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Storia: Nazismo e Fascismo
Diritto: forme di stato e forme di governo
Scienze delle finanze: la spesa pubblica e l'entrata pubblica
Economia aziendale: offshore; outsourcing
Inglese: offshoring
Informatica: la gestione nella memoria centrale
Matematica: il problema delle scorte
UNO, NESSUNO E CENTOMILA
Un giorno a Vitangelo Mostarda, il protagonista
del romanzo, la moglie Dida, che chiama il
marito Gengè, fa osservare che il naso di lui
pende verso destra e che, come uomo ha
molti difetti. Da questa rivelazione casuale
incomincia la meditazione sulla vita che porta
Vitangelo alla follia. Ciò che lo colpisce non è
la rivelazione dei difetti, ma il fatto che egli
per 28 anni non è stato, per la moglie e per gli
altri, quello che lui credeva di essere, e che
ciascuno lo ha visto a suo modo. Ed allora egli
distrugge le forme o immagini che gli altri si
son fatti di lui, e prende una serie di iniziative
che gettano lo scompiglio nel suo ambiente,
fino ad alienare le sue ricchezze per la
costruzione di un ospizio per mendicanti, dove
finisce anch’egli come ospite. Egli rifiuta le centomila forme che gli altri gli
attribuiscono, preferisce annullarsi come persona e vivere senza alcuna
coscienza di essere.
Tra Il fu Mattia Pascal e Uno, nessuno e centomila, vi è una differenza: nel
primo romanzo il relativismo psicologico si svolge prevalentemente in senso
orizzontale, perché è centrato sul rapporto di Mattia, sdoppiato, con la società;
in Uno, nessuno e centomila il relativismo psicologico si svolge
prevalentemente in senso verticale, è centrato sul ripiegamento in se stesso di
Vitangelo Mostarda che vede frantumarsi in centomila aspetti la propria
personalità, fino alla follia e all’autodistruzione. In comune i due romanzi hanno
il senso della solitudine dell’uomo in un mondo mutevole, incomprensibile ed
assurdo.
Oltre a queste opere ve ne sono altre come per esempio L’esclusa e Enrico IV.
L’ESCLUSA
Marta è una giovane,sposata con Rocco. Dopo che un giorno il marito ha
scoperto alcune lettere che le erano inviate da un ammiratore (Gregorio
Alvignani) viene subito accusata ingiustamente di tradimento: il marito la
abbandona e viene disprezzata da tutti. Il padre si chiude nella sua camera e al
momento del difficile parto di Marta, viene trovato morto. Muore anche il
bambino di Marta. La famiglia Ajala cade così nella disperazione. La famiglia
subisce ogni sorta di soprusi e ingiustizie da parte della gente del paese, che è
ormai al corrente dei fatti accaduti; come se non bastasse alla morte del padre
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la conceria viene affidata a Paolo Sistri, l'attività fallisce e la famiglia cade in
miseria. Marta comincia a studiare e partecipa, nonostante la disapprovazione
sia dell'ex marito, Rocco, che di Anna e Agata al concorso per il posto di
maestra presso la scuola dell'istituto.
Marta vince il concorso, ma viene “scartata” e sostituita da una raccomandata.
La madre decide di parlare col direttore della scuola, che le concede un posto:
la notizia non è accolta bene dalle alte cariche del paese, che costringono
Marta a fingersi malata. Il direttore, con l'aiuto dell'oramai deputato Alvignani,
trova di nuovo una soluzione, trasferire Marta assieme alla sorella ed alla
madre a Palermo.
La vita a Palermo migliora molto: nessuno conosce la loro vicenda e a scuola
Marta si trova bene, nonostante la maggior parte dei suoi colleghi le facesse la
corte. Durante la permanenza a Palermo, Marta rincontra l' Alvignani e,
credendosi innamorata, ha un figlio da lui. Intanto viene chiamata dalla madre
di Rocco, anche lei accusata di tradimento, Marta chiama subito Rocco. Quando
arriva, i due assistono alle ultime ore della madre. Paradossalmente, Marta
viene completamente riabilitata e riaccettata in famiglia, nonostante il fatto
che per la prima volta sia veramente accaduto un tradimento.
IL TEATRO
Il teatro rappresenta la parte più valida ed interessante della produzione
artistica del Pirandello. Egli vi giunse piuttosto tardi; debuttò a Roma,al teatro
Metastasio, il 9 dicembre 1910, poi man mano che si maturava in lui il distacco
dal Verismo verso il Decadentismo,si dedicò ad esso quasi totalmente,
comprendendo che la sua concezione tragica della vita,calata in situazioni
drammatiche, umoristiche e paradossali, poteva trovare nell’azione scenica più
che nella narrativa il mezzo espressivo più adatto ed efficace. Dal 1925 diresse
la compagnia “Teatro d’arte di Roma”, che per merito anche di due attori,
Ruggero Ruggeri e Marta Abba, rappresentò trionfalmente le sue commedie sui
più importanti palcoscenici dell’Europa e delle Americhe. E fu allora la gloria e il
premio Nobel (1934). Conformemente alla sua poetica,Pirandello chiamò il suo
teatro “teatro dello specchio”,perché in esso si rappresenta la vita nuda, cioè
senza maschera,con le sue reali verità e amarezze,così che chi assiste, si vede
come in uno specchio cos’ com’è, e diventa migliore. Alla base quindi del suo
teatro c’è la forte esigenza morale di strappare gli uomini dalle
menzogne,perché il mondo si rinnovi secondo giustizia,verità e libertà.
Pirandello compose complessivamente 43 fra drammi e commedie. Nel teatro
di Pirandello possiamo distinguere varie fasi:
Prima fase - Il teatro siciliano
Seconda fase - Il teatro umoristico;
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Terza fase - Il teatro nel teatro;
Il teatro dei miti.
Nella fase del Teatro Siciliano Pirandello è alle prime armi e ha ancora molto da
imparare. Anch'essa come le altre presenta varie caratteristiche di rilievo e in
questo caso abbiamo il fatto che esso è scritto tutto, interamente in dialetto
Siciliano perché considerato dall'autore più vivo dell'italiano ed esprime di più
l'aderenza alla realtà.
Mano a mano che l'autore si distacca dal verismo e si avvicina al decadentismo
si ha l'inizio della seconda fase con il teatro umoristico con numerosi paradossi,
infatti Pirandello presenta personaggi che spezzano le certezze del mondo
borghese introducendo la versione relativistica della realtà in cui lui vorrebbe
trovare la dimensione autentica della vita al di la della maschera.
Nella fase del teatro nel teatro le cose cambiano radicalmente, per Pirandello il
teatro deve parlare anche agli occhi non solo alle orecchie, a tal scopo
ripristinerà una tecnica teatrale di Shakespeare, il palcoscenico multiplo, in cui
vi può per esempio essere una casa divisa in cui si vedono varie scene fatte in
varie stanze contemporaneamente; inoltre nel teatro si vede il mondo
trasformarsi sul palcoscenico. Pirandello abolisce anche il concetto della quarta
parete, cioè la parete trasparente che sta tra attori e pubblico: in questa fase,
infatti, Pirandello tende a coinvolgere il pubblico che non è più passivo ma che
rispecchia la propria vita in quella agita degli attori sulla scena.
Per quanto riguarda il teatro dei miti, solo tre opere della produzione
pirandelliana si possono considerare dei miti. Esse sono: La nuova colonia,
Lazzaro e I giganti della montagna.
ENRICO IV
Un borghese romano prende parte ad una battuta di caccia nella quale
impersona Enrico IV, alla messa in scena prendono parte anche Matilde di
Spina, donna di cui è innamorato, ed il suo rivale in amore Belcredi.
Quest'ultimo disarciona Enrico IV che nella caduta batte la testa e si convince
di essere realmente il personaggio storico che stava impersonando.
La follia dell'uomo viene assecondata dai servitori che la sorella mette al suo
servizio per alleviare le sue sofferenze; tuttavia dopo 12 anni Enrico guarisce e
comprende che Belcredi lo ha fatto cadere intenzionalmente per rubargli
l'amore di Matilde, che poi si è sposata con Belcredi ed è fuggita con lui. Decide
così di fingere di essere ancora pazzo, di immedesimarsi nella sua maschera
per non voler vedere la realtà dolorosa.
Dopo 20 anni dalla caduta, Matilde, in compagnia di Belcredi, della loro figlia e
di uno psichiatra vanno a trovare Enrico IV. Lo psichiatra è molto interessato al
caso della pazzia Enrico IV che continua a fingersi pazzo, e dice che per farlo
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guarire si potrebbe provare a ricostruire la stessa scena di 20 anni prima e di
ripetere la caduta da cavallo. La scena viene così allestita, ma al posto di
Matilde recita la figlia. Enrico IV si ritrova così di fronte la ragazza, che è
esattamente uguale alla madre Matilde da giovane, la donna che Enrico aveva
amato e che amava ancora. Ha così uno slancio che lo porta ad abbracciare la
ragazza, ma Belcredi, il suo rivale, non vuole che sua figlia si abbracciata da
Enrico IV e si oppone. Enrico IV sguaina così la spada e trafigge Belcredi
uccidendolo e, per sfuggire alla prigione, decide di fingersi pazzo per sempre.
SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE
Il dramma Sei personaggi in cerca d'autore è scritto in un italiano semplice ma
un po' antiquato e narra di un capocomico che, mentre prova sulla scena "Il
giuoco delle parti" dello stesso Pirandello, si vede piombare in teatro sei
persone, sei personaggi, i componenti di una strana famiglia. Sono personaggi
che il loro autore abbandonò dopo averli creati e cercano ora qualcuno che
voglia realizzare il loro dramma rimasto inespresso.
La storia che loro narrano è questa
"La Madre, dopo alcuni anni di matrimonio con il Padre e la nascita del Figlio, è
andata a vivere con il segretario del marito, a cui lei, buona donna semplice e
priva di ambizioni, è legata da una profonda affinità. Dall'amante ha tre figli (la
Figliastra, il Giovinetto, la Bambina), ma alla morte di lui rimane con essi nella
miseria. La Figliastra, nel tentativo di aiutare la Madre, finisce allora nella rete
di Madama ace che gestisce, sotto aspetto di negozio di mode, una casa
d'appuntamenti. Qui, la Madre, allibita, troverà la Figliastra tra le braccia del
Padre e da questo incontro nascerà il nodo tormentoso che avvince assieme i
sei personaggi. Il Padre, vergognoso per i suoi tardivi appetiti, inorridito dal
baratro in cui la moglie e i figli di Lei sono caduti e ambiguamente desideroso
di tormentarsi, accoglierà tutti loro in casa, in una coesistenza che si rivela
impossibile. Il Figlio, infatti, che intuisce la vergogna del Padre, disprezza la
Figliastra e non sa perdonare alla Madre di averlo abbandonato, gelerà tutti con
il suo contegno sdegnoso e appartato. In questo clima di disprezzo e solitudine
nascerà la più allucinante tragedia, che colpisce i più deboli e innocenti. La
Bambina s'annega in una vasca del giardino e il Giovinetto, che se ne stava
dietro gli alberi "lì fermo, con occhi da pazzo, a guardare nella vasca la sorellina
affogata", si uccide con un colpo di pistola. Finzione, realtà? Realtà per i tragici
protagonisti, la cui tragedia è sata, eppure continuamente rivive.
NOVELLE Novelle per un
Pirandello raccolse le sue novelle sotto un unico titolo: “
anno “La patente” “La carriola”.
”, comprendenti anche e
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La patente
“ ”: racconta la storia di un uomo che tutti pensavano fosse uno
iettatore. Inizialmente vi è una situazione comica, mentre l’umorismo subentra
quando il protagonista afferma che a causa di questa maldicenza ha perso il
lavoro, nessuno vuole sposare le sue figlie e non sa come curare la moglie
malata. E’ per questo che decide di richiedere una “patente”, che riconosceva
la sua fama di iettatore in modo tale che egli potesse ricavare denaro da tutto
ciò.
La carriola
“ ”: il protagonista si sente non nato poiché si sente il protagonista
della sua vita a lui estranea. Un giorno quest’uomo sempre serio ed impostato,
viene colto da un attacco di pazzia che si ripercuote sul cane. Gli fa eseguire la
carriola, assicurandosi di non essere visto da nessuno. Egli si sfoga con il cane
perché l’unico in grado di non rivelare la sua vera identità.
Queste possono essere suddivise in tre periodi:
I periodo: novelle ambientate in Sicilia, che hanno per protagonisti i
contadini (La giara, Liolà);
II periodo: novelle ambientate a Roma, i cui protagonisti appartenevano
al ceto Borghese (La carriola, Il treno ha fischiato).
Infine, negli ultimi anni della sua vita che corrispondono al III periodo,
Pirandello compone Novelle surreali (Il soffio).
Da esse emerge il carattere del personaggio pirandelliano. Esso è in genere di
bassa estrazione sociale e pervaso da un forte senso di frustrazione e di
vuoto, ha scarsa considerazione di se stesso e attraversa una forte crisi
d’identità.