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Sintesi

Introduzione Follia, tesina



La seguente tesina di maturità liceo scientifico tratta della follia. In realtà, non c’è un vero motivo per cui io abbia orientato la mia tesina proprio su questo tema. Forse ho scelto questo argomento perché mi sono sentita dire tante volte che sono un po’ pazza. O forse perché, secondo me, è un argomento misterioso e quasi magico, perché nessuno ancora è riuscito a darne una spiegazione precisa e a comprenderla fino in fondo.

Collegamenti
Follia, tesina



Filosofia-Michel Foucault
Fisica-Albert Einstein e la dilatazione del tempo
Storia-Hitler e la follia omicida
Inglese-Victor Frankenstein
Estratto del documento

“il soggetto può essere un po’ più folle o un po’ più criminale, la più estrema follia sarà fino in fondo inquinata

di malvagità” (…)

Con questa frase il filosofo francese attribuisce, inoltre, alla parola follia un nesso con il male, legata non più

alle misteriose forze del mondo, ipotizzate nei secoli precedenti, ma fortemente dipendente dalla volontà

dell’individuo stesso e dalle scelte che egli vuole prendere, seguendo la ragione o appunto la non-ragione, la

follia.

Foucault si ripropone, poi, di esaminare i vari tipi di follia, per arrivare infine al vero e proprio delirio,

elencandoli nel capitolo III della seconda parte della sua opera. Qui, egli afferma che vi sono varie cause che

portano alla follia distinguendo quelle prossime, inerenti alle diverse caratteristiche osservate nel cervello e

nel sistema nervoso, dal medico Theophile Bonet (ad esempio, quello dei maniaci è più secco e friabile,

quello dei malinconici invece umido e la materia grigia dei dementi priva di elasticità), da quelle lontane, che

comprendono tutte quelle passioni violente e non, che abitano l’anima dell’uomo. Inoltre, un professore di

medicina, Sauvages, vedeva nella passione la causa più costante e più ostinata della follia; il disordine del

nostro spirito deriva, infatti, dal fatto che non sappiamo fermare o moderare le nostre passioni. Le passioni

causano necessariamente certi movimenti negli umori, la collera ad esempio agita la bile, la tristezza e la

malinconia sono talvolta così violente da provocare persino la morte. Tensioni, rilassamenti, durezza e

mollezza sono propri sia dell’anima che del corpo; la passione indica che l’anima e il corpo sono in rapporto,

di conseguenza la follia è allo stesso tempo malattia del corpo e dell’anima. Con la passione, la follia non è

che un elemento vivo nell’unità razionale dell’anima e del corpo. Sauvages vede nel delirio

quell’atteggiamento secondo cui l’anima isola un preciso timore, e lo allontana da tutto ciò che esso non è,

determinandone così, però, un rafforzamento, poiché l’anima tenderebbe poi ad unire a questo timore le sue

idee e le sue passioni, fino ad aumentarne inevitabilmente la forza devastante.

Ora soffermiamoci sulla follia in sé. Foucault ne distingue vari tipi e li descrive a seconda dei sintomi e dei

diversi impulsi da cui essa è mossa. Il caso più diffuso e riconosciuto dai medici del XVII e XVIII secolo

era la demenza. Questa era considerata tra tutte le malattie dell’anima, quella più vicina al vero concetto di

follia, in cui gli individui affetti erano aperti alla manifestazione di numerosi sintomi e comportamenti anomali.

Questo tipo di malattia attaccava direttamente il cervello, considerato in quei secoli la sede dell’anima,

provocando rigonfiamenti o depressioni anormali, che a loro volta determinavano una deviazione degli

impulsi cerebrali, chiamati spiriti animali, i quali trasmettevano immagini provenienti dal mondo esterno in

modo distorto. In questo modo l’anima non poteva più ricevere le informazioni giuste della realtà e non

era più in grado di distinguere la verità da ciò che era falso, per questo la demenza fu quella malattia

che impediva a chi ne era affetto di giudicare la realtà e di ragionare in modo sano e giusto. La cosa

curiosa era che, sebbene mantenesse gli stessi sintomi e la stessa natura, a seconda della fascia d’età in cui

si manifestava, questa malattia assumeva nomi diversi, stupidaggine nell’infanzia, imbecillità nella

gioventù inoltrata, e rimbambimento nella vecchiaia. Il professore Sauvages preferiva distinguere i dementi,

che percepivano l’impressione di ciò che gli stava attorno senza però prestarvi attenzione, dagli stupidi, i

quali invece non percepivano alcuna sensazione dal mondo esterno. Per Pinel (psichiatra francese), al

contrario, gli idioti non avevano alcuna capacità intellettuale, la loro mente e la loro abilità di conoscere era

completamente paralizzata, mentre i dementi erano in grado di pensare e di mettere in moto la propria

ragione, non giungendo però a conclusioni giuste e concrete e terminando nel nulla e nel vuoto le loro azioni.

Un punto a favore della demenza, era il fatto di essere una malattia che si manifestava senza febbre,

l’individuo non era in grado di ragionare sanamente e compiva atti insensati, senza perdere però

completamente il controllo delle funzioni fondamentali del suo corpo. Ciò non accadeva a chi era affetto da

frenesia, il quale veniva colpito da una febbre acuta, da violenti mal di testa e il gonfiarsi del viso e

degli occhi. Un sintomo caratteristico della frenesia, descrive Foucault, è il calore, dovuto in un primo

momento a movimenti rapidi e sconnessi, mossi dalla sragione, e in un secondo momento creato

dall’immobilità delle sostanze chimiche all’interno del corpo che si accumulano, fino a fermentare e a creare

una specie di ebollizione. Un’altra forma di follia, molto frequente nel XVII secolo fu la malinconia, quel tipo

di follia, anch’essa senza febbre, che nasceva principalmente da forme acute di timore e tristezza. Le

capacità di reagire del malinconico vengono completamente inibite, al contrario di ciò che succederebbe se

colpito dal furore, e così anche l’immaginazione viene spenta, sostituita completamente dalla riflessione e

dal senso di inutilità e insensatezza del proprio vivere. La malinconia è accompagnata soprattutto da

tristezza e paura per un unico oggetto o un’unica situazione, che stravolgono completamente l’anima di chi

ne viene sopraffatto. Al contrario il maniaco è continuamente mosso da impulsi molto intensi di

immaginazione e fantasia, paragonabili al furore, che ne percuotono fortemente lo spirito, cambiando

così completamente le impressioni e le sensazioni che l’individuo ha della realtà. Tutti questi tipi di follia,

seppure distinguibili per varie caratteristiche, sono accumunabili da una peculiarità: il disordine e la

sregolatezza degli impulsi cerebrali, degli spiriti animali, che, soprattutto nella mania, sono molto tesi.

Foucault, successivamente, si sofferma sulla descrizione dei vari strumenti utilizzati per curare la malattia

mentale, citando l’oppio, inibitore di impulsi e sensazioni indomabili, per quanto riguarda il XVII secolo; nel

XVIII, invece, vennero usati principalmente farmaci umani, minerali e addirittura i serpenti, simbolo per

eccellenza della tentazione, che secondo le credenze del tempo, se mangiati erano un ottimo antidoto. Con

l’avvento, più tardi, delle cure ospedaliere e mediche, per i folli si avranno diversi metodi di cura, come i

bagni d’acqua fredda (visti come purificazione), la sostituzione del sangue malato, il sapone e

l’applicazione di aceto.

Nel tardo XVIII secolo bisogna notare che la follia è la ragione per cui nasce una paura molto forte tra gli

uomini, paura di qualcosa che per loro non è definito e non ha una spiegazione specifica e razionale,

qualcosa di misterioso e lontano, una forza intensa, rinchiusa tra le mura delle prigioni e dei luoghi di

internamento. Un male che si insinua nello spirito dell’uomo e si diffonde rapidamente, giungendo anche

fuori dei “pre-manicomi”.

Ma Foucault si chiede: perché trattare allo stesso modo persone che necessitano di cure diverse, adatte alle

loro varie pulsioni e ai loro disturbi di natura diversa? Nel XVIII secolo, numerosi sono coloro che si pongono

lo stesso interrogativo e fu così che ebbe inizio la protesta contro l’internamento. I primi ad interrogarsi

sulla propria sorte, furono gli internati stessi, che reclamavano con grande forza il diritto di essere trattati in

modo diverso da come venivano trattati i pazzi, facendo forza soprattutto sulla loro capacità di ragionare,

ancora intatta e ancora in qualche modo utile alla società. Fu così che si ebbe una nuova separazione dei

folli da tutti gli altri “insensati”(i poveri, i criminali, i malati), che vennero liberati dai luoghi

d’internamento, in vista della crisi economica che investì l’Europa nel 1700, così da poter utilizzarli per

lavori che, sebbene fossero i più rigidi e i meno sopportabili, erano comunque utili alla società e al suo

sviluppo. In questo ambito, il filosofo scrive: “tutto ciò che un tempo avviluppava la follia va in rovina: il

cerchio della miseria e quello della sragione si disfano. La miseria è ripresa nei problemi immanenti

all’economia; la ragione si sprofonda nelle figure dell’immaginazione. I loro destini non si incontreranno più.

E alla fine del XVIII secolo riappare la follia stessa, condannata ancora alla vecchia terra d’esclusione, come

il delitto, ma altresì messa a confronto con tutti i nuovi problemi che implica l’assistenza ai malati”. Sul finire

del XVIII secolo la follia, una volta riconosciuta e isolata, è in grado di trovare diverse strade che portano alla

propria liberazione e, chi lo sa, forse anche ad una vera e propria guarigione. Fu proprio in questo periodo

che la follia iniziò ad essere vista come espressione di una ragione insana, come forma di malattia ed entra,

così, a far parte dell’ambiente medico. Mentre nel secolo precedente, i medici erano presenti nei luoghi

d’internamento solo per la norma di un decreto, senza alcuna funzione precisa che invece era assunta dai

poliziotti, come nelle prigioni, il medico settecentesco si ripropone come principale obbiettivo quello di

ascoltare la voce del folle e di cercare di frenare quegli impulsi sfrenati, di passione o di violenza, in modo

tale da raggiungere così una cura adatta e una possibile guarigione. Negli anni 1785-88, infatti, si ebbe un

calo del numero dei folli, ma questo non era dovuto ad un accrescimento di guarigioni, era dovuto al fatto

che solo alla fine del ‘700 si ebbe una netta distinzione tra folli, ammalati e criminali, i quali a loro volta

venivano separati e collocati in luoghi diversi in funzione delle diverse cure e punizioni a cui dovevano

essere sottoposti. Ma si dovrà aspettare ancora un centinaio di anni, per vedere nascere il primo manicomio.

Intanto il primo passo è compiuto, afferma Foucault, i folli vengono rinchiusi negli asili, dove i medici si

preoccuperanno di trovare terapie adatte a ciascuno di loro e atte a condurli alla guarigione finale, e dove

non saranno più mescolati a individui come i poveri e i delinquenti, i quali possono essere liberati in qualsiasi

caso servisse alla società, e che sono pur sempre in grado di lavorare e di pensare ragionevolmente.

La riforma dell’internamento, quindi, giunge a compimento all’inizio del XIX secolo, con la creazione

dell’asilo moderno o manicomio. Il filosofo francese pensa sia doveroso citare un suo concittadino,

Philippe Pinel, abile psichiatra, il quale fu il primo a togliere le catene agli “insensati” internati. Egli infatti

aveva riconosciuto il fatto che alcuni pazzi, dopo essere stati liberati, avevano ripreso un ruolo nella società,

come quello di capitano o ufficiale, e attribuiva al loro incatenamento una sorta di spinta agli impulsi e

ai desideri folli che cercavano di slegarsi con più foga. In sé, la libertà dei malati mentali rimase sempre,

nel passato così come ai giorni nostri, una questione delicata e ambigua. E così lo stesso concetto di follia

rimane oggi un problema molto attuale, per il semplice fatto che, così come in passato, la parola follia è stata

utilizzata molte volte spropositatamente, spesso come mezzo per eliminare quell’individuo, che in ambito

economico o politico che sia, veniva considerato un ostacolo, un parassita che ostruiva la società.

Proprio per questo motivo credo che l’opera di Foucault, al di là della grande analisi storica che ci trasmette,

è fondamentale per scoprire fino in fondo il problema dei folli anche oggi.

“Non è una raccolta di ritratti quella che qui si leggerà: sono delle trappole, delle armi, delle grida, dei gesti,

degli atteggiamenti e delle astuzie, degli intrighi di cui le parole sono state lo strumento. Vite vere sono state

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