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Tesina - Premio maturità 2009
Titolo: Elementi di analisi matematica
Autore: Rembado Gabriele
Scuola: Liceo scientifico
Materie trattate: Matematica, Fisica
Area: scientifica
Descrizione: Mi propongo di esporre, in maniera approfondita, i passaggi formali che portano ad esprimere le equazioni integrali di Maxwell per lelettromagnetismo in forma differenziale. Dimostrerò come le due formulazioni siano equivalenti (in quanto forniscono una stessa descrizione degli stessi fenomeni) benché mettano in risalto diverse proprietà dei campi elettromagnetici. Lobiettivo fondamentale è mostrare i legami che correlano lintegrale di superficie di un campo vettoriale attraverso una varietà geometrica chiusa (il flusso del campo) e lintegrale di linea dello stesso campo calcolato lungo una curva chiusa semplice (la circuitazione del campo) con due altri oggetti matematici: la divergenza e il rotore (rispettivamente). Ciò è possibile avvalendosi di due teoremi fondamentali dellanalisi multidimensionale: il teorema di Stokes e il teorema di Gauss-Ostrogadskij. Largomento è prettamente matematico, ed occupa la seconda parte della mia tesina (a sua volta divisa in quattro sottosezioni); ho scelto di fare precedere questi elementi di analisi matematica da una sezione che rendesse conto, in sintesi, di quella che fu la linea di ricerca (dal punto di vista storico) che condusse Maxwell ad enunciare le sue equazioni per lelettromagnetismo, al fine di contestualizzare il problema che intendo trattare. Autori trattati: Matematica, Gauss, Stokes, teorema di Stokes per il rotore, teorema di Gauss-Ostrogadskij per la divergenza, integrazione e derivazione multidimensionali. Fisica, Maxwell, Ampère, Gauss, Faraday, equazioni per il campo elettromagnetico nel vuoto in forma integrale e differenziale.
Indice: Un'introduzione programmatica; Cenni storici sulla Teoria Elettromagnetica e presentazione delle equazioni di Maxwell in forma integrale; Elementi di analisi matematica - Quadripartizione Fondamentali e definizione di campo vettoriale (I); Derivazione ed integrazione multidimensionali (IIa); Teoremi di Stokes e Gauss-Ostrogadskij (IIb); Le equazioni di Maxwell in forma differenziale (III); Bibliografia
Bibliografia: Keisler, H. Jerome, Elementi di analisi matematica, Padova, Piccin Editore, 1982. Introduzione italiana a cura di R. Ferro, G. Sambin, L. Colussi, A. Facchini, A. Le Donne. Fleisch, Daniel, A Student's Guide to Maxwell's Equations, Cambridge, Cambridge University Press, 2008. Bobbio, Scipione - Gatti, Emilio, Elementi di elettromagnetismo, Torino, Bollati Boringhieri, 1984. Halliday, David - Resnick, Robert - Krane, Kenneth S., Fisica 2 - IV edizione, Milano, Casa Editrice Ambrosiana, 1997, edizione italiana a cura di Pullia A.
Mentre la carica si accumula sui piatti del condensatore il suo campo elettrico interno cresce; ciò
implica che anche il flusso elettrico attraverso la superficie che abbiamo costruito non sia costante
nel tempo, e possiamo usare il teorema di Gauss per determinare la sua variazione.
L’unità di misura della variazione del flusso elettrico rispetto al tempo, moltiplicata per la
costante dielettrica del vuoto, è il coulomb al secondo, la stessa della corrente elettrica. Era lecito
aspettarsi che fosse una grandezza fisica analoga alla corrente di conduzione a profilarsi come
ulteriore sorgente di un campo magnetico. Maxwell chiamò questa grandezza “corrente di
spostamento” (displacement benché nessuna carica fluisse effettivamente nello spazio;
current)
questo nome non è dovuto solo, come si sente dire di solito, a motivi storici, ma anche al fatto che
la “corrente” associata alla variazione del flusso elettrico è in legata (in presenza di mezzi materiali)
al vettore elettrico spostamento D.
E
∂ ˆ
∫∫
ε
I N ds
=
0
d [corrente di spostamento]
t
∂
S
Una conseguenza della correzione apportata alla legge di Ampère è che essa conduce ad associare
ad ogni campo elettrico variabile nel tempo un campo magnetico: questo fenomeno, l’induzione
costituisce il duale dell’induzione elettromagnetica.
magnetoelettrica,
Questo accorgimento, l’ultimo, garantì la validità della legge di Ampère nel caso non statico e
portò quasi al massimo livello la simmetria delle equazioni per l’elettromagnetismo; ciò che
mancava, e continua a mancare, è l’esistenza di un monopolo magnetico. Gli esperimenti condotti
finora non sono riusciti ad evidenziarne la presenza o ad individuare, quantomeno, la necessità
logica della sua introduzione nel formalismo elettromagnetico. La sua implementazione nella teoria
sarebbe del resto piuttosto agevole.
Un ultimo commento che si può fare sul formalismo maxwelliano è che esso resse alla prova della
relatività di Einstein; mentre la meccanica classica newtoniana fu rivoluzionata dall’approccio
relativistico, l’elettromagnetismo se la cavò con l’introduzione di alcuni fattori correttivi nelle sue
equazioni, ma tutti i suoi principi ressero. Fu, anzi, una conseguenza paradossale che emergeva
considerando il modello elettromagnetico della luce congiuntamente alla meccanica classica a
costituire uno dei primi (termine di Oersted) compiuti da Einstein per
Gedankenexperiment
decostruire la teoria del grande fisico inglese.
________________________________________________________________________________
11
Elementi di analisi matematica
Quadripartizione:
La sezione precedente aveva una funzione di semplice contorno storico rispetto ai temi che mi sono
proposto di trattare. Inizia ora il nucleo matematico della tesina, l’unico che esporrò oralmente
(forse neanche per intero), e che ci porterà a derivare le equazioni di Maxwell per
l’elettromagnetismo in forma differenziale.
Pongo qui una partizione per rendere la dissertazione più chiara; avremo quattro sezioni:
1) la prima verterà su alcuni fondamentali di analisi multidimensionale, senza la volontà di
essere esaustivi, e avrà una funzione puramente propedeutica per quanto segue. Darò per
scontato il programma di analisi del liceo, che verte su funzioni scalari di una o due
variabili. Arriveremo nel finale a definire, in termini precisi, cosa si intenda per campo
vettoriale (definizione (I.IX)); in altre parole, qui definiremo l’oggetto su cui andremo a
lavorare, per capire con cosa abbiamo a che fare
2a) ora che abbiamo la materia prima, costruiremo le tecniche che ci consentiranno di elaborarla
a partire da concetti semplici. Ci interesseremo della derivazione e dell’integrazione
multidimensionale, limitandoci a considerare i risultati di nostro interesse senza fornirne (o
quasi) dimostrazioni. L’ultima definizione che tratterò sarà quella di integrale di superficie
di un campo vettoriale
2b) meritano un posto a parte, per la loro complessità e importanza rispetto all’obiettivo che mi
sono preposto, i teoremi di Stokes e Gauss-Ostrogadskij. Questa sezione sarà dedicata a loro
3) finalmente saremo pronti ad applicare quanto scoperto alla lista di quattro equazioni di
Maxwell, e concluderemo con una breve dissertazione sugli sbocchi della teoria
elettromagnetica per una spiegazione dei fenomeni ottici
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12
Fondamentali e definizione di campo vettoriale (I)
L’inizio più logico coincide forse con la descrizione dell’ambiente entro il quale lavoreremo; esso
renderà suscettibili di una visualizzazione gli oggetti di cui parleremo, posto che ciò abbia qualche
importanza a livello cognitivo ma non logico.
L’idea fondamentale è di avvalersi di un sistema di coordinate per identificare univocamente punti
nello spazio tridimensionale. Salvo diversa indicazione, nel seguito faremo uso del sistema di
riferimento cartesiano con coordinate ortogonali.
In figura si vedono tre rette orientate incidenti ortogonalmente tra loro in un punto. Vogliamo
trovare una maniera efficace di esprimere la posizione di un punto rispetto a questi tre assi, e il
sistema è il seguente: le coordinate di un punto saranno una misura della distanza percorsa dal punto
stesso in una direzione parallela ai tre assi rispetto alla loro origine. Un’altra possibilità è di
x, y, z
interpretare ogni coordinata di un punto come la minima distanza del punto rispetto ai piani
individuati dagli assi coordinati a due a due, cioè la distanza misurata su una retta perpendicolare (o
normale) ai piani; stando così le cose, la coordinata è la misura della distanza del punto dal piano
x
e via dicendo.
yz,
Avendo definito un orientamento sugli assi, possiamo esprimere le coordinate anche con numeri
negativi, il cui valore assoluto è comunque la distanza di cui parlavo.
Poniamo l’origine del nostro sistema di coordinate nel punto di tripla intersezione degli assi e le
assegniamo, pertanto, coordinate rispetto ad ogni asse pari a 0. Si è soliti indicare con l’origine.
O
Possiamo allora asserire quanto segue.
Definizione (I.I) ( , , ) , ognuno dei quali rappresenta la
Un punto è una terna ordinata di numeri, indicato con P x y z
coordinata di rispetto ad uno degli assi
P x, y, z.
________________________________________________________________________________
13
Limiteremo la scelta del campo numerico a quello reale, che è sufficiente per derivare tutti risultati
che seguiranno. La derivazione, ad esempio, implica la possibilità matematica di calcolare il limite
del rapporto incrementale di una funzione, e ciò è vero anche nel caso multidimensionale. Senza
inoltrarci nell’analisi non standard, la costruzione del campo dei reali a partire dalle sezioni di
Dedekind-Cantor o dalle successioni convergenti di Cauchy sui numeri razionali garantisce che esso
fornisca questa possibilità. In qualche maniera, l’idea intuitiva di continuità, fondamentale
nell’analisi, trova un riscontro non solo intuitivo nei numeri reali.
Esiste un teorema che dimostra che ogni campo numerico con le proprietà dei reali sia omeomorfo
ad esso; quindi siamo autorizzati a far ricadere, con poca originalità, la nostra scelta su di esso.
A prescindere dal fatto che la definizione di “punto” ci appaia realistica o meno, siamo riusciti a
tradurre un ente geometrico (non reale in quanto privo di dimensioni) in uno numerico o algebrico.
Questa idea consente molteplici applicazioni e fonda la possibilità di una geometria analitica
affiancata ad una sintetica, euclidea o meno, ed è dovuta a René Descartres; è in suo onore che si
parla di coordinate cartesiane.
Tralasciando altri profondi aspetti epistemologici, diamo qualche richiamo di algebra vettoriale, che
sarà della massima importanza nel seguito; la descrizione matematica dei campi in forma vettoriale
è assai più semplice del caso scalare.
Definizione (I.II)
Un vettore è, geometricamente, un segmento di retta orientato in uno spazio Due
n-dimensionale.
punti individuano univocamente un vettore.
Dal punto di vista fisico, una grandezza vettoriale non è completamente descritta dalla sua intensità,
bisogna anche considerarne direzione e verso. Ora è chiaro perché ci siamo preoccupati di dotarci di
un sistema di riferimento univoco; direzione e verso non sarebbero definiti altrimenti.
Definizione (I.III)
Un versore è un vettore di norma unitaria, cioè tale che la sua norma (o lunghezza, o modulo) sia
pari a 1. ˆ
ˆ ˆ
, ,
I versori dei tre assi coordinati siano . L’accento circonflesso su di una lettera la denoterà
i j k
come versore, la freccia posta sopra ad una lettera la identificherà invece come grandezza vettoriale
più in generale.
Questa definizione, apparentemente superflua, ci consente di tradurre il concetto geometrico di
vettore in un suo analogo numerico (stessi sforzo fatto per definire un punto); il vantaggio nel fare
ciò è, ad esempio, di renderlo trattabile ed elaborabile mediante tecniche di mero calcolo
computazionale.
In realtà esistono più possibilità, algebricamente, per definire un vettore; di solito si fa uso di
concetti trigonometrici per definire la sua direzione nello spazio. L’ultima definizione, tuttavia, ci
fornisce un sistema comodo che consiste nel valutare le sue componenti rispetto agli assi coordinati.
Un teorema di algebra lineare, che non enuncio, afferma che ogni vettore di uno spazio n-
è esprimibile mediante una combinazione lineare di vettori non paralleli
dimensionale n
n
appartenenti allo stesso spazio. Denoteremo con uno spazio in dimensioni; un punto in esso è
n
ℜ
univocamente determinato da un insieme ordinato di numeri reali. Lo spazio tridimensionale
n
3
ordinario è .
ℜ
Teorema (I.I)
________________________________________________________________________________
14
Essendo un vettore esprimibile tramite una combinazione lineare dei versori degli assi coordinati,
esso ha la forma seguente:
ˆ
ˆ ˆ k
z
j
A x
i y
= + +
dove sono le coordinate variabili di un punto nello spazio.
x, y, z
Definizione (I.IV) . Esso è il vettore che unisce l'origine al
Ad ogni punto è associato un vettore posizione O
P OP
punto P.
Teorema (I.II) ˆ
ˆ
ˆ
A x
i y
j z k
= + +
La norma (o modulo) del vettore è una misura, geometricamente, della sua
lunghezza. In componenti cartesiane è data da:
2 2 2
A x y z
= + +
La dimostrazione di ciò è riconducibile al teorema di Pitagora.
Ricordiamo che è definita la somma tra vettori ma non tra vettori e scalari, idem per la differenza. Il
prodotto tra vettori e scalari è definito nella maniera che si può evincere dal teorema (I.I), in cui si è
ˆ
ˆ ˆ
3 e i versori . Il rapporto tra vettori non
calcolato il prodotto tra le coordinate di un punto in , ,
i j k
ℜ
è definito.
Definizione (I.V)
Si definisce prodotto scalare (o interno) di due vettori, e si indica , la seguente grandezza
A B
scalare:
ˆ ˆ
ˆ ˆ ˆ ˆ
( ) ( )
i y j z k x x y y z
A B x i y j z k x z
= + + + + = + +
b b b a b a b
a a a a b
Teorema (I.III)
θ
cos
A B A B
=
θ π
dove è l’angolo minore di radianti compreso tra e (che deve necessariamente esistere).
A B
Da ciò segue che due vettori il cui prodotto scalare sia nullo sono perpendicolari:
π
θ
cos( 0 ) 0
= → = 2
La dimostrazione di ciò è invece riconducibile al teorema del coseno (di Carnot) per triangoli
generici.
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15
Definizione (I.VI)
Si definisce prodotto vettoriale (o esterno) tra vettori, e si indica (o ), il seguente
A B A B
× ∧
pseudo vettore:
ˆ ˆ ˆ
ˆ ˆ ˆ ˆ ˆ ˆ
( ) ( ) ( ) ( ) ( )
A B x i y j z k x i y j z k y z z y i z x x z j x y y x k
× = + + × + + = − + − + −
a a a b b b a b a b a b a b a b a b
Con un abuso di notazione:
ˆ
ˆ ˆ
i j k
A B x y z
× = a a a
x y z
b b b
Teorema (I.IV)
è dato da:
Il modulo di A B
×
θ
sin
A B A B
× =
θ π
dove è l’angolo minore di radianti compreso tra e .
A B