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Sintesi

Sintesi Filosofia e letteratura tra il XIX e il XX secolo, tesina



Il nucleo centrale della mia tesina di maturità si basa, dunque, sul rapporto che si è sviluppato nel corso dei secoli tra filosofia e letteratura. In particolare, il mio studio si propone di capire se (e in che modo) la filosofia abbia influenzato la letteratura nel corso del più ristretto periodo di tempo che comprende il XIX e il XX secolo. Per fare questo ho innanzitutto effettuato una ricerca, da inserire nella tesina, al fine di comprendere le opinioni di figure che possono vantare una elevata conoscenza della materia in esame. Mi sono soffermata in particolare su due di esse: Umberto Curi, filosofo e professore ordinario di Storia della Filosofia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Studi di Padova e Sergio Givone, filosofo e professore ordinario di Estetica alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Firenze.
Del primo ho conosciuto il pensiero in merito alla questione “filosofia e letteratura” tramite il video del confronto con lo scrittore Stefano Benni, tenutosi il 2 marzo 2012 in occasione del festival di “Popsophia”, a Civitanova Marche.Del secondo, invece, ho seguito (ancora una volta tramite video) una lezione su “scrittura, filosofia e letteratura” distribuita da Bulgarini Editore, risalente a marzo 2013. Il filosofo Umberto Coli parte dal presupposto che attualmente sembri “un'assunzione banale e scontata che letteratura e filosofia siano nettamente distinte e per certi aspetti persino antitetiche”, per spiegare poi come, con uno studio più approfondito, sia possibile verificare che questo rapporto apparentemente banale nasconde una realtà più profonda.
Vi sono, infatti, numerosi filosofi i cui testi hanno anche un’intrinseca qualità letteraria - come i dialoghi di Platone e gli scritti di Kierkegaard - e opere considerate rilevanti solo dal punto di vista letterario, che hanno invece un intrinseco carattere filosofico, come la Divina Commedia di Dante Alighieri o le produzioni di Kafka. Il professore Sergio Givone compie un ulteriore passo, un passaggio che porta la letteratura allo stesso livello della filosofia. Egli ritiene infatti che la “scrittura letteraria”, non sia un'arte minore, ma un sapere vero e proprio, distinto dalla filosofia, ma utilizzato allo stesso modo per parlare della verità. La “verità del cuore umano”, infatti, viene da sempre cercata dai filosofi nella letteratura; alcuni di essi si sono dedicati alla scrittura di romanzi, forse perché ritenevano che “il romanzo fosse il proseguimento della filosofia con altri mezzi necessari, perché certe cose solo così si possono dire"

Collegamenti


Filosofia e letteratura tra il XIX e il XX secolo, tesina



Filosofia - Il Postivismo e Auguste Comte; Henri-Louis Bergosn e la concezione del tempo; Freud e la psicanalisi.
Francese - Emile Zola e "Le roman expérimental".
Inglese - Virginia Woolf e "Mrs Dalloway".
Italiano - Italo Svevo e "La coscienza di Zeno".
Estratto del documento

I.T.A.S. “F.SELMI”

Modena

FILOSOFIA E LETTERATURA A CONFRONTO:

L'INFLUENZA DELLE NUOVE TEORIE FILOSOFICHE

SULLE OPERE LETTERARIE TRA IL XIX E XX SECOLO

Ottani Erika

a

classe 5 H

ESAME DI STATO

anno scolastico 2013-2014

Premessa

Nel corso di questi anni di studio ho potuto più volte constatare come vi sia uno

stretto contatto tra filosofia e letteratura. Inizialmente esse erano per me solo due

“discipline” facenti parte del programma di studi che avrei dovuto affrontare, poi nel

corso del triennio sono risultate essere due campi di studio: entrambi interessanti,

sicuramente diversi, ma spesso in relazione tra loro.

Giunta ormai al termine del quinto anno mi sono quindi concentrata su un quesito che,

senza mai poterlo approfondire accuratamente, mi ero già posta più volte. Si tratta di

un quesito complesso, a cui probabilmente non ho saputo dare una risposta completa

ed esaustiva; essa, anzi, potrebbe rivelarsi inesatta, nonostante sia frutto di numerosi

e consapevoli approfondimenti e ricerche.

Introduzione

Il nucleo centrale della mia riflessione si basa, dunque, sul rapporto che si è sviluppato

nel corso dei secoli tra filosofia e letteratura. In particolare, il mio studio si propone

di capire se (e in che modo) la filosofia abbia influenzato la letteratura nel corso del

più ristretto periodo di tempo che comprende il XIX e il XX secolo.

Per fare questo ho innanzitutto effettuato una ricerca al fine di comprendere le

opinioni di figure che possono vantare una elevata conoscenza della materia in esame.

Mi sono soffermata in particolare su due di esse: Umberto Curi, filosofo e professore

ordinario di Storia della Filosofia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università

di Studi di Padova e Sergio Givone, filosofo e professore ordinario di Estetica alla

Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Firenze.

Del primo ho conosciuto il pensiero in merito alla questione “filosofia e letteratura”

tramite il video del confronto con lo scrittore Stefano Benni, tenutosi il 2 marzo 2012

in occasione del festival di “Popsophia”, a Civitanova Marche.

Del secondo, invece, ho seguito (ancora una volta tramite video) una lezione su

“scrittura, filosofia e letteratura” distribuita da Bulgarini Editore, risalente a marzo

2013.

Il filosofo Umberto Coli parte dal presupposto che attualmente sembri

“un'assunzione banale e scontata che letteratura e filosofia siano nettamente distinte

e per certi aspetti persino antitetiche”, per spiegare poi come, con uno studio più

approfondito, sia possibile verificare che questo rapporto apparentemente banale

1

nasconde una realtà più profonda.

Vi sono infatti numerosi filosofi i cui testi hanno anche un’intrinseca qualità letteraria -

come i dialoghi di Platone e gli scritti di Kierkegaard - e opere considerate rilevanti

solo dal punto di vista letterario, che hanno invece un intrinseco carattere filosofico,

come la Divina Commedia di Dante o le produzioni di Kafka.

Il professore Sergio Givone compie un ulteriore passo, un passaggio che porta la

letteratura allo stesso livello della filosofia. Egli ritiene infatti che la “scrittura

letteraria”, non sia un'arte minore, ma un sapere vero e proprio, distinto dalla

filosofia, ma utilizzato allo stesso modo per parlare della verità. La “verità del cuore

umano”, infatti, viene da sempre cercata dai filosofi nella letteratura; alcuni di essi si

sono dedicati alla scrittura di romanzi, forse perché ritenevano che “il romanzo fosse il

proseguimento della filosofia con altri mezzi necessari, perché certe cose solo così si

possono dire”.

Argomentazione

A partire da queste riflessioni, ho scelto di sviluppare la problematica seguendo tre

linee principali, che si susseguono dal punto di vista cronologico. Per ciascuna di esse

ho posto in relazione un pensiero filosofico, sviluppatosi nel periodo trattato, con uno

scrittore dell'epoca, le cui opere portano il segno evidente di queste nuove teorie:

1. Innanzitutto ho inteso presentare i caratteri fondamentali della filosofia

positivista, che si sviluppa nella prima metà del XIX secolo e vede come capofila

il filosofo Auguste Comte.

L'influenza di questa filosofia si riscontra nelle opere dello scrittore francese. Émile

Zola, in particolare nel saggio “Le roman expérimental” (1880).

2. Successivamente, ho approfondito la nuova concezione del tempo,

espressamente anti-positivistica, esposta dal filosofo francese Henri Bergson nei

primi anni del XX secolo.

La concezione di “durée” del filosofo ha ispirato scrittori del modernismo inglese,

come Virginia Woolf nel suo romanzo “Mrs Dalloway” (1925).

3. Infine ho scelto di trattare dello sviluppo, avvenuto anch'esso all'inizio del 1900

per opera di Sigmund Freud, di una nuova scienza filosofica: la psicoanalisi.

Egli ha esercitato una profonda influenza sul celebre autore triestino Italo Svevo

ed in particolare sulla stesura della sua opera “La coscienza di Zeno” (1923)

2

Le Positivisme: Auguste Comte

e

Le XIX siècle est traversé par de nombreuses révolutions politiques, scientifiques et

techniques qui bouleversent les fondements de la société traditionnelle longtemps

considérés comme immuables et absolus. En effet, dans ce monde de plus en plus

industrialisé, les découvertes révolutionnaires se succèdent à une vitesse folle

(électricité, téléphone, chemin de fer…) et provoquent l’émergence d’un nouvel esprit

philosophique: le positivisme. Cette doctrine, développée par Auguste Comte

(1798-1857), disciple et secrétaire de Saint-Simon, dans son Cours de philosophie

positive (1830-1842), est devenue le culte de toute une époque qui souhaite

désormais découvrir les lois de l’univers au moyen de la seule observation de la

Nature.

Qualifié de «scientisme» par ses adversaires, le positivisme privilégie l'expérience

scientifique et le raisonnement comme fondement du savoir et comme source

fondamentale du progrès de l'humanité.

Pour Comte, les hommes, au cours de leur histoire, avaient eu recours à trois modes

de pensée:

• ils avaient d’abord interprété le monde visible en termes d’intervention divine,

en attribuant les causes premières et les fins dernières de la création aux forces

surnaturelles;

• dans un second stade, en remplaçant la théologie par la philosophie, ils avaient

expliqué le comportement en termes abstraits.

• Le stade positif, le troisième, renonçait à découvrir l’origine ou le but de

l’univers et il aspire maintenant à comprendre «ce qui est donné» (positum, en

latin) à l’aide du modèle scientifique, notamment de l’expérience, qui lui

permettra d’établir l’organisation de l’univers.

Seule la création d’une nouvelle science, qu’il appela d’abord «physique sociale», et

ensuite «sociologie», saurait porter remède au désordre ambiant en appliquant les

méthodes scientifiques à la politique. Comte disposa les sciences fondamentales selon

une échelle hiérarchique en faisant de la sociologie la science suprême.

3

Matérialiste et rationaliste, le positivisme connait l'opposition de l'Eglise. Réfusant les

idées liberales, au début il apparaît comme l'adversaire du monde moderne, mais

ensuite il se propage rapidement.

Le Naturalisme: Emile Zola

Le Naturalisme s'inscrit dans l'histoire de la pensée de la seconde moitié du siècle

puisque le progrès des sciences naturelles a eu une influence certaine sur sa

naissance, la philosophie positiviste y comprise.

Son chef de file est le célèbre écrivain français Emile Zola, qui est influencé par les

études de Claude Bernard dans son «Introduction à la médecine expérimentale» et

par la pensée de Hippolyte Taine. Zola partage avec eux l'intérêt pour la méthode

scientifique et le rôle sociale de l'artiste, qui peut aider à la formation d'un état social

meilleur en dénonçant dans ses œuvres les maux qui affligent la société.

Son essai le «Roman expérimentale» (1880) devient le manifeste de sa production

littéraire. Dans cette œuvre Zola explique dans un premier temps les phases qui

constituent la production d'un roman naturaliste (l'observation et l'interprétation),

ensuite il présente le roman comme une sorte de lavoratoire, qui permet au romancier

de vérifier la validité des lois qui déterminent les hommes et régissent les

comportements en société. Le romancier doit donc appliquer la méthode

expérimentale à l'étude de l'homme. Il suppose que le romancier n'invente et ne

décide rien, mais qu'il observe et étudie les personnages avec un scrupule

scientifique, en montrant comment l'hérédité, le milieu social et les circonstances

déterminent les êtres et leurs comportement. Le romancier doit être «le juge

d'instruction des hommes et de leurs passions».

« Le romancier est fait d'un observateur et d'un

expérimentateur. [...] Il est indéniable que le

roman naturaliste, tel que nous le comprenons à

cette heure, est une expérience véritable que le

romancier fait sur l'homme, en s'aidant de

l'observation. » (Le Roman Expérimental)

Emile Zola (1840 - 1902) 4

Héritier du réalisme, Zola trouve chez Flaubert les caractéristiques principales du

roman naturaliste, partagées par tous ses ouvrages:

• le but de reproduire la vie avec fidélité, à travers un minutieux travail de

documentation

• le choix de personnages simples, tirés de la vie courante de toute classe sociale

• un auteur qui n'intervient guère dans la narration, avec l'adoption d'un point de

vue interne et du discours indirect libre

• le goût pour un style simple et sobre, souvent enrichi du vocabulaire technique

Son eouvre la plus célèbre est le cycle de romans "Les Rougons Macqaurt - Histoire

naturelle et sociale d’une famille sous le second Empire», en vingt volumes

dépeignant la société française sous le Second Empire et qui met en scène la

trajectoire de la famille des Rougon-Macquart, à travers ses différentes générations et

dont chacun des représentants d'une époque et d'une génération particulière fait

l'objet d'un roman. Les vingt romans sont écrits et publiés au rythme d’environ un par

an de 1871 à 1893.

Le succès de l'Assomoir fait de Zola un romancier reconnu et comblé, largement à

l'aise financièrement. La suite compte notamment Nana (1880), mais surtout

Germinal (1885). 5

Henri-Louis Bergson and the concept of durée

th

At the end of 19 century some artists tried to react to the vogue of materialism that

took place in France from 1850 to 1890, due to the influence of positivism. They were

influenced from the theory of the philosopher Henry Bergson, who gradually appeared

as an apostle of conscience, of free-will and action. His writings may be seen as a

series of essays on the limitations of positivism and its narrow concept of evolution.

Henri-Louis Bergson was a major French philosopher, influential especially in the

first half of the 20th century. Bergson convinced many thinkers that immediate

experience and intuition are more significant than rationalism and science for

understanding reality.

His major works include “Time and Freewill” and “Matter and Memory”. In these

studies he elaborated a philosophical position in contrast to the scientifc materialism

ad positivism which dominated the Victorian period. Bergson argued that time could

not be measured according to units because it is a flow, a “duration” and not a series

of points. We do not experience the world moment by moment but in a continuous

way.

Instead of perceiving time as linear, we experience a mixture of past, present and

future in the same moment.

Crucial with this idea of duration was memory for, as Bergson says “our

consciuosneess of the present is already memory” that is to say, as soon as we know

we have experienced something it has already passed. But the persistence of the past

in the present shows that in a vital sense the moment is never over.

You define the present in an arbitrary manner as that which is, wehereas the present

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