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Genio & follia tra 800 e 900 - Tesina per Istituto tecnico giuridico Pag. 1
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Sintesi
Italiano: Decadentismo, Pirandello

Francese: Baudelaire

Storia: Crisi '29, crollo di Wall Street

Scienze delle finanze: Teorie keynesiane usate nella crisi del '29

Diritto: Follia dei totalitarismi e lo stato totalitario

Economia aziendale: Strategia e pianificazione marketing

Matematica: Ricerca operativa durante la 2^ guerra mondiale
Estratto del documento

diviene pura solo fine a se stessa, il linguaggio è di ordine allusivo, ricco di metafore, di analogie, di

simboli; la parola diventa più preziosa, pura e astratta, a volte comprensibile solo per lo scrittore

stesso; la sintassi diventa imprecisa e a volte vaga, la metrica tende a lasciare il posto al verso

libero.

L’attenzione per l’interiorità dei personaggi e l’indagine del loro disagio esistenziale costituiscono il

comune denominatore di una nuova stagione narrativa che prende avvio dal Decadentismo e

continua per circa cinquant’anni, fino agli anni trenta del novecento. Quest’esperienza letteraria si

definisce “Romanzo della crisi”.

Il desiderio di distinguersi dalla massa si manifesta anche nella tendenza a considerare la malattia,

la corruzione e la morte come condizione di privilegio. Molti sono gli autori che indagano verso

questa scia di pensiero. Una figura tipica è quella sveviana, cioè quella dell’inetto, un uomo affetto

da malattia interiore, causata da una consapevolezza del senso della vita che lo rende incapace di

agire.

La patologia mentale, comunque si manifesti, è il risultato di una mancanza di adattamento

dell’individuo all’ambiente; le attività che questi esplica sono spesso scudi protettivi, forse tentativi

di colmare la distanza che lo separa da un Dio lontano e indifferente.

La “follia” può essere così un modo propulsivo per avvicinarsi, in modo del tutto inconscio, ad una

verità apparentemente irraggiungibile e in un certo senso può presentare un effetto del

riconoscimento di tale irraggiungibilità.

Lange Eichbaum affermava che “la maggior parte dei geni furono degli anormali psicopatici “. Le

biografie di molti geni testimoniano nodi psicopatologici, ma non si sa se tra genio e follia vi sia

una relazione di causa-effetto e non si può dire quale dei due possa essere causa dell’altro.

Riflettere sulla “follia” vuol dire riflettere sulla nozione di identità, su come percepiamo le cose, su

cos’è la realtà. La follia non è solo disagio o malattia : con le sue categorie, ci provoca e interroga la

nostra visione del mondo. Tradizionalmente, folle è colui che, per comportamenti e opinioni, si

distacca da ciò che la norma definisce “accettabile”. Qui inizia il problema della definizione della

pazzia : nei vari ambiti sociali e nei differenti contesti storici cambiano i parametri che dividono ciò

che è normale da ciò che è deviante.

La nevrosi, talvolta interpretata dalla società come vera e propria pazzia, è tra i temi privilegiati

della narrativa pirandelliana. Una svolta decisiva nella storia della follia è segnata dalla nascita

della psicoanalisi. I meccanismi del disturbo psichico sono ricondotti a quelli che regolano

l’inconscio di ogni uomo. La follia non è più un mondo estraneo. In questo modo si può rivendicare

il potere di conoscenza, mettendo in crisi le categorie tradizionali di io e di realtà. La pazzia quindi,

diviene una dimensione alternativa a quella della vita normale, giudicata come impraticabile da

molti scrittori del XX secolo. La follia è rifugio rispetto alla sofferenza dell’esistere. I più noti e

significativi esempi sono “Il fu Mattia Pascal” e “Unonessuno e centomila” che, come altri

personaggi pirandelliani, scelgono la pazzia per evadere dalla società e dalla sofferenza di esistere.

Luigi Pirandello

Nacque nel 28 giugno 1867 ad Agrigento (allora Girgenti), nella tenuta di famiglia denominata

“Caos”. Il padre di famiglia ligure aveva preso in affitto alcune zolfare, la madre apparteneva a una

famiglia antiborbonica.

La vita familiare non era per niente serena a causa del carattere forte del padre; da questo Luigi

Pirandello ricavò la concezione di famiglia come “trappola”. Dopo aver frequentato gli studi in

Italia si laureò in Germania nel 1891 con un tesi in lingua tedesca sul dialetto agrigentino. Dalla

giovinezza alla matura età si dedicò alla poesia e produsse anche alcuni versi con chiare influenze

Carducciane, per esempio la prima raccolta “Mal giocando”. Pirandello aveva una visione del

mondo sostanzialmente antilirica che trasmesse in molte delle sue opere. Tornato in Sicilia decide di

sposare la figlia del suo socio d’affari , Antonietta Portulano, donna bellissima ma di salute

cagionevole e psicologicamente fragile. Gli inizi del matrimonio furono abbastanza felici, diedero

alla luce 3 figli che in seguito presero le sue orme in arte e letteratura. Grazie all’aiuto economico

del padre di Pirandello, la coppia poté vivere a Roma dove ebbero l’opportunità di frequentare

salotti culturali famosi dove egli conobbe Luigi Capuana, che lo incoraggiò nella sua attività di

scrittore. Collaborò a giornali e riviste mostrando avversione per il dannunzianesimo e per ogni

espressione di simbolismo e di estetismo.

Nel 1987 ebbe un incarico di insegnante di lingua italiana all’istituto superiore di magistero. Nel

1903 una frana distrusse le miniere di zolfo e la notizia del disastro finanziario provoco in

Antonietta una crisi nervosa che si manifestò attraverso prima sotto forma di paralisi isterica, in

seguito come vera e propria malattia mentale che la afflisse per tutta la vita.

Dopo essersi dedicato alla moglie malata per molti anni, nel 1922 Pirandello lasciò l’insegnamento,

e cominciò a vivere viaggiando all’estero per seguire compagnie teatrali che mettevano in scena i

suoi drammi, lì conobbe Marta Abba. Ispirandosi a lei Pirandello continuava a comporrei i suoi

drammi, contenenti stralci di Pirandellismo, per la rappresentazione problematica della realtà, che

secondo lo schema del contrasto tra la vita e la forma diventa inesistente.

In un clima di delusione storica per il tradimento dei grandi ideali risorgimentali, Pirandello

incontro l’opera dei grandi veristi : Capuana, Verga, De Roberto, dai quali prese le mosse per

approdare al superamento della loro visione del mondo e dei loro modelli narrativi.

L’interesse di Pirandello era centrato particolarmente nel spostare il punto di osservazione

all’interno della vita psichica, per scoprirne la fragilità e l’incoerenza. Esprimeva la concezione

dell’io debole formato da più strati di coscienza che si trovano in un agglomerato temporaneo,

aveva una visione ottimistica e positivista nella scienza come mezzo di conoscenza e dominio sulla

terra. Secondo Pirandello la vita è un continuo fluire, senza scopo ne ragione che crea continue

“forme” e “mondi ideali” destinate alla distruzione.

Secondo Pirandello, ogni immagine del mondo esterno che l’uomo cerca di darsi è opinionabile: se

va bene per me, non per forza deve essere condivisa da terzi che, attraverso un’altra prospettiva, ne

creano una propria. In questa sfiducia per le forme tradizionali del sapere, Pirandello si accostò

all’occultismo e allo spiritismo, cercando risposte al vuoto della sua condizione esistenziale.

La realtà gli si presenta come un magma caotico , un flusso continuo, in un continuo divenire

dove l’uomo ne è sommerso. La vita è istinto, sentimento, fantasia, passione, un flusso interiore

mutevole e vario. La forma è invece morale comune, convenzioni sociali, gli ideali, le convenzioni

che ci creiamo.

Per vivere in società e darsi una forma, l’individuo deve indossare più maschere a seconda dei ruoli

o dalla circostanze. Oltre alla maschera che noi indossiamo, ci sono anche quelle che gli altri ci

attribuiscono e che noi dobbiamo indossare, se vogliamo vivere integrati alla società, denudare le

maschere significa liberare i personaggi dalla cristallizzazione della forma per farli vivere in una

vita più dolorosa ma più autentica.

Lo strumento della quale si serve Pirandello è L’umorismo, capace di farti passare oltre l’apparenza

della forma per mostrare l’io frantumato e diviso.

Un originale prodotto delle sue riflessioni tra “io-mondo” è la lanterninosofia, esposta da Anselmo

Palerari a Mattia Pascal. Gli uomini diversamente dalle altre specie viventi , ha il triste privilegio di

“sentirsi vivere”, usano questo sentimento per conoscere il mondo esterno.

In nostro sentimento della vita è paragonabile ad un lanternino colorato che si diffonde intorno un

debole chiarore, da far apparire minaccioso il buio al di là dei suoi confini. Noi alterniamo i

lanternini a dei lanternoni che rappresentano le nostre ideologie e le fedi. A seguito dei mutamenti i

lanternoni cadono, vaghiamo come lucciole senza meta. La morte, spegnendo i nostri lanternini, ci

unirà con l’essere indistinto.

Secondo quanto afferma Pirandello, noi, dunque, possediamo strumenti inadeguati di

conoscenza: e da essi ne ricaviamo un senso di smarrimento per il buio che ci circonda.

Per quanto riguarda lo stile, Pirandello, rinunciò alla retorica, ottenendo una lingua molto vicina al

parlato ancora una volta in antitesi con le scelte dannunziane.

Le sue opere principali

Le novelle

Le novelle da lui scritte sono più di 200 raccolte in un’unica opera intitolata

Novelle per un anno perché avrebbero dovuto essere 365. Esse rappresentano

situazioni in cui l’autore esprime la propria amara concezione della vita.

Le opere teatrali

Tra le più importanti vi sono:

 Sei personaggi in cerca d’autore nel quale ciascuno dei sei

personaggi vogliono mettere in scena il proprio dramma;

 La giara La storia rappresentata ripercorre con umorismo molti dei temi cari allo scrittore

agrigentino, tra cui la molteplicità dei punti di vista, l'ambiente siciliano e i conflitti

interpersonali

I romanzi

Tra i romanzi ricordiamo:

 Uno, nessuno, centomila che presenta uno dei più interessanti temi

del pensiero pirandelliano: l’incomunicabilità umana.

 Il fu Mattia Pascal : la storia di un uomo che, creduto morto, si rifà una

vita ma alla fine capisce che è impossibile essere veramente liberi dai

pregiudizi;

Uno, nessuno e centomila

La follia è il grande tema che percorre tutta l'opera pirandelliana; le sue opere

sono piene di richiami al mondo della follia, dell’inconscio, del sogno. Essa è il

suo punto di partenza per esplorare quella crisi d'identità che qualsiasi evento

può scatenare. Dall'idea per cui la personalità degli uomini non è una ma

molteplice verrà uno dei suoi temi decisivi: la follia

I suoi personaggi si sdoppiano, sono dissociati, sono contemporaneamente

“Uno,nessuno e centomila”. Questo romanzo aiuta a riflettere su uno dei più

interessanti temi del pensiero pirandelliano: l'incomprensione e

l'incomunicabilità umana (da cui poi ci si ricollega al tema della follia).

 Il protagonista, Vitangelo Moscarda, entra in crisi quando gli viene fatto

notare dalla moglie di avere il naso diverso da come lui se lo vedeva:

questa banale constatazione lo porterà gradualmente alla pazzia.

Questo romanzo mette in evidenza quindi la diversità che esiste tra

come noi ci vediamo e come gli altri ci vedono ,non solo esteriormente

ma anche interiormente. Ciascuno non è uno, ma centomila, tante quante

sono le immagini che gli altri si fanno di lui. Naturalmente al termine pazzia

non sì dà il significato di patologia grave della psiche ma quello

pirandelliano più congruo di spazio vuoto, squarcio improvviso nella Pazzo è

coscienza, istantaneo ed insperato coincidere di essere ed esistere.

infatti chi, allo specchio, si scopra ad esistere in maniera diversa da quella

in cui credeva;e comunque chi, con la reduplicazione speculare

dell'immagine, come Vitangelo M., avvia un generale processo dì

scomposizione dell’ “io”, della propria personalità. La storia narrata in "Uno

nessuno e centomila" è proprio quella di una progressiva "scomposizione

dell'io”, il protagonista si accorge, di fronte allo specchio, di non essere

quell'uno che credeva di essere per sé e per la moglie. L'impossibilità di

conoscersi appieno, se non a patto di osservarsi praticamente dall'esterno,

e, quindi uscendo da sé per cui diventa impossibile vivere e vedersi

contemporaneamente.

Quindi, l'esperienza allo specchio gli conferma la sua ipotesi (cioè di non

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