienti a far svanire l’entusiasmo patriottico con cui molti
combattenti avevano affrontato il conflitto, e provocò anche molti atti di
renitenza alla leva, di diserzione, d’insubordinazione e di autolesionismo per
essere dispensati dal servizio al fronte.
Allo scoppio delle ostilità, nel giugno 1914, l’Italia - alleata ad Austria e
Germania – dichiarò la propria neutralità motivata dal fatto che la Triplice
Alleanza, di cui essa faceva parte, era un patto difensivo e quindi non la
impegnava a intervenire al fianco degli Imperi Centrali. Il motivo più
consistente era però che gli interessi italiani nel Trentino, nella Venezia Giulia e
nell’Adriatico erano in conflitto proprio con quelli austriaci.
L’Italia si trovò divisa in due schieramenti:
I neutralisti (liberali, giolittiani e cattolici) non volevano la guerra;
Gli interventisti, in minoranza, erano convinti che l’ingresso in guerra
dell’Italia avrebbe potuto rappresentare un’occasione per rilanciare
l’economia e riassorbire la disoccupazione. Premevano in tal senso
soprattutto i gruppi dell’industria pesante, interessati alle commesse di
guerra.
Mentre divampava il contrasto tra interventisti e neutralisti, il governo italiano
stipulò, all’insaputa del Parlamento, un accordo segreto (patto di Londra) che
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prevedeva l’entrata in guerra dell’Italia a fianco di Francia, Gran Bretagna e
Russia in cambio di Istria, parte della Dalmazia, Trentino, Venezia Giulia e Tirolo
meridionale. Il parlamento approvò infine l’intervento e il 24 maggio 1915
l’Italia dichiarò guerra all’Austria.
Sul fronte Italiano la guerra fu combattuta soprattutto sulle montagne del
Carso e in Friuli Venezia Giulia. La guerra per gli italiani fu subito terribile,
infatti, alla fine del 1915 l’esercito italiano aveva perso quasi 250.000 uomini.
Nel 1916 gli austriaci lanciarono contro l’Italia, una spedizione per punirci di
aver sciolto la Triplice Alleanza e di essere passati dalla parte dell’Intesa,
costringendo i nostri soldati a ripiegare. Ma i nostri, comandati dal generale
Cadorna, sferrarono una controffensiva che ci fece conquistare Gorizia.
Sul fronte occidentale continuò la guerra di trincea: si ricordano le battaglie di
Ypres (in cui i tedeschi impegnarono per la prima volta il gas asfissiante), di
Verdun e la controffensiva anglosassone sul fiume Somme. Ma dopo queste
battaglie, i due blocchi restavano sostanzialmente in posizione di parità.
Intanto sui mari, la Germania, per forzare il blocco navale attuato dalla marina
britannica, lanciava la guerra sottomarina attaccando con siluri le navi di
qualsiasi nazionalità, militari e non, in rotta per la Gran Bretagna.
Il primo conflitto mondiale si caratterizzò per l’applicazione intensiva e
sistematica dei nuovi ritrovati della tecnologia alle esigenze della guerra. Del
tutto nuova e sconvolgente fu, per esempio, l’introduzione di nuovi mezzi
armi chimiche,
d’offensiva micidiali come le gas che erano indirizzati verso le
trincee nemiche, provocando la morte per soffocamento di chi li respirava. La
guerra sollecitò notevolmente lo sviluppo di settori come quello
automobilistico, aeronautico e radiofonico, anche se non sempre l’utilizzo di
nuove armi o nuovi mezzi riuscì a influire sul corso del conflitto. Fra le nuove
macchine belliche sperimentate in questi anni, solo una influì in modo
sottomarino.
significativo sul corso della guerra: il
Il 1917 fu un anno caratterizzato dalla Rivoluzione Russa e dall’ingresso in
guerra degli Stati Uniti.
La Russia, sconvolta dalla rivoluzione bolscevica, si ritirò dal conflitto. Questa
improvvisa decisione consentì agli austro-tedeschi di spostare migliaia di
uomini sui fronti occidentali.
Gli Stati Uniti dopo l’affondamento, per mano tedesca, della nave passeggeri
americana Lusitania entrarono in guerra contro gli imperi centrali. L’intervento
americano fu decisivo sia sul piano militare sia su quello economico.
Anche per l’Italia il 1917 fu l’anno più difficile della guerra. Il 24 ottobre 1917
gli austriaci, forti dei rinforzi provenienti da Est, dopo la dissoluzione
dell’esercito russo, lanciarono una violenta offensiva nella zona di Caporetto,
travolgendo le linee italiane (rotta di Caporetto); in pochi giorni tutto il Friuli fu
invaso. Le cause della sconfitta di Caporetto furono errori strategici di Cadorna,
l’atto d’insubordinazione di un comandante e le scarse motivazioni dei soldati
al fronte dopo anni di guerra sanguinosa e inutile. Cadorna fu sostituito da
Armando Diaz, che grazie alle sue doti di profonda umanità, riuscì a risollevare
le sorti di un esercito che, dopo il 24 ottobre, era fortemente crollato
psicologicamente e che ora, ricostituito in tutta la sua vitalità e potenziato dai