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Filosofia: Alienazione in Marx, repressione addizionale in Marcuse
Latino: Il cattivo uso del tempo in Seneca
Inglese: La condizione del lavoratore in Dickens
Storia: storia delle dottrine economiche e dell' economia reale nel Novecento
L'economia finanziaria e
l'alienazione.
Di Niccolò Zanesco, 5^B Liceo classico P. Levi.
Introduzione
La mia narrazione della storia dell' economia finanziaria parte dal 1979, anno della prima
elezione di Margareth Thatcher a primo ministro inglese. Convinta assertrice di una
politica finanziaria di stampo monetarista distrusse i diritti dei lavoratori e tutto lo stato
sociale, il "welfare state" di keynesiana memoria, costruito dal 1945 alla data della sua
prima affermazione elettorale. La scelta di quest'approfondimento deriva dalla pura e
semplice visione della realtà così come essa si presenta. Una realtà in cui pochi hanno
molto e molti non hanno nulla, in cui l'inuguaglianza e l'ingiustizia regnano sovrane, a cui
nell'approfondimento tenterò di dare una spiegazione, che non deve venir intesa in campo
politico ma puramente economico. L'approfondimento parte dall' analisi delle due
principale dottrine economiche che ottennero applicazione reale dal 1929 ad oggi ovvero
quella keynesiana e monetarista, prosegue con degli esempi di alienazione nella letteratura
specialmente in Verga, Dickens e con qualche accenno al Seneca del "De Brevitate Vitae".
Ma l'analisi della società posta in essere in questo approfondimento non si ferma al puro
aspetto economico ma si apre a quasi ogni aspetto della vita come già espresso da Marcuse
nel celeberrimo testo "L'uomo ad una dimensione".L'economista da cui la mia riflessione
partirà è Marx in quanto il primo ad inserire il concetto di alienazione nella sua visione del
mercato. Ovviamente sono conscio che la visione che trasparirà dall' approfondimento
risulterà non sempre condivisibile o sembrerà politicamente schierata ma vorrei chiarire
già nell' introduzione che quanto è scritto in queste poche pagine è frutto di una riflessione
sulla società rapportata ad autori del programma di filosofia di cui non condivido gli
ideali o le proposte in campo pratico in maniera completa o anche solo parziale.
La scuola di pensiero nel campo economico keynesiana classica.
Resa celebre dalla frase del Partito Laburista inglese: "dalla culla alla tomba" questa
dottrina si basa, in contrapposizione alle dottrine monetariste, sull' intervento pubblico
nell' economia a partire dalla regolamentazione del mercato e dal controllo dei mercati
attraverso la forte pressione fiscale sulle Borsa. Altro importante punto in
contrapposizione alle dottrine monetariste è il vedere lo Stato che adotta politiche
economiche keynesiane non solo come organismo legislativo e governativo ma anche
come principale motore dell' economia attraverso l'inserimento dello Stato stesso
nell'insieme delle forze produttive con la nascita di aziende gestite in parte dallo Stato
sesso ed in parte da privati e di ciò è un grande esempio un'azienda a compartecipazione
statale come fu Finmeccanica in Italia dagli anni '50 del Novecento. Importanti sono nella
visione keynesiana anche i servizi alla persona, quali sanità pubblica, istruzione, acqua
corrente ed energia elettrica.
Le dottrine economiche monetariste.
Le dottrine monetariste di cui, assieme a Ronald Regan, la Lady di Ferro fu la principale
sostenitrice risalgono ai primi anni '50 ed ebbero come principale ideologo l'economista
Milton Friedman si basano su 4 principi fondamentali:
1) L'abbattimento dell' inflazione
2) Il rilancio dello sviluppo industriale
3) Il sostenimento della ripresa finanziaria
4) Una forte innovazione tecnologica.
E fino a questo punto non si rintracciano problematiche di sorta, ma il perseguimento di
tali scopi ha avuto, e ha tuttora, gravi conseguenze sul piano sociale.
Infatti i tentativi di ridurre l'inflazione hanno esiti disastrosi sul mercato del lavoro perché
essi si basano sulla riduzione della moneta circolante sul mercato, cosa che avrebbe
comportato un minore accesso al credito da parte delle aziende con il conseguente
fallimento delle società meno competitive ed i conseguenti licenziamenti. Questo tipo di
politica monetaria non può che dannegiare le piccole e medie imprese, fondamentali per il
mantenimento della piena occupazione e di un elevato ritmo di produzione.
Per rilanciare lo sviluppo industriale lo stato monetarista riduce la pressione fiscale sulle
imprese bilanciando il minor gettito fiscale con una colossale riduzione della spesa
pubblica che comporta una privatizzazione di servizi fondamentali ai cittadini quali la
sanità, la fornitura idrica ed elettrica delle abitazioni, una scuola di livello qualitativo
sempre peggiore, pensioni quasi azzerate, diritti sociali del lavoratore annichiliti a causa
dei licenziamenti. La ripresa finanziaria sarebbe immediata per il fatto che uno stato
monetarista tende ad abbattere le barriere doganali per mantenere alto il livello di
competizione produttiva, infatti i rami dell' economia non più competitivi vanno estirpati
più velocemente possibile in una visione monetarista dell'economia attraverso la
penalizzazione sul piano pratico di aziende incapaci di reggere all'ammodernamento degli
impianti produttivi o al mantenimento di un rapporto qualità prezzo sfavorevole, e di ciò
il settore automobilistico inglese è esempio essendosi mantenute in vita case produttrici
con alti standard qualitiativi e di prezzo ed essendo scomparse aziende che producevano
materiale di bassa qualità e prezzo intermedio ad esempio la Austin, chiusa nel 1983.
L'innovazione tecnologica, per quanto lodabile e giusta, ha dei costi immensi sul piano
umano e sociale giacché una macchina sempre più efficiente e funzionale ai bisogni dell'
economia tende a sostituirsi al lavoro svolto dall'operaio con il conseguente licenziamento
di quest'ultimo ed in uno stato monetarista, in cui come descritto poche righe fa non esiste
alcuna forma di stato sociale, essere disoccupati equivale ad essere nullatenenti. Dal 1979
le dottrine monetariste si imposero come le uniche possibili a causa della presenza di una
crisi economica, dovuta all'aumento del prezzo del petrolio del 1973, che sembrava non
aver fine.
Il neoliberismo non fu solamente monetarismo e non agì solo nell' economia. Si è infatti
imposta dagli anni'80 del Novecento ad oggi una cultura fortemente individualistica e
imperniata sul concetto del benessere illimitato, giungendo a quello che è un vero e
proprio darwinismo sociale che impone una spietata competizione fra gli uomini. Questo
tipo di cultura, impregnata di disvalori, priva della più elementare concezione di
solidarietà, ha portato a colossali disuguaglianze fra la popolazione lavoratrice e la "classe
dirigente" dell' industria e della finanza: si stima infatti che gli amministratori delegati di
aziende quali la Jc Penney, catena di supermercati americana, guadagnino circa 1800 volte
lo stipendio medio di un operaio (fonte Panorama su un rapporto Standard & Poors).
Eppure senza il lavoro dell'operaio un amministratore delegato non dirigerebbe nulla se
non un nome privo di qualsiasi valore. L' economista Peter Drucker già nel 1984 definiva
questo tipo di differenza negli stipendi "moralmente e socialmente imperdonabile" e non
mi pare possibile dargli torto. In un tipo di società come quella sognata dal monetarismo
in cui esiste solo il dorato mondo della finanza e il lavoro è interamente robotizzato l'uomo
che scopo ha? Nessuno, è anzi un qualcosa di imperfetto che potrebbe solo danneggiare
questo sogno economico. Ma sfortunatamente per i monetaristi non è ancora possibile che
l'economia sia interamente robotizzata, l'uomo serve ancora. Ma come è costretto a
lavorare? Le condizioni del lavoratore medio sono drammatiche: ridotto ad una bestia
senza troppi diritti, la cancellazione dell' art. 18 della Costituzione va proprio in questo
senso, il lavoratore è costretto a orari di lavoro quasi disumani, non perché la giornata
lavorativa duri troppo ma perché oramai il suo stipendio è talmente basso da essere
obbligato a fare gli straordinari per far sopravvivere la famiglia e la prole, fino ad alienarsi.
Alienazione in letteratura.
Ma come possiamo definire l'alienazione? Vorrei addurre come esempi due riferimenti
letterari che sembreranno impossibili da riferirsi alla nostra epoca perché ambientati nell'
Ottocento ma potrebbero far riemergere dal mare della memoria quei lavoratori del terzo
mondo che producono i beni che noi tutti consumiamo tutti i giorni.
Il primo esempio lettererio che vorrei esporre è il celeberrimo Rosso Malpelo di Giovanni
Verga. L'aspetto su cui mi vorrei soffermare più attentamente è la narrazione della morte
del padre di Rosso, mastro Misciu detto Bestia. Il personaggio in questione è un onesto
lavoratore,di bassissima estrazione sociale, in una miniera di sabbia, il suo stipendio gli
permette a stento di mantenere la sua famiglia. Mastro Misciu per ottenere qualche
baiocco, moneta di bassissimo valore, di più in busta paga accetta un lavoro a cottimo
ovvero basato sulla quantità di prodotto ottenuto e non sull'orario di lavoro. Il
pover'uomo lavora giorno e notte per ultimare quel lavoro che aveva deciso di compiere
per dare un qualcosa in più alla famiglia. Il lavoro che Misciu compie consta nell' abbattere
un pilastro che intralcia il passaggio dei carrelli carichi di sabbia, sfortunatamente il
pilastro in questione si rivela portante con ciò che deriva dall'abbattimento di un elemento
portante in un edificio. Mastro Misciu viene ritrovato solo anni dopo ancora con gli
attrezzi in mano sotto un'immensa quantità di sabbia.
Altro esempio letterario si può desumere quasi dall'intera opera del grande romanziere
inglese Charles Dickens. Già nel celeberrimo "Oliver Twist" in cui è interessante notare
come all' inizio del romanzo il piccolo Oliver lavori per ore intere in una fabbrica di
cordame senza alcun tipo di paga, istruzione o altri diritti tanto da venir picchiato alla
richiesta di una seconda razione di zuppa. Oppure può venir in mente la particolareggiata
descrizione della città di Coketown in "Tempi duri". Coketown è il tipico esempio della
città industriale dell' Ottocento, della quale gli edifici sono resi scuri e anneriti dal fumo
delle fabbriche, che producevano beni senza alcuna pausa, gli abitanti sporchi di carbone
si trascinano in squallidi postriboli in cerca di alccol, che divenne una piaga sociale in
quegli anni, e di donne dai facili costumi per dimenticare lo squallore della loro vita e
scaricare su altri la frustrazione che il lavoro in catena di montaggio può fornire.
Le condizioni di lavoro descritte da questi due grandi letterati non di differenziano molto
da quelle attuali nelle zone più povere e disagiate del globo ma non solo, basti pensare alle
tragedie recentemente accadute in Italia come quelle di Prato o della Thyssen-Krupp di
Torino. Pur avendo ottenuto grandi diritti i lavoratori si trovano tuttora a dover lavorare
secondo la logiaca, tipicamente americana del "More, Bigger, Faster" ovvero "In maggior
numero, più in grande e il più velocemente possibile". Sfortunatamente l'uomo non è
programmato o programmabile per questo tipo di logica, un robot magari sì. E questo
concetto si ritrova anche in Seneca specialmente nel "De Brevitate Vitae". Ovviamente non
si parla esplicitamente di alienazione, visto che il tema di base di quest' opera è l'uso che si
deve fare del tempo, ma quando Seneca parla di cattivo uso del tempo parla di un uso che
non è utile alla crescita personale ed intellettuale e, per Seneca, lavorare eccessivamente
per ottenere sempre più beni terreni è deleterio per la serenità dell' animo poichè non
permette la riflessione intima sui grandi temi della vita la quale permette di far sì che
l'essere umano si realizzi nella sua forma più alta cioè di animale filosofico e sociale.
Il concetto di alienazione in Marx
Dopo aver portato alcuni esempi letterari sarebbe fondamentale tornare al concetto di
alienazione nell' economista più anticapitalista che la storia ricordi.
Karl Marx fa derivare il concetto di alienzione direttamente dalla produzione di un bene.
Ma per comprendere a pieno questo concetto è necessario partire dal concetto di forza-
lavoro.