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Sintesi

Introduzione Fiaba, tesina



Questa tesina di maturità è il risultato di una scelta non facile, poiché ha richiesto mesi di duro lavo-ro e ricerca, ma è stato, in un certo senso, naturale. Essendo ancora nel limbo tra l’età adulta e quella dell’infanzia, la vita, all’età di diciannove anni, oscilla tra due nature: quella consapevole e quella ingenua. La versione bambina lotta con le unghie e con i denti per non venire annientata dal peso delle responsabilità e della frenesia della vita adulta, che è, invece, conscia anche delle tragedie e delle ingiustizie che imperversano nel mondo. Questo può es-sere un modo per rimanere ancorati alla propria infanzia senza perdere le esperienze che ci hanno resi ciò che siamo oggi e senza sacrificare la lucidità costruita con il tempo. Leggere le fiabe e i racconti popolari con occhi più maturi fa sorgere domande spontanee sul loro contenuto e sul loro legame con la realtà.
Accostare le parole ‘fiaba’ e ‘realtà’ nella stessa frase può sembrare un ossimoro, ma esse sono le prime ad introdurre la morte, lo smarrimento, il disagio, la violenza, la costrizione, la sofferenza e il male nella vita intellettuale dell’uomo. Partendo dalle sue possibili origini e cercando di dimostrarle tramite la comparazione di fiabe più o meno diffuse, ma esemplari, si tratta, in questo breve testo, della fiaba italiana e della sua relazione con generi affini ad essa, come i racconti mitici o l’epopea cavalleresca, spostandosi poi nel resto d’Europa, in particolare in Irlanda, dove i racconti di folklore sono profondamente radicati nella cultura popolare (anche nell’era contemporanea), per poi am-pliare il discorso ad un ambito meno specifico, ovvero quello della storia, in particolare trat-tando di un fenomeno comune a tutti i popoli e che si manifesta in diverse fiabe, e che ha raggiunto la sua (si spera) massima espressione tra fine Ottocento e metà Novecento: la per-secuzione dell’estraneo.
Questo iter della fiaba serve a verificare se essa, effettivamente, rispecchia la realtà, in par-ticolare la natura degli uomini e, quindi, dei popoli. Calvino in proposito scrisse che “le fia-be sono vere. Sono […] una spiegazione generale della vita […]; sono il catalogo dei desti-ni che possono darsi a un uomo e a una donna” (Sulla fiaba, postumo 1988), mentre Victor Hugo scrisse:“Quel che la favola ha inventato, la storia qualche volta lo riproduce” (I bur-gravi, 1843). La fiaba è un insieme indistinto di ipotesi o lo svelamento della realtà?

Collegamenti


Fiaba, tesina



Latino -

Le Metamorfosi di Apuleio

.
Italiano -

Calvino, Ariosto e l'epopea cavalleresca

.
Inglese -

William Butler Yeats e James Joyce

.
Storia -

Nazismo e antisemitismo

.
Estratto del documento

LETTERATURA

16

incantesimi” . Non è, infatti, atipico riscontrare, nei racconti popolari, cavalieri, palazzi e

17

principesse, piuttosto che maghi, streghe e draghi, specifici di quella tradizione . Cosa

differenzia, quindi, i poemi cavallereschi, come l’Orlando Furioso di Ariosto, da una fiaba

popolare?

Prendendo in analisi una fiaba diffusa, sebbene non italiana, che ben si presta a questo

discorso, Il soldatino di stagno di Andersen, è possibile evidenziare che la differenza tra

questi due generi non risiede nella presenza o

meno del lieto fine. La fiaba sopracitata,

infatti, tratta della storia di un tenace

soldatino di stagno privo di una gamba, che

si innamora di una ballerina di cartapesta e

viene scaraventato dalla sorte avversa in una

serie di disavventure, che lo tengono lontano

dall’amata, finché non riesce a tornare nel

luogo originario. Una volta terminata questa sequenza di sfortunati eventi, il povero

soldatino viene gettato dai proprietari in una stufa e rimpiange di non poter morire vicino

all’amata, ma all’improvviso una folata di vento trasferisce anche la ballerina nella stufa e

di loro rimane solo un piccolo cuore di stagno e un lustrino nero come il carbone.

Questa storia è adatta ad un paragone con l’opera

ariostesca per la presenza di un amore travagliato e per il

fatto che sembra essere dominata anch’essa da un caso

(o destino) cieco e beffardo. Inoltre, il soldatino rimane

sempre caparbio e fedele agli impegni della sua

uniforme, dimostrando la stessa lealtà dei paladini verso i

valori cavallereschi, infatti “lui non trovava decoroso

gridare quando era in uniforme” e “stava quasi per

18

piangere, ma non sarebbe stato decoroso” .

Tuttavia, l’aspetto cruciale è l’amore non dichiarato tra il

soldatino e la ballerina: il personaggio si sente affine

16 Il midollo del Il

Italo Calvino, leone, ‹‹Paragone››, 1955 in: Cristina Bacchilega,

viaggio di Calvino: fiaba, racconto e mito, La ricerca folklorica, Il viaggio, la

in: No.12,

prova, il premio. La fiaba e i testi extrafolklorici, Ottobre 1985, pp. 27-32

Sulla Fiaba,

17Italo Calvino, 1996, Milano, Oscar Mondadori pp.70-71

Fiabe e storie,

18 Hans Christian Andersen, trad. Bruno Berni, Roma, “Universale

economica” Feltrinelli, 2012, pp. 109-111 10

LETTERATURA

all’amata, poiché convinto che anch’essa sia priva di una gamba, mentre è semplicemente

nascosta dal gonnellino di tulle cartaceo, e poiché la vede resistente e tenace come lui: “lei

stava impettita sulle punte e con le braccia tese; altrettanto tenace, lui stava ritto

19

sull’unica gamba e i suoi occhi non la abbandonavano un solo istante” . Il loro amore è

fatto di sguardi silenziosi ed è spontaneo, proprio come i cavalieri si innamorano a prima

vista di donne sconosciute. Questo, però, non rende tale affetto meno forte in nessuno dei

due casi e l’amore viene paragonato ad un fuoco ardente:

“Il soldatino di stagno era tutto illuminato e sentì un gran calore, era terribile, ma non

sapeva se fosse per il fuoco o per amore. Aveva perduto completamente i colori, nessuno

era in grado di dire se fosse accaduto durante il viaggio o per il dolore. Guardò la

20

fanciulla, lei guardò lui, che si sentì sciogliere […]”

Anche nell’opera ariostesca si riscontra tale amore-fuoco in Angelica, quando si ritrova a

curare la ferita di Medoro, e in Orlando per Angelica, quando scoppia la sua follia:

“Ma che nel cor d’una maggior di quella (ferita)

lei ferì Amor; e di poca scintilla

l’accese tanto e sì cocente fuoco, 21

che n’ardea tutta, e non trovava loco”

[…]

“Amore che m’arde il cor, fa questo vento,

mentre dibatte intorno al fuoco l’ali.

Amor, che miracolo lo fai, 22

che’n fuoco il tenghi, e nol consumi mai?”

Ma nella fiaba di Andersen, sebbene sia tragica, il

protagonista è ricambiato dall’amore della ballerina e, soprattutto, vede esaudito il suo

desiderio di ricongiungersi a lei e dei personaggi rimangono comunque dei simboli del loro

amore (il cuore e il lustrino), che esprimono il trionfo dell’amore sulla morte. Infatti, “una

delle lezioni delle fiabe […] è che il pericolo, il dolore e l’ombra della morte possono

23

impartire dignità , a volte addirittura saggezza […]” .

Mentre l’opera ariostesca, e in generale le epopee cavalleresche, denigrano con ironia i

Ibidem p.109

19 Ibidem p.111

20 Orlando Furioso,

21 Lodovico Ariosto, 1532, canto XXIII, vv.156-160

Ibidem

22 vv.221-224

Albero e foglia,

23 J.R.R. Tolkien, Milano, Bompiani, 2000, p.63 11

LETTERATURA

personaggi, privandoli della loro dignità, narrandone le azioni con tono esperto, come se i

loro pensieri fossero ingenui.

Sostanzialmente, la fiaba è dotata di morale, non sempre positiva, talvolta amara; non

sempre chiara, spesso implicita e non visibile superficialmente. Talvolta, l’atto stesso di

raccontare una fiaba è pura morale, in quanto insegna l’importanza della libera espressione,

della creatività e della forza di pensiero: la funzione morale della fiaba “va cercata non

nella direzione dei contenuti ma nell’istituzione stessa della fiaba, nel fatto di raccontarle

e d’udirle. […] Alla mancanza di libertà della tradizione popolare, […] il narratore di

fiabe sfugge con una sorta d’istintiva furberia: lui stesso crede forse di far solo delle

24

variazioni su un tema; ma in realtà finisce per parlarci di quel che gli sta a cuore” .

In questo senso, prima il narratore di fiabe e l’ascoltatore, e il redattore e il lettore poi, non

si rassegnano alle ingiustizie della propria epoca o all’amarezza e alla nostalgia di un

passato differente, smettono di censurare la propria irrefrenabile ed irrazionale potenza

immaginativa, poiché, oltre che di un corpo, l’uomo è dotato anche di mente, cuore e

sentimenti, che possono trovare ristoro nell’evasione. Pertanto la fiaba concede

25

“l’invenzione di un destino, […] forza di realtà che interamente esplode in fantasia” .

Sulla Fiaba,

24 Italo Calvino, 1996, Milano, Oscar Mondadori, p.75-76

Ibidem

25 cit. p.78 12

INGLESE - THE IRISH CULTURE REFLECTED IN LITERATURE -

“Every crag and gnarled tree and lonely valley

has its own strange and graceful legend attached to it”

(Douglas Hyde)

The term “fairy” derives from the Latin word “fatum”, which developed into the French

word “fee” and the contemporary English word “fay” or “fairy”, and refers to different

meanings: enchantment and illusion; land of illusion; human with special power;

26

supernatural beings . The land most prolific and various about fairy tales is Ireland,

which takes legends from its traditional myths. For this reason, Irish fairy tales are

representative and characteristic of Ireland’s past.

The use of collecting these local stories rose between the XIX

and the XX, when nations were trying to establish a national

identity. But the relationship between Ireland and England had

always been delicate and, at that time, the necessity of a national

reconstruction was born. In particular, the first people who acted

were writers sensitive to the Irish Question: they originated the

movement of Irish Revival. This phenomenon developed

during the period which was between the publication of Fairy

and Folk Tales of the Irish Peasantry by W. B. Yeats (who

inspired this movement) in 1888 and the publication of Irish

Fairy Tales by James Stephens in 1920. For reasons of time and

space, just the first anthology will be treated.

Yeats’ purpose was to restore their past to Irish people, so he wrote a collection of Irish

fairy tales through materials reported by other authors such as Thomas C. Croker, Lady

Wilde and Douglas Hyde. In particular, the latter inspired Yeats thanks to his fidelity to

tradition and his literary honesty. Yeats, in fact, transcribed accurately what he discovered

and heard from populace. Moreover, Hyde asserted: “As our language wanes and dies, the

golden legends of the far-off centuries fade and pass away. No one sees their influence

The semantics of the Word ‘Fairy’: Making Meaning Out of Thin

26 N. Williams (1991),

Air, The Good People. New Fairylore Essays,

in Garland Publishing, New York-London,

pp.457-475 13

INGLESE

upon culture; no one sees their educational power”, so also local languages had to be

preserved. However, Yeats decided to write in English in order to be perceived by a greater

number of people.

Yeats believed that people had to consider that “Irish folk-tales are full of simplicity and

musical occurrences, for they are the literature of a class for whom every incident in the

old rut of birth, love, pain, and death has cropped up unchanged for centuries: who have

27

steeped everything in the heart: to whom everything is a symbol” . In the introduction of

this edition, the author also criticizes the Spirit of the Age, which has the power of

corrupting the past, the present and the future with its mistaken illusions of progress. So

28

the genre of fairy tales is privileged, because it’s ahistorical .

In 1892 Yeats published another anthology, Irish Fairy

Tales, extended from the previous one, in which he

collected more folk tales.

Anyway, in both anthologies classification is systematic,

divided into different sections referring to the principal

mythical figures who are presented in them - it’s

remarkable the evidence of the syncretic interpenetration

between traditional Irish figures and Catholic ones (f.e.

priests and saints). Furthermore, in both collections he

displayed some creatures typically Irish: Goblins

(Sidheog in Irish), Mermaids (Moruadh), Leprecauns

(Leith bhrogan , which literary means “one shoe

cobbler”), Pookas (Pùca, which derives from “poc”:

billygoat), Banshees (Bean-sidhe, which means “fairy

29

woman”), Spectra and Giants .

Their experiences generally occur and evolve from the original myth on three different

temporal dimensions: the afterlife (transcendent), the history (human and defined) and the

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fairy dimension (undetermined) . Nevertheless, the hallmark of Irish fairy tales is the

special connection with what’s unexplained and supernatural: there is a sort of respect and

recognition towards it. In fact, considering two similar fairy tales, The man who never

Fairy and Folk Tales of Irish Peasantry

27 W.B. Yeats, (1888)

I

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