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Storia: Il colonialismo e la Guerra dell'oppio
Geografia: L'Asia
Inglese: Serious drug problems
Francese: La drogue
Scienze: I vari tipi di droghe e i diversi effetti
Tecnica: La produzione delle droghe
Educazione artistica: Arte e droga
Educazione fisica: Il doping
E’ convinzione di molti che tra arte e droga esista un forte connubio. L’artista, secondo un luogo
comune, accoglie in sé il binomio “genio” e “sregolatezza”.
A far nascere questa convinzione, probabilmente, ha contribuito il fatto che l’artista, generalmente, non
presenta particolari preclusioni mentali o tabù.
Ovviamente, ciò non significa, a priori, che chi si occupa di arte, faccia uso spasmodico e generalizzato
di droghe o stupefacenti.
Tuttavia è pure pacificamente risaputo che l’uso di droghe nella produzione artistica di ogni tipo, arte
visiva, musica, letteratura, pittura, ecc., non è insolito e né irrilevante.
L’uso di droghe nel campo artistico si differenzia anche a secondo delle epoche.
Alla fine dell’ ‘800 la droga più diffusa, tra gli artisti è l’assenzio. Una droga a basso costo e di facile
reperibilità. Di essa facevano uso, in particolare, gli artisti romantici, incompresi dalla società e
oppositori dei valori borghesi, è la droga di Degas, di Manet , Van Gogh, Picasso, Gauguin. Nel 1915,
dopo avere assunto le caratteristiche di una vera e propria piaga sociale, l’assenzio viene proibito per
legge.
Negli anni ’20, invece, nella Lousiana e in particolare nella New Orleans era molto diffusa la marijuana,
diffusione che coincide con la nascita della musica jazz.
All’interno del mondo dell’arte la cultura della droga ha avuto molti profeti, molti teorici, e molti
praticanti. Circolano droghe tra gli artisti della beat generation, tra quelli dell’espressionismo astratto,
tra gli esistenzialisti parigini del dopo guerra, tra gli aderenti all’arte psichedelica.
Nell’ambito di tali artisti o correnti di pensiero o di estemporanee mode, la droga viene concepita
quale mezzo capace di allentare i freni inibitori, di attuare legami tra idee anche lontane tra loro e
liberare la creatività dalle trappole del razionalismo permettendo, quindi, al “genio” la liberazione della
sua massima capacità immaginifica permettendogli, per questa via, di superare le contraddizioni che
derivano dal pensiero razionale e quindi la sua stessa irrazionalità
Secondo taluni esperti, l’assunzione di droga, nel mondo artistico, trova la sua “giustificazione” nella
possibilità, per l’artista, di trarre da detta assunzione particolari vantaggi, seppure anomali e
innaturali, quali ad esempio: il potenziamento della capacità percettiva e l’amplificazione delle
capacità sensitive. Vantaggi che, arricchiranno la sua capacità espressiva, confluendo il tutto, nel
prodotto artistico.
Tuttavia, appare evidente, commentano altri, che da uno stato di confusione, quale quello a cui da
luogo l’assunzione di droghe, non può avere origine l’arte intesa quale massima espressione di
creatività.
Secondo questi ultimi, la dove non c’è creatività autonoma e consapevole, non c’è arte.
Tra le diverse correnti di pensiero, l’impressionismo, secondo taluni, è quello con il quale
maggiormente è possibile riscontrare un certo connubio con la droga.
L’impressionismo
Il movimento impressionista si sviluppò a Parigi intorno al 1860.
Ciò che caratterizzava gli impressionisti, insieme al rifiuto dei soggetti storici, era l’interesse a
cogliere gli aspetti della realtà circostante (paesaggi naturali, popolati da gente comune), infatti
osservando i loro quadri possiamo avere un’immagine di quello che succedeva a Parigi in quegli anni.
Gli artisti impressionisti erano uniti dal comune desiderio di evadere dalle regole dell’arte ufficiale e
dalle scuole d’arte, infatti non usavano, nei loro quadri, la prospettiva e non trattavano soggetti storici e
religiosi.
Molti di loro non lavoravano in uno studio(atelier) ma all’aperto(en plein air).
La luce, colpendo gli oggetti, viene assorbita o respinta, scomponendosi nei vari colori che si mescolano
creando un trionfo di luce, che si può trovare nell’arte impressionista.
I pittori impressionisti cercavano di rappresentare la realtà così come la vedevano, cogliendone solo
l’impressione generale senza soffermarsi sui dettagli, e non aggiungendo le proprie emozioni e le
proprie considerazioni.
Le pennellate rapide danno un senso di istantaneità, e i colori, accostati ma non mescolati, mantengono
la loro luminosità e la loro chiarezza.
Questi artisti si interessavano particolarmente allo studio dei colori e della luce.
Il paesaggio e i soggetti venivano fissati con rapidi tocchi di colore, creando così delle vibrazioni, che
danno l’impressione di un movimento nell’immagine.
Alcuni dei pittori più importanti e famosi di questo movimento furono: Monet, Manet, Renoir, Degas,
Sisley e Pisarro.
Questi si riunivano presso il Caffè Guerbois, per creare le loro opere, che esposero per la prima volta il
15 Aprile del 1874 ma i critici non accettarono i loro dipinti perché ritenuti rozzi e volgari.
Lo sviluppo dell’industria, che si realizza a partire dalla seconda metà dell’ottocento, se da un lato faceva
sperare in un reale progresso, dall’altro, contribuiva a far emergere i profondi squilibri economici e
sociali. Peraltro, le difficoltà di smercio dovute alla sovrapproduzione, ponevano in luce le contraddizioni
di una economia fondata sul modello liberista e ancorata ai principi della concorrenza.La soluzione a
questa condizione di crisi, gli economisti del tempo la indicavano nell’allargamento del mercato. Tale
indicazione, evidentemente accolta dagli Stati interessati dalla crisi, determinò un crescente interesse,
da parte di quelli, a espandere i propri domini territoriali e commerciali.La corsa a tale espansione,
negli ultimi decenni dell’ottocento, diventò una delle preoccupazioni principali degli stati industrializzati.
Tale corsa, tuttavia, determinò un clima di sempre maggiore accesa competizione e aggressività
internazionale. Nella competizione per la conquista del mondo,si trovavano in prima fila la Francia, la
Gran Bretagna e la Germania le quali, loro malgrado, dovevano fronteggiare la concorrenza di altre
potenze come la Russia, il Giappone e gli Stati Uniti.Poiché la motivazione che stava alla base della sete
di tale conquista, che trovava la sua unica giustificazione in ragioni puramente economico – militari,
risultava difficilmente accettabile, oltre che dagli aggrediti, anche dalla morale comune, gli aggressori
presentavano le imprese coloniali come opera di civilizzazione dei paesi “arretrati” come l’Africa, l’Asia o
l’Australia. Sulla base di questa falsa verità i colonizzatori si investirono della missione di portare il
progresso tra i “selvaggi”, la vera religione tra i “pagani”, la civiltà tra i “barbari”.Tra le terre da
conquistare, il continente asiatico appariva quello più appetibile ed infatti, l’Asia venne conquistata in
breve tempo mediante quella che fu definita “la politica delle cannoniere”, arrivando direttamente con
le navi da guerra nei porti per poi imporre l’apertura di questi ai commercianti europei.Tra i paesi
asiatici, solo la Cina continuava ad applicare una politica di chiusura alla penetrazione dell’occidente.
Ai commercianti europei era consentito operare solo nel porto di Canton. La debolezza politica del Paese
non consenti, tuttavia, di resistere a lungo contro l’intromissione delle potenze straniere. Tra queste
ultime quella maggiormente interessata a entrare nell’immenso mercato cinese era la Gran Bretagna.
Gli inglesi acquistavano già dai cinesi il tè che, non venendo accettate monete o prodotti occidentali,
erano costretti a pagare in argento. Questa forma di pagamento rischiava di danneggiare l’economia
inglese e per arrestare l’emorragia del metallo prezioso, gli inglesi cominciarono ad offrire al posto
dell’argento, l’oppio, una droga che facevano coltivare in India e che si diffuse ben presto tra la
popolazione cinese.nel 1839 il governo cinese, consapevole del danno sociale che l’assunzione
dell’oppio stava generando nella popolazione, ne vietò l’uso. Il commercio con la Cina, e non solo quello
dell’oppio, era per gli inglesi particolarmente lucrativo. Gli inglesi arginarono detto divieto facendo
ricorso al contrabbando, condizione che portò ad uno scontro armato tra i due paesi e che diede luogo
alla cosiddetta “ guerra dell’oppio”.A seguito di diverse e non favorevoli vicissitudini militari, oramai
sconfitta, la Cina accetta di trattare e firmare il trattato di Nanchino che apre la serie dei “trattati
ineguali”.Oltre all’indennità di 21 milioni di dollari (messicani), il trattato decide la cessione perpetua di
Hong Kong alla corona inglese, l’apertura di cinque porti ( Canton, Fushou, Amoy, Ningbo, Shanghai),
le tariffe doganali unitarie, la corrispondenza ufficiale su base di parità. Nei cinque porti potevano
risiedere famiglie inglesi e godere dell’extraterritorialità. Dell’oppio, che era stata la scintilla del
conflitto, il trattato parla appena indirettamente.
L’ambiente
l’Asia è il continente più vasto del mondo con 44 milioni di km quadrati.
La catena dei monti Urali e quella del Caucaso segnano convenzionalmente i confini con l’Europa, con la
quale l’Asia forma una massa continentale compatta.
Lo stretto di Bering e il canale di Suez separano questo continente dall’America e dall’Africa.
Dal punto di vista morfologico il continente asiatico può essere suddiviso in tre aree: quella
settentrionale e centro-occidentale è caratterizzata dalla presenza di rilievi di antica formazione e da
immense pianure e bassipiani; la fascia centrale è costituita da una serie di altipiani, in gran parte aridi e
desertici, e da imponenti catene montuose; l’area meridionale e insulare è formata da estesi tavolati e
da grandi pianure alluvionali, come quella indogangetica e quella formata dai fiumi cinesi e indocinesi.
A est vi sono, infine, numerose isole come quelle dell’arcipelago giapponese, che costituiscono la parte
emersa di una catena vulcanica sottomarina.
L’Asia è attraversata da una complessa rete idrografica, in cui si possono distinguere quattro gruppi di
fiumi.
Il primo gruppo è formato dai corsi d’acqua che, dopo aver attraversato la Siberia, sfociano nel mar
Glaciale Artico.
Sono fiumi ricchi d’acqua e navigabili, ma gelati per molti mesi dell’anno(i più importanti sono l’Ob, lo
Jenisej e la Lena)
Il secondo è composto dai fiumi che sfociano nell’oceano Pacifico e che attraversano le pianure cinesi ( i
più importanti sono il fiume giallo e il fiume azzurro).
Il terzo gruppo è formato da quei fiumi che si gettano nell’oceano Indiano e che provengono dalle grandi
catene montuose centrali(i più importanti sono (l’Indo, il Gange, il Tigri e l’Eufrate), e il quarto è
costituito dai corsi d’acqua che, a causa della conformazione del terreno o della sua aridità, non
riescono a raggiungere il mare e alimentano bacini e laghi interni (come il lago d’Aral, il mar Caspio e il
lago Bajkal).
L’enorme estensione del continente asiatico determina un’incredibile varietà di climi e ambienti.
La parte settentrionale è caratterizzata da un clima molto freddo; nella regione artica la vegetazione è
quella tipica della tundra, mentre più a sud si estende la taiga.
Nell’Asia centrale le precipitazioni sono scarse o totalmente assenti, con inverni freddi ed estati molto
calde.
Steppe e deserti sono gli ambienti tipici di questa parte del continente asiatico.
L’Asia meridionale e orientale è caratterizzata principalmente dalla presenza dei monsoni, che nei mesi
estivi portano precipitazioni intense.
In quest’area prevale, quindi, il clima tropicale umido, con grande estensione della foresta pluviale.
La popolazione
La popolazione dell’Asia supera i 3,7 miliardi di persone e rappresenta circa il 60% dell’intera
popolazione mondiale.
Data l’enorme estensione territoriale, la densità media non risulta però eccessivamente elevata.
Vi sono, infatti, vaste regioni praticamente disabitate, come le aree montuose, gli aridi altipiani interni e
la fascia settentrionale del continente, fredda e inospitale.