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La tesina si propone di sollecitare una riflessione sul fenomeno della globalizzazione, riportando opinioni, dati e fatti favorevoli e contrari, indagando su possibili soluzioni.
Economia Politica: distribuzione del reddito all'interno del sistema economico e teorie di alcuni economisti a riguardo
Inglese: the Globalization
Diritto: uguaglianza sostanziale
CAPITOLO 1: OPINIONI A CONFRONTO
Aspetti positivi della globalizzazione
In proposito, il discorso di Nicholas Stern, Vice Presidente della Banca Mondiale,
riassume adeguatamente le posizioni di coloro che ritengono che la
globalizzazione possa sempre di più diventare uno strumento di lotta alla
povertà e alle ingiustizie sociali.
“The growing integration of economies and societies around the world—is a complex process that affects
many aspects of our lives. The terrorist attacks on the United States on September 11 were one aspect of
globalization. Rapid growth and poverty reduction in China, India, and other countries that were poor 20
years ago is another. The development of the internet and easier communication and transportation around
the world is a third. The spread of AIDS is part of globalization, as is the accelerated development of life-
extending technologies (…) First, poor countries with around 3 billion people have broken into the global
market for manufactures and services. Whereas 20 years ago most exports from developing countries were of
primary commodities, now manufactures and services predominate. This successful integration has
generally supported poverty reduction. Examples can be found among Chinese provinces, Indian states, and
the countries of Bangladesh and Vietnam. The ‘new globalizers’ have experienced large-scale poverty
reduction: during the 1990s the number of their people who were poor declined by 120 million. (…)The
focus of our research is the impact of economic integration on developing countries and especially on the
poor people living in these countries. About one-fifth of the world’s population lives on less than $1 per day,
and that is unacceptable in a world of such plenty.”
Traduzione:
“La globalizzazione è un processo complesso che riguarda diversi aspetti della nostra vita. L'attacco
terrorista agli Stati Uniti dell'11 Settembre è un aspetto della globalizzazione. La rapida crescita economica
e la riduzione della povertà in Cina, in India e in altri paesi che solo fino a 20 anni fa erano poveri ne
rappresentano un altro aspetto. Un terzo aspetto è costituito dallo sviluppo di Internet, delle comunicazioni
e dei trasporti nel mondo. Il diffondersi dell'AIDS fa parte della globalizzazione così come lo è lo sviluppo
accelerato di sofisticate tecnologie mediche che consentono di prolungare la vita (...) esiste un gruppo di
paesi poveri (3 miliardi di abitanti) che sono già entrati nel mercato globale dei prodotti e dei servizi,
mentre 20 anni fa la maggior parte delle esportazioni dai paesi in via di sviluppo erano costituite da materie
prime. In questi nuovi paesi globalizzati, durante gli anni '90, il numero dei poveri è diminuito di 120 milioni
di persone(...) L'integrazione economica globale ha contribuito alla riduzione della povertà, ma
l'economia globale potrebbe essere molto più inclusiva: non si può continuare ad escludere dalla crescita
economica il gruppo dei paesi più poveri... circa un quinto della popolazione mondiale vive con meno di un
dollaro al giorno e questo è inaccettabile”
(Nicholas Stern, vicepresidente senior della Banca mondiale: prefazione a Globalizzazione,
crescita economica, povertà, in PAUL COLLIER - DAVID DOLLAR, Globalizzazione, crescita
economica, povertà, Rapporto della Banca Mondiale, Il Mulino, Bologna, 2003
Alcuni studi effettuati dalla Banca Mondiale hanno infatti dimostrato le capacità
della liberalizzazione nel contribuire all'aumento della produttività. La
globalizzazione permette infatti agli imprenditori di avere accesso agli input
migliori, così come alle tecnologie più avanzate e di entrare in connessione con
un mondo competitivo che promuove l'efficienza e gli investimenti.
Naturalmente affinché ciò avvenga sarà necessario che l'impresa possa trovare
nel paese estero le infrastrutture e l'ambiente adatto alla propria attività.
Varie ricerche hanno dimostrato che il lavoro minorile diminuisce con l'aumento
del reddito familiare e che un'apertura all'economia globale riduce il lavoro
minorile e aumenta i tassi di iscrizione scolastica.
E' proprio a partire da questi studi che molte ONG (Amnesty International,
Action Aid, Amref) operano attivamente affinché nei paesi in via di sviluppo si
instauri un circolo virtuoso tra livello di istruzione, aumento della
produttività e aumento dei salari medi.
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Tra gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, cui il mondo delle ONG ha aderito, si
ricorda il dimezzamento della povertà entro il 2015. Si tratta di un patto
globale di impegno congiunto tra Paesi ricchi e Paesi poveri, che ha coinvolto
191 Capi di Stato e di Governo, con cui sono stati delineati otto obiettivi alla
base del reciproco impegno per la creazione di un mondo più sicuro, più
prospero ed equo per tutti da raggiungere entro il 2015.
Sempre riguardo alla diffusione del’istruzione in paesi con bassi indici di
crescita riporto il discorso di Malala Yousafzai, attivista pakistana per il diritto
all’istruzione, in occasione del conferimento del Premio Ambasciatore della
coscienza 2013 di Amnesty International.
Nel 2009, Malala Yousafzai aveva denunciato l’editto con cui i talebani pakistani
avevano chiuso le scuole femminili. Nel 2012 è rimasta gravemente ferita in un
attentato da questi ultimi rivendicato.
GRAZIE AMNESTY
“Ringrazio Amnesty International per questo riconoscimento, di
cui sono molto onorata.
Voglio approfittarne per ricordare a ognuno che ci sono tanti
milioni di bambine e bambini come me, nel mondo, che lottano
ogni giorno per il loro diritto ad andare a scuola. Spero che
lavorando”insieme un giorno realizzeremo il nostro sogno di
un’istruzione per ogni bambino, in ogni angolo del mondo.”
Malala Yousafzai
16 anni
Un discorso a parte merita la libera circolazione del sapere: condividere il
proprio know-how dovrebbe contribuire ad aumentare la ricchezza di tutti.
Cito a proposito una frase dell’economista Paul A. Samuelson che riassume
“Se io so qualcosa che sai anche tu, la tua conoscenza
questo aspetto positivo:
non mi priva della mia” . smartphone,
Ciascuno di noi oggi può permettersi di comprare uno magari
open source,
prodotto in Cina, che utilizza un sistema operativo con meno di
100 euro; anche nelle periferie più degradate si possono trovare famiglie
Skype
connesse via con il resto del mondo. Questo sembrerebbe l'effetto
benefico della globalizzazione: il benessere alla portata di tutti, o quasi.
La questione però non è così semplice.
Se da una parte, infatti, l'efficienza economica vuole che il sapere sia una
risorsa disponibile a tutti; dall'altra parte, se il titolare della proprietà
intellettuale non ha alcun diritto, viene naturalmente meno l'incentivo ad
investire in ricerca e sviluppo e ciò significherebbe una battuta d'arresto per
tutti.
Per tenere conto di queste contrapposte considerazioni, al fine di garantire un
livello minimo ed omogeneo di protezione, il WTO ha promosso un accordo
sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (TRIPs) volti a
favorire gli investimenti in ricerca&sviluppo a beneficio di tutti.
Aspetti critici della globalizzazione
Jeremy Brechter, storico e saggista americano, sottolinea come la
globalizzazione non potrà che portare il mondo intero ad un livellamento verso
il basso.
“
La globalizzazione ha reso disponibili alcuni prodotti esotici provenienti da ogni parte del mondo, ha
ridotto alcuni prezzi e ha aperto nuove abbaglianti opportunità per alcuni. Essa ha enormemente ampliato
la ricchezza e il potere di poche centinaia di imprese globali, ma per la maggioranza delle persone in gran
parte del mondo l’era della globalizzazione non ha mancato di far sentire i suoi effetti negativi. Queste
persone hanno dovuto subire una crescente disoccupazione, la diminuzione dei salari reali, i licenziamenti
di massa, i tagli nei servizi pubblici, dei peggioramenti nelle condizioni di lavoro, la scomparsa di piccole
unità produttive rurali e di piccole attività economiche, la distruzione accelerata dell’ambiente e la perdita
di controllo democratico sui propri governi e sulla società. Se preso singolarmente, ognuno di questi
problemi ha cause diverse, tutti sono poi indistintamente aggravati dagli effetti della globalizzazione.
Un’economia globale senza regole costringe lavoratori, comunità e Stati a mettersi in competizione tra loro
per attrarre gli investimenti, in modo tale che ciascuno si sforzi di portare il costo del lavoro, le spese sociali
e ambientali al di sotto di quelle altrui. Ne consegue un “livellamento verso il basso”, una disastrosa
“corsa verso il fondo” nel corso della quale le condizioni generali tendono a scendere verso il livello dei più
poveri e dei più disperati. […] L’obiettivo del programma delle imprese globali è il ridimensionamento di
tutte le barriere che ostacolano il livellamento verso il basso dei costi ambientali, lavorativi e sociali (…)”
(JEREMY BRECHER TIM COSTELLO. Contro il capitale globale – Strategie di resistenza-
trad. di Luigi Piccioni . Feltrinelli. Milano 2001)
Nella visione del saggista americano Jeremy Brechter, come in quella di tanti
esponenti del movimento no global, i paesi più poveri diventano paesi da
colonizzare, perché il costo della mano d'opera è basso, i diritti sindacali più o
meno inesistenti e le materie prime spesso abbondanti e a prezzi molto bassi,
land grabbing.
dando luogo anche al fenomeno del
Nei paesi in via di sviluppo aumenta così lo sfruttamento del lavoro minorile o
l'utilizzo selvaggio della manodopera, nella più totale inosservanza dei più
elementari diritti umani e sociali, per far fronte alla nuova domanda di lavoro,
generalmente poco qualificata; così, a fronte di una nuova domanda di lavoro,
nei paesi poveri la disoccupazione continua a non diminuire e i salari
continuano a non crescere.
I lavoratori, privi di professionalità specifiche, che invece decidono di emigrare
verso i paesi più industrializzati si trovano a dover competere in un mondo che
non è il loro, privi di competenze adeguate e di potere contrattuale, perciò
spesso costretti ad accettare condizioni di lavoro e di vita irregolari, facili prede
di traffici illeciti.
Quando invece si assiste all'emigrazione di lavoratori più qualificati, il paese di
origine perde, insieme a loro, le sue potenzialit&