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Introduzione Doppio, lato nascosto dell'Essere tesina
Questa tesina maturità liceo scientifico descrive il tema del doppio, ovvero il lato nascosto dell'essere. Quando ci troviamo in pubblico o in situazioni in cui non ci sentiamo a nostro agio, siamo soliti comportarci in modo innaturale, come se avessimo un’altra personalità. Celiamo il nostro vero modo di essere al mondo per timore di non essere accettati o compresi e questo è un comportamento di cui spesso non ci curiamo e di cui molte volte nemmeno ci
accorgiamo. Passiamo la maggior parte del tempo della nostra vita lavorando, studiando, prendendoci cura di coloro che amiamo, cercando di procurarci esperienze di benessere e rifuggendo da ciò che ci fa soffrire e ci fa paura. Siamo così impegnati e presi dalla nostra vita con tutti i suoi impegni e accadimenti che la maggior parte di noi non si accorge che la nostra personalità non è unitaria ma è costituita da due o più parti e, talvolta, può esistere una vera e propria nemesi di noi stessi, il lato nascosto del nostro Essere. La tesina permette anche vari collegamenti interdisciplinari.
Collegamenti
Doppio, lato nascosto dell'Essere tesina
Letteratura inglese: "Frankenstein" di M. Shelley.
Scienze: La Doppia Personalità.
Letteratura italiana: "Il fu Mattia Pascal" di Pirandello.
Filosofia: "L'Io e l'Es" di Freud.
Storia dell'arte: "Ritratto del dottor Gachet" di Van Gogh.
Letteratura latina: "Metamorfosi" di Apuleio.
Nello scritto “L’Io e l’Es” (1922), Sigmund Freud propone la seconda topica
psicologica e distingue nella struttura della mente umana tre istanze:
l’Es, la forza che costituisce la matrice originaria della psiche. È l’inconscio, il luogo
dove risiedono le pulsioni e agiscono i conflitti di cui non siamo a conoscenza. L’Es
obbedisce unicamente all’“inesorabile principio del piacere”;
il Super-io, la “coscienza morale”, l’insieme di quelle proibizioni instillate
nell’individuo nei primi anni di vita e che lo accompagnano per il resto della vita. È
quello che resta dell’educazione che abbiamo ricevuto (è inconscio);
l’Io, la parte organizzata della personalità, in parte cosciente e in parte no, che si
trova a dover fare i conti con l’Es, il Super-io e il mondo esterno. Deve quindi
“equilibrare” passioni in contrasto tra loro.
Normalità e nevrosi
Il rapporto tra l’Io e i suoi “padroni” è conflittuale e spesso l’Io non è padrone di se
stesso. Infatti nell’individuo normale l’Io riesce abbastanza bene a padroneggiare la
situazione: fornisce parziali soddisfazioni all’Es senza violare completamente gli
imperativi e le proibizioni che provengono dal Super-io.
Però, quando le esigenze dell’Es sono eccessive o il Super-io è troppo debole, può
accadere che il primo abbia il sopravvento e travolga il secondo. L’Io è allora
condotto a comportamenti asociali o proibiti: il soggetto diventa un delinquente
oppure, qualche volta, un perverso.
Il confine tra normalità e perversione dipende quindi unicamente dall’efficacia o
meno della repressione delle pulsioni sessuali presenti in tutti gli individui. La
normalità è semplicemente il risultato di una repressione che indirizza la sessualità
verso mete ritenute accettabili.
Infine è possibile che il Super-io sia troppo rigido e provochi la rimozione o altri
processi di difesa; le istanze dell’Es si manifestano allora con sintomi nevrotici, se
non interviene la repressione da parte della società.
La seconda topica freudiana conferma la fisionomia conflittuale della psiche: l’Es (la
pulsione erotica) è in conflitto con il Super-io (che tenta di bloccarlo) e l’Io si trova a
metà strada tra questi due giganti e cerca di accontentare un po’ l’uno e un po’
l’altro. Ritratto del dottor Gachet
Egli è “ tanto scoraggiato nel suo mestiere di medico di campagna quanto lo sono io nella
mia pittura ”. È colpito da un “ male nervoso almeno così grave quanto il mio. ”
“ Ho trovato nel dottor Gachet proprio un amico e quasi un nuovo fratello, tanto ci
rassomigliamo fisicamente, e anche moralmente. Anche lui è molto nervoso e parecchio
bizzarro. ”
“ Così il ritratto del dottor Gachet vi mostra un volto color mattone caldo e abbronzato dal
sole, con la capigliatura rossa, un berretto bianco sullo sfondo blu di un paesaggio
collinare; il suo vestito è blu oltremare - ciò fa risaltare il volto e lo impallidisce, malgrado
il suo color mattone. Le mani, delle mani da ostetrico, sono più pallide del viso [...].
Davanti a lui, su un tavolo da giardino rosso, dei romanzi gialli e un fiore di digitale
porpora scuro. Il mio autoritratto è anch’esso pressappoco così: il blu è un blu fine del Sud,
e il vestito è lilla chiaro. ” (lettera indirizzata al fratello Theo del 4 giugno 1890)
Descrizione del quadro
Il “Ritratto del dottor Gachet” è un'opera pittorica di Vincent Van Gogh eseguita nel 1890.
Nel quadro sono abbinate nell'insieme diverse inclinazioni del pennello, dense e marcate
pennellate che animano la giacca del dottore e lo sfondo e che omogeneamente
accompagnano le dritte e piatte linee del tavolo e infine una linea ondulata separa la parte
superiore dell'opera.
L'artista attua un forte contrasto cromatico: la tavola rossa, i libri gialli, il ramo di fiori
color porpora sono dei valori cromatici che assumono un senso pittorico dal loro contrasto
con gli altri colori freddi (mani, volto, abito, sfondo). Il colore assume una propria funzione
fondamentale nell’immagine stessa ed è steso come se fosse uscito direttamente dal tubetto.
“Il colore deve fare tutto, - scrisse al fratello - dando uno stile più grande alle cose.”
Il dottore è ritratto con il tronco obliquo e la testa appoggiata sul pugno chiuso. Questa è,
nella pittura classica, la posizione attribuita all’homo melancholicus, a Saturno, patrono
dei melanconici, o alla figura femminile che personifica allegoricamente la Malinconia. Un
ulteriore richiamo a questa malattia è la pianta officinale, la Digitale Purpurea, dipinta sul
tavolino, poiché dal succo se ne ricava una cura.
Una “storia” viene ad inscriversi nel quadro, e motiva psicologicamente lo stato
malinconico del personaggio situato in primo piano: la donna si è voltata e si è allontanata.
Infatti nel momento in cui Van Gogh fece la sua conoscenza, Gachet era vedovo da qualche
anno e questo lutto lo aveva molto provato.
Il pittore credette di percepire in lui un profondo scoraggiamento e ciò fu motivo di
identificazione. Van Gogh vedeva nel dottore “un volto irrigidito dal dispiacere” e questo
volto, con singolare concomitanza, era coronato da un’abbondante chioma rossa. Van
Gogh stesso scrive in una lettera al fratello Theo che il quadro è pressappoco un
autoritratto, per la rassomiglianza fisica e poiché entrambi sono melanconici. Per questo,
quando Gachet volle avere un suo ritratto da Van Gogh, quest’ultimo accettò tanto più
volentieri quanto più vedeva in Gachet il suo proprio doppio.
Il medico in preda all’ansietà è il testimone dell’ansietà del pittore, infatti, con questo
quadro, Van Gogh fa un’autodiagnosi e inoltre descrive scientificamente cosa sia la
melanconia (come aveva fatto il dottor Gachet in“Etude sur la mélancolie” ): un’assenza di
vento dentro di sé. Metamorfosi
“ […] preso un bel po' di unguento me lo spalmai su tutto il corpo. Poi, agitando le braccia
su e giù mi misi a fare l'uccello, ma niente: penne non ne spuntavano e nemmeno piume;
piuttosto i peli cominciarono a diventare ispidi come setole, la pelle, delicata com'era, a
farsi dura come il cuoio, alle estremità degli arti le dita si confusero, riunendosi in una sola
unghia e in fondo alla colonna vertebrale spunta una gran coda.
Poi eccomi con una faccia enorme, una bocca allungata, le narici spalancate, le labbra
penzoloni, mentre smisuratamente pelose mi erano cresciute le orecchie. Nulla in
quell'orribile metamorfosi di cui potessi per qualche verso compiacermi, se non per il mio
arnese diventato grossissimo, ma proprio quando, ormai, non potevo più tener Fotide tra le
mie braccia. ”
Il romanzo
Tipico esempio di doppio nella letteratura latina possono essere considerate le
“Metamorfosi” o “Asino d'oro” di Apuleio, il primo romanzo della latinità.
Si riallacciano al romanzo greco, del quale ripetono il motivo della peregrinazione dei
personaggi in paesi lontani e il motivo dei contrasti o impedimenti che li ostacolano nel
processo che li porterà al lieto fine. Tuttavia vi è una novità, il tema mistico: il romanzo
narra le avventure di Lucio, un giovane attratto dai segreti dell’arte magica e spinto dalla
curiositas, che, in seguito a un incantesimo sbagliato, verrà trasformato in un asino.
Imprigionato nel corpo animalesco subirà peripezie e travagli, finché un intervento
benevolo della dea egizia Iside non lo farà tornare normale; a quel punto Lucio si consacra
al culto della dea. Vi sono numerose storie secondarie inserite nel racconto mediante la
tecnica dell’incastro.
Il tema del doppio ricorre almeno due volte nell’opera: da un lato nella vicenda di
Telifrone, dall’altro nella metamorfosi del protagonista stesso, il quale, pur essendo
tramutato in asino, mantiene le facoltà logiche e cognitive tipiche degli esseri umani. Il
tema della metamorfosi nasconde in sé il tema del doppio, in quanto si riferisce alla
trasformazione che porta a divenire altro, sosia e opposto.
La storia di Telifrone
Nella cornice del banchetto a casa di Birrena (ricca matrona, amica della madre di Lucio)
il protagonista ascolta la storia di Telifrone: egli, quando era un ragazzo povero, girando
per le piazze, incontrò un tizio che gridava, chiedendo chi fosse disponibile a sorvegliare un
cadavere per tutta la notte. Egli accettò per la grande ricompensa, anche se era venuto a
conoscenza del fatto che in quel posto anche i cadaveri non erano al sicuro dai sortilegi
delle streghe. Durante la notte cadde subito in un sonno profondo. La mattina si svegliò e,
contento, vide che il cadavere era rimasto intatto, quindi prese la sua ricompensa. Il corpo
venne successivamente portato in piazza per il corteo funebre, dove ad un certo punto lo zio
del defunto, in lacrime, accusò la vedova di aver ucciso il marito. Per svelare il mistero si
rivolsero ad un profeta egiziano in grado di riportare temporaneamente in vita i morti.
L'uomo si risvegliò, indicò Telifrone e disse che le streghe si erano accanite su di lui e gli
avevano preso il naso e le orecchie, sostituendole con pezzi finti di cera. L’atmosfera è
inquietante, e culmina nella sorpresa finale: il naso e le orecchie di cera si staccarono
all’improvviso e si scoprì che anche il morto si chiamava Telifrone come il custode, il quale
ora mostra i segni dello scempio allora destinato al defunto.
Questa vicenda può essere collegata al motivo del doppio in quanto vi è una perdita della
propria identità a vantaggio di un altro essere che per scopi sconosciuti se ne
impadronisce.
La metamorfosi di Lucio
Lucio è ospite di Milone, marito di Panfila, la quale è segretamente dedita alle arti
magiche. Grazie all’ancella Fotide di cui gode gli amorosi favori, egli assiste alla
trasformazione della maga in gufo. Affascinato da questa visione chiede alla ragazza di
aiutarlo a trasformarsi in uccello. Lei gli fornisce un po’ dell’unguento necessario, ma
sbaglia vasetto e Lucio si trasforma in un asino, mantenendo tuttavia il raziocinio umano.
Hanno così inizio per Lucio una serie di disavventure che lo porteranno alla sua
maturazione.
Il maggiore esempio di doppio nell’opera è il protagonista stesso, il quale, dopo la
metamorfosi, diventa una sorta di uomo-bestia: il suo aspetto è quello di un asino ma
mantiene l&rsquo