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Tesina - Premio maturità 2008
Titolo: Fattori del disagio psicologico nell'adolescente e
Autore: Stefania Colombo
Descrizione: in questa tesina ho voluto analizzare la condizione dei giovani nella nostra società in quanto questa fascia di età è maggiormente soggetta a problematiche.
Materie trattate: psicologia, sociologia, pedagogia.
Area: umanistica
Sommario: PREMESSA In seguito al mio percorso di studi ho sviluppato interesse per lo studio della cultura giovanile. Questo argomento mi appassiona in quanto ritengo che noi giovani rappresentiamo il futuro della nostra società . Inizialmente consideravo il disagio come qualcosa di legato solo ad alcuni individui che si trovano a vivere in situazioni di emarginazione, in seguito mi sono resa conto che il disagio è diffuso tra un numero di giovani molto elevato e non è specifico di alcune categorie di giovani, ma è generalizzato. Questo modo di considerare il disagio mi è nato anche osservando alcuni gruppi di giovani che si sono formati sul territorio in cui abito. Prendendo spunto da varie fonti di informazione mi sono accorta che molti giovani, soprattutto gli adolescenti, sono lasciati soli nell'affrontare gli ostacoli che incontrano durante il loro percorso di crescita, da un lato perché gli adulti vengono "tagliati fuori" e non resi partecipi da parte dei giovani, dall'altro perché non si "mettono in gioco" e spesso non sono in grado di fornire loro un aiuto concreto. In questa tesina mi sono proposta di analizzare la condizione dei giovani e soprattutto degli adolescenti. Per fare questo nel primo capitolo ho analizzato i fattori che provocano disagio nell'adolescente. Mi sono occupata delle problematiche che possono sorgere durante la costruzione dell'identità mettendola in rapporto alla cultura dell'attuale società . Ho inoltre analizzato il rapporto genitori-figli prestando maggiore attenzione agli elementi che si sono modificati negli ultimi decenni. Infine mi sono occupata di analizzare le strutture sociali nelle quali il ragazzo tende ad identificarsi, cioè i gruppi di coetanei, ed i comportamenti devianti che ne possono derivare. Nel secondo capitolo ho invece voluto descrivere i vari comportamenti messi in atto dai giovani in riposta alla situazione di disagio nella quale si vengono a trovare. Innanzitutto ho ritenuto opportuno partire dalla definizione del termine "trasgressione" che ritengo significativo per descrivere il tipo di azioni che più affascinano gli adolescenti. Successivamente ho analizzato più nello specifico i comportamenti più significativi delle problematiche giovanili. INTRODUZIONE La pedagogia si è trovata solo di recente ad affrontare quella che da qualche decennio si è venuta configurando come "questione giovanile". Nel corso della sua storia la pedagogia si è occupata quasi esclusivamente di istruzione e di educazione del bambino e del fanciullo della scuola primaria, e solo in qualche caso si è spinta ad interessarsi della preadolescenza e dei giovani.
FATTORI DEL DISAGIO PSICOLOGICO
NELL’ADOLESCENTE
Costruzione dell’identità.
Nel periodo adolescenziale è molto importante la costruzione della identità.
Per stabilire chi siamo ci basiamo su diversi criteri:
L’obiettività sociale: entrano a far parte della nostra identità le caratteristiche
personali che la società conferma.
L’investimento soggettivo: certi aspetti sono considerati centrali, anche se non
vengono riconosciuti dalla società perché la singola persona ritiene che siano importanti per
sé.
Come si forma e si mantiene il sé.
Per arrivare alla conoscenza di sé ognuno di noi raccoglie dei dati che vengono attinti da fonti
private (ricordi, emozioni, sentimenti) o da fonti sociali (stando con gli altri). Però gli studiosi di
psicologia sociale hanno dimostrato che le fonti sociali sono di gran lunga più importanti. Il contatto
con altre persone può fungere da “specchio” che rivela aspetti importanti della propria personalità.
Si conoscono alcune condizioni tipiche dalle quali ricaviamo le informazioni:
L’interazione sociale.
L’ambiente ci fa da specchio e ci fornisce delle informazioni sul nostro conto. Spesso gli
altri ci dicono apertamente ciò che pensano su di noi ma la maggior parte delle volte questi
giudizi sono inespressi, quindi bisogna essere in grado di applicare la tecnica del
DECENTRAMENTO per ricavarli, cioè bisogna saper assumere idealmente il ruolo
dell’altro e cercare di vederci come ci vede lui dalla sua posizione.
Il confronto sociale.
La conoscenza di sé si basa molto sul confronto con gli altri. Spesso i paragoni vengono fatti
con individui o gruppi di riferimento che sono ritenuti importanti e degni di essere presi
come modelli.
Interpretazione di ruoli.
Quando le persone si trovano a svolgere un ruolo all’interno della società spesso sviluppano
una conoscenza di sé che vi si addice. Interpretando un ruolo l’individuo riceve parecchie
informazioni sul proprio conto, che lo spingono a concepirsi in quella veste.
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Le esperienze sociali indirette.
Non c’è bisogno di entrare direttamente nelle interazioni sociali, ma si può imparare molto
dalle esperienze di persone con le quali ci identifichiamo.
Spinte al cambiamento e processi di stabilizzazione.
L’individuo non assorbe passivamente le informazioni sul sé che riceve dalle fonti, le vaglia e le
filtra intervenendo attivamente nella costruzione della conoscenza di sé. Le fonti tendono a farci
modificare la visione che abbiamo di noi, ma noi cerchiamo di mantenerla invariata. Ogni
informazione nuova sul sé può mettere in crisi la nostra vecchia concezione. L’individuo per non
modificare la visione che ha di sé mette in atto dei meccanismi cognitivi basati sulla selezione
dell’informazione in arrivo.
L’affiliazione orientata: ci si può associare a persone o a gruppi che confermano la
visione che abbiamo di noi.
La gestione dell’interazione: possiamo cercare di pilotare interazioni e relazioni in
modo che arrivino a confermare la visione che abbiamo di noi stessi.
Questo processo di costruzione e di mantenimento del sé avviene in maniera relativamente semplice
in una struttura sociale statica e portatrice di valori ben definiti.
Purtroppo la società contemporanea non è più portatrice di valori ben definiti, ma soprattutto non è
una società statica. È anzi in continuo movimento, una società dinamica all’interno della quale
risulta difficile trovare valori certi ai quali poter far riferimento.
In questo tipo di società l’adolescenza è caratterizzata da un progressivo dilatarsi della sua durata e
da una crescente difficoltà ad assumere un’identità autonoma ed indipendente da quella genitoriale.
Rapporto con i genitori.
Dati demografici dimostrano che la famiglia media italiana è
costituita da 2,8 persone, con una media di 3,3 persone nel sud e
medie molto più basse al nord. La famiglia viene dunque
“disgregata”, viene a mancare il modello della famiglia patriarcale.
Sempre più spesso le famiglie sono composte da un singolo
individuo, i cosiddetti “single”, o da coppie senza figli. La prole è
sempre più limitata ad una sola unità. Anche la componente
genitoriale spesso è ridotta ad un solo individuo a causa di
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separazioni, divorzi o decesso di un genitore.
Proprio avvenimenti come divorzi o separazioni possono essere le principali cause di sofferenza per
l’adolescente, infatti, in questi periodi di crisi dei modelli familiari gli adulti sono troppo concentrati
sulla propria infelicità per potersi occupare di quella dei ragazzi. Inoltre i figli tendono ad
introiettare la colpa sentendosi la causa della propria sofferenza e di quella dei genitori.
L’esperienza quotidiana fa rilevare come, sempre più di frequente, i genitori sono assenti nella vita
dei figli, spesso per motivi di lavoro, quindi i figli vengono affidati ad istituzioni educative o a
baby-sitters spesso occasionali. Crescendo si trovano poi ad essere abbandonati a se stessi e passano
molto del loro tempo davanti alla televisione guardando programmi che potrebbero non essere
adatti alla loro età. Il messaggio che passa dalla maggior parte dei programmi televisivi è la ricerca
del piacere individuale da perseguire con qualsiasi mezzo.
I genitori provano un forte senso di colpa perché non si sentono in grado di dare affetto ai loro figli,
questo senso di colpa si trasforma in una grande disponibilità a fornire ai propri figli tanti surrogati
d’affetto, costituiti da beni materiali. Questi oggetti però non potranno mai sostituire un rapporto
d’affetto profondo come dovrebbe essere quello con i propri genitori.
Organizzazione e caratteristiche dei gruppi di adolescenti.
Per la psicologia e la sociologia si può parlare di un gruppo quando vengono soddisfatte alcune
caratteristiche:
Contatto sociale diretto e significativo.
Perché si crei il gruppo occorre che i membri siano in condizione di interagire e comunicare
l’uno con l’altro; inoltre gli scambi ripetuti nel tempo devono consentire l’instaurarsi di
relazioni e legami più o meno profondi.
Coscienza di gruppo.
In un gruppo ci si rende conto di appartenere ad un’unità. Nella mente di ciascun individuo
che ne fa parte esiste il senso del “noi” più o meno vivo e sentito.
Organizzazione e funzionamento del gruppo.
Il gruppo ha una propria vita, in parte fuori dal controllo dei singoli. Possiede una struttura e
dei processi evolutivi, per cui ciascuno si trova ad assumere determinati ruoli.
Affinché le condizioni vengano soddisfatte e si formi un gruppo è importante che vi siano occasioni
di contatto e obbiettivi comuni, ma è decisivo il numero di partecipanti. Un gruppo vero e proprio
è piccolo e va da tre a qualche decina di persone.
6 Colombo Stefania 5^Bp
I gruppi nei quali si ritrovano i giovani sono solitamente costituiti da compagni di scuola, ragazzi
cresciuti nello stesso quartiere e che abitualmente si incontrano nello stesso luogo di ritrovo.
Questi ragazzi appartengono spesso a contesti sociali
familiari multiproblematici e ciò che li accomuna è un
senso di noia che li porta a cercare di impegnare il tempo
per potersi divertire.
Inoltre in un gruppo conta molto la coesione. Sul piano
teorico questa è la tendenza del gruppo a sopravvivere
mantenendo intatte struttura e composizione. Tuttavia in
psicologia sociale il concetto di coesione è più analitico
ed operativo. Si pensa ad un complesso di fattori unificanti che, sommati, determinano la coesione
di un gruppo. Solitamente vengono considerati tre ordini di parametri:
Rapporti tra i membri.
C’è simpatia reciproca, le relazioni hanno un certo grado di profondità, si è legati e ci si fida
gli uni degli altri.
Senso di appartenenza.
Il gruppo è vivo nella coscienza dei membri e viene investito di sentimenti positivi.
Ciascuno ha presente obiettivi, vita interna, storia del gruppo, ne ha a cuore le sorti,
considera un valore farne parte e si sente impegnato a migliorare continuamente l’esperienza
comune.
Attaccamento al gruppo.
Oltre che tra loro i membri sono legati al gruppo e in qualche misura ne dipendono
psicologicamente. Questa dipendenza può essere:
× M
ORALE E COGNITIVA
Si determina in rapporto al fatto che l’individuo matura nozioni relative a ciò che è, a
quanto è possibile fare o dire, a quanto deve ritenersi giusto o ingiusto, in rapporto alle
credenze ed ai valori che sono testimoniati dal gruppo. Questo comportamento è
giustificato dai processi di socializzazione, infatti, fin da bambini i soggetti sono portati
a vedere le cose, a giudicare fatti o persone attraverso gli occhi delle persone con le quali
si ha un rapporto importante e che vengono riconosciute come modelli da imitare.
Oltre a questa motivazione bisogna tener presenti altri due fattori: di solito i gruppi sono
portatori di una propria cultura caratteristica, cioè di una subcultura che si differenzia da
7 Colombo Stefania 5^Bp
quella espressa dalla società in generale. In secondo luogo possiamo identificare dei
gruppi di riferimento che, per le loro caratteristiche, assumono un ruolo di leadership nei
confronti degli altri gruppi e vengono quindi assunti come modelli di riferimento.
È evidente quindi che la subcultura espressa da un gruppo di riferimento può condurre
alla considerazione di principi e valori differenti rispetto a quelli della società in
generale. Questo fatto potrebbe diventare fattore potenziale di devianza.
× R
ELAZIONALE
Dipende dal bisogno di stabilire relazioni sociali con altre persone. L’individuo sente il
bisogno di piacere, di essere apprezzato, di essere amato, ammirato, curato, protetto
dagli altri. Il fatto di non riuscire ad ottenere una situazione relazionale soddisfacente
con un gruppo può indurre la persona a ricercare altrove le gratificazioni che gli sono
necessarie creando solidarietà che possono condurre alla devianza.
× M
ATERIALE
L’individuo sente la necessità di ricevere aiuto e collaborazione dagli altri per
raggiungere un determinato fine. La vita sociale, anche nelle sue manifestazioni devianti,
richiede in molti casi organizzazione, quindi la collaborazione tra individui appartenenti
allo stesso gruppo risulta di fondamentale importanza. Sottrarsi a richieste fatte dal
gruppo potrebbe avere esito negativo sul raggiungimento dell’obiettivo per l’intero
gruppo, quindi l’individuo, per non essere escluso dal proprio gruppo, tende ad assumere
comportamenti devianti, qualora gli vengano richiesti, anche se non approva questo tipo
di azioni.
Fino agli anni 60 la coesione era considerata un bene, si pensava, infatti, che i gruppi molto coesi
fossero sempre preferibili perché il clima è di maggiore serenità e soddisfazione, il rendimento è più
alto e i partecipanti hanno occasione di fare esperienze costruttive, che li aiutano sul piano
personale facendoli crescere in maturità ed equilibrio.
Negli ultimi decenni invece gli studi sono andati a confluire anche sugli aspetti negativi causati
dalla coesione del gruppo; questi posso essere ricondotti a quattro fattori:
La beata improduttività: talvolta le persone si compiacciono di stare insieme e di
lavorare insieme ma concretizzano ben poco. Bassi rendimenti, obiettivi mancati, insuccessi
vengono tollerati e accettati più facilmente perché ci si sostiene a vicenda e si costruiscono
giustificazioni.
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La mentalità di gruppo (group think): questo aspetto è molto presente nei gruppi di
giovani e molte volte crea problemi perché può portare all’assunzione di comportamenti
devianti. Infatti, secondo questo fattore un pensiero condiviso viene portato avanti
ciecamente, chiuso alle critiche, che può fuorviare e sfociare in gravi errori di giudizio o
decisioni disastrose. Le persone che fanno parte di un gruppo coeso tendono a vedere le cose
in modo simile, per cui è facile che si trovino d’accordo. Proprio perché sono unite sono
portate a trascurare modi di vedere alternativi e difficilmente cercano confronti esterni. Il
rischio è che scambino il loro consenso per l’obiettività.