Anteprima
Vedrai una selezione di 6 pagine su 22
Full Metal Jacket - Tesina Pag. 1 Full Metal Jacket - Tesina Pag. 2
Anteprima di 6 pagg. su 22.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Full Metal Jacket - Tesina Pag. 6
Anteprima di 6 pagg. su 22.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Full Metal Jacket - Tesina Pag. 11
Anteprima di 6 pagg. su 22.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Full Metal Jacket - Tesina Pag. 16
Anteprima di 6 pagg. su 22.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Full Metal Jacket - Tesina Pag. 21
1 su 22
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Sintesi

Introduzione Full Metal Jacket - Tesina



La seguente tesina ha come tema portante la guerra. "Full Metal Jacket" è un film di guerra statunitense del 1987 diretto da Stanley Kubrick. Il film è ispirato al romanzo Nato per uccidere (The Short-Timers) di Gustav Hasford. Le motivazioni che mi hanno portato a scegliere questo film come spunto per la mia tesina di maturità sono essenzialmente due. La prima: sono un grande appassionato di cinema e amo i film di Stanley Kubrick. Sono stato indeciso per molto tempo sull'argomento della tesina ma dopo che mi è stato ripetuto fino alla nausea 'fai qualcosa che ti piace', ho scelto di seguire la mia passione, anche se la scelta sembra discutibile. Sembra discutibile perché "Full Metal Jacket" è un film violento, non solo dal punto dal punto di vista “fisico”, dal momento che è un film di guerra, ma anche dal punto di vista psicologico e verbale, in quanto Kubrick cerca di rappresentare la realtà per come è, senza filtri e senza censure. Infatti, quando Kubrick disse a Michael Herr, co-sceneggiatore del film, di voler fare un film di guerra, Herr gli fece notare che aveva già fatto Orizzonti di gloria, al che il regista rispose: «Quello è contro la guerra. Voglio fare un film di guerra solo per considerarne il soggetto, senza una posizione morale o politica, ma come fenomeno». E qui arriviamo al secondo motivo che mi ha spinto a parlare di "Full Metal Jacket": l'interesse nello studiare la guerra come fenomeno, con particolare attenzione al rapporto tra l'uomo, o meglio, tra la natura umana e la guerra e al tema della cosiddetta “guerra giusta”. Infatti, la mia tesina non consisterà prettamente nell'analisi tecnica e specifica del film. Le scene, i personaggi, le ambientazioni di "Full Metal Jacket" saranno la base da cui partirò per parlare di argomenti di carattere universale e ancora, purtroppo, di estrema attualità.

Collegamenti


Full Metal Jacket - Tesina



Filosofia- Albert Einstein e Sigmund Freud sulla guerra.
Arte- Blu e la street art.
Storia- La guerra del Vietnam.
Latino- Tacito e l'imperialismo.
Estratto del documento

IL PUNTO DI VISTA DEGLI ETOLOGI

Il primo punto di vista che ho scelto di prendere in considerazione è quello di due scienziati,

in particolare di due etologi: Konrad Lorenz e Irenäus Eibl-Eibesfeldt .

Il termine etologia indica la moderna disciplina scientifica che studia il comportamento

animale nel suo ambiente naturale. I due etologi sopra citati, tuttavia, non si occupano solo

di etologia, ma anche e soprattutto di etologia umana, ossia di quella branca della scienza

moderna, in particolare dell'antropologia, che studia le basi biologiche e culturali del

comportamento umano.

Konrad Zacharias Lorenz (Vienna, 7 novembre 1903 – Altenberg, 27 febbraio 1989) è

stato uno zoologo ed etologo austriaco. È considerato il fondatore della moderna etologia

scientifica, da lui stesso definita come «ricerca comparata sul comportamento». Nel 1973 la

sua attività trova coronamento con l'assegnazione del Premio Nobel per la medicina e la

fisiologia (condiviso con Nikolaas Tinbergen e Karl von Frisch) per i suoi studi sulle

componenti innate del comportamento.

Lorenz ha compiuto ricerche sui problemi dell'aggressività, sulla sua funzione per la

sopravvivenza e sui meccanismi che si contrappongono ai suoi effetti deleteri, estendendo

queste ricerche dal campo animale fino a quello umano. Secondo Lorenz l'aggressività è

innata nell'uomo, così come anche negli animali ritenuti più pacifici. Si è sviluppata per

selezione naturale, perché utile all'individuo e alla specie, favorendo l'instaurarsi di

gerarchie , un migliore sfruttamento delle risorse alimentari, la selezione sessuale e la difesa

dai predatori.

Ha elaborato la teoria della cosiddetta «appetenza», secondo cui negli animali c'è un

meccanismo interno dove si accumula l'aggressività, e che ad un certo livello costringe

l'animale a sfogarla. Per Lorenz, come la fame comporta l'esigenza di nutrirsi, la mancanza

di sfoghi aggressivi fa crescere il bisogno di combattere.

Tuttavia, l'aggressività può essere di due tipi: interspecifica, cioè rivolta verso individui di

specie diversa, oppure intraspecifica, cioè tra individui della stessa specie. La distinzione è

importante, perché la prima non conosce freni, mentre la seconda è stata “disciplinata” dalla

dalla stessa selezione naturale. Questa ha infatti favorito lo sviluppo di dispositivi biologici,

di forme di comportamento, che inibiscono l'aggressività, cioè la frenano, la controllano e la

incanalano in forme efficaci ma non distruttive per la specie. Così, ad esempio, le contese

per l'accoppiamento sono “ritualizzate”, cioè assumono la forma di combattimenti simulati e

non mortali. Soprattutto, la selezione naturale ha sviluppato un complesso sistema di

segnalatori e recettori che consentono il riconoscimento tra cospecifici e ne inibiscono

l'uccisione.

Tutto questo vale anche per l'uomo. Le mani alzate in segno di resa, l'inginocchiarsi,

l'implorare pietà con espressioni del volto sono messaggi comprensibili ed efficaci in tutte le

culture. La violenza verbale può sostituire lo scontro fisico. Rituale e convenzioni, come le

dichiarazioni formali di guerra, la stipulazione di accordi, scambi di doni e pegni, limitano

l'esercizio della violenza. Quindi, anche nell'uomo esiste una resistenza innata, biologica,

all'uccisione dei cospecifici.

Come fare dunque a superare l'inibizione a uccidere?

L'austriaco Irenäus Eibl-Eibesfeldt (1928), allievo di Konrad Lorenz, cerca di spiegarlo nel

suo saggio Etologia della guerra, nel quale precisa che la guerra non è semplicemente il

guerra

risultato della aggressività naturale; gli schemi comportamentali innati di aggressività

entrano sì in gioco, ma azionandosi entro una serie di comportamenti più complessi, che

sono il risultato di un’evoluzione non solo biologica, ma anche culturale. E' noto, infatti, che

per spingere al combattimento grandi masse di uomini occorrono particolari accorgimenti:

bisogna eccitarli, magari stordendoli con alcolici, indottrinarli, sottoporli ad un lavaggio del

cervello, ad esempio dipingendo il nemico come un essere spregevole e subumano. Per

questo in "Full Metal Jacket" Hartman si riferisce ai vietnamiti chiamandoli “musi gialli”.

Per questo durante una delle tante marce, tra un coretto osceno e l'altro fa intonare anche

questo: “Crepi Ho Chi Minh, viva il corpo dei marines!”. Per questo nel giorno del Santo

Natale comunica alle reclute: “Il cappellano Charlie vi farà sapere come il mondo libero

riuscirà a far fuori il comunismo: con l'aiuto di Dio e di alcuni marines!”.

Si tratta di mezzi che disattivano i freni biologici dell'uccisione. E sono mezzi culturali.

Eibl-Eibesfeldt arriva a parlare di pseudospeciazione culturale. La speciazione è il processo

mediante il quale si forma una nuova specie animale o vegetale, in seguito all'adattamento a

un nuovo ambiente. La pseudospeciazione è il processo mediante il quale i gruppi umani,

diffondendosi in nuovi ambienti, si differenziano culturalmente gli uni dagli altri tanto da

dare l'impressione di appartenere a specie diverse:

“Nel corso del processo di pseudospeciazione culturale, i gruppi umani si sono separati gli

uni dagli altri, come se appartenessero a specie diverse. Quindi i controlli innati

dell’aggressività, i quali, come nel caso degli animali, disinnescano l’aggressività intraspe-

cifica, nel caso dell’uomo funzionano soltanto nei conflitti interni ai gruppi. I conflitti tra

gruppi diversi hanno assunto caratteri simili a quelli dei conflitti tra animali di specie

diverse e sono diventati distruttivi.”

Qual è dunque il legame tra aggressività innata nell'uomo e la guerra? Citando sempre

Etolgia della guerra:

guerra

“Dovrebbe risultare chiara la mia distinzione tra la guerra in quanto prodotto

dell'evoluzione culturale e le forme individuali dell'aggressività interna al gruppo, che sono

determinate essenzialmente per via biologica.(…) La decisione di fare la guerra viene

spesso soppesata e presa dai capi tribù, o dagli statisti, in base ad un freddo calcolo, ma è

altrettanto sicuro che poi si cerca di coinvolgere emotivamente in essa ciascun singolo

partecipante. Qui sussistono legami tra l'aggressività individuale e la guerra”

Seppure, in realtà, nella guerra entrano spesso in gioco impulsi deviati e perversioni, rimane

il fatto che essa nasce comunque come mezzo “razionale”, in mancanza di modi meno

brutali, per assicurarsi la terra e le risorse.

ALBERT EINSTEIN E SIGMUND FREUD SULLA GUERRA

Il secondo punto di vista che prendo in considerazione è quello di due dei più grandi

intellettuali del Novecento: Sigmund Freud e Albert Einstein. A differenza dei due etologi di

cui ho parlato in precedenza, il padre della psicoanalisi e l'ideatore della relatività non hanno

bisogno di presentazioni. Merita invece due parole il contesto in cui si sono trovati a parlare

di guerra e del rapporto tra questa e la natura umana.

Nel 1931 l'Istituto internazionale di cooperazione intellettuale si fece promotore di uno

scambio di lettere tra esponenti rappresentativi della cultura su temi che seguissero gli

interessi generali della Società delle Nazioni. Per primo fu interpellato Einstein, pacifista

convinto, il quale fece il nome di Sigmund Freud. Le lettere furono scambiate nel 1932.

Preso il potere nel 1933, i nazisti proibiranno la pubblicazione del carteggio.

Nella sua lettera, Albert Einstein esordisce con una tesi molto simile a quella di Hegel, il

quale aveva criticato la possibilità prospettata da Kant di creare un ente sovranazionale che

sanasse i conflitti tra i vari stati e permettesse di raggiungere la “pace perpetua”. Anche per

Einstein questa sembra essere un'utopia lontana, principalmente per due motivi:

1) la ricerca della sicurezza internazionale implica che ogni stato rinunci alla sua

sovranità, ma la sete di potere della classe dominante è in ogni Stato contraria a

qualsiasi limitazione della sovranità nazionale;

2) alcune persone, poche, ma con un grande potere economico-politico, vedono nella

guerra, nella fabbricazione e nella vendita delle armi, un enorme business grazie al

quale possono ampliare i loro interessi e la loro autorità.

Blu, Bogotà, Colombia

A questo punto Einstein si imbatte inevitabilmente in una domanda: com'è possibile che una

minoranza riesca ad asservire ai propri interessi un'immensa massa di persone che da una

guerra ha solo da soffrire e da perdere? A questa domanda il fisico tedesco da due risposte,

che cito direttamente dalla sua lettera:

1) “Una risposta ovvia a questa domanda sarebbe che la minoranza di quelli che di

volta in volta sono al potere ha in mano prima di tutto la scuola e la stampa, e

perlopiù anche le organizzazioni religiose. Ciò le consente di organizzare e sviare i

sentimenti delle masse rendendoli strumenti della propria politica”.

2) “Perché l'uomo ha entro di sé il piacere di odiare e di distruggere. In tempi normali

la sua passione rimane latente, emerge solo in circostanze eccezionali; ma è

abbastanza facile attizzarla e portarla alle altezze di una psicosi collettiva”

Nella lettera di Einstein c'è ancora spazio per un ultima domanda, a cui però non dà una

risposta e che rivolge a Freud: “vi è una possibilità di dirigere l'evoluzione psichica degli

uomini in modo che diventino capaci di resistere alle psicosi dell'odio e della distruzione?”

La lettera di risposta di Freud si apre con una sentenza: “non c'è speranza nel voler

sopprimere le tendenze aggressive degli uomini”.

Il padre della psicoanalisi si mostra però inizialmente aperto alla possibilità di deviare tali

tendenze in modo che non debbano trovare espressione nella guerra. Espone la sua teoria

delle pulsioni: una pulsione è “un certo ammontare di energia che preme verso una certa

direzione”. L'uomo è caratterizzato da due tipi di pulsione:

Eros, ossia la pulsione di vita che sta alla base dei legami affettivi e che tende ad

• unire; , ossia la pulsione di morte che sta alla base dei sentimenti di invidia e di

Thanatos

• odio e dei comportamenti aggressivi; essa tende a distruggere e trova la sua massima

espressione proprio in guerra.

Secondo Freud, la civiltà è costruita sulla rinuncia dell'individuo al soddisfacimento

illimitato delle pulsioni: quelle aggressive devono essere represse, quelle sessuali devono

Dettagli
Publisher
22 pagine
11 download