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Letteratura inglese: James Joyce; Samuel Beckett
L’osservazione e l’esperimento, sia scientifico che quello semplice e ingenuo del bambino, portano la
nostra mente a racchiudere, quasi a condensare, quello che si è appreso in enti primitivi, elementi che
costituiscono un punto di partenza e che non richiedono una spiegazione ulteriore per essere compresi.
Un ente primitivo è un concetto di immediata comprensione che non richiede una dimostrazione e trae la
sua veridicità dall’esperienza concreta. Inoltre esistono anche proposizioni più complesse che non hanno
bisogno di una dimostrazione ma che riportano la loro veridicità all’intuizione. Gli assiomi sono la base di
tutto l’edificio della matematica, e su di loro si basano tutti i teoremi più complessi. Inoltre gli assiomi
definiscono “implicitamente” i propri enti primitivi. Un assioma deve essere coerente e non porre in
contraddizione il sistema stesso, inoltre deve essere indipendente da qualsiasi altro assioma.
La geometria e più in generale tutta la matematica si basano su assiomi.
Il quinto postulato di Euclide “... Come veggion le terrene menti
Non capere in triangol due ottusi”
Dante, Divina Commedia (Paradiso - XVII)
Nel più famoso testo di geometria della storia della matematica Euclide propone cinque assiomi, su cui si
basa tutto il sistema della geometria piana.
1) Tra due punti qualsiasi è possibile tracciare una ed una sola retta.
2) Si può prolungare una retta oltre i due punti indefinitamente.
3) Dato un punto e una lunghezza, è possibile descrivere un cerchio.
4) Tutti gli angoli retti sono uguali.
5) Se una retta taglia altre due rette determinando dallo stesso lato angoli interni la cui somma è
minore di quella di due angoli retti, prolungando le due rette, esse si incontreranno dalla parte dove la
somma dei due angoli è minore di due angoli retti. 12
Maurits Escher
Limite del cerchio II
(opera basata sul nuovo concetto di geometria
13
iperbolica)
Mentre i primi quattro assiomi sono evidentemente corretti ed indipendenti tra loro, il quinto postulato
non può essere verificato sperimentalmente. Risulta impossibile infatti creare una linea reale che giunga
all’infinito e che possa dimostrare che due rette parallele non si incontrano mai.
Il postulato non risulta inoltre di comprensione immediata e viene utilizzato solo dal teorema n.28 del
testo di Euclide, nonostante il fatto che una sua applicazione avrebbero reso molto più semplice la
dimostrazione di alcuni dei primi 28 teoremi. Questo fatto può mostrare come lo stesso Euclide non
credesse pienamente nella validità dell’assioma.
Già tra gli antichi sono numerosi i matematici che tentano di dare una formulazione alternativa
all’assioma, in modo da renderlo più immediato.
La prima svolta sul problema del V postulato si ha con l’opera di Saccheri (1667-1733), famoso
matematico gesuita, che tentò per primo di dimostrare il postulato.
Assunte come date le prime proposizioni del libro I di Euclide, le quali sono indipendenti dal V assioma;
e, assunta come ulteriore ipotesi la falsità di quest’ultimo, cerca, fra le conseguenze della nuova ipotesi,
qualche proposizione da cui scaturisca la verità di esso. Purtroppo la dimostrazione di Saccheri non risulta
corretta ma sono molto importanti le tre ipotesi da lui formulate. Per il gesuita dato un quadrilatero
birettangolo isoscele gli angoli adiacenti ad uno stesso lato possono essere acuti, ottusi o retti. Alle tre
ipotesi di Saccheri corrispondono le tre geometrie non euclidee.
Le geometrie non euclidee
Solo all’inizio dell‘800 si riesce a dimostrare l’indipendenza del teorema di Euclide grazie agli studi di
Lobatceskij (1793-1874) e Bolyai (1802-1860). I due matematici, oltre a verificare l’indipendenza del
14
15
Bruno Munari
Colori nella curva di Peano
teorema, dimostrano che accentandolo si ottengono una serie di conseguenze che vanno a costituire la
geometria euclidea, mentre negandolo si otterrà una geometria non euclidea.
Lobatceskij e Bolyai sostituiscono l’assioma di Euclide con un assioma che garantisce l’esistenza di due
parallele a una retta condotte per un punto esterno ad essa. La geometria creata, indipendentemente dai
due matematici, prende il nome di “geometria iperbolica”.
Vent’anni dopo alla conferenza inaugurale tenuta all’Università di Gottinga il famoso matematico tedesco
Riemann pone le basi di una nuova geometria “immaginaria”. Presupponendo che per un punto esterno a
una retta non si possa far passare nessuna parallela Riemann crea la “geometria ellittica”.
Entrambi le geometrie sono corrette dal punto di vista formale e hanno un sistema assiomatico valido che
le rende vere e proprie geometrie, non meno valide di quella ellittica. Nonostante l’iniziale stupore per le
nuove geometrie, principalmente dovuto alla non-osservabilità dei fenomeni descritti, ci si può accorgere
che anche le geometrie non euclidee possono avere una applicazione al mondo reale. Per esempio la
geometria sferica, equivalente della geometria di Riemann, può essere applicata agli angoli delle
coordinate geografiche. Un triangolo immaginario formato da vari punti lontani sulla terra (approssimata
a una sfera) non ha angoli interni la cui somma è uguale a un angolo piatto, anche se quando il triangolo
viene rimpicciolito e la dimensione dei suoi lati tende a 0, la geometria sferica si può approssimare in una
geometria euclidea.
In realtà Lobatceskij-Bolyai e Riemann non avevano dimostrato l’indipendenza del V postulato, perché
cercavano una dimostrazione per assurdo tra le affermazioni delle nuove geometrie, ma avevano creato
due nuovi sistemi geometrici, corretti ma puramente immaginari, scardinando la base su cui la
matematica si era sostenuta per secoli. 16
Mario Merz
Il volo dei numeri
(La sequenza di Fibonacci)
Installazione su Mole Antonelliana,
17
Torino
La crisi della matematica
Sulla natura assiomatica della matematica
Come la geometria anche la matematica ha una natura assiomatica. I primi tentativi di dare
un’assiomatica ai vari insiemi numerici risalgono alla fine del 1800. L’assiomatica dei numeri naturali si
deve a Giuseppe Peano (1858-1932) che descrive l’insieme N tracciando cinque assiomi fondamentali. E’
di particolare importanza il quinto assioma, detto anche principio di induzione, che permette di
“trasmettere” le proprietà di un elemento di N al successivo, in modo da autogenerare il sistema.
Contemporaneamente all’assiomatica di N nasce anche l’assiomatica per i numeri reali, che viene
introdotta in diversi modi da Cantor (coppia di classi contigue), da Pasch e Russel (segmento numerico),
da Peano (segmento superiore) e da Dedekind.
Un sistema instabile
La crisi della geometria euclidea mostra come un sistema assiomatico, nonostante la correttezza formale,
possa perdere la sua validità empirica e possa risultare una pura costruzione immaginaria priva di
significato.
Gli assiomi di un sistema diventano un semplice punto di partenza convenzionale e nasce quindi il
problema della coerenza dei sistemi artificialmente costruiti.
Ci si chiede se almeno i numeri naturali si possano considerare un concetto primitivo. Si può citare una
famosa frase di Kronecker: “è Dio che ha creato i numeri naturali, tutto il resto è opera degli uomini”.
Risulta quindi difficile trovare una definizione precisa e un senso anche solo al concetto di numero.
Secondo Frege il concetto di numero deve essere ricercato in quello di classe. Inoltre secondo l’inglese
Boole la logica sarebbe stata fondamentale nella fondazione della matematica e la matematica stessa
sarebbe diventata una “branca della logica”. 18
Giacomo Balla
Velocità dʼautomobile (1913)
Olio su tela
19
Galleria Grassi, Milano
L’antinomia di Russel
Anche il sistema basato sulla logica delle classi viene presto messo in crisi dalla famosa antinomia di
Russel. Per semplificare il concetto si può utilizzare la famosa immagine del barbiere. "In un villaggio c'è
un unico barbiere. Il barbiere rade tutti (e soli) gli uomini che non si radono da soli. Il barbiere rade sé
stesso?". Anche in questo caso si possono formulare due ipotesi:
Se il barbiere rade sé stesso, allora per definizione il barbiere non rade sé stesso;
Se il barbiere non rade sé stesso allora, poiché il barbiere rade tutti quelli che non si radono da soli, il
barbiere rade sé stesso.
In entrambi i casi siamo arrivati ad una contraddizione. Tuttavia, il paradosso può essere generalizzato. E
appunto una generalizzazione di questo problema portò ad un’antinomia che causò un momento di crisi di
tutta la teoria matematica dell'epoca. Russell aveva formulato, nel 1901, il seguente problema: "Un
insieme può essere o meno elemento di sé stesso?" Ad esempio, l'insieme di tutti i libri di una biblioteca
non è elemento di sé stesso. Invece, l'insieme di tutti gli insiemi con più di venti elementi è elemento di sé
stesso. Ma se si pensa, invece, all'insieme di tutti gli insiemi che non sono elementi di se stessi? Esso è o
no elemento di se stesso? È evidente la somiglianza del problema col paradosso del barbiere.
La conclusione cui arrivò inizialmente Russell fu di affermare che non basta descrivere una proprietà di
un insieme per garantire la sua esistenza. In seguito, introdusse una nuova teoria degli insiemi nella quale
gli insiemi si distinguono in diversi livelli. Al livello zero avremo gli elementi, al livello uno gli insiemi
d’elementi, al livello due gli insiemi d’insiemi d’elementi e così via. In quest’ottica, è possibile risolvere
l'antinomia e i paradossi.
L’attività scientifica di Frege rimarrà completamente sconvolta dall’antinomia di Russel, tenendo lo
scienziato lontano dal problema dei fondamenti per il resto della sua vita.
Il futuro della matematica secondo Hilbert
Al congresso di Parigi del 1900 Hilbert aveva presentato una lista di 23 problemi che secondo lui
avrebbero costituito i problemi futuri della matematica. Hilbert voleva tracciare una guida comune per la
20
21
ricerca matematica del nuovo secolo ma soprattutto porre sotto particolare attenzione i problemi
fondazionali.
Secondo Hilbert i problemi della matematica si sarebbero risolti formalizzando i sistemi matematici in
modo da renderli coerenti. Per i formalisti la matematica può essere completamente dedotta da un sistema
assiomatico formale. Per dimostrare, dunque, che la matematica è non contraddittoria è sufficiente
dimostrare che quel sistema è non contraddittorio.
In un sistema formale, dedurre teoremi a partire dagli assiomi equivale a trasformare certe serie di segni
in altri serie di segni, sulla base di alcune regole deduttive anch’esse esplicitate.
Secondo Hilbert il problema della matematica è quindi principalmente un problema linguistico. Rendendo
più rigoroso e ricco il linguaggio di un sistema si riusciranno a risolvere i problemi fondazionali. Per
Hilbert la matematica non è che un gioco combinatorio di forme. Le regole del gioco vanno fissate prima
che il gioco inizi, ma non sono del tutto arbitrarie. Lo scopo della metamatematica è di controllare che
queste regole garantiscano un buon funzionamento del gioco. In un primo momento, quel che noi
abbiamo chiamato "buon funzionamento del gioco" è identificato da Hilbert con la non contraddittorietà.
Inoltre dal 1928 Hilbert introdurrà anche la necessità della completezza di un sistema.
In realtà, nonostante i formalisti riescano a formalizzare notevolmente la matematica realizzando un
grande lavoro di correzione e perfezionamento dei sistemi, essi non riusciranno mai a raggiungere il
sistema perfetto che Hilbert sperava di raggiungere. Sarà uno dei matematici più importanti di tutti i tempi
a porre fine ai tentativi della scuola di Hilbert.
I teoremi di incompletezza
Nel 1931, precisando nei Teoremi limitativi le proprietà che i sistemi formali non possono avere, Gödel
dimostra i famosi Teoremi di incompletezza ponendo fine ai tentativi di dimostrare la coerenza dei sistemi
In ogni teoria matematica T sufficientemente espressiva da
Il teorema di Gödel dimostra infatti che “