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Sintesi
Introduzione Fotografare la realtà tesina


La tesina maturità scientifica prendere in esame la fotografia. La tesina di maturità permette i seguenti collegamenti interdisciplinari: in Fisica l'occhio umano e l'effetto fotoelettrico, in Storia la propaganda nel regime fascista, in Storia dell'arte l'impressionismo e in Italiano Verga come fotografo.


Collegamenti

Fotografare la realtà tesina


Fisica - L'occhio umano e l'effetto fotoelettrico.
Storia - La propaganda nel regime fascista.
Storia dell'arte - L'impressionismo.
Italiano - Verga come fotografo.
Estratto del documento

INTRODUZIONE :

LA NASCITA DELLA FOTOGRAFIA (phos)

La parola ”fotografia” deriva da due parole greche: foto e grafia

(graphis). Il significato letterale di

fotografia è scrittura con la luce. Essa

nasce dai risultati ottenuti nel campo

dell'ottica, con lo sviluppo della camera

oscura,sia nel campo della chimica con

l’applicazione dell’emulsione a base di

bitume nella lastra.

Il primo ad applicarla in ambito fotografico

fu il francese Joseph Niépce, considerato

l'inventore della fotografia, che cercando

di migliorare la tecnica della litografia,

riuscì a ottenere nel 1826 la prima

immagine fotografica stabile, applicando

le conoscenze chimiche dell'epoca

alla camera oscura: egli mise la camera

oscura alla finestra del suo studio decine Vista dalla finestra a Le

di volte, esponendo numerose lastre Gras a Saint Loup de

finché, dopo una posa di 8 ore non ottenne Varennes

un’immagine ben visibile.

Successivamente Daguerre

approfondì le ricerche e nel

1837 ottenne una immagine

stabile su una lastrina d'argento

sensibilizzata (dagherrotipo). Il

processo con cui fu ottenuta

però, richiedeva tempo di

esposizione troppo lunghi e

soprattutto non permetteva di

farne delle copie. Grazie ad una

serie di manovre politiche

l'invenzione viene acquistata

dal governo francese. Intanto in

Inghilterra Talbot lavorava per

conto proprio con una carta al

cloruro d'argento ed otteneva i

primi negativi su carta (1834). 4

Nel 1871 il fotografo inglese R.L. Maddox pubblicò il processo negativo molto

più sensibile e pratica da usare. Questa tecnica aprì le porte

all'industrializzazione della fotografia e alla sua diffusione di massa. Nel 1888

fu messa in commercio la prima macchina fotografica con pellicola. Intorno agli

anni Trenta del 20° sec. fu introdotta la pellicola a colori. 5

FISICA - L’occhio

L'occhio è quell'organo principale dell'apparato visivo che, attraverso la luce,

ricava informazioni su

quello che ci circonda.

Esso è formato da:

-cornea

 -umor acqueo

 -pupilla (circondato

 dall’iride)

-cristallino

 -umor vitreo

 -retina

Da un punto di vista

strettamente fotografico

si può dire che l'occhio,

per mezzo dell'iride

(diaframma), regola

l'intensità della luce

raccolta, la focalizza

tramite la cornea e il

cristallino (sistema di

lenti) formando un'immagine fissata sulla retina (sensore), a sua volta

trasformata in un segnale elettrico

che, attraverso il nervo ottico,

giunge al cervello per l'elaborazione

finale (pellicole).

Ma l’occhio umano ha un difetto: è

lento. Un’immagine permane sulla

retina per oltre un-decimo di

secondo impedendoci di osservare

in modo nitido oggetti in rapido

movimento.

Invece con l’invenzione di pellicole

sensibili si ridusse la quantità di

luce necessaria all’impressione

consentendo quindi tempi di

esposizione molto brevi. Ciò

permise di fotografare anche

oggetti in movimento come se 6

fermassimo il tempo. Con questa soluzione i fisici del 900 poterono studiare

meglio la meccanica e il rispetto delle sue leggi.

Inoltre grazie all’uso della fisica e delle varie scoperte, le attuali macchine

fotografiche digitali hanno sostituito la pellicola con circuiti integrati a

semiconduttore.

In tali dispositivi l’acquisizione dell’immagine e la trasformazione in segnali

digitali si basa su un fenomeno chiamato “Effetto Fotoelettrico” e fu studiato

all’inizio del secolo scorso.

Esso, come comprese Einstein, riprendendo la teoria di Planck, evidenzia la

natura quantistica della luce.

La descrizione della luce come campo elettromagnetico era stata oggetto delle

equazioni di Maxwell del 1864 che ne spiegavano tutti gli aspetti: la

propagazione, le interferenze, etc. Ma l’effetto fotoelettrico usciva dagli schemi

mostrando un comportamento non spiegabile con la fisica classica, secondo cui

la teoria ondulatoria della luce l'effetto fotoelettrico dovrebbe avvenire per

qualsiasi frequenza d'onda, purché la sua intensità sia abbastanza grande.

Tutto questo cambiò grazie all’esperimento fatto da Lenard.

Il dispositivo di studio era costituito da un tubo in cui era stato fatto un vuoto

spinto (in cui è stata levata tutta l’aria) ed ai cui estremi erano applicati due

elettrodi.

Applicando una tensione agli elettrodi non scorreva alcuna corrente finché

l’elettrodo negativo (il catodo) non veniva illuminato attraverso una luce

ultravioletta. Si può spiegare il fenomeno supponendo che l’onda

elettromagnetica della luce ultravioletta fornisca agli elettroni del catodo

l’energia sufficiente per essere estratti dal materiale, diventando così liberi di

essere attratti dall’anodo e generando, quindi, una corrente elettrica. La 7

relazione fra la corrente e la potenza della luce incidente non era però come ci

si aspettava basandosi sulla fisica classica. Inoltre, se la frequenza dell’onda

luminosa incidente non era superiore ad un determinato valore (dipendente

solo dal materiale con cui era composto il catodo), nessuna corrente si

manifestava, pur aumentando la potenza della luce.

A risolvere la questione intervenne Albert Einstein nel 1905. Basandosi sugli

studi di Max Plank, Einstein ipotizzò che la luce potesse comportarsi, a livello

subatomico, come dei corpuscoli, aventi un piccolissima ma precisa quantità di

energia. Tali corpuscoli li chiamò Fotoni.

Secondo Einstein l’energia posseduta da ciascun fotone dipende linearmente

dalla sua frequenza: E=hν

( ν

Dove h è la costante di Plank e è la frequenza.

-34

h=6,62606957x10 Js)

Poiché un elettrone interagisce con un solo fotone alla volta, se tale fotone non

ha energia sufficiente ad estrarre l’elettrone dal metallo (lavoro di estrazione)

l’effetto fotoelettrico non può avvenire. 8

STORIA - “L’occhio del regime fascista”- Fotografia e propaganda

La storia, così come la fotografia, fa sopravvivere il passato, le persone, i luoghi

e le vicende. Ma la fotografia può farlo con l’immediatezza dell’immagine.

Questa immagine è però ambigua e quindi tutti possono leggerla e dare la loro

interpretazione.

Ed è proprio per questo fatto che nel 1924 abbiamo la nascita dell’Istituto Luce,

che era la più antica istituzione pubblica destinata alla diffusione

cinematografica a scopo didattico e informativo del mondo. Esso divenne ben

presto un potente strumento di propaganda del regime fascista dipendente

direttamente da Mussolini.

Nel marzo del 1927 il Luce istituì

il Servizio Fotografico, che

avrebbe avuto

contemporaneamente il compito

di ordinare, conservare e

completare un Archivio

Fotografico Nazionale, e di

forgiare e diffondere l’immagine

di Mussolini, arrivando a

detenere, in pratica, il completo

monopolio della ripresa

fotografica degli avvenimenti

ufficiali.

Per rendere il più possibile

efficace la propaganda

attraverso le immagini vennero,

nel 1931, istituite

regole che controllassero la

forma delle foto, ad esempio se

venivano inquadrate le folle

esse non dovevano immortalare

spazzi bianchi così da mostrare

l’unità del popolo nel consenso

al regime. Inoltre sembrava che

le folle formassero la parola

“DUX”.

La fotografia del Luce doveva 9

Quando nel 1933 Galeazzo Ciano divenne Ministro della Cultura Popolare, ribadì

i divieti di pubblicazione di fotografie di cronaca nera e sottolineò che qualsiasi

fotografia doveva essere esaminata dal punto di vista del suo effetto politico.

Quindi, durante il ventennio, la fotografia, divenne strumento di persuasione

politica avendo l’importante funzione di agire sulle coscienze del popolo per

avere un’adesione spontanea ai temi fascisti. Ed è proprio qui che operò

maggiormente l’Istituto Luce, poiché, per molti italiani di allora la fotografia del

Luce era l’unica immagine diffusa e disponibile sui giornali, e quindi l’unica

rappresentazione della realtà che essi potessero percepire al di fuori della

realtà stessa. Per creare consenso, quindi, doveva innanzitutto rappresentare

Mussolini e far capire il culto del duce. Occhi pensierosi, altezza eroica, sguardo

acuto e profondo erano le caratteristiche che ogni foto dovevano mostrare di

colui che

simboleggiava

il progresso e

la vittoria per

l’Italia. 10

Altri modi in cui la fotografia venne usata furono:

-Riprendendo le folle e le donne che si stringevano attorno a Mussolini, si

voleva spingere anche il resto

della popolazione a provare tali

sentimenti nei suoi confronti;

-la diffusione di

numerose

fotografie che

rappresentavano manifestazioni ufficiali del regime,

dovevano alimentare la fede, anche attraverso segni visivi di

apparenza come l’uso della camicia nera, del saluto romano,

del manganello, affinché sempre di più entrasse a far parte

della vita degli italiani;

- immortalare i giovani che fedeli al duce già da piccoli,

crescevano pronti a difendere la patria in guerra;

-immortalare le donne la cui immagine cambiava a seconda

delle esigenze del fascismo.

L’istituto Luce operò , anche, durante gli

anni della guerra(la seconda guerra

mondiale, 1939-1945) e riprende come

temi: la rinascita delle forze armate,

l’adesione dei giovani che si presentano

ad arruolarsi nelle caserme, la

militarizzazione delle donne, la ribadita

fratellanza con i tedeschi.

Uno dei primi usi in guerra venne fatto per

la propaganda svoltasi per la campagna

per la conquista dell’Etiopia in cui

Mussolini e i dirigenti fascisti dovevano

essere rappresentati in divisa militare per

simboleggiare la forza e la costanza

dell’esercito. 11

Essa effettuava la propaganda anche nei confronti delle truppe, infatti,

attraverso la produzione di un considerevole numero di serie fotografiche che

erano e destinate appunto ai soldati, in un ampio disegno di pedagogia

imperiale, volto a celebrare la

superiorità militare, razziale, materiale

dell’Italia. Inoltre, una coppia di unità

mobili, dotate di autocarri cinesonoro, si

spostava continuamente per proiettare

cinegiornali e documentari ai soldati ed

alle popolazioni locali, con lo scopo di

tener alto l’animo dei soldati, e

contemporaneamente impressionare gli

indigeni, mostrando loro appunto la

potente attrezzatura civile e militare

italiana, nonché l’adesione del popolo al

duce.

La censura continuò a colpire l'Istituto, e

così le immagini della fucilazione di

Ciano e De Bono vengono occultate, e

saranno ritrovate soltanto nel

dopoguerra. Anche il culto del duce

tende a scomparire. Il corpo di Mussolini, sempre più provato dai malanni, non

permette più la sacralizzazione che per tutto il ventennio era stata incentrata

su di lui.

Se la Liberazione di molte città non viene fotografata dall’Istituto Luce, ancora

più negata è, infine,

l’esperienza della

Resistenza. Rare sono le

fotografie del Luce a

proposito, concentrate a

raffigurare alcune azioni di

rastrellamento e gli

interrogatori, con l’intento di

encomiare l’opera di polizia

dei soldati. Ma la morte

presto inizierà ad apparire

nelle fotografie dei soldati e

12

dei privati. Come nelle immagini private riprese nei Balcani durante gli anni

precedenti, raffiguranti le esecuzioni di civili, e testimonianti i crimini di guerra

commessi dagli italiani. Macabre scene di morte, che presto riempiranno anche

le piazze delle città italiane.

Paulucci di Calboli, a guerra finita, scrisse una lettera di relazione a Mussolini,

per tracciare un primo bilancio consuntivo dell’operazione, dichiarando di aver

realizzato circa 70.000 metri di negativo cinematografico ed oltre 7.000

negativi fotografici, da cui, una volta sviluppati, vennero distribuite circa

350.000 immagini del conflitto, sia in Italia sia all’estero. 13

ARTE - istantanea di un' emozione

Fin dalla sua invenzione la fotografia entrò in contatto con il mondo dell’arte e

già pittori come De Lacroix e Courbet se ne servirono per realizzare i loro

quadri.

Il rapporto tra arte e fotografia si fece più stretto nella seconda metà dell’800

con l’affermazione del movimento impressionista.

Questo movimento nacque dal

fatto che i pittori scelsero di

rappresentare la realtà

cogliendone le impressioni

istantanee, portando la pittura a

puntare tutto sulla sensazione

dell’attimo fuggente.

Secondo i pittori impressionisti,

infatti, la realtà muta

continuamente d'aspetto, quindi

il realismo oggettivo doveva

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