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Sintesi

Introduzione Famiglia Educazione Società, tesina




La seguente tesina di maturità liceo scientifico descrive i vari gruppi che vengono a crearsi in una società. Gli argomenti che permette di sviluppare la tesina sono: Storia dell'arte:Rappresentazione della Maternità e Ritratto dei coniugi Arnolfini, Inglese:The Victorian Age, Charles Dickens e Thomas Stearns Eliot, Italiano:Luigi Pirandello e Umberto Saba, Latino:Quintiliano, Geografia:Sistema biplanetario Terra-Luna, Filosofia:Marx e Hegel, Storia:Fascismo e 1968.


Collegamenti
Famiglia Educazione Società, tesina



Storia dell'arte - Rappresentazione della Maternità e Ritratto dei coniugi Arnolfini
Inglese - The Victorian Age, Charles Dickens e Thomas Stearns Eliot
Italiano - Luigi Pirandello e Umberto Saba
Latino - Quintiliano
Geografia generale - Sistema biplanetario Terra-Luna
Filosofia - Marx ed Hegel
Storia - Fascismo e 1968
Estratto del documento

Il desiderio diffuso di recuperare

equilibrio e fiducia in un mondo

di nuovo pacificato non fu Lorenzo

Viani,

comunque in grado di spazzare La

via le angosce e i timori di un vedova,

1920-21

umanità appena uscita da un ca,

tempera

drammatico conflitto. su

cartone,

L’effetto rassicurante connesso 101,5 x 73

alla raffigurazione della figura di cm,

Collezione

una madre che accudisce il suo privata

bambino scompare già nell’opera

La vedova (1920-21 circa) del

toscano Lorenzo Viani.

L’artista nel titolo, segnala quale sarà il destino del piccolo, privato

della figura paterna come molti bambini della sua generazione;

in maniera più sottile, egli allude alla probabile vita di sofferenza

delle due figure, ponendo alle loro spalle uno stendardo, una sorta

di bandiera sul cui fondo giallo spiccano lettere nere che

compongono

il monogramma di Cristo.

Il dipinto è reso angosciate dall’impasto cromatico con

Ancora più drammatica è

Madre e bambino di Otto

Dix giocata sulla

tensione

espressionistica dei Otto Dix,

colori che si Madre e

bambino,

contrappongono: il rosso 1924, olio su

scuro dei mattoni e della compensato,

82,5 x 48 cm,

veste della donna, che si Stoccarda

Kunstmuseum

riverbera anche sul volto Stuttgart

cupo, e il bianco

cinereo, malato, del

bambino, la cui veste

eccessivamente raffinata

non fa altro che

sottolineare le dimensioni

Il pennello di Dix è spietato: qui egli obbliga lo spettatore a una

troppo ridotte del corpo

visione ravvicinata delle rughe delle mani e dei volti, degli occhi

che contiene.

stretti come fessure dolenti, del gesto della donna che

sembra spingere in avanti, allontanare, anziché reggere il corpo

del piccolo.

Frida Kahlo, Henry Ford Hospital (il letto volante), 1932, olio su metallo, 31 x 38 cm, Città del

~

Messico, Museo Dolores Olmedo Patino.

Henry Ford Hospital Il

L’opera (1932), che ha per sottotitolo

letto volante, racconto il dolore di un’esperienza vissuta. A

narrarla è una donna, la pittrice messicana Frida Kahlo,

moglie del muralista Diego Rivera, che a causa di gravi

problemi di salute non poteva avere figli. I numerosi aborti che

la costrinsero più volte in un letto d’ospedale, vengono

riassunti in questa piccola immagine, il cui stile fonde icastico

realismo e agghiacciante surrealismo.

Il corpo della donna, adagiata sul lenzuolo sporco di sangue, è

collegato da fili rossi a un feto e un fiore, a macchinari ospedalieri

e ad alcuni suoi organi rappresentati a fianco e sopra il letto. La

donna è scoperta, nei suoi sentimenti e nella sua sofferenza, e

collegata a macchine mediche che tengono in vita il desiderio

frustrato di maternità; sullo sfondo una città moderna e

industrializzata e del tutto indifferente al suo dramma. L’opera

colpisce per immediatezza del messaggio, che si eleva da

elemento biografico personale a destino condiviso e

universale; in questo contesto di elementi surreali aumentano la

verità della dolente vena narrativa. Frida Kahlo non accettava

per sé la definizione di pittrice surrealista, affermando “non ho

mai dipinto sogni, quello che ritraevo era la mia realtà “.

La Grande guerra aveva lasciato sul campo milioni di morti,

inducendo nei superstiti il desiderio di cancellare la terribile

esperienza del conflitto. A livello internazionale, nel corso degli

anni venti si verificò fra gli artisti un evidente allontanamento

da tutte le pratiche sperimantali che erano state proprie

delle Avanguardie. La ricerca di un nuovo equilibrio si

accompagnò a un generalizzato “ ritorno all’ordine”

attraverso il recupero dei linguaggi classici.

I n Italia si formò il gruppo Novecento dall’unione di sette

pittori: Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Gian

Emilio Malerba, Piero Marussig, Ubaldo Oppi, Mario Sironi. Essi

si riunirono su iniziativa della critica d’arte Margherita

Sarfatti. I sette artisti avevano poco in comune ma si

riconoscevano nell’idea di una pittura da attuarsi nel solco della

tradizione medievale e rinascimentale.

Il gruppo Novecento andò ad allargarsi comprendendo

sempre più tutti i maggiori artisti italiani del momento. Fra

questi spicca Felice Casorati che fu l’ideatore del realismo

magico ovvero una rappresentazione realistica, ma al tempo

stesso algida sospesa, come incantata, fortemente evocativa.

Un altro esponente di

Novecento, Massimo

Campigli viene

ricordato per

l’arcaismo dei suoi

dipinti che

assomigliano ad

affreschi.

La crisi del

movimento

novecentista si

delineò a partire dagli

anni trenta a causa di

contrasti interni e

per l’inadeguatezza del

movimento rispetto alla

politica culturale del

regime fascista.

Infatti Mussolini ripudiò

il movimento che prima

aveva sostenuto.

Margherita Sarfatti

di origine ebrea fu Massimo Campigli, Famiglia, 1929, olio su tela, 92,5 x

73 cm, Milano, Casa museo Boschi-Di Stefano

costretta ad Mario Sironi, L’Italia corporativa, 1936, mosaico, Milano, Palazzo

dell’informazione

Tra gli artisti di Novecento che aderirono al fascismo ricordiamo

Mario Sironi. Egli sosteneva una pittura legata alla tradizione, in

grado di essere fortemente incentrata sui valori sociali: quella

L’Italia corporativa

parietale. Caratteristica è l’opera (1936). La

composizione ruota intorno alla regale e possente figura femminile

seduta, allegoria dell’Italia, che nella solidità maestosa e nel

panneggio delle veste bianca ricordale raffigurazioni medioevali della

Giustizia. Intorno a lei sono rappresentati personaggi e situazioni che

rimandano a specifici valori: la sacerdotessa sulla soglia di un tempio

recante un’ offerta e accompagnata da un cane incarna la sacralità

della religione; la giovane coppia e, in basso, una donna con

bambino vicino a un albero simboleggiano la fertilità della

famiglia; l’uomo che doma il cavallo e le altre varie attività, sia

maschili sia muliebri, presenti nel dipinto raffigurano la dignità del

lavoro. A sostenere la forza delle immagini, l’artista inserì molti

simboli, come la colonna e l’aquila, segni di forza e potenza, tratti dal

repertorio dell’arte romana imperiale. Questo tipo di

rappresentazioni, di gusto retorico magniloquente e populista,

era destinato alla decorazione delle pareti di edifici pubblici,

all’interno di una concezione educatrice dell’arte, comune a Sironi e

alla politica culturale del regime fascista, che prevedeva la sinergia

compresenza delle tre arti maggiori: architettura, pittura e scultura.

Fernando Botero

Alcuni lo considerano, forse con una certa esagerazione, il

pittore più rappresentativo dell'età contemporanea, altri solo

un geniale marketing manager dell'arte, capace di imporre

uno stile di pittura come se fosse un brand. Impossibile non

riconoscere subito un quadro di Botero, senza dimenticare

che si tratta forse dell'unico caso di artista moderno finito su

cartoline, bigliettini e altri ammennicoli commerciali.

L'artista per riempire grandi campi di colore, dilata la forma:

uomini e paesaggi acquistano dimensioni insolite,

apparentemente irreali, dove il dettaglio diventa la massima

espressione e i grandi volumi rimangono indisturbati. I

personaggi di Botero non provano gioia né dolore, hanno lo

sguardo perso nel vuoto e sono immobili, quasi fossero

rappresentazioni di sculture.

Nato il 19 aprile 1932 a Medellin, in Colombia, Fernando

Botero negli anni della fanciullezza frequenta la scuola

elementare e prosegue gli studi alla scuola secondaria

dei gesuiti a Medellin. A dodici anni lo zio lo iscrive a una

scuola per toreri dove rimarrà per due anni (non a caso la sua

prima opera conosciuta è un acquerello raffigurante un

torero).

Inizia a pubblicare illustrazioni per "El Colombiano", giornale di

Medellin, nel lontano 1948, a soli sedici anni.

Successivamente si trasferisce a Bogotà dove entra in

contatto con circoli culturali, poi a Parigi dove si dedica allo

studio degli antichi maestri.

Tra il 1953 e il 1954 Botero viaggia tra Spagna e Italia ed

esegue copie di artisti rinascimentali, quali Giotto ed Andrea

del Castagno: un'ascendenza figurativa che è sempre rimasta

ben salda nella sua espressione pittorica.

Dopo vari spostamenti fra New York e ancora Bogotà, nel 1966

si trasferisce definitivamente a New York (Long Island), dove si

immerge in un lavoro instancabile, cercando soprattutto di

sviluppare l'utilizzo delle forme plastiche. Intorno ai primi anni

Sposatosi nel 1955 e poi separato con Gloria Zea, ha avuto da lei

tre figli. Nel 1963 si è risposato con Cecilia Zambiano. Purtroppo in

questi anni il figlio Pedro, di appena quattro anni, muore in un

incidente stradale, in cui lo stesso Botero rimane ferito. Dopo il

dramma Pedro diviene il soggetto di molti disegni, dipinti e

sculture. Nel 1977 viene inaugurata la sala Pedro Botero al Museo

Zea di Medellin con la donazione di sedici opere in memoria del

figlio scomparso.

Separatosi anche dalla Zambiano, negli anni 1976 e 1977 si

dedica quasi esclusivamente alla scultura, riproducendo i soggetti

più svariati: un grande torso, gatti, serpi ma anche una caffettiera

gigante.

Le mostre in Germania e negli USA lo portano al successo e anche

il settimanale "Time" esprime una critica molto positiva.

Successivamente si sposta tra New York, la Colombia e l'Europa,

realizzando mostre nella grande mela e nella "sua" Bogotà. Il suo

stile in questi anni si afferma definitivamente realizzando quella

sintesi da tempo cercata dall'artista, sempre più celebrato con

personali e allestimenti in Europa (Svizzera e Italia), negli Stati

Uniti, in America Latina e Medio Oriente.

Fernando Botero, 2004, Ritratto dei coniugi

Jan Van Eyck, Ritratto dei coniugi Arnolfini, 1434, Arnolfini.

olio su tavola, 81,8 x 59,4 cm, Londra, National

Arnolfini: un mistero per la vita

Entriamo nella casa dei coniugi Arnolfini e ci pare di conoscerla già. Sono

secoli ormai che questa casa tiene aperta la sua porta al grande

pubblico, secoli che viene visitata, commentata o, semplicemente,

guardata. Dopo tanti secoli il dipinto, ad opera di Jan van Eyck e datato

1434, ancora fa discutere di sé. Perché mai il ricco mercante lucchese ha

commissionato a van Eyck un ritratto così straordinariamente

enigmatico? Le ipotesi sono diverse, tuttavia una cosa è certa: il quadro

ci restituisce un'immagine fedele della coppia e del suo valore

nell'Europa cinquecentesca.

Il ricco banchiere Giovanni Arnolfini tiene per mano la giovane moglie

che pare in attesa. Il gioco delle mani tra i due coniugi dice la decisione

di amarsi e venerarsi per tutta la vita. «Prendo te come mia sposa e

prometto di custodirti nella buona e nella cattiva sorte», sembra

affermare lui con la postura della mano. L'umile inclinazione del capo di

lei attesta invece una sottomissione vereconda e affettuosa, pronta a

servire il marito e i figli con dedizione e tenacia. Appare chiaro, già per la

solennità quasi ieratica dei due, che per essi il matrimonio non è

questione solo di sentimento o di attrazione sessuale, bensì un impegno

serio per la vita e per la procreazione, nella fedeltà.

La buona sorte degli Arnolfini è resa evidente dalla loro agiatezza, non

ostentata ma chiaramente espressa dalle suppellettili: il tappeto

proveniente dall'Anatolia, la pelliccia che adorna gli abiti dei due, e le

arance alle finestre, frutto importato e costoso. Il riferimento alla cattiva

sorte, al dolore, è presente ma espresso dentro a un’ottica di fede. Al

centro del soffitto pende un candelabro a dodici braccia. Una sola

candela è accesa, proprio sul capo di lui. Da questo particolare ci

accorgiamo che le dodici braccia del candelabro alternano croci a

candele, di modo che si contano sei candele e sei croci. Sei come i giorni

della creazione di cui i coniugi, quali novelli progenitori, sono ministri.

Un mistero dunque, il matrimonio, di luce e di dolore.

Anche lo specchio convesso annuncia quest’alternanza di vita. Attorno

alla cornice ruotano dipinti i misteri dolorosi della vita di Cristo: al centro

il mistero della croce, fulcro e cardine della redenzione; dalla parte

dell’Arnolfini si snodano gli episodi riguardanti Cristo vivo: Orazione

nell'orto, Cattura di Cristo, Giudizio di Pilato, Flagellazione, Salita al

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