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Italiano: Giovanni Verga ed i "Malavoglia"
Diritto: La famiglia nella Costituzione
Scienza delle finanze: L'Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche
Economia Aziendale: Il sistema finanziario
Informatica: La sicurezza nel sistema informatico
Matematica: La statistica descrittiva
Inglese: What do modern office look like?
sviluppo della zootecnia (tecniche allevamento animali) ed il
miglioramento delle condizioni igieniche portarono ad una
minore povertà e una minore mortalità. I matrimoni erano
quasi sempre “combinati” dalle famiglie, soprattutto tra i
ricchi. I ruoli maschili e femminili erano ben definiti:le donne
curavano la casa ed i figli, ma lavoravano anche nei campi.
Dal 1920 si verificò una diminuzione della natalità, una
maggiore aspettativa di vita dei figli ed i genitori iniziarono a
mettere in atto sistemi di controllo delle nascite. Gli anni del
decollo industriale ebbero un’importante conseguenza sulla
vita delle famiglie per il grande impegno di manodopera
femminile, anche se retribuito molto meno rispetto a quello
maschile, ma solo a partire dal 1971 la percentuale delle
casalinghe scese e salì quella delle lavoratrici. La richiesta di
essere più visibili e attive nella società portò alla nascita del
femminismo.
La famiglia non era considerata dalla legge ma il Codice civile
del Regno d’Italia si occupava dei diritti e doveri dei coniugi e
sul contrarre o sciogliere il matrimonio. Così lo Stato per la
prima volta tolse alla Chiesa il diritto di emanare leggi in
tema matrimoniale. Essa, per tutta risposta, affrontò ciò
pubblicando l’enciclica “Arcanum divinae sapientiae” scritta
da Papa Leone XIII, dove prevaleva l’attenzione verso il
sacramento del matrimonio in contrasto con il contratto
matrimoniale sancito dallo Stato. In particolare si
preoccupava di difendere la tradizione della famiglia cristiana
rispetto ai cambiamenti che si stavano verificando.
La famiglia borghese, appartenente alla classe media,
assunse comportamenti nuovi: il matrimonio d’amore, la
ricerca dell’intimità familiare, l’importanza della casa e degli
spazi privati in essa. La donna, sposa e madre da imitare,
curava la famiglia, mentre l’uomo, padre e lavoratore onesto,
era la colonna portante. 3
Il secondo periodo di cambiamento coincide con il ventennio
fascista, dove nella donna si anticiparono gli anni di
concepimento, cioè dai 30-40 anni si passò ai 20-30 anni.
Vennero emanate leggi per limitare il calo delle nascite, gli
uomini non sposati erano soggetti a delle tasse mentre
veniva premiato chi si sposava ed aveva figli.
Alla fine degli anni 30 la famiglia, trasformata dal progresso,
divenne autonoma nelle sue scelte:la radio, il cinema e le
prime automobili esercitavano un’inconsapevole resistenza al
fascismo. L’opera di coinvolgimento delle masse, con lo sport
dopo il lavoro, portò uomini e donne a diventare protagonisti
della società. Le donne aumentarono la loro istruzione e
accedettero a nuove carriere, come quella di insegnante. Il
protagonismo femminile, negato dal regime fascista, venne
fuori con forza a dispetto delle norme che intendevano
bloccarlo. Al termine di questo ventennio, la famiglia
borghese, che fu ostacolata dal fascismo, divenne il modello
vincente causando l’estinzione delle famiglie contadine.
L’industrializzazione avvenuta con il miracolo economico
ebbe un effetto devastante sulle fondamenta di base delle
famiglie italiane. Nel 1948 aumentò il numero di matrimoni
ma comparvero per la prima volta le separazioni legali. Il
tasso di natalità iniziò a decrescere ed il numero medio di
componenti familiari scese da 4 a 3. La nascita della società
di consumi trasformò l’Italia da Paese agricolo ad industriale.
Le nuove abitazioni e gli elettrodomestici portarono le
famiglie a svolgere le proprie attività in privato. Ma la
maggiore ricchezza e la disordinata espansione dei consumi
portò anche squilibri, ansie attese non soddisfatte e nuove
povertà di bisogni non materiali. La conquista del nuovo
diritto di famiglia nel 1975 correggeva vecchie questioni ma
premetteva nuove disparità. La famiglia borghese veniva
messa in crisi dai comportamenti diffusi negli anni Sessanta,
come il calo dei matrimoni e l’aumento dei divorzi. Le donne
non sopportavano più il ruolo domestico, gli uomini soffrivano
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di una perdita d’identità ed i figli non rappresentavano più il
successo familiare. Il segno di disagio diventerà evidente in
occasione dei referendum sul divorzio (1974) e sull’aborto
(1981).
Il resto è storia di oggi, con le coppie non più basate sul
matrimonio, le famiglie allargate in senso orizzontale (due
persone con i rispettivi figli nati da legami precedenti).
Nonostante tutto la famiglia è più viva che mai perché
risponde ad alcuni bisogni come: vivere in comunità per
combattere la solitudine, educare i figli ed inserirli nel mondo
degli adulti e cercare la felicità in un rapporto duraturo con
l’altro sesso.
“Senza la famiglia, uno fallisce e si
perde” Giovanni
Verga
Giovanni Verga ed “I Malavoglia”.
Giovanni Verga, scrittore siciliano nato nel 1840, raffigura
nella sua opera una società spietata, ricca di vicende
drammatiche, che suscita in lui una visione pessimistica della
vita. L’elemento caratteristico di tutta la sua produzione
letteraria è il richiamo imperioso che la Sicilia esercitò su di
lui in momenti decisivi della vita.
Egli, grazie alla famiglia benestante a cui apparteneva, riuscì
a tentare la carriera di scrittore professionista trasferendosi a
Milano. Qui arrivò il suo successo con la pubblicazione, prima
su una rivista e subito dopo ristampata in volume, di
“Nedda” , un’opera che racconta la storia di una
raccoglitrice di olive oppressa dalla povertà, la cui bambina
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muore di fame. Questo fu il primo tentativo dell’autore di
presentare la drammatica realtà dell’isola. A ciò ne susseguì
una stagione creativa durante la quale Verga produsse i suoi
“I
capolavori, ma la fredda accoglienza del pubblico ai
Malavoglia” mise fine al suo entusiasmo e lo portò a
trasferirsi a Catania, dove rimase fino alla morte, nel 1922.
Giovanni Verga è il maggior narratore dell’Ottocento, ed
insieme a Luigi Capuana, creò un nuovo tipo di narrativa,
definita “verista”, in cui si cercava di rinnovare la letteratura
italiana in prosa, prendendo spunto dal Naturalismo francese
ed abbandonando il romanzo storico.
La sua grande produzione verista è costituita da due raccolte
“Vita dei campi” “Novelle rusticane”
di racconti ( e ) e da
(“I Malavoglia” “Mastro - don Gesualdo”
due romanzi e ).
Quest’ultimi dovevano far parte del ciclo de “I Vinti” nel
quale ogni romanzo doveva corrispondere ad una classe
sociale diversa: i pescatori ne “I Malavoglia”, la borghesia in
“Mastro - don Gesualdo”, l’aristocrazia nella “Duchessa di
Leyra”, la politica nell’”Onorevole Scipioni” e l’arte
nell’”Uomo d lusso”, ma il progetto si arenò all’inizio del terzo
romanzo. L’autore giustifica il titolo di questo ciclo con la
considerazione che il progresso è grandioso, ma è il prodotto
di una lotta incessante di tutti contro tutti, nella quale
saranno sconfitti i più deboli.
Verga, nel 1881, pubblicò “I Malavoglia”, un romanzo
“corale”, in cui la voce narrante è la somma delle voci di tutti
gli abitanti di Aci Trezza, il luogo dov’è ambientato il racconto.
Protagonista del libro è una famiglia di pescatori, i Toscano,
proprietari di una barca, la Provvidenza. Essi sono una tipica
famiglia patriarcale, con tre generazioni che vivono sotto lo
stesso tetto, la “casa del nespolo”. Il patriarca è Padron
‘Ntoni, il figlio Bastianazzo, sposato con Maruzza, detta la
Longa, da cui ha avuto cinque figli: ‘Ntoni, giovane irrequieto,
Luca, gran lavoratore, Filomena detta Sant’Agata per il suo
continuo filare al telaio e i piccoli Lia e Alessi. Il tema di fondo
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è lo scontro fra antico e moderno, fra società tradizionale e
borghese, e ciò viene tematizzato nel contrasto tra i due
‘Ntoni: al patriarca garante dell’unità familiare si contrappone
il nipote, a cui, il contatto con la città, provoca una crisi
d’identità. Il giovane ‘Ntoni non si riconosce più nei valori
della solidarietà familiare e né nell’etica di un lavoro intenso
come duro sacrificio quotidiano in cambio della pura
sopravvivenza. Nel capitolo II avviene un duro scontro
verbale fra i due: al nipote che sogna di andare in città, il
nonno ricorda che è destino dei Malavoglia morire là dove
sono nati. Il contrasto fra vecchio e nuovo attraversa anche il
paese, dividendolo fra quelli che sono ancora legati alla
morale solidale della comunità e quelli che vedono nel
successo economico l’unico valore. Padron ‘Ntoni acquista un
carico di lupini, ma durante il viaggio di ritorno, la barca
viene colta da una tempesta, il carico va perduto in mare e
Bastianazzo annega. I Malavoglia si ritrovano nella miseria,
Padron ‘Ntoni riesce a combinare il fidanzamento di Mena con
il benestante Brasi Cipolla, ma l’accordo svanisce quando si
diffonde la notizia della morte di Luca nella battaglia di Lissa.
Lo zio Crocifisso, usuraio, pretende il pagamento del debito, e
Padron ‘Ntoni, che vuole essere fedele alla parola data, vende
la casa. Durante un’epidemia di colera muore la Longa ed il
giovane ‘Ntoni parte alla ricerca della fortuna ma presto torna
in paese, dove trascorre le sue giornate in osteria, si dà al
contrabbando e viene arrestato per aver accoltellato un
finanziere. Al processo, il difensore di ‘Ntoni sostiene che il
ferimento è dovuto ad una questione d’onore, dato che è
nota la relazione tra il ferito e Lia. La rivelazione non salva
‘Ntoni ma la giovane scappa di casa e si stabilisce a Catania
dove diverrà una prostituta. Il vecchio Padron ‘Ntoni muore
all’ospedale e l’ultimo dei Malavoglia, Alessi, riesce con il suo
lavoro a ricomprare la “casa del nespolo” e a condurre
un’esistenza serena insieme alla moglie Nunziata e a Mena.
Dopo molti anni ‘Ntoni esce di prigione e torna al paese a
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trovare il fratello e nonostante Alessi lo inviti a restare, egli
preferisce allontanarsi per sempre dal paese e dalla famiglia.
vinti
I Malavoglia sono dei non solo per una serie
impressionante di tragedie che li travolge, ma perché restano
legati a valori incompatibili con le trasformazioni in atto.
La famiglia, dall’articolo 29 al 31.
La famiglia è la formazione sociale più importante per
ciascun individuo e viene riconosciuta dalla Repubblica
italiana come società naturale fondata sul matrimonio, La
famiglia
Costituzione però considera solo quella fondata sul
vincolo matrimoniale e non le unioni di fatto, ossia l’unione di
due persone che convivono come fossero marito e moglie. Il
nostro ordinamento consente due tipi di matrimonio: il
matrimonio civile, celebrato dinanzi ad un ufficiale dello stato
matrimonio
civile che produce solo effetti civili, e il
concordatario, celebrato dinanzi al ministro del culto
cattolico, che produce anche effetti civili solo se l’atto
matrimoniale viene iscritto nei registri dello stato civile.
il matrimonio è ordinato
L’articolo 29 Cost. sancisce che
sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i
limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità
familiare . In tempi non molto lontani, nell’ambito familiare,
predominava la figura del marito, considerato come
capofamiglia, e solo nel 1975, con la Riforma del diritto di
famiglia, si attuò il principio di eguaglianza dei coniugi e si
figli legittimi,nati
eliminarono le discriminazioni tra da
figli naturali,
un’unione matrimoniale, e nati da persone non
legate da vincolo matrimoniale. è dovere e diritto
L’articolo 30 Cost. invece stabilisce che
dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli,
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anche se nati fuori dal matrimonio. Se lo Stato ritiene
che i genitori non siano in grado di attuare ciò che sancisce la
Costituzione, interviene sospendendo o togliendo la podestà
sui figli e allontanandoli dalla casa familiare.
Infine, l’articolo 31 Cost. attribuisce alla Repubblica il compito
agevolare con misure economiche e altre
di
provvidenze la formazione della famiglia e
l’adempimento dei compiti relativi, con particolare
riguardo alle famiglie numerose.
Al fine di monitorare le esigenze delle famiglie italiane, è
l’Osservatorio nazionale sulla famiglia,
stato istituito che