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Sintesi
Matematica: la crisi dei fondamenti della matematica (geometrie non euclidee, Hilbert e Godel)

Fisica: la relatività di Einstein e principio di Heisenberg

Storia dell'arte: Avanguardie e Dada (analisi delle riletture della Monna Lisa, Action painting e Pollock)

Letteratura italiana: Luigi Pirandello; Italo Svevo; Franz Kafka; Italo Calvino

Letteratura inglese: James Joyce; Samuel Beckett
Estratto del documento

L’osservazione e l’esperimento, sia scientifico che quello semplice e ingenuo del bambino, portano la

nostra mente a racchiudere, quasi a condensare, quello che si è appreso in enti primitivi, elementi che

costituiscono un punto di partenza e che non richiedono una spiegazione ulteriore per essere compresi.

Un ente primitivo è un concetto di immediata comprensione che non richiede una dimostrazione e trae la

sua veridicità dall’esperienza concreta. Inoltre esistono anche proposizioni più complesse che non hanno

bisogno di una dimostrazione ma che riportano la loro veridicità all’intuizione. Gli assiomi sono la base di

tutto l’edificio della matematica, e su di loro si basano tutti i teoremi più complessi. Inoltre gli assiomi

definiscono “implicitamente” i propri enti primitivi. Un assioma deve essere coerente e non porre in

contraddizione il sistema stesso, inoltre deve essere indipendente da qualsiasi altro assioma.

La geometria e più in generale tutta la matematica si basano su assiomi.

Il quinto postulato di Euclide “... Come veggion le terrene menti

Non capere in triangol due ottusi”

Dante, Divina Commedia (Paradiso - XVII)

Nel più famoso testo di geometria della storia della matematica Euclide propone cinque assiomi, su cui si

basa tutto il sistema della geometria piana.

1) Tra due punti qualsiasi è possibile tracciare una ed una sola retta.

2) Si può prolungare una retta oltre i due punti indefinitamente.

3) Dato un punto e una lunghezza, è possibile descrivere un cerchio.

4) Tutti gli angoli retti sono uguali.

5) Se una retta taglia altre due rette determinando dallo stesso lato angoli interni la cui somma è

minore di quella di due angoli retti, prolungando le due rette, esse si incontreranno dalla parte dove la

somma dei due angoli è minore di due angoli retti. 12

Maurits Escher

Limite del cerchio II

(opera basata sul nuovo concetto di geometria

13

iperbolica)

Mentre i primi quattro assiomi sono evidentemente corretti ed indipendenti tra loro, il quinto postulato

non può essere verificato sperimentalmente. Risulta impossibile infatti creare una linea reale che giunga

all’infinito e che possa dimostrare che due rette parallele non si incontrano mai.

Il postulato non risulta inoltre di comprensione immediata e viene utilizzato solo dal teorema n.28 del

testo di Euclide, nonostante il fatto che una sua applicazione avrebbero reso molto più semplice la

dimostrazione di alcuni dei primi 28 teoremi. Questo fatto può mostrare come lo stesso Euclide non

credesse pienamente nella validità dell’assioma.

Già tra gli antichi sono numerosi i matematici che tentano di dare una formulazione alternativa

all’assioma, in modo da renderlo più immediato.

La prima svolta sul problema del V postulato si ha con l’opera di Saccheri (1667-1733), famoso

matematico gesuita, che tentò per primo di dimostrare il postulato.

Assunte come date le prime proposizioni del libro I di Euclide, le quali sono indipendenti dal V assioma;

e, assunta come ulteriore ipotesi la falsità di quest’ultimo, cerca, fra le conseguenze della nuova ipotesi,

qualche proposizione da cui scaturisca la verità di esso. Purtroppo la dimostrazione di Saccheri non risulta

corretta ma sono molto importanti le tre ipotesi da lui formulate. Per il gesuita dato un quadrilatero

birettangolo isoscele gli angoli adiacenti ad uno stesso lato possono essere acuti, ottusi o retti. Alle tre

ipotesi di Saccheri corrispondono le tre geometrie non euclidee.

Le geometrie non euclidee

Solo all’inizio dell‘800 si riesce a dimostrare l’indipendenza del teorema di Euclide grazie agli studi di

Lobatceskij (1793-1874) e Bolyai (1802-1860). I due matematici, oltre a verificare l’indipendenza del

14

15

Bruno Munari

Colori nella curva di Peano

teorema, dimostrano che accentandolo si ottengono una serie di conseguenze che vanno a costituire la

geometria euclidea, mentre negandolo si otterrà una geometria non euclidea.

Lobatceskij e Bolyai sostituiscono l’assioma di Euclide con un assioma che garantisce l’esistenza di due

parallele a una retta condotte per un punto esterno ad essa. La geometria creata, indipendentemente dai

due matematici, prende il nome di “geometria iperbolica”.

Vent’anni dopo alla conferenza inaugurale tenuta all’Università di Gottinga il famoso matematico tedesco

Riemann pone le basi di una nuova geometria “immaginaria”. Presupponendo che per un punto esterno a

una retta non si possa far passare nessuna parallela Riemann crea la “geometria ellittica”.

Entrambi le geometrie sono corrette dal punto di vista formale e hanno un sistema assiomatico valido che

le rende vere e proprie geometrie, non meno valide di quella ellittica. Nonostante l’iniziale stupore per le

nuove geometrie, principalmente dovuto alla non-osservabilità dei fenomeni descritti, ci si può accorgere

che anche le geometrie non euclidee possono avere una applicazione al mondo reale. Per esempio la

geometria sferica, equivalente della geometria di Riemann, può essere applicata agli angoli delle

coordinate geografiche. Un triangolo immaginario formato da vari punti lontani sulla terra (approssimata

a una sfera) non ha angoli interni la cui somma è uguale a un angolo piatto, anche se quando il triangolo

viene rimpicciolito e la dimensione dei suoi lati tende a 0, la geometria sferica si può approssimare in una

geometria euclidea.

In realtà Lobatceskij-Bolyai e Riemann non avevano dimostrato l’indipendenza del V postulato, perché

cercavano una dimostrazione per assurdo tra le affermazioni delle nuove geometrie, ma avevano creato

due nuovi sistemi geometrici, corretti ma puramente immaginari, scardinando la base su cui la

matematica si era sostenuta per secoli. 16

Mario Merz

Il volo dei numeri

(La sequenza di Fibonacci)

Installazione su Mole Antonelliana,

17

Torino

La crisi della matematica

Sulla natura assiomatica della matematica

Come la geometria anche la matematica ha una natura assiomatica. I primi tentativi di dare

un’assiomatica ai vari insiemi numerici risalgono alla fine del 1800. L’assiomatica dei numeri naturali si

deve a Giuseppe Peano (1858-1932) che descrive l’insieme N tracciando cinque assiomi fondamentali. E’

di particolare importanza il quinto assioma, detto anche principio di induzione, che permette di

“trasmettere” le proprietà di un elemento di N al successivo, in modo da autogenerare il sistema.

Contemporaneamente all’assiomatica di N nasce anche l’assiomatica per i numeri reali, che viene

introdotta in diversi modi da Cantor (coppia di classi contigue), da Pasch e Russel (segmento numerico),

da Peano (segmento superiore) e da Dedekind.

Un sistema instabile

La crisi della geometria euclidea mostra come un sistema assiomatico, nonostante la correttezza formale,

possa perdere la sua validità empirica e possa risultare una pura costruzione immaginaria priva di

significato.

Gli assiomi di un sistema diventano un semplice punto di partenza convenzionale e nasce quindi il

problema della coerenza dei sistemi artificialmente costruiti.

Ci si chiede se almeno i numeri naturali si possano considerare un concetto primitivo. Si può citare una

famosa frase di Kronecker: “è Dio che ha creato i numeri naturali, tutto il resto è opera degli uomini”.

Risulta quindi difficile trovare una definizione precisa e un senso anche solo al concetto di numero.

Secondo Frege il concetto di numero deve essere ricercato in quello di classe. Inoltre secondo l’inglese

Boole la logica sarebbe stata fondamentale nella fondazione della matematica e la matematica stessa

sarebbe diventata una “branca della logica”. 18

Giacomo Balla

Velocità dʼautomobile (1913)

Olio su tela

19

Galleria Grassi, Milano

L’antinomia di Russel

Anche il sistema basato sulla logica delle classi viene presto messo in crisi dalla famosa antinomia di

Russel. Per semplificare il concetto si può utilizzare la famosa immagine del barbiere. "In un villaggio c'è

un unico barbiere. Il barbiere rade tutti (e soli) gli uomini che non si radono da soli. Il barbiere rade sé

stesso?". Anche in questo caso si possono formulare due ipotesi:

Se il barbiere rade sé stesso, allora per definizione il barbiere non rade sé stesso;

Se il barbiere non rade sé stesso allora, poiché il barbiere rade tutti quelli che non si radono da soli, il

barbiere rade sé stesso.

In entrambi i casi siamo arrivati ad una contraddizione. Tuttavia, il paradosso può essere generalizzato. E

appunto una generalizzazione di questo problema portò ad un’antinomia che causò un momento di crisi di

tutta la teoria matematica dell'epoca. Russell aveva formulato, nel 1901, il seguente problema: "Un

insieme può essere o meno elemento di sé stesso?" Ad esempio, l'insieme di tutti i libri di una biblioteca

non è elemento di sé stesso. Invece, l'insieme di tutti gli insiemi con più di venti elementi è elemento di sé

stesso. Ma se si pensa, invece, all'insieme di tutti gli insiemi che non sono elementi di se stessi? Esso è o

no elemento di se stesso? È evidente la somiglianza del problema col paradosso del barbiere.

La conclusione cui arrivò inizialmente Russell fu di affermare che non basta descrivere una proprietà di

un insieme per garantire la sua esistenza. In seguito, introdusse una nuova teoria degli insiemi nella quale

gli insiemi si distinguono in diversi livelli. Al livello zero avremo gli elementi, al livello uno gli insiemi

d’elementi, al livello due gli insiemi d’insiemi d’elementi e così via. In quest’ottica, è possibile risolvere

l'antinomia e i paradossi.

L’attività scientifica di Frege rimarrà completamente sconvolta dall’antinomia di Russel, tenendo lo

scienziato lontano dal problema dei fondamenti per il resto della sua vita.

Il futuro della matematica secondo Hilbert

Al congresso di Parigi del 1900 Hilbert aveva presentato una lista di 23 problemi che secondo lui

avrebbero costituito i problemi futuri della matematica. Hilbert voleva tracciare una guida comune per la

20

21

ricerca matematica del nuovo secolo ma soprattutto porre sotto particolare attenzione i problemi

fondazionali.

Secondo Hilbert i problemi della matematica si sarebbero risolti formalizzando i sistemi matematici in

modo da renderli coerenti. Per i formalisti la matematica può essere completamente dedotta da un sistema

assiomatico formale. Per dimostrare, dunque, che la matematica è non contraddittoria è sufficiente

dimostrare che quel sistema è non contraddittorio.

In un sistema formale, dedurre teoremi a partire dagli assiomi equivale a trasformare certe serie di segni

in altri serie di segni, sulla base di alcune regole deduttive anch’esse esplicitate.

Secondo Hilbert il problema della matematica è quindi principalmente un problema linguistico. Rendendo

più rigoroso e ricco il linguaggio di un sistema si riusciranno a risolvere i problemi fondazionali. Per

Hilbert la matematica non è che un gioco combinatorio di forme. Le regole del gioco vanno fissate prima

che il gioco inizi, ma non sono del tutto arbitrarie. Lo scopo della metamatematica è di controllare che

queste regole garantiscano un buon funzionamento del gioco. In un primo momento, quel che noi

abbiamo chiamato "buon funzionamento del gioco" è identificato da Hilbert con la non contraddittorietà.

Inoltre dal 1928 Hilbert introdurrà anche la necessità della completezza di un sistema.

In realtà, nonostante i formalisti riescano a formalizzare notevolmente la matematica realizzando un

grande lavoro di correzione e perfezionamento dei sistemi, essi non riusciranno mai a raggiungere il

sistema perfetto che Hilbert sperava di raggiungere. Sarà uno dei matematici più importanti di tutti i tempi

a porre fine ai tentativi della scuola di Hilbert.

I teoremi di incompletezza

Nel 1931, precisando nei Teoremi limitativi le proprietà che i sistemi formali non possono avere, Gödel

dimostra i famosi Teoremi di incompletezza ponendo fine ai tentativi di dimostrare la coerenza dei sistemi

In ogni teoria matematica T sufficientemente espressiva da

Il teorema di Gödel dimostra infatti che “

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