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Introduzione The giver, mondo di Jonas tesina
La seguente tesina di maturità descrive il film The giver, mondo di Jonas. La tesina permette di collegare i seguenti argomenti: 1984 di Orwell, Sartre "Huis clos", Lorca con "Aurora", Nietzsche, oltreuomo, Svevo e "Il ritratto dell'inetto", l'ideologia nazista.
Collegamenti
The giver, mondo di Jonas tesina
Inglese -
Orwell "1984"
.Francese -
Sartre "Huis clos"
.Spagnolo -
Lorca "Aurora"
.Filosofia -
Nietzsche, oltreuomo
.Italiano -
Svevo "Il ritratto dell'inetto"
.Storia -
Ideologia nazista
.Eduardo del Rio
En este poema, Nueva York se convierte en un símbolo sobre el que el poeta proyecta sus
sentimientos. Nueva York se convierte en una ciudad mundo, un símbolo patético del sufrimiento
y de la deshumanización. La ciudad es un mundo donde se anula la naturaleza y donde hay
soledad, números y leyes que esclavizan al hombre y su naturaleza. Es un mundo de
oposiciones: la naturaleza se enfrenta al universo urbano inhumano. Los ciudadanos, ya no son
individuos, son explotados por los mecanismos inhumanos de la civilización, son esclavos.El
tema del poema es la descripción de un amanecer en Nueva York, ciudad símbolo de una
civilización materialista y deshumanizada. La descripción del amanecer en Nueva York es
surrealista, llena de símbolos y metáforas . El momento del amanecer que normalmente tiene un
significado positivo, ya que somboliza el principio de un nuevo día, de esperanza y belleza; en
Nueva York cambia de significado porque allí los valores positivos de la naturaleza estàn
negados. De hecho la luz de la aurora no puede llegar a la ciudad porque está bloqueada por las
columnas de cieno y un huracán de palomas negras. En la Nueva York de Lorca las aguas son
podridas: hay un simbolismo negativo del agua que habitualmente símboliza la vida. También las
palomas, que normalmente representan la belleza, la pureza y la paz, tienen valor negativo: son
negras y chapotean las aguas sucias. Las flores son símbolo de la naturaleza, pero no tienen
perfume porque es negada su esencia. Cuando la aurora llega, nadie se da cuenta de ella en el
mundo urbano. El dinero, como la fuerza más poderosa, en este mundo ha sustituido el amor,
incluso el amor paterno, porque los niños son “abandonados” (vv.13-14). Las personas no se
hacen ilusiones: ya saben que tendrán que trabajar como esclavos. La naturaleza, simbolizada
por la luz, ha quedado sepultada bajo las cadenas de la industrializaciòn de una ciencia sin
raíces, innatural, cínica y amoral (vv.16-17-18). Al final, el día comienza pero las personas vacilan
como marionetas por sus barrios, soportando su triste destino; son náufragos que siguen vivos
pero se trata de una vida sin sentido, sin objetivos.
“The giver” es una historia educativa ambientada en un futuro no muy lejano , y en una sociedad
avanzada que ha sostituido toda forma de sentimientos y violencia, con el conformismo y la
apatía. Este mundo aparece perfecto, como un paraìso, pero al final resulta ser un mundo
desprovisto de humanidad, un mundo que aliena y manipula al hombre
“Ti sei mai chiesta che succederebbe se tu
saltassi l’iniezione della mattina?”
In un mondo futuro dove i sentimenti, i diritti, i doveri, le regole, i pensieri, le azioni, le
conoscenze vengono imposti inconsciamente e dove tutti incarnano l’inettitudine del genere
umano, Jonas è colui che si oppone. Lui è considerato un oltreuomo, poiché, dopo aver preso
coscienza di ciò che il “totalitarismo” ha negato all’uomo, e cioè l’umanità, Jonas impone se
stesso vivendo la propria libertà come volontà di potenza. Il termine “superuomo” rappresenta la
traduzione originale che fu data all'espressione Übermensch; tuttavia è rilevante
l'interpretazione successiva di Gianni Vattimo, il quale afferma che la traduzione “oltreuomo”
risulta più appropriata e rispecchia meglio l'ideale portato da Nietzsche. L’oltreuomo è “volontà
di potenza” intesa non necessariamente come forza fisica, ma come impulso alla vita, all’auto
potenziamento. il coraggio di essere se stessi, di liberarsi dalla morale tradizionale e di
È
costruire giorno per giorno una nuova morale, basata su ciò che è più o meno adatto alla propria
realizzazione. L’oltreuomo accetta l’eterno ritorno, in altre parole il fatto che ogni attimo è
destinato a tornare in eterno, quindi non c’è altro se non l’istante, non c’è dimensione se non il
presente. Secondo Nietzsche, la cultura occidentale ha ucciso la figura di Dio, dopo averla creata
per placare la paura della morte, del dolore, del vuoto, della solitudine. L’oltreuomo accetta la
morte di Dio, prendendo coscienza del fatto di non avere appigli se non se stesso, ma accettando
comunque la vita e, di conseguenza, la morte. Afferma, quindi, la sua forza di fronte al destino,
tramite il sentimento dell’amor fati. L’Übermensch contrappone al "Tu devi!" cristiano il nicciano
"Io voglio!". Nella sua opera “Così parlò Zarathustra” (Also sprach Zarathustra), Nietzsche spiega
i tre passi che l'essere umano deve seguire per divenire oltreuomo (uomo del superamento):
possedere una volontà costruttiva, in grado di mettere in discussione gli ideali prestabiliti;
superare il nichilismo, attraverso la gioia tragica e il recupero della volontà di potenza;
promuovere eternamente il processo di creazione e rigenerazione dei valori, sposando la
nuova e disumana dimensione morale dell' "amor fati" (termine latino che significa “amore
per il fato, per il destino”), ovvero l'atteggiamento proprio dell'oltre-uomo che accetta
entusiasticamente, fino a desiderarlo, il carattere casuale e arbitrario degli eventi che
compongono la sua vita. Tale atteggiamento si unisce quindi al rifiuto di qualsiasi struttura
consolatoria volta a “prevedere” la casualità dell'esistenza ingabbiandola dentro schemi
morali.
Zarathustra, appena giunto al mercato di una città “sita presso le foreste”, si esibisce come se
fosse sul palco di uno spettacolo, declamando la sua radicale verità:
“Io vi insegno il superuomo. L' uomo é qualcosa che deve essere superato. Che avete
fatto per superarlo?Tutti gli esseri hanno creato qualcosa al di sopra di sè:e voi volete
essere il riflusso in questa grande marea e retrocedere alla bestia piuttosto che
superare l' uomo?Che cosa é per l'uomo la scimmia?Un ghigno o una vergogna
dolorosa.E questo appunto ha da essere l' uomo per il superuomo:un ghigno o una
dolorosa vergogna.Avete percorso il cammino dal verme all' uomo,e molto in voi ha
ancora del verme.In passato foste scimmie,e ancor oggi l' uomo é più scimmia di
qualsiasi scimmia.E il più saggio tra voi non é altro che un'ibrida disarmonia di pianta
e spettro.Voglio forse che diventiate uno spettro o una pianta? Vedete, io vi insegno il
superuomo! Il superuomo è il senso della terra. La vostra volontà vi dica: sia il
superuomo il senso della terra! Vi scongiuro, fratelli rimanete fedeli alla terra e non
credete a quelli che vi parlano di speranze ultraterrene! Essi sono degli avvelenatori,
che lo sappiano o no. Sono spregiatori della vita, moribondi ed essi stessi avvelenati,
dei quali la terra è stanca: se ne vadano pure! Una volta il sacrilegio contro Dio era il
sacrilegio più grande, ma Dio è morto, e sono morti con Dio anche quei sacrileghi.
Commettere sacrilegio contro la terra è ora la cosa più spaventosa, e fare delle
viscere dell'imperscrutabile maggior conto che del senso della terra! “( Nietzsche ,
Così parlò Zarathustra)
Il “Così parlò Zarathustra” è indubbiamente l’opera più ricca e complessa che Nietzsche abbia
mai scritto. I temi che questo testo affronta sono le vie portanti dell’intero pensiero di Nietzsche:
la dottrina del superuomo, La volontà di potenza e l’eterno ritorno. Sino ad oggi «l’uomo è stato
un tentativo», ed ha errato in cento modi. La morte di dio dona all’uomo quella libertà
inesauribile, che ancora non ha scorto: «Mille sentieri vi sono non ancora percorsi; mille salvezze
e isole nascoste della vita. Inesaurito e non scoperto è ancor sempre l’uomo e la terra
dell’uomo». Ma, perché l’uomo sia veramente capace di esprimere la sua essenza, mai compiuta,
egli stesso deve tramontare, e con lui deve tramontare la sua eredità, il suo essere ancora servo
del trascendente; Dio deve tramontare con l’uomo che porta il suo peso e lasciare che
l’oltreuomo occupi il suo posto.
“C’è qualcosa che manca nelle nostre vite,
qualcosa che ci è stato rubato”
Fiona è la ragazza amata da Jonas e lei, come tutto il resto della società distopica, è simbolo
d’inettitudine, incapacità di vivere. Lei è un’eterna vinta sovrastata dagli altri perché non ha
volontà; lei non è Jonas, non affronta la vita, non si oppone alla sua condizione esistenziale: Fiona
ha come un velo sopra gli occhi che le impedisce di vedere, ma questa impossibilità non è
determinata dalla società ma da una propria condizione d’inadeguatezza. Il brano, attraverso il
quale vi presenterò la figura di Fiona e più in generale la società distopica di questo mondo
Senilità
apparentemente “paradisiaco”, è “Il ritratto dell’inetto” tratto dal romanzo di Italo
Svevo, dove emerge con chiarezza la fisionomia del protagonista Emilio Brentani.
Il ritratto dell’inetto da Senilità, cap.1
Subito, con le prime parole che le rivolse, volle avvisarla che non intendeva
compromettersi in una relazione troppo seria. Parlò cioè a un dipresso così: – T’amo
molto e per il tuo bene desidero ci si metta d’accordo di andare molto cauti. – La
parola era tanto prudente ch’era difficile di crederla detta per amore altrui, e un po’
più franca avrebbe dovuto suonare così: – Mi piaci molto, ma nella mia vita non potrai
essere giammai più importante di un giocattolo. Ho altri doveri io, la mia carriera, la
mia famiglia. La sua famiglia? Una sola sorella non ingombrante né fisicamente né
moralmente, piccola e pallida, di qualche anno più giovane di lui, ma più vecchia per
carattere o forse per destino. Dei due, era lui l’egoista, il giovane; ella viveva per lui
come una madre dimentica di se stessa, ma ciò non impediva a lui di parlarne come di
un altro destino importante legato al suo e che pesava sul suo, e così, sentendosi le
spalle gravate di tanta responsabilità, egli traversava la vita cauto, lasciando da
parte tutti i pericoli ma anche il godimento, la felicità. A trentacinque anni si
ritrovava nell’anima la brama insoddisfatta di piaceri e di amore, e già l’amarezza di
non averne goduto, e nel cervello una grande paura di se stesso e della