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Estratto del documento

I. I. S. S. “Ricciotto Canudo”

Liceo Classico “Publio Virgilio Marone”

Anno scolastico 2008/ 2009

a

Classe 3 sezione C

Europa e Asia:

contatti tra popoli e convergenze culturali

da Alessandro Magno alla Seconda Guerra

Mondiale

VITO ANTONIO GIRARDI

2

L’uomo che trova dolce il luogo natale è ancora un tenero principiante;

quello per cui ogni suolo è come il suolo nativo è già più forte;

ma perfetto è quello per cui l’intero mondo è un paese straniero.

Ugo di San Vittore, Didascalicon

I

Premessa

L’elaborato intende indagare, attraverso il riferimento alle discipline di studio e mediante il

supporto di ricerche personali, la natura degli incontri avvenuti nel corso della Storia tra le

culture dei popoli d’Oriente e d’Occidente ed evidenziare come tali contatti in alcuni casi siano

stati fondamentali per la storia successiva dei rispettivi popoli.

Si cercherà, inoltre, di mettere in luce come tra le varie culture ci siano intime convergenze,

frutto non del contatto storico, ma di autonomi percorsi di ricerca, soprattutto in ambito

esistenzialistico – religioso. Complessivamente, si procederà tentando di evitare una lettura

astratta, che interpreti il rapporto tra i due continenti basandosi esclusivamente sul modo in cui

gli Occidentali hanno tradizionalmente guardato gli Orientali, cioè nella convinzione che essi

1

«non possono rappresentare se stessi; devono essere rappresentati» . Un esempio di questo

erroneo procedimento si può trarre dall’introduzione di un’opera di Edward W. Said,

Orientalismo, dedicata interamente all’argomento:

Non è di consenso che si tratta, allorché dall’incontro di Flaubert con una cortigiana egiziana nasce uno stereotipo

letterario della donna orientale destinato ad avere grande fortuna; ella non parla mai di sé, non esprime le proprie

emozioni, la propria sensibilità o la propria storia. È Flaubert a farlo per lei. Egli è uno straniero di sesso maschile

e di condizione relativamente agiata, e tale posizione di forza gli consente non solo di possedere fisicamente

Kuchuk Hanem, ma anche di descriverne e interpretarne l’essenza, e di spiegare al lettore in che senso ella fosse

“tipicamente orientale”.

Il presente elaborato, invece, si propone di confrontare le culture in questione soprattutto

studiando documenti prodotti autonomamente dai vari popoli, al fine di rappresentare quanto

più possibile la realtà effettiva tralasciando costruzioni solo in apparenza legate esclusivamente

all’immaginazione, giacché «il rapporto tra Oriente e Occidente è una questione di potere, di

2

dominio, di varie e complesse forme di egemonia» .

1 K. Marx, Der achtzehnte Brumaire des Louis Bonaparte.

2 E. W. Said, Orientalismo. Greco

Il sogno di Alessandro Magno

Il secondo grande incontro della Storia tra Oriente e Occidente, avvenuto un secolo e mezzo

dopo le guerre persiane, si verificò in seguito alla conquista del territorio dell’Impero persiano

da parte di Alessandro Magno (336-323 a.C.), sovrano macedone, ma di formazione greca.

3

Appare estrema la tesi di W. W. Tarn , secondo la quale Alessandro perseguì una politica di

fusione universalistica e “quasi evangelica”, basata sull’idea dell’unità fra gli uomini, aventi in

un unico dio il padre comune, cosicché quella di Alessandro diventava una missione divina da

svolgere per fondare la omónoia, la concordia universale, giungendo ad una condizione di

partecipazione piuttosto che di sudditanza degli uomini verso il suo regno. Appare indubbio,

tuttavia, che egli volle fondere la cultura greca e quelle orientali, prima di tutto unendo i popoli:

lui stesso sposò la figlia di un satrapo e, poi, nel 324, la figlia di Dario III, mentre nello stesso

anno furono celebrati matrimoni in massa tra donne iraniche e ufficiali e soldati greci, ai quali,

tuttavia, fu vietato di condurre le nuove mogli in Macedonia. Inoltre Alessandro adottò

l’abbigliamento proprio dei Medi, conservò nei posti di governo di alcune satrapie principi

indigeni, affiancati da ufficiali macedoni, e, dal punto di vista militare, costituì corpi di soldati

locali all’interno dell’esercito.

Plutarco, Vita di Alessandro 45, 1-2 racconta:

«Indossò per la prima volta l’abito barbaro, o che volesse adattarsi ai costumi del paese, nella persuasione che

fosse di grande aiuto per conciliarsi la gente accomunarsi ad essa negli usi e nelle abitudini, o che questo fosse

un tentativo per introdurre presso i Macedoni l’abitudine alla genuflessione, avvezzandoli a poco a poco ad

accettare il mutamento del suo modo di vivere. Non adottò comunque quel celebrato vestito dei Medi, del tutto

barbaro e strano, non prese I larghi pantaloni né il caffettano, né la mitra, ma fece un’indovinata commistione

della foggia dei Medi e di quella dei Persiani, più modesta dell’una e più composta dell’altra. Di questa foggia

si valse, dapprincipio, soltanto quando riceveva i barbari, o con gli amici in casa, poi si faceva vedere così

dalla gente quando dava udienza o quando usciva a cavallo».

E ancora in Vita di Alessandro 46, 5-6 leggiamo:

«Intanto egli cercava sempre più di conformarsi nel modo di vivere ai Persiani e operava per avvicinare il

modo persiano a quello macedone, ritenendo che avrebbe reso saldo il suo potere, mentre stava partendo per

un lungo viaggio, con la concordia e la fusione dei due popoli ottenuta mediante la benevolenza più che con la

forza, per questo egli scelse trentamila giovani e ordinò che si insegnasse loro la lingua greca, e che anche

fossero addestrasti nell’uso delle armi macedoni: appunto per questo scelse molti istruttori».

I Regni dei diadochi

La morte senza eredi di Alessandro Magno nel 323 a.C. (la moglie Rossane era in attesa di un

figlio) scatenò tra i suoi generali una lunga contesa per il controllo del vasto impero. Le lotte tra

i diadochi (come vengono definiti i successori di Alessandro) durarono circa quarant'anni e

portarono alla formazione di un sistema di stati regionali. Dopo varie guerre civili e paci

provvisorie tra i contendenti, si affermò un assetto a cinque stati che in seguito fu rimesso in

discussione; dopo le battaglie di Ipso (301 a.C.) e di Corupedio (281 a.C.) si consolidò un

sistema a tre regni: la Macedonia sotto gli Antigonidi, l'Asia sotto i Seleucidi e l'Egitto sotto i

Lagidi (o Tolemei).

3 Cfr. Alexander the Great. 1

Volendo indagare il successo della politica di fusione sognata da Alessandro, occorre

considerare le varie realtà regionali che si costituirono dopo la sua morte.

Egitto. Per quanto riguarda l’Egitto, un quadro della situazione in cui versava Alessandria nel II

4

secolo a.C. viene offerta da Polibio in occasione del suo viaggio in città, ricordato da Strabone :

Polibio risente d’un certo disgusto per lo stato di cose esistente in questa città. V’erano, ci dice, tre categorie di

abitanti: gli Egiziani indigeni, impulsivi e inadatti alla vita civica, i mercenari, formanti una massa di gente brutale

e indocile – da molto tempo infatti vi si trattenevano soldati stranieri che avevano imparato a comandare piuttosto

che obbedire, a causa dell’incapacità dei re; infine e in terzo luogo, i cittadini, che non erano più essi stessi, per le

medesime ragioni, dotati di senso civico, ma che valevano comunque di più dei precedenti. Infatti, pur essendo di

origini molto diverse, erano tutti di ascendenza greca e non avevano dimenticato interamente i costumi greci.

Gli indigeni, inoltre, vivevano nel popoloso quartiere di Rakhòtis, dalle vie più strette rispetto ai

quartieri greci. Gli studi di W. Peremans sulla prosopografica tolemaica mostrano, sulla base

dello studio dei nomi, che furono molti di più i Greci che si “egittizzarono” che gli Egiziani che

si ellenizzarono, e che tale divario si ridimensionava al fondo della scala sociale, nell’esercito,

nella polizia e nel mondo rurale. In generale, da parte greca, molti erano affascinati dalla

religione egizia: alcuni si facevano mummificare e sotterrare con i Libri dei Morti, mentre una

certa ellenizzazione del ceto medio egiziano era dovuta all’utilità di conoscere la lingua greca.

5

Le due lingue rimasero però separate .

La reazione di chiusura o di chiara ostilità da parte indigena fu, tuttavia, assai forte. Lo provano,

insieme ad altri testi, gli Oracoli del vasaio, profezie antigreche inserite in una cornice

6

narrativa, che sono giunte attraverso tre papiri .

4 Geografia, XVII, 1, 12.

5 Cf. C. Préaux, L’économie lagide: 1933-1958... (cit. a nota 49), p. 224: «Se è capitato anche a me di cercare

questa civiltà mista, attualmente credo sempre di meno che essa si sia formata in età ellenistica. Mi sembra invece

che, col conservare le proprie lingue distinte, le due civiltà vivano fianco a fianco, col minimo di contatti

d’influenza reciproca».

6 Si tratta di due papiri viennesi scoperti nel 1893, e di un papiro di Oxỳrhynchos, edito nel 1954.

«Tutto in queste profezie allude alle responsabilità dei Greci nei mali dell’Egitto [...]. I testi dai quali traspaiono

questi sentimenti xenofobi sono in una scrittura del II/III sec. d. C.: ma la situazione a cui si attagliano le loro

allusioni talora oscure sembra quella dell’avanzato II sec. a.C., forse degli anni intorno al 130». D. Musti, Chora

basilikè, stati sacerdotali, indigeni e pòleis libere (tratto da Storia e civiltà dei Greci, la società ellenistica. Quadro

politico; Bompiani, 1990). 2

Nell’ambiente dell’Egitto grecizzato e, in particolare, della città di Alessandria, dove era

confluito un gran numero di Ebrei, in conseguenza della diaspora, avvennero i primi contatti tra

la civiltà greca e la cultura ebraica. Allontanati con la forza dalla Palestina, gli Ebrei si

ambientarono assai bene e la loro integrazione fu così completa che, con il trascorrere degli

anni, abbandonato l’uso della lingua madre, non furono più in grado di comprenderla. Ciò rese

necessaria la traduzione in greco dei testi che riguardavano il cerimoniale sacro, la liturgia e il

culto, e soprattutto le scritture dell’Antico Testamento, che rappresentavano la millenaria

memoria storica e religiosa su cui si fondava l’intera tradizione culturale del popolo di Israele.

La monumentale opera di trascrizione in greco dei testi veterotestamentari, la cosiddetta

Settanta, ebbe probabilmente inizio nei primi anni del III secolo a.C., sotto il regno di Tolemeo

Filadelfo, e si protrasse fino al II. Nella lettera di Arìstea a Filòcrate, si sottolinea

l’atteggiamento aperto di Tolemeo e i suoi meriti nel patrocinare un’operazione che avrebbe

favorito l’armonia e la reciproca conoscenza tra la comunità greca e quella giudaica. E in effetti,

secondo le ipotesi più recenti, la traduzione è da inquadrare in un preciso programma ufficiale

di politica culturale. Interessante è anche lo studio della lingua usata per la traduzione, una

lingua che si inserisce nella koiné ellenistica: molti termini infatti sono stati ritrovati nei

documenti giuridici e amministrativi coevi e nel lessico tecnico militare, agricolo, medico. La

koiné si dovette piegare però a strutture sintattiche estranee al greco ed arricchirsi di molti

elementi semitici anche nel lessico.

Asia. Per il regno seleucide non è ancora possibile presentare una sintesi sulla questione: anche

qui, infatti, erano presenti elementi contrastanti. A Susa i coloni greci si conservarono

rigorosamente come classe dirigente preservando per quanto possibile la propria cultura.

7

Invece, la fondazione di Alexàndreia sullo Iaxàrtes, ricordata da Arriano , mostra

l’associazione, fin dall’inizio, di coloni greco-macedoni e di barbari:

In venti giorni egli [Alessandro] circondò la città con un muro, poi vi stabilì insieme dei mercenari greci, dei

barbari delle vicinanze che si erano mostrati desiderosi di partecipare alla fondazione e dei militari macedoni che

erano già stati congedati.

Mentre, nel caso di Susa, una colonia venne innestata su un’antica città indigena, nel caso di

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