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Sintesi

Introduzione Fotografia, rappresentazione della realtà tesina



Come argomento per la mia tesina di maturità ho scelto la fotografia. Il primo a coniare il termine ‘’fotografia’’ fu il fisico francese Joseph-Nicéphore Niepce, il quale utilizzò per la prima volta nel 1811 una camera oscura, con l’intento di impressionare le immagini per effetto della luce del sole. Pochi anni dopo il francese Louis Daguerre realizzò la prima fotografia, il cosiddetto ‘’dagherrotipo’’, mettendo a punto un sistemo di riproduzione fotografica dell’immagine: su una lastra di rame veniva applicato un sottile strato di sali d’argento ‘’sensibilizzato’’ mediante l’esposizione a vapori di iodio. Sulla piastra metallica veniva così a formarsi un sale molto sensibile alla luce, lo ioduro d’argento. L’Immagine prodotta dalla luce su questa superficie sensibile veniva poi sviluppata e impressionata in camera oscura esponendola ai vapori di mercurio. Nello stesso anno in cui Daguerre presentava alla comunità scientifica la sua invenzione il nobiluomo William Henry Talbot metteva a punto il ‘’processo negativo-positivo’’, ossia la tecnica di sviluppo a stampa fotografica destinata a soppiantare in breve tempo il dagherrotipo. Nei decenni successvi la fotografia conobbe un’enorme diffusione, soprattutto perché venne impiegata nel giornalismo per documentare gli articoli inviati dai corrispondenti di guerra. Con l’invenzione della pellicola fotografica da parte dello statunitense George Eastman (1884) cominciò una lunga serie di innovazioni tecnologiche che resero la fotografia sempre più accessibile a tutti, fino a quando, negli anni Cinquanta del nostro secolo, la ditta Polaroid mise in commercio una macchina che sviluppava e stampava la fotografia un minuto dopo lo scatto. La tesina che ho sviluppato permette anche di effettuare dei collegamenti con le varie discipline scolastiche.

Collegamenti[/b
]


Fotografia, rappresentazione della realtà tesina



Storia - La fotografia come documento storico: la testimonianza della Guerra in Vietnam che cambiò la storia.
Italiano - Giovanni Verga scrittore e fotografo della realtà.
Inglese - Oscar Wilde: The preface of The picture of Dorian Grey.
Scienze della Terra - Neil Armstrong: ''primo fotografo'' della superficie lunare.
Biologia - L'occhio umano: macchina fotografica perfetta.
Chimica - L'isomeria ottica.
Informatica - Le fibre ottiche.
Fisica - I condensatori e il funzionamento del flash.
Educazione Fisica - La coordinanzione oculo-manuale.
Estratto del documento

ITALIANO

: Giovanni Verga, scrittore e fotografo

della realta’

Importante compito della fotografia è quello di fornire una rappresentazione quanto più realistica

della realtà. Proprio con questo intento, Giovanni Verga (*1840; †1922) noto scrittore italiano a ca-

vallo tra il XIX ed il XX secolo, contemporaneamente alla sua attività di letterato, coltivò segreta-

mente anche la passione per la fotografia.

L’intento di Verga era quello di cogliere l’istante fuggente, fermare la vita nel suo movimento e

mantenerne l’effetto nella rigidezza fotografica. Le sue fotografie, per questo motivo, sono intense,

intimamente a contatto con il mondo ripreso: è come se lo sguardo dell’autore fosse così espressi-

vo da parlare.

Si può quindi affermare che il letterato, riuscì ad essere grande poeta anche per mezzo della mac-

china fotografica. L’imperfezione (ad esempio la sfocatura) delle fotografie di Verga costituisce, al-

lora, una cosciente scelta stilistica che, tra l’altro, influenzò molto il suo stile letterario. Difatti,

l’educazione dell’occhio fisiologico alla visione della realtà attraverso un obiettivo fotografico può

generare un mutamento anche nell’occhio mentale.

Per avere una visione scientifica e realistica dell’uomo e della sua società, Verga, così come an-

che gli altri poeti naturalisti e veristi, utilizzò la tecnica dell’impersonalità, della regressione e dello

straniamento. L’uso dell’impersonalità implicava che l’autore si estraniasse dalla scena, narrandola

in maniera oggettiva, quasi come se ne stesse facendo una fotografia, senza manifestare, quindi, i

propri sentimenti ed emozioni: era come se i fatti si narrassero da sé. L’utilizzo di tale tecnica è do-

vuto alla visione pessimistica di Verga, secondo il quale la letteratura, sebbene portasse cono-

scenza, non era in grado di far progredire la società. Il narratore, pertanto, non aveva alcun diritto

di intervenire nell’opera con critiche e pareri personali. Ciò, tuttavia, non comportava che

l’ideologia ed il giudizio dell’autore dovessero essere totalmente assenti.

La regressione, invece, consisteva in un volontario abbassamento culturale dell’autore riguardo il

lessico, ma soprattutto il modo di pensare, fino a confondersi con i personaggi.

Lo straniamento, infine, consiste nell'adottare nella narrazione un punto di vista completamente e-

straneo, ottenendo come risultato quello di far apparire insolite ed incomprensibili cose normali, o

viceversa.

Rimanendo sul tema dell’impersonalità, alla base della tecnica narrativa di Verga vi è proprio tale

concetto, infatti nei suoi racconti l’autore ricorre a questa “tecnica” per conferire realismo all’opera,

in modo tale che si abbia l’impressione di assistere ad un fatto che sia realmente avvenuto. Per ot-

tenere questo risultato l’autore deve completamente eclissarsi e deve porre il lettore direttamente

di fronte al fatto in sé, senza la mediazione delle sue riflessioni, spiegazioni o comunque tutto ciò

che riguardi la soggettività dell’autore. Infatti, affrontando l’opera verghiana, spesso può nascere

una certa confusione, causata da questo “eclissarsi” dell’autore per non influenzare il lettore con le

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proprie considerazioni. Quest’ultimo è introdotto all’opera senza che nulla gli venga spiegato, quasi

fosse una persona appartenente a quello stesso ambiente, che ha conoscenza sia delle persone

che dei luoghi narrati. Questa sensazione del lettore è creata dal fatto che il punto di vista dello

scrittore non sia percepibile nell’opera di Verga ma completamente immerso nel mondo rappresen-

tato, posto allo stesso livello dei personaggi, quasi che il narratore si mimetizzi tra i personaggi

stessi e racconti la storia come se fosse uno di loro pur restando anonimo.

Il pubblico, non passando attraverso la lente dello scrittore, ha l’impressione di trovarsi faccia a

faccia con il fatto, di assistere personalmente alle situazioni narrate. Ne è un esempio la sensazio-

ne che si ha leggendo i Malavoglia, in cui il lettore ha la sensazione di essere informato dei fatti

semplicemente partecipando a questi, quasi osservandoli da una finestra, e di conoscere i perso-

naggi, di cui Verga fornisce veramente poche informazioni, nel medesimo modo, attraverso ciò che

essi stessi fanno o dicono, o attraverso le parole degli altri personaggi.

È abbastanza evidente come questa tecnica dell’impersonalità e di una disperata ricerca

dell’oggettività si adattino più a un discorso fotografico, fotografia con la quale Verga venne in con-

tatto fin da piccolo.

Fotografare voleva dire immortalare la realtà, l’attimo e farlo dall’esterno, senza entrarvi con la

propria soggettività, si trattava semplicemente di prendere il mondo così com’era.

Verga apparteneva ad una generazione che vide crescere intorno a sé questo nuovo modo di im-

mortalare la realtà, essendo nato nel 1840, solo un anno dopo l’invenzione della fotografia.

Lo scrittore siciliano, effettivamente, non era alla ricerca di un paesaggio artificioso da ritrarre, ma

suoi soggetti prediletti erano quelli appartenenti al suo mondo: la famiglia, il paese, gli amici, i con-

tadini, ecc. Egli non intraprende la ricerca di una foto artistica né di una tecnica perfetta, il suo o-

biettivo è quello di mantenere un linguaggio fotografico ridotto all’essenzialità, di cogliere l’attimo,

in modo tale da poter fermare la vita nel suo movimento, un movimento reale, vero, che non ha

subito alcuna influenza esterna, ma rappresenta semplicemente quel fatto nudo e crudo.

Ma cosa ha significato la fotografia per Verga? E come ha influito sul suo modo di scrivere?

Abbiamo una duplice risposta a queste domande: la prima, che fotografia e scrittura fossero per

l’autore due cose nettamente separate, la seconda che, invece, la fotografia abbia influito significa-

tivamente sul suo modo di scrivere e di osservare la realtà.

Osservando le fotografie di Verga possiamo notare che vengono ripresi soprattutto personaggi ru-

rali, immortalati nella loro quotidianità, persone comuni. Tutto questo deriva dal voler studiare i

meccanismi della società e per farlo l’autore verista parte dal “basso”, dove tali meccanismi sono

più facili da individuare, infatti più si salirà e più i meccanismi delle passioni si complicheranno. In-

fatti per il narratore borghese che intende rappresentare il mondo degli umili, il problema consiste

nel riuscire a penetrare il mondo che si vuole rappresentare. Ed è qui che l’autore si serve della fo-

tografia che gli permette l’ accesso alle classi sociali che vivono ai margini, altrimenti invisibili e,

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soprattutto, impenetrabili. Verga ha potuto mettersi in relazione col mondo popolare, penetrarlo e

narrarlo secondo modalità che gli son state suggerite dalla sua esperienza di fotografo. E questo è

ben identificabile già nel passaggio dai Malavoglia, nei quali si studia come possa sconvolgere una

famiglia di umili condizioni e fino ad allora relativamente felice, la ricerca del benessere, di un

qualcosa mai avuto, dell’ignoto, a Mastro Don Gesualdo, dove viene rappresentato un borghese,

ancora in una piccola città di provincia, ma sicuramente con passioni più complicate.

Verga in questi romanzi immortala il cammino fatale e incessante che porta l’umanità al progresso

e lo fa rappresentando tutto ciò che questo cammino porta con sé: le debolezze, i vizi e le passio-

ni; in entrambi rappresenta i vinti che la corrente dello sviluppo ha travolto, che sono stati schiac-

ciati dal desiderio del benessere, dall’ambizione di arrivare a piani più elevati. Pur accettando l’idea

che il progresso fosse qualcosa di necessario e inevitabile, per Verga era anche qualcosa che ine-

vitabilmente sarebbe finito nella sconfitta; e quest’idea può essere rapportata al modo di vedere la

fotografia, che è da una parte strumento del progresso, e dall’altra, invece, richiamo nostalgico del

passato.

Essendo poi la società caratterizzata da rapporti di sopraffazione immutabili, dove ogni intervento

di modifica risulterà sempre inutile, lo scrittore dovrà operare proprio come un fotografo, ossia do-

vrà rappresentare la realtà proprio così com’è, senza giudicare e immettere le proprie considera-

zioni; e cos’è la fotografia se non questo?

Da ciò si potrebbe dedurre che la sua visione del mondo e degli uomini fosse influenzata da quello

strumento così innovativo, infatti, la posizione di distacco e allo stesso tempo di partecipazione del

fotografo, si adatta molto bene alla poetica di adesione e di allontanamento del narratore verghino,

fino a suggerirgli di “fotografare” la realtà con le parole, come se stesse dietro l’obiettivo della sua

macchina, usando quindi un’assoluta impersonalità ed eclissandosi dall’opera, riportando

quell’occhio “fotografico” che guarda dall’alto i personaggi, come per esempio nei Malavoglia.

Potremmo dire che Verga abbia utilizzato la medesima tecnica sia per le opere scritte che per

quelle fotografiche, questo perché pur cambiando il mezzo con il quale immortalava la realtà, il suo

fine era sempre lo stesso: rappresentare, come abbiamo già detto in precedenza, il semplice fatto

umano.

Effettivamente, osservando le fotografie e le opere letterarie di quest’autore, è facile cogliere

l’analogia fra le due. In entrambe, infatti, Verga, piuttosto che ricercare la perfezione, vuole coglie-

re l’istante fuggente, fermare la vita nella sua frenesia quotidiana, quasi un “carpe diem” letterario

e fotografico, potremmo affermare.

Riportiamo, ora, tipica fotografia verghiana. 9

Osservando quest’immagine, sembra esser quasi evidente il collegamento che può essere effet-

tuato con i Malavoglia, la fotografia infatti riprende una bambina affacciata ad una finestra, si pre-

suppone di un paesino fra quelli di cui Verga era solito narrare. Potremmo osare paragonare la

bambina ad uno dei componenti della famiglia dei Malavoglia, Lia, la più piccola. E non sarebbe

poi un azzardo così grande, infatti, andando a sfogliare le altre fotografie dell’autore, questo rap-

porto tra fotografia e letteratura appare ancora più chiaro.

Sembra infine, che la fotografia costituisca per Verga un modello a cui ispirare lo stile dei propri

racconti, e che dunque fosse stata proprio questa a suggerirgli di “fotografare la realtà con le paro-

le”, mantenendosi sempre obiettivo, impersonale ed in “bianco e nero”.

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INGLESE : A preface to The pictures of Dorian

Gray – ‘’Oscar Wilde’’

LIFE AND WORKS

Oscar Wilde was born in Dublin, Ireland, in 1854. After attending school in Dublin, he went to

Oxford. He accepted then the aestheticism and the theory of “Art for Art’s Sake”. Wilde be-

lieved that only “Art as the cult of Beauty” could save the soul. He thought that the artist was

an alien in the materialistic world, that wrote only for his own pleasure. In 1879 he moved to

London where he became famous for his eccentricity and for his dress as a dandy. The dandy

was, according to Wilde, an aristocrat whose elegance represented the superiority of his spirit.

Life was meant for pleasure; Wilde said that his life was like a work of art. In 1883 he married

an irish woman, Constance Lloyd who bore him two children. He wrote a lot of novels and

plays. In 1891 he published “The Picture of Dorian Gray” and four years later, in 1895, he pub-

lished “The Importance of Being Earnest”. in 1900 he died in Paris.

THE PICTURE OF DORIAN GRAY

That novel is set in London in the XIX century. The main character, Dorian Gray, is an handsome

young man. A painter, Basil Hallward , paints a portrait of Dorian and the boy whishes to be forever

young and handsome. His desire is satisfied and the signs of age, experience, bad actions and

vice appear on the portrait. When Basil manages to see the portrait, Dorian kills him, because the

painter has seen who he really is. When the young man wants to change his life he decides to stab

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