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Introduzione Full Metal Jacket - Tesina
La seguente tesina ha come tema portante la guerra. "Full Metal Jacket" è un film di guerra statunitense del 1987 diretto da Stanley Kubrick. Il film è ispirato al romanzo Nato per uccidere (The Short-Timers) di Gustav Hasford. Le motivazioni che mi hanno portato a scegliere questo film come spunto per la mia tesina di maturità sono essenzialmente due. La prima: sono un grande appassionato di cinema e amo i film di Stanley Kubrick. Sono stato indeciso per molto tempo sull'argomento della tesina ma dopo che mi è stato ripetuto fino alla nausea 'fai qualcosa che ti piace', ho scelto di seguire la mia passione, anche se la scelta sembra discutibile. Sembra discutibile perché "Full Metal Jacket" è un film violento, non solo dal punto dal punto di vista “fisico”, dal momento che è un film di guerra, ma anche dal punto di vista psicologico e verbale, in quanto Kubrick cerca di rappresentare la realtà per come è, senza filtri e senza censure. Infatti, quando Kubrick disse a Michael Herr, co-sceneggiatore del film, di voler fare un film di guerra, Herr gli fece notare che aveva già fatto Orizzonti di gloria, al che il regista rispose: «Quello è contro la guerra. Voglio fare un film di guerra solo per considerarne il soggetto, senza una posizione morale o politica, ma come fenomeno». E qui arriviamo al secondo motivo che mi ha spinto a parlare di "Full Metal Jacket": l'interesse nello studiare la guerra come fenomeno, con particolare attenzione al rapporto tra l'uomo, o meglio, tra la natura umana e la guerra e al tema della cosiddetta “guerra giusta”. Infatti, la mia tesina non consisterà prettamente nell'analisi tecnica e specifica del film. Le scene, i personaggi, le ambientazioni di "Full Metal Jacket" saranno la base da cui partirò per parlare di argomenti di carattere universale e ancora, purtroppo, di estrema attualità.
Collegamenti
Full Metal Jacket - Tesina
Filosofia- Albert Einstein e Sigmund Freud sulla guerra.
Arte- Blu e la street art.
Storia- La guerra del Vietnam.
Latino- Tacito e l'imperialismo.
IL PUNTO DI VISTA DEGLI ETOLOGI
Il primo punto di vista che ho scelto di prendere in considerazione è quello di due scienziati,
in particolare di due etologi: Konrad Lorenz e Irenäus Eibl-Eibesfeldt .
Il termine etologia indica la moderna disciplina scientifica che studia il comportamento
animale nel suo ambiente naturale. I due etologi sopra citati, tuttavia, non si occupano solo
di etologia, ma anche e soprattutto di etologia umana, ossia di quella branca della scienza
moderna, in particolare dell'antropologia, che studia le basi biologiche e culturali del
comportamento umano.
Konrad Zacharias Lorenz (Vienna, 7 novembre 1903 – Altenberg, 27 febbraio 1989) è
stato uno zoologo ed etologo austriaco. È considerato il fondatore della moderna etologia
scientifica, da lui stesso definita come «ricerca comparata sul comportamento». Nel 1973 la
sua attività trova coronamento con l'assegnazione del Premio Nobel per la medicina e la
fisiologia (condiviso con Nikolaas Tinbergen e Karl von Frisch) per i suoi studi sulle
componenti innate del comportamento.
Lorenz ha compiuto ricerche sui problemi dell'aggressività, sulla sua funzione per la
sopravvivenza e sui meccanismi che si contrappongono ai suoi effetti deleteri, estendendo
queste ricerche dal campo animale fino a quello umano. Secondo Lorenz l'aggressività è
innata nell'uomo, così come anche negli animali ritenuti più pacifici. Si è sviluppata per
selezione naturale, perché utile all'individuo e alla specie, favorendo l'instaurarsi di
gerarchie , un migliore sfruttamento delle risorse alimentari, la selezione sessuale e la difesa
dai predatori.
Ha elaborato la teoria della cosiddetta «appetenza», secondo cui negli animali c'è un
meccanismo interno dove si accumula l'aggressività, e che ad un certo livello costringe
l'animale a sfogarla. Per Lorenz, come la fame comporta l'esigenza di nutrirsi, la mancanza
di sfoghi aggressivi fa crescere il bisogno di combattere.
Tuttavia, l'aggressività può essere di due tipi: interspecifica, cioè rivolta verso individui di
specie diversa, oppure intraspecifica, cioè tra individui della stessa specie. La distinzione è
importante, perché la prima non conosce freni, mentre la seconda è stata “disciplinata” dalla
dalla stessa selezione naturale. Questa ha infatti favorito lo sviluppo di dispositivi biologici,
di forme di comportamento, che inibiscono l'aggressività, cioè la frenano, la controllano e la
incanalano in forme efficaci ma non distruttive per la specie. Così, ad esempio, le contese
per l'accoppiamento sono “ritualizzate”, cioè assumono la forma di combattimenti simulati e
non mortali. Soprattutto, la selezione naturale ha sviluppato un complesso sistema di
segnalatori e recettori che consentono il riconoscimento tra cospecifici e ne inibiscono
l'uccisione.
Tutto questo vale anche per l'uomo. Le mani alzate in segno di resa, l'inginocchiarsi,
l'implorare pietà con espressioni del volto sono messaggi comprensibili ed efficaci in tutte le
culture. La violenza verbale può sostituire lo scontro fisico. Rituale e convenzioni, come le
dichiarazioni formali di guerra, la stipulazione di accordi, scambi di doni e pegni, limitano
l'esercizio della violenza. Quindi, anche nell'uomo esiste una resistenza innata, biologica,
all'uccisione dei cospecifici.
Come fare dunque a superare l'inibizione a uccidere?
L'austriaco Irenäus Eibl-Eibesfeldt (1928), allievo di Konrad Lorenz, cerca di spiegarlo nel
suo saggio Etologia della guerra, nel quale precisa che la guerra non è semplicemente il
guerra
risultato della aggressività naturale; gli schemi comportamentali innati di aggressività
entrano sì in gioco, ma azionandosi entro una serie di comportamenti più complessi, che
sono il risultato di un’evoluzione non solo biologica, ma anche culturale. E' noto, infatti, che
per spingere al combattimento grandi masse di uomini occorrono particolari accorgimenti:
bisogna eccitarli, magari stordendoli con alcolici, indottrinarli, sottoporli ad un lavaggio del
cervello, ad esempio dipingendo il nemico come un essere spregevole e subumano. Per
questo in "Full Metal Jacket" Hartman si riferisce ai vietnamiti chiamandoli “musi gialli”.
Per questo durante una delle tante marce, tra un coretto osceno e l'altro fa intonare anche
questo: “Crepi Ho Chi Minh, viva il corpo dei marines!”. Per questo nel giorno del Santo
Natale comunica alle reclute: “Il cappellano Charlie vi farà sapere come il mondo libero
riuscirà a far fuori il comunismo: con l'aiuto di Dio e di alcuni marines!”.
Si tratta di mezzi che disattivano i freni biologici dell'uccisione. E sono mezzi culturali.
Eibl-Eibesfeldt arriva a parlare di pseudospeciazione culturale. La speciazione è il processo
mediante il quale si forma una nuova specie animale o vegetale, in seguito all'adattamento a
un nuovo ambiente. La pseudospeciazione è il processo mediante il quale i gruppi umani,
diffondendosi in nuovi ambienti, si differenziano culturalmente gli uni dagli altri tanto da
dare l'impressione di appartenere a specie diverse:
“Nel corso del processo di pseudospeciazione culturale, i gruppi umani si sono separati gli
uni dagli altri, come se appartenessero a specie diverse. Quindi i controlli innati
dell’aggressività, i quali, come nel caso degli animali, disinnescano l’aggressività intraspe-
cifica, nel caso dell’uomo funzionano soltanto nei conflitti interni ai gruppi. I conflitti tra
gruppi diversi hanno assunto caratteri simili a quelli dei conflitti tra animali di specie
diverse e sono diventati distruttivi.”
Qual è dunque il legame tra aggressività innata nell'uomo e la guerra? Citando sempre
Etolgia della guerra:
guerra
“Dovrebbe risultare chiara la mia distinzione tra la guerra in quanto prodotto
dell'evoluzione culturale e le forme individuali dell'aggressività interna al gruppo, che sono
determinate essenzialmente per via biologica.(…) La decisione di fare la guerra viene
spesso soppesata e presa dai capi tribù, o dagli statisti, in base ad un freddo calcolo, ma è
altrettanto sicuro che poi si cerca di coinvolgere emotivamente in essa ciascun singolo
partecipante. Qui sussistono legami tra l'aggressività individuale e la guerra”
Seppure, in realtà, nella guerra entrano spesso in gioco impulsi deviati e perversioni, rimane
il fatto che essa nasce comunque come mezzo “razionale”, in mancanza di modi meno
brutali, per assicurarsi la terra e le risorse.
ALBERT EINSTEIN E SIGMUND FREUD SULLA GUERRA
Il secondo punto di vista che prendo in considerazione è quello di due dei più grandi
intellettuali del Novecento: Sigmund Freud e Albert Einstein. A differenza dei due etologi di
cui ho parlato in precedenza, il padre della psicoanalisi e l'ideatore della relatività non hanno
bisogno di presentazioni. Merita invece due parole il contesto in cui si sono trovati a parlare
di guerra e del rapporto tra questa e la natura umana.
Nel 1931 l'Istituto internazionale di cooperazione intellettuale si fece promotore di uno
scambio di lettere tra esponenti rappresentativi della cultura su temi che seguissero gli
interessi generali della Società delle Nazioni. Per primo fu interpellato Einstein, pacifista
convinto, il quale fece il nome di Sigmund Freud. Le lettere furono scambiate nel 1932.
Preso il potere nel 1933, i nazisti proibiranno la pubblicazione del carteggio.
Nella sua lettera, Albert Einstein esordisce con una tesi molto simile a quella di Hegel, il
quale aveva criticato la possibilità prospettata da Kant di creare un ente sovranazionale che
sanasse i conflitti tra i vari stati e permettesse di raggiungere la “pace perpetua”. Anche per
Einstein questa sembra essere un'utopia lontana, principalmente per due motivi:
1) la ricerca della sicurezza internazionale implica che ogni stato rinunci alla sua
sovranità, ma la sete di potere della classe dominante è in ogni Stato contraria a
qualsiasi limitazione della sovranità nazionale;
2) alcune persone, poche, ma con un grande potere economico-politico, vedono nella
guerra, nella fabbricazione e nella vendita delle armi, un enorme business grazie al
quale possono ampliare i loro interessi e la loro autorità.
Blu, Bogotà, Colombia
A questo punto Einstein si imbatte inevitabilmente in una domanda: com'è possibile che una
minoranza riesca ad asservire ai propri interessi un'immensa massa di persone che da una
guerra ha solo da soffrire e da perdere? A questa domanda il fisico tedesco da due risposte,
che cito direttamente dalla sua lettera:
1) “Una risposta ovvia a questa domanda sarebbe che la minoranza di quelli che di
volta in volta sono al potere ha in mano prima di tutto la scuola e la stampa, e
perlopiù anche le organizzazioni religiose. Ciò le consente di organizzare e sviare i
sentimenti delle masse rendendoli strumenti della propria politica”.
2) “Perché l'uomo ha entro di sé il piacere di odiare e di distruggere. In tempi normali
la sua passione rimane latente, emerge solo in circostanze eccezionali; ma è
abbastanza facile attizzarla e portarla alle altezze di una psicosi collettiva”
Nella lettera di Einstein c'è ancora spazio per un ultima domanda, a cui però non dà una
risposta e che rivolge a Freud: “vi è una possibilità di dirigere l'evoluzione psichica degli
uomini in modo che diventino capaci di resistere alle psicosi dell'odio e della distruzione?”
La lettera di risposta di Freud si apre con una sentenza: “non c'è speranza nel voler
sopprimere le tendenze aggressive degli uomini”.
Il padre della psicoanalisi si mostra però inizialmente aperto alla possibilità di deviare tali
tendenze in modo che non debbano trovare espressione nella guerra. Espone la sua teoria
delle pulsioni: una pulsione è “un certo ammontare di energia che preme verso una certa
direzione”. L'uomo è caratterizzato da due tipi di pulsione:
Eros, ossia la pulsione di vita che sta alla base dei legami affettivi e che tende ad
• unire; , ossia la pulsione di morte che sta alla base dei sentimenti di invidia e di
Thanatos
• odio e dei comportamenti aggressivi; essa tende a distruggere e trova la sua massima
espressione proprio in guerra.
Secondo Freud, la civiltà è costruita sulla rinuncia dell'individuo al soddisfacimento
illimitato delle pulsioni: quelle aggressive devono essere represse, quelle sessuali devono