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Sintesi
italiano: l'ermetismo (esponenti principali)

storia: il secondo dopoguerra

geografia: gli Stati Uniti

inglese: american after the second world war

scienze: la bomba atomica

tecnica: l'energia nucleare

ed fisica: le Olimpiadi

storia dell'arte: l'espressionismo

francesce: le Symboles d'hier et d'aujourd'hui

musica: il Jazz
Estratto del documento

L’ermetismo

Nel Novecento si forma una corrente letteraria che prende il nome di Ermetismo.

In un certo senso viene inteso come la continuazione del Decadentismo, solo che

diviene più pieno e consapevole. Dal decadentismo, esso accoglie la sfiducia nella

ragione dell’uomo ed il mistero dell’esistenza.

L’ermetismo scioglie decisamente dalla poesia tutte le regole grammaticali e

sintattiche per dare alla parola una sensibilità nuova.

Questa poesia è sostenuta soprattutto da un'intelligenza critica che stimola il lettore

e lo fa partecipare attivamente all’opera del poeta, ricreandone i momenti

fondamentali in un’unica armoniosità.

Le origini dell’ermetismo sono date dalla poesia simbolica francese e in Italia inizia

nel 1914 con una rivista, ma si sviluppa soprattutto dopo la prima guerra mondiale.

I poeti ermetici vogliono far affiorare il mondo del subconscio spingendosi oltre la

soglia del mondo cosciente ed infatti il linguaggio della poesia ermetica è basato

non su legami logici ma intuitivi.

Infatti tuttora, ancora non si è riusciti a dare un giudizio definitivo agli ermetici,

perché la loro poesia è ancora incomprensibile e oscura.

I più grandi esponenti della poesia ermetica sono: Giuseppe Ungaretti,

Eugenio Montale e Salvatore Quasimodo.

Giuseppe Ungaretti

Giuseppe Ungaretti nacque l’8 febbraio 1988 ad Alessandria d’Egitto da genitori lucchesi,

emigrati in Egitto al tempo dei lavori per lo scavo del canale di Suez.

Si recò a Parigi per studiare, e durante questo periodo venne a contatto con l’ambiente del

simbolismo francese, che influì molto sulla sua formazione.

Ritornato in Italia, partecipò come soldato alla Prima Guerra Mondiale.

Terminato il conflitto, si stabilì a Roma per poi trasferirsi in Brasile ad insegnare letteratura

italiana, e lì per errore di un medico, gli morì il figlio.

Successivamente ritornò in Italia per insegnare letteratura moderna all’Università di Roma.

Morì a Milano nel 1970.Ungaretti concepisce la poesia come strumenti di conoscenza della

realtà; infatti egli ritiene che la conoscenza della realtà interiore ed esteriore della coscienza

non si raggiungono per via razionale o scientifica, ma per via analogica; questa via appunto

consente di scoprire le relazioni esistenti tra gli esseri umani e perviene alla coscienza di

sentirsi in armonia con l’universo alla percezione dell’assoluto e alla fede di Dio.

Quindi la sua poesia contiene la storia dell’itinerario del poeta: dall’angoscia esistenziale,

che deriva dal senso di dolore, alla fede in Dio; dalla condizione di “uomo di pena” alla

condizione di “uomo di fede”.

Questa sua ideologia spiega il titolo “Vita di un uomo” che egli assegnò alla raccolta delle

sue opere.

Naturalmente per poter ricercare l’autenticità dell’essere, egli necessitava di un’espressione

adeguata, che la individuò nella parola nuda, scabra ed essenziale, che riconduceva alla

purezza e freschezza delle origini dell’uomo.

UNA FORMA LIBERA ED ANTIRETORICA

Per poter esprimere la sua condizione umana di combattente diseroicizzato, Ungaretti lo fa

in poesie brevi, ridotte a semplici connotazioni ma dense di significato: esse rappresentano

poesie da meditare, poesie profonde.

Per poter esprimere queste impressioni, si avvale di versi liberi, di parole semplici,

essenziali.

Inoltre, ricorre ai mezzi tecnici utilizzati dai simbolisti e futuristi: per esempio

l’accostamento paratattico, l’abolizione della punteggiatura, impiego di spazi bianchi e di

pause, uso dell’analogia e sinestesia.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Ungaretti è oggi considerato uno dei più grandi poeti contemporanei.

Egli è il creatore di un linguaggio poetico nuovo, aderente meglio al sentimento del poeta.

L’utilizzo dell’endecasillabo e del settenario da un connotato preciso alla sua posizione che

è quella di un “classicismo moderno”. Questo spiega il suo amore per Petrarca e Leopardi.

Salvatore Quasimodo

Salvatore Quasimodo nasce in Sicilia, a Modica nel 1901. Figlio di un ferroviere,

trascorre l'infanzia nel suo paese d'origine e successivamente si trasferisce a

Roma, Reggio Calabria e Firenze dove esercita diversi lavori. A firenze pubblica,

nel 1930, la sua prima raccolta di poesie “Acque e terre” ma è con “Oboe

sommerso” del 1932, e “Erato e Apollion” del 1936 che Quasimodo diviene uno dei

massimi esponenti dell'ermetismo. Nel 1934 si trasferisce a Milano dove viene

nominato professore di letteratura italiana al conservatorio. Collabora come critico

teatrale ad alcune riviste e gli viene assegnato il premio Nobel per la letteratura nel

1959. Molto famose sono le sue traduzioni dal greco e dal latino di Omero, Virgilio e

anche alcune opere di Shakespeare e Neruda. Muore a napoli nel 1968.

I temi prevalenti nelle poesie degli anni trenta sono soprattutto la nostalgia del

passato e il rimpianto per un mondo dove i temi di gioia e felicità sono ormai

perduti.

Nelle poesie degli anni quaranta il linguaggio diventa più colloquiale, dato che il

poeta si sforza di comunicare con gli uomini, cercando di ricostruire quello che

ormai il nazismo e la guerra avevano distrutto.

Le poesie studiate sono: “Uomo del mio tempo”, scritta alla fine 2° guerra mondiale,

dove si riflette sulla malvagità dell'uomo contemporaneo, “Alle Fronde dei salici”

dove il poeta si riferisce al periodo dell'occupazione tedesca in italia (la resistenza),

e “Già la pioggia è con noi” , dove il poeta rimpiange la sua terra d'origine, la Sicilia,

facendo un confronto tra essa e la Lombardia che, al contrario, suscita in lui molta

tristezza a causa dell'autunno precoce e della pioggia che scandisce giornate tutte

uguali...e questo risveglia in Quasimodo il desiderio di distaccarsi dalle abitudini

quotidiane e di vivere pienamente almeno un giorno.

Eugenio Montale

Eugenio Montale nasce a Genova nel 1896, ultimo di sei fratelli di una famiglia di

commercianti. Per motivi di salute è costretto a interrompere gli studi regolari e

consegue il diploma di ragioniere da autodidatta. Nel 1917 partecipa come ufficiale

alla prima guerra mondiale combattendo in Trentino. Trasferitosi a Firenze nel

1928, è nominato direttore di un prestigioso istituto, il Gabinetto scientifico-letterario

Vieusseux, che è costretto a lasciare dieci anni dopo per non aver voluto aderire al

fascismo. Dopo la Seconda Guerra Mondiale si trasferisce a Milano, dove lavora

come redattore del Corrire della Sera fino al 1973. Nel '75 riceve il premio Nobel

per la letteratura.

Secondo Montale nè la poesia nè il poeta devono esprimere la ricercatezza,

l'eccezzionalità, l'effetto speciale (come, ad esempio, abbiamo visto nella poesia

futurista o in alcune liriche di D'Annunzio); "la poesia," dice Montale, "è una delle

tante possibili positività della vita. Non credo che un poeta stia più in alto di un altro

uomo che esista, che sia qualcuno".

Dunque il poeta è una persona comune che ha un rapporto con le cose concrete e

con il mondo e che del mondo percepisce il dolore o l'assurdità; non ha soluzioni da

proporre o messagi da comunicare, il poeta è solo un testimone che esiste. Scrive

ancora Montale: "La poesia non è fatta per nessuno / non per altri e nemmeno per

chi la scrive. / Perchè nasce? Non nasce affatto e dunque / non è mai nata. Sta

come una pietra / e un granellino di sabbia. Finirà / con tutto il resto".

Con queste parole il poeta ci dice dunque che la poesia esiste, allo stesso modo di

una pietra o di un granellino di sabbia, da quando esiste il mondo. Nessuno l'ha

creata o la crea.

Il secondo dopoguerra

Le conseguenze della seconda Guerra Mondiale

Questo ricercare un senso dell’esistere pervade con la noia, il male, la legge di

sofferenza, buona parte della seconda metà del Novecento, a causa della seconda

guerra mondiale che aveva lasciato innumerevoli danni e molta gente si era

ritrovata senza casa, soprattutto in Germania e in Giappone che risultarono gli stati

più colpiti.

Le conseguenze economiche furono terribili perché l’economia di tutti i paesi che

avevano partecipato al conflitto era a pezzi e la popolazione moriva di fame,

soprattutto in URSS dove in ogni regione tutte le risorse economiche erano state

annientate sia dai tedeschi che dai russi. Questi ultimi, infatti, battendo in ritirata

distrussero ogni possibile fonte di rifornimento per il nemico.

In Germania, anche se le case erano ridotte a cumuli di macerie, il 90% degli

impianti industriali era praticamente intatto e le industrie erano già produttive.

Nei primi anni del dopoguerra in molti paesi i trasporti interrotti e le devastazioni

delle campagne rendevano difficilissimo l’approvvigionamento delle città. Le case

erano molto spesso prive di riscaldamento e la mancanza di combustibile impediva

il ritorno delle fabbriche ad una normale produttività. I prezzi salivano e il mercato

nero era fiorente, vendendo a prezzi nettamente superiori a quelli stabiliti per legge.

L’invio di aiuti da parte degli Stati Uniti alleviava in piccola parte questi disagi, ma

non poteva far tacere la protesta nei paesi più colpiti dalla miseria.

L’olocausto

I danni morali invece furono inestimabili e irreparabili.

Dalla Germania occupata giunsero le prime testimonianze dirette di un fenomeno

che negli anni precedenti non era del tutto sconosciuto, ma che molti preferirono

ignorare: l’olocausto. Milioni di uomini furono umiliati, torturati e uccisi nei luoghi di

sterminio creati dai nazisti, dove uccidere era una cosa di tutti i giorni. Nel 1946,

dopo la guerra, si tenne un processo a Norimberga dove furono giudicati alti

esponenti nazisti per “crimini contro l’umanità”, ma alcuni si erano già messi in

salvo fuggendo soprattutto in Spagna e nell’America Latina.

I campi di concentramento avevano dato prova degli atti di ferocia commessi dai

nazisti, e posero la questione delle responsabilità del popolo tedesco, che si trovò

imputato di fronte all’intera umanità. Un fatto, però, rimane incontestabile: in quegli

anni tragici una minoranza aveva preso l’impegno di combattere contro il nazismo e

il fascismo fino al sacrificio della propria vita. Fu proprio l’esempio di coloro che

avevano animato la resistenza ad accendere nel dopoguerra le speranze per il

futuro. La Guerra Fredda

Subito dopo la vittoria, gli Stati Uniti e l’URSS cominciarono a manifestare una

violenta e reciproca ostilità perché troppe diversità le separavano.

A questo si aggiungeva da parte americana l’allarme nel costatare che nei territori

compresi nella sfera sovietica, il dominio del governo di Mosca si faceva sempre

più pesante e l’avanzata del comunismo appariva inarrestabile.

Nel 1947 nacque un “ufficio d'informazione” sovietico, il cominform, che serviva da

organo di collegamento tra i partiti comunisti di tutto il mondo.

L’amicizia timorosa degli Stati Uniti verso i russi cominciò a trasformarsi in aperta

ostilità e la fiducia che Roosvelt diede ai russi si trasformò sotto Truman in panico

per l’allargarsi in Europa dei regimi comunisti legati a Stalin.

Nel 1947 la creazione della CIA, un’agenzia incaricata di ricavare informazioni sui

piani dell’ex alleato e di contrastarli segretamente, fu la prova del cambiamento di

rotta del governo americano. Nello stesso anno, il presidente Truman decise di

intervenire in soccorso di ogni governo intenzionato a lottare contro il comunismo.

Ormai il mondo era diviso in due blocchi che si affrontavano in una guerra

combattuta diplomatica-mente, ideologicamente e politicamente, ma sempre sul

punto di esplodere. Negli Stati Uniti un paese basato su libertà e democrazia,

durante la guerra fredda, la libertà di pensiero fu considerata un crimine ed una

minaccia per la nazione. Il fatto che gli USA fossero gli unici possedere i segreti

della bomba atomica preoccupò molto Stalin, che varò un programma nucleare

urgentissimo e assunse scienziati comunisti occidentali che gli permisero di

mettersi all’avanguardia. Nell’URSS in nome della ricostruzione, per colmare il

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