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Inglese: Razzismo - John Fitzgerald Kennedy
Francese: Razzismo
Italiano: Discorso Martin Luther King “Ho un sogno”
Arte: Pop Art
Geografia: Stati Uniti
Scienze: Atomo
Tecnologia: Centrale Nucleare
Musica: Jazz
INGLESE: RAZZISMO.
“All men are created equal ”,says the Declaration of
Independence of July 4th 1776. This statement
means that all people should be treated equally and
given equal rights and opportunities. But, after the
American civil war, segregation proved that racial
discrimination had not been abolished. Blacks were
considered second class citizens and for years faced
injustice and persecution.
And today? In practice, even today this ideal of
equality does not always work well. It might seem
strange but not all white Americans accept Blacks as
their equals.
Fortunately, in modern times courageous men such
as Martin Luther King Jr., John F. Kennedy, Nelson
Mandela and others have contributed, not only in the
USA but all over the word to better conditions for
Blacks, thus helping to solve this problem whit their
lives and, we might add, whit their deaths. 7
FRANCESE: RAZZISMO.
Le racisme est un ensemble de théories et de pratiques
fondées sur la prétendue division de l'humanité en
races supérieures et races "inférieures". Selon les
théories racistes de personnes «différentes» de polluer
la société peggiore.Per ce qu'ils n'ont pas le droit de
vivre dans une société, pourquoi ne sont pas capables
de faire progresser la civilisation. 8
Léopold Sédar Senghor: Poème à mon frère blanc.
Cher frère blanc,
Quand je suis né, j’étais noir,
Quand j’ai grandi, j’étais noir,
Quand je suis au soleil, je suis noir,
Quand je suis malade, je suis noir,
Quand je mourrai, je serai noir.
Tandis que toi, homme blanc,
Quand tu es né, tu étais rose,
Quand tu as grandi, tu étais blanc,
Quand tu vas au soleil, tu es rouge,
Quand tu as froid, tu es bleu,
Quand tu as peur, tu es vert,
Quand tu es malade, tu es jaune,
Quand tu mourras, tu seras gris.
Alors, de nous deux,
Qui est l’homme de couleur? 9
ITALIANO: Discorso Martin Luther King “Ho un sogno”.
Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come la più grande dimostrazione
per la libertà nella storia del nostro paese. Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra
ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull’Emancipazione. Questo fondamentale decreto venne
come un grande faro di speranza per milioni di schiavi negri che erano stati bruciati sul fuoco
dell’avida ingiustizia. Venne come un’alba radiosa a porre termine alla lunga notte della
cattività.
Ma cento anni dopo, il negro ancora non è libero; cento anni dopo, la vita del negro è ancora
purtroppo paralizzata dai ceppi della segregazione e dalle catene della discriminazione; cento
anni dopo, il negro ancora vive su un’isola di povertà solitaria in un vasto oceano di
prosperità materiale; cento anni dopo; il negro langue ancora ai margini della società
americana e si trova esiliato nella sua stessa terra. Per questo siamo venuti qui, oggi, per
rappresentare la nostra condizione vergognosa. In un certo senso siamo venuti alla capitale
del paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della repubblica scrissero le
sublimi parole della Costituzione e la Dichiarazione d’Indipendenza, firmarono un "pagherò"
del quale ogni americano sarebbe diventato erede. Questo "pagherò" permetteva che tutti gli
uomini, si, i negri tanto quanto i bianchi, avrebbero goduto dei principi inalienabili della vita,
della libertà e del perseguimento della felicità. 10
E’ ovvio, oggi, che l’America è venuta meno a questo "pagherò" per ciò che riguarda i suoi
cittadini di colore. Invece di onorare questo suo sacro obbligo, l’America ha consegnato ai
negri un assegno fasullo; un assegno che si trova compilato con la frase: "fondi
insufficienti". Noi ci rifiutiamo di credere che i fondi siano insufficienti nei grandi caveau
delle opportunità offerte da questo paese. E quindi siamo venuti per incassare questo
assegno, un assegno che ci darà, a presentazione, le ricchezze della libertà e della
garanzia di giustizia. Siamo anche venuti in questo santuario per ricordare all’America
l’urgenza appassionata dell’adesso. Questo non è il momento in cui ci si possa permettere
che le cose si raffreddino o che si trangugi il tranquillante del gradualismo. Questo è il
momento di realizzare le promesse della democrazia; questo è il momento di levarsi
dall’oscura e desolata valle della segregazione al sentiero radioso della giustizia.; questo è
il momento di elevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustizia razziale alla
solida roccia della fratellanza; questo è il tempo di rendere vera la giustizia per tutti i figli di
Dio. Sarebbe la fine per questa nazione se non valutasse appieno l’urgenza del momento.
Questa estate soffocante della legittima impazienza dei negri non finirà fino a quando non
sarà stato raggiunto un tonificante autunno di libertà ed uguaglianza. Il 1963 non è una fine,
ma un inizio. E coloro che sperano che i negri abbiano bisogno di sfogare un poco le loro
tensioni e poi se ne staranno appagati, avranno un rude risveglio, se il paese riprenderà a
funzionare come se niente fosse successo. 11
Non ci sarà in America né riposo né tranquillità fino a quando ai negri non saranno
concessi i loro diritti di cittadini. I turbini della rivolta continueranno a scuotere le
fondamenta della nostra nazione fino a quando non sarà sorto il giorno luminoso della
giustizia.
Ma c’è qualcosa che debbo dire alla mia gente che si trova qui sulla tiepida soglia che
conduce al palazzo della giustizia. In questo nostro procedere verso la giusta meta
non dobbiamo macchiarci di azioni ingiuste.
Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e
del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della
dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa
degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di
chi risponde alla forza fisica con la forza dell’anima.
Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunità negra non dovrà
condurci a una mancanza di fiducia in tutta la comunità bianca, perché molti dei nostri
fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi, sono giunti a capire che il loro
destino è legato col nostro destino, e sono giunti a capire che la loro libertà è
inestricabilmente legata alla nostra libertà. Questa offesa che ci accomuna, e che si è
fatta tempesta per le mura fortificate dell’ingiustizia, dovrà essere combattuta da un
esercito di due razze. Non possiamo camminare da soli. 12
E mentre avanziamo, dovremo impegnarci a marciare per sempre in avanti. Non
possiamo tornare indietro. Ci sono quelli che chiedono a coloro che chiedono i diritti
civili: "Quando vi riterrete soddisfatti?" Non saremo mai soddisfatti finché il negro sarà
vittima degli indicibili orrori a cui viene sottoposto dalla polizia.
Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri corpi, stanchi per la fatica del viaggio,
non potranno trovare alloggio nei motel sulle strade e negli alberghi delle città. Non
potremo essere soddisfatti finché gli spostamenti sociali davvero permessi ai negri
saranno da un ghetto piccolo a un ghetto più grande.
Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri figli saranno privati della loro dignità
da cartelli che dicono: "Riservato ai bianchi". Non potremo mai essere soddisfatti finché i
negri del Mississippi non potranno votare e i negri di New York crederanno di non avere
nulla per cui votare. No, non siamo ancora soddisfatti, e non lo saremo finché la
giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiume possente.
Non ha dimenticato che alcuni di voi sono giunti qui dopo enormi prove e tribolazioni.
Alcuni di voi sono venuti appena usciti dalle anguste celle di un carcere. Alcuni di voi
sono venuti da zone in cui la domanda di libertà ci ha lasciato percossi dalle tempeste
della persecuzione e intontiti dalle raffiche della brutalità della polizia. Siete voi i veterani
della sofferenza creativa. Continuate ad operare con la certezza che la sofferenza
immeritata è redentrice. 13
Ritornate nel Mississippi; ritornate in Alabama; ritornate nel South Carolina; ritornate in
Georgia; ritornate in Louisiana; ritornate ai vostri quartieri e ai ghetti delle città del Nord,
sapendo che in qualche modo questa situazione può cambiare, e cambierà. Non
lasciamoci sprofondare nella valle della disperazione.
E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperità di oggi e di
domani, io ho sempre davanti a me un sogno. E’ un sogno profondamente radicato
nel sogno americano, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in
fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli
uomini sono creati uguali.
Io ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di
coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi,
sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.
Io ho davanti a me un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato
colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si
trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia.
Io ho davanti a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una
nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità
del loro carattere. Ho davanti a me un sogno, oggi!. 14
Io ho davanti a me un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni
montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la
gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi, insieme, la vedranno. E’ questa la
nostra speranza. Questa è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud.
Con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una pietra di
speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra
nazione in una bellissima sinfonia di fratellanza.
Con questa fede saremo in grado di lavorare insieme, di pregare insieme, di lottare insieme, di
andare insieme in carcere, di difendere insieme la libertà, sapendo che un giorno saremo
liberi. Quello sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio sapranno cantare con significati nuovi: paese
mio, di te, dolce terra di libertà, di te io canto; terra dove morirono i miei padri, terra orgoglio
del pellegrino, da ogni pendice di montagna risuoni la libertà; e se l’America vuole essere una
grande nazione possa questo accadere.
Risuoni quindi la libertà dalle poderose montagne dello stato di New York.
Risuoni la libertà negli alti Allegheny della Pennsylvania.
Risuoni la libertà dalle Montagne Rocciose del Colorado, imbiancate di neve.
Risuoni la libertà dai dolci pendii della California.
Ma non soltanto. 15
Risuoni la libertà dalla Stone Mountain della Georgia.
Risuoni la libertà dalla Lookout Mountain del Tennessee.
Risuoni la libertà da ogni monte e monticello del Mississippi. Da ogni pendice risuoni la
libertà.
E quando lasciamo risuonare la libertà, quando le permettiamo di risuonare da ogni
villaggio e da ogni borgo, da ogni stato e da ogni città, acceleriamo anche quel giorno in
cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, cattolici e protestanti, sapranno unire le
mani e cantare con le parole del vecchio spiritual: "Liberi finalmente, liberi finalmente;
grazie Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente". 16
ARTE: LA POP ART.
Pop Art Movimento artistico affermatosi negli anni Cinquanta e Sessanta
del XX secolo negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Il nome deriva dalla
contrazione dell'inglese Popular Art, arte 'popolare' in senso moderno,
ossia che faccia uso di linguaggi quotidiani dell'odierna società di massa,
propri della comunicazione commerciale, cinematografica, televisiva o
della stampa periodica.
LE ORIGINI
I precedenti storici della Pop Art sono da rintracciarsi da un lato
nell'esperienza dadaista, in particolare nell'opera e nella figura di Marcel