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italiano - il fanciullino
In questo periodo si crede nella capacità della scienza e della
tecnica di conoscere la realtà e modificarla a vantaggio dell’uomo,
nell’inarrestabilità del progresso umano, nel mito del nazionalismo
ed il primato della patria, nella pace durevole nel continente
europeo e nell’Europa dominatrice del mondo con la sua missione
civilizzatrice.
Inoltre, l’industrializzazione aveva moltiplicato i beni di consumo e
diffuso l’istruzione grazie alle nuove invenzioni.
Tutto ciò sembrava promettere progresso, benessere e pace.
LA REALTA’
In Italia, è difficile costruire uno stato davvero unitario, dare risposta
ai problemi emergenti (pareggio del bilancio, questione romana,
questione meridionale) ed allargare la partecipazione politica.
In Europa, cominciano a formarsi alleanze contrapposte e
aggressive e si diffondono una crisi economica ed una grande
depressione.
Di conseguenza, in Italia le tensioni sociali vengono superate con le
riforme di Giolitti e in Europa vengono introdotte la riorganizzazione
industriale (catena di montaggio) e delle politiche sempre più
aggressive contro gli stati europei e oltremare.
ESITO FINALE
Belle Epoque
La in realtà era molto fragile ed il progresso si rivelò
un’idea astratta ed illusoria a cui, successivamente, pose fine la
guerra.
Il colonialismo
Tra il 1870 e il 1914 le principali nazioni europee cominciarono a
conquistare colonie fuori dal vecchio continente. Questo tipo di
colonialismo si differenzia da quelli precedenti in quanto la politica
di espansione coloniale viene organizzata e realizzata in forme
sistematiche con un alto consumo di forze economiche e militari,
inoltre non bastano più lo sfruttamento delle risorse delle terre
oltremare ed un controllo sui governi locali in quanto lo scopo ora è
l’occupazione permanente ed il controllo totale della colonia. Ed è
per questo che si parla di imperialismo, visto che il fine della corsa
alle colonie è di costituire veri e propri imperi. La competizione per
la spartizione coloniale però andò crescendo e quindi aumentano le
tensioni ed i rischi di guerra in Europa.
Dal punto di vista economico, le colonie devono fornire alle
industrie della madrepatria materie prime abbondanti e a basso
costo che servono anche come mercato dove piazzare l’eccedenza
di produzione ossia i beni prodotti dalla industrie nazionali che
esigono un mercato più vasto di quello interno e meno difficile di
quello europeo. Il possesso di colonie costituiva un fattore di
prestigio sulla scena politica internazionale e si basava anche
nazionalismo esasperato, emerso in Europa e diventato poi
un’ideologia aggressiva e di massa in quanto i governi insistettero
sull’esaltazione della patria e sull’idea che la propria nazione avesse
un primato da raggiungere (obiettivo necessario per ottenere il
consenso delle masse popolari, in cui si stava estendendo la
partecipazione politica). E da questo si sviluppò la giustificazione
ideologica del nazionalismo, una mentalità razzista che sosteneva
la superiorità dell’uomo bianco ed il suo compito di portare la civiltà
a popolazioni considerate inferiori.
La crisi di fine secolo
Verso fine secolo, molti paesi europei furono colpiti dalla grande
depressione.
Non fu una crisi di produzione ma di discesa dei prezzi e quindi dei
profitti: l’industria era in grado di produrre più beni di quanti ne
servissero al mercato cioè della domanda dei consumatori
(fenomeno della sovrapproduzione).
In questo periodo aumentò in modo esponenziale la partenza di
emigranti europei, soprattutto verso le Americhe e moltissimi
italiani. Nei decenni tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del
Novecento gli Stati Uniti furono la meta di milioni di emigranti in
cerca di una vita migliore: erano una nazione ancora giovane con
enormi spazi e risorse naturali non ancora sfruttate, senza avversari
in grado di contrastarli nel continente americano.
In Italia, l’Ottocento si chiuse con una crisi economica e un disagio
sociale. La produzione industriale era cresciuta ma si concentrava
ancora nel triangolo Milano-Torino-Genova, l’agricoltura del Nord si
era voluta tecnicamente e il paese aveva compiuto alcuni passi
significativi verso la modernizzazione però si era aggravata la
questione meridionale (l’arretratezza economica e sociale del Sud),
inoltre le condizioni di vita delle masse povere, contadine ed
operaie restavano molto difficili.
L’Italia però attraversò anche una crisi politica e sociale molto
grave, in particolare quando, in seguito a cattivi raccolti, il prezzo
degli alimenti di base aumentò e questo portò a moti spontanei di
protesta popolare che però vennero repressi duramente dal
governo.
La poetica del fanciullino e il suo mondo
simbolico
Dalla visione oggettiva a quella soggettiva
La poesia di Pascoli riflette la situazione culturale fra Ottocento e
Novecento: il rifiuto del Positivismo, la sfiducia nella scienza e
perfino nella ragione umana come metodo principale di conoscenza.
Secondo Pascoli, la realtà non conta tanto in se stessa (realtà
oggettiva) ma per come l’uomo riesce a vederla e sentirla dentro di
sé (realtà soggettiva). Le piccole cose, per lui, assumono più
importanza delle grandi cose infatti egli sostiene che, se le si
guarda con attenzione e si entra in rapporto con loro, esse possono
farci intuire i valori autentici della vita.
La realtà però non si può capire con il ragionamento ma soltanto
immedesimandosi con essa. Per questo, quindi, alla poesia spetta
un compito di rilevazione: gli uomini sono incapaci di scoprire i
segreti della natura attraverso la ragione però possono averne una
percezione grazie, appunto, alla poesia.
La teoria del fanciullino
Secondo Pascoli, in ogni uomo c’è un <<fanciullo>>, il quale è
capace di commuoversi e sperimentare ogni giorno emozioni e
sensazioni nuove.
fanciullino
Spesso tale è soffocato e ignorato dal mondo esterno
(degli adulti) ma se si risveglia fa sognare ad occhi aperti, scoprire il
lato attraente e misterioso di ogni cosa e volare con la fantasia in
mondi meravigliosi.
fanciullino
Il osserva le piccole/grandi cose della campagna con una
prospettiva rovesciata: le cose grandi le vede piccole (le riduce alla
sua misura) e le cose piccole (che per lui sono grandi) le
ingrandisce.
Egli sa percepire con meraviglia ciò che gli adulti non vedono più,
ad esempio le voci segrete della natura (che lo commuovono) in
quanto il suo metro di giudizio è totalmente differente da quello
degli adulti civilizzati: lui è un individuo di natura, non di cultura,
che si sa esprimere con fantasia cioè con parole semplici e
spontanee, con immagini e analogie, non con concetti e
ragionamenti ma con intuizioni.
Questo fanciullo non è una condizione anagrafica bensì una
condizione interiore: esso rappresenta quella natura pura e
ingenua, candida e innocente che, nella psicologia di un individuo,
può conservarsi anche in età avanzata in quanto l’individuo cresce
fanciullino
ed invecchia però il rimane piccolo dentro di lui.
L’importante, quindi, è non soffocare definitivamente questa voce,
la quale vibra ancora nella parte dell’anima rimasta, appunto,
“fanciulla”.
Il poeta-fanciullo
Pascoli sostiene che chiunque riesca a conservarsi fanciullo può
guardare la realtà circostante con stupore ed entusiasmo, percepire
il lato bello e commovente di ogni situazione ed oltrepassare con la
fantasia le apparenze comuni e banali.
fanciullino
Il è colui che sa osservare poeticamente il mondo ed il
poeta perciò è colui che ha mantenuto l’infantile capacità di
meravigliarsi e d’intuire piuttosto che di ragionare.
Per questo, da lui nasce una poesia “fanciulla” che rinuncia
all’eloquenza, alla dottrina ed all’imitazione dei grandi scrittori del
passato.
Il fine della poesia è solo la poesia pura (e infatti ad un certo punto
del suo scritto polemizza direttamente sul maestro Carducci,
esempio di poeta-vate).
Se, invece, l’arte nasce per affermare messaggi esterni, allora essa
tradisce se stessa e si consegna alla retorica.
PARALLELISMO TRA FANCIULLIO E POETA
il fanciullo osserva ogni cosa con occhio incantato perché tutto
gli parla di orizzonti sconosciuti e affascinanti, anche il poeta-
fanciullo sa cogliere le misteriose relazioni e corrispondenze
che esistono fra le cose;
il fanciullo vede le cose in maniera discontinua e slegata,
anche il poeta-fanciullo esprime le proprie immagini in maniera
istintiva e irrazionale;
il fanciullo vede solo i primi piani, non il vicino e il lontano o il
prima e dopo e tutto gli appare parimenti importante e così
anche al poeta-fanciullo sfuggono le giuste dimensioni perché
egli pone le immagini e le sequenze una dopo l’altra, senza
rielaborarle nel giusto ordine;
il fanciullo non si sente affatto superiore alla natura ma si
immerge con timore in essa, anche le parole del poeta-
fanciullo sono quelle incontaminate della gente semplice di
campagna.
Il simbolismo pascoliano
fanciullino
La poetica del fa di Pascoli un poeta genuinamente
simbolista: la parola poetica si carica della soggettività dell’io-poeta
che dice le cose non come sono ma come le sente (simbolismo
meno intellettuale e più istintivo).
fanciullino
Quella del è una visione bassa: essendo privo di filtri
culturali, di aspettative o finalità ideologiche, egli può percepire il
mondo solo in maniera infantile e quindi ingenuamente. Il suo
sguardo si ferma incantato su ogni cosa, si lascia dominare dai
particolari, senza riuscire più a ricostruire una visione d’insieme,
salda e razionale. Per lui ogni realtà è un’immagine-simbolo del
mistero indefinibile del mondo.
Le ambientazioni di Pascoli non sono mai sintetiche ma sempre
analitiche, non sono ordinate però piene di dettagli. Al poeta non
interessava offrire al lettore tutti i dati importanti di un certo quadro
quanto, piuttosto, moltiplicare i punti di vista e accavallare i piani
della visione.
Presenze simboliche
I simboli spontanei di Pascoli si legano al mondo interiore del poeta-
fanciullo, il quale nasce dallo stretto contatto con la vita semplice
della campagna e dalle sue umili presenze: le campane, i fiori, gli
uccelli.
Le campane suonano per evocare un’atmosfera da sogno: la
memoria felice dell’infanzia. La loro voce è spesso mimata da parole
onomatopeiche.
I fiori di Pascoli sono il simbolo della sessualità bloccata: il suo
mondo è senza amore perché privo di vere relazioni con il mondo
degli altri.
Gli uccelli sono gli animali più citati dal poeta in quanto si collegano
al simbolo fondamentale del nido ma anche perchè appaiono come
abitatori del cielo, quella misteriosa regione da cui le campane
mandano la loro voce. A questa figura però si affianca anche quella
dell’uccello notturno che lancia presagi di morte, suscita angoscia,
incubi e turbamento.
Il nido e la madre
Nel mondo di Pascoli, più o meno spontaneo, pieno di simboli e
significati, l’immagine simbolica decisiva è quella del nido,
un’immagine reale ma soprattutto metaforica: essa infatti
rappresenta la casa in cui rinchiudersi per sfuggire al male che sta
fuori, la famiglia oltre la quale ci sono solo i malvagi, la patria (la
madre) dei suoi figli.
Secondo gli studiosi, il motivo poetico del nido è un sintomo della
regressione all’infanzia cioè del suo desiderio di tornare alla
condizione infantile di sicurezza, della sua istintiva diffidenza verso
ciò che è sconosciuto ossia verso il mondo esterno o adulto, della
volontà di restare chiusi e protetti in una piccola cerchia di affetti
familiari.
Più genericamente, però, può essere visto anche come un riflesso
delle paure che un giovane della società rurale di fine Ottocento
nutriva verso la civiltà industriale e borghese.
Poi c’è la figura della madre, la primordiale custode dei riti e dei
sentimenti di vivi e morti, uniti indissolubilmente, che si riconoscono
nel nido o ne sono appartenuti. Per questo all’immagine del nido
viene legata quella della culla, una sorta di prolungamento del seno
materno: il bambino si addormenta tranquillo in braccio alla
mamma dimenticandosi di ogni insicurezza, anche se fuori c’è
tempesta.